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venerdì 24 aprile 2020

il tesoro del cigno nero

il cigno nero non è una nave un realtà, bensì una leggenda, un mito. il sogno di ogni cacciatore di tesori da secoli: trovare un galeone con il tesoro ancora intatto.


nel 1995 il governo spagnolo si ritrova invischiato in un complicato caso giudiziario con una società americana di ricerca e recupero di reperti sottomarini: oggetto della contesa è il ritrovamento e il recupero - non certo compiuto con metodi ortodossi - del tesoro, praticamente intatto, del galeone, di cui gli americani si rifiutano di fornire i dettagli sull'identità.
all'epoca dei fatti guillermo corral è direttore generale del ministero della cultura del regno di spagna ed è proprio in virtù della sua conoscenza dei fatti dall'interno che si fa co-autore insieme a paco roca di questa storia, diversa nei toni da quelle più intimiste e quotidiane a cui il fumettista spagnolo ci ha abituati ma che mantiene comunque il suo tratto inconfondibile, nei disegni come nella regia.

la storia de il tesoro del cigno nero, per quanto ispirata a fatti reali, si allontana però dalla realtà e cambia nomi, date e personaggi e si fa finzione narrativa, diventando - da cronaca - un thriller internazionale: nel 2007 il giovane - e alquanto impacciato - diplomatico álex ventura appena assunto al ministero della cultura si ritrova catapultato nella diatriba con la ithaca, società americana di recupero relitti sottomarini capitanata da frank stern, un appassionato di antropologia senza scrupoli.

al di là della vicenda, che si sviluppa tutta attraverso processi, indagini, speculazioni, intrighi e tutti i vari ingredienti necessari a farne un thriller, il contributo di paco roca è tutto nella resa dei personaggi: il tono non cala mai, la narrazione non si prende una pausa eppure riusciamo a conoscere tutti gli attori della storia.

nonostante si trovi a gestire una trama diversa da quelle a cui ci ha abituati, roca non perde i suoi tratti più distintivi: la linea chiara innanzitutto, la gabbia semplice e regolare che si concede pochissime tavole libere, una regia che dilata i tempi (e farlo in una storia di questo genere poteva anche essere un rischio ma funziona benissimo), ma sopratutto la caratterizzazione veloce, precisa, immediata dei personaggi, subito così umani e veri da riuscire a farli entrare in empatia con il lettore e permettergli di tornare, almeno per qualche momento, alle emozioni dei suoi lavori precedenti.

la vicenda storica a cui il fumetto si ispira, quello dell'affondamento della merced, è narrata al centro del volume, una sezione che si finge, con l'uso di fondi avorio e illustrazioni dai colori seppiati, quasi come un antico documento a sé stante, espediente molto ben riuscito a cui si rimprovera solo la scelta del carattere troppo moderno e pulito delle didascalie.

dopo rughe e la casa, probabilmente ci si aspetta una storia del genere da un autore come paco roca, ma ci si mette pochissimo a ricredersi: la trama, nonostante alcune lunghe spiegazioni e i flashback, funziona benissimo, la narrazione segue tempi serrati ma mai troppo veloci, e in definitiva ci si ritrova all'ultima pagina di una storia d'avventura che ha il suo valore aggiunto proprio nelle grandi capacità di narratore che è roca.

nota di merito: la copertina mi ha stupita, è riuscita nell'effetto sorpresa tipico di quando di un libro arrivi finalmente alla parte in cui capisci perché è stato scelto proprio quel titolo, in questo caso alla fine ho capito perché è stata scelta proprio quella illustrazione.

(il libro sarà in vendita a partire dal 21 maggio)

lunedì 9 settembre 2019

futura nostalgia ~ vol. 1

la sai una cosa?
la nostalgia mi travolgerà quando mi ricorderò di questo preciso istante.

non so se vi ricordate la vostra adolescenza.
beh, non è proprio il periodo migliore della vita di una persona, anzi è il periodo più emotivamente devastante nella vita di un essere umano e a dirla tutta non mi piace troppo ritornarci con la memoria.
una delle cose che però ricordo più nitidamente della mia è che ero certa che tutto quello che sarebbe venuto dopo non sarebbe valso abbastanza, che nessuna emozione avrebbe potuto superare quelle che vivevo allora. pensarci adesso mi fa quasi sorridere di tenerezza, perché in parte era una fesseria cosmica in parte no, ma davvero, vorrei dire alla me stessa di allora che non era poi così importante.
futura nostalgia è il nome perfetto che potrei dare adesso a quella continua sensazione di stretta al cuore e allo stomaco che mi prendeva ogni volta che percepivo di vivere qualcosa di importante, qualcosa che però non sarei riuscita a trattenere abbastanza, che avrei perso.
la prima volta che le cose finiscono, sembra che non possano riaccadere mai più. quindicenni che state leggendo questo post (ammesso che i quindicenni leggano ancora i blog, non ne sono sicura), tranquilli, non è così.
quando ho letto la frase che marie pronuncia a un certo punto della storia, sono tornata esattamente a quel magone, e mi è toccato dire, ancora una volta, che per quanto tony sandoval possa creare storie che scivolano spesso in ambientazioni fantastiche o sopranaturali, riesce comunque a rendere in maniera più che realistica i suoi giovanissimi protagonisti.


marie è un' adolescente come tante (non fosse che è disegnata da sandoval e quindi è bellissima, così come è incantevole e inquietante tutto il mondo in cui si muove), sospesa a metà tra il suo essere ancora una bambina e la voglia di scoprire cosa le riserva il mondo degli adulti. ha una cotta per iggy e diventare amica di una rana parlante decisamente scurrile non la stranisce più di tanto.
ma se alice scivolava giù nella tana del bianconiglio e si trovava di colpo in un mondo nuovo e assurdo, marie cambia scenario gradatamente: il fantastico prende possesso della realtà all'inizio poco per volta, come in un sogno in cui ci troviamo in un posto che conosciamo benissimo e che però comincia a cambiare fino a diventare improvvisamente alla fine qualcosa di completamente diverso, lasciandoci disorientati, incapaci persino di ricordare quando è iniziato tutto quanto.

tra rane e insetti parlanti, personaggi misteriosi seduti su nuvole scure e minacciose e strane punture di insetto, il futuro comincia a svelarsi agli occhi di marie e non promette nulla di buono: qualcosa sta per cambiare la sua vita e quella di tutta la città, entra ed esce dai sogni di marie, appesta la realtà intorno a lei, sconvolge le menti e trasforma quello che poteva sembrare un tranquillo romanzo di formazione dalle sfumature un po' oniriche in una sorta di horror survival.


nemmeno a dirlo, tony sandoval ha fatto centro anche stavolta. aspettiamo con il fiato il prossimo volume! (in totale saranno cinque, il primo in libreria dal 12 settembre)

mercoledì 28 marzo 2018

sofia dell'oceano

forse, oceano, tu sei l'unico vero amico che ho.

ed è per questo che ti chiedo aiuto.

vorrei essere meno triste quando è sera, e smettere di pensare che l'ombra rossa non mi permetterà di diventare più alta di un portaombrelli.

prima di essere sofia dell'oceano, sofia è solo sofia ha sette anni, un gatto nero di nome meo, una bambola di nome veronica, due zii un po' assenti, due genitori che non ha mai conosciuto, è alta come un portaombrelli, adora stare nella serra della sua immensa casa e da sempre è malata per colpa dell'ombra rossa che la costringe a stare isolata in un lembo di terra senza nessun amico - beh, meo è un amico ma non è che sia proprio un grande oratore... - oltre l'oceano.
e a chi altro allora chiedere aiuto per riuscire a guarire?

nelle favole quando hai sette anni, scrivi un messaggio, lo metti dentro una bottiglia e la affidi alle onde capita che qualcuno ti risponde e ti catapulta dentro la più incredibile delle avventure.
ed infatti a sofia capita proprio di sentirsi chiamare dal folto del boschetto vicino casa sua da uno strano vecchietto con un occhio solo che le offre il suo aiuto per permetterle finalmente di guarire.

e nelle favole, quando hai sette anni e qualcuno risponde al tuo messaggio in bottiglia, non è che ci sia molto da aspettare, e infatti sofia non ci pensa due volte, insieme a veronica e meo, a salpare con capitan occhioblu verso la sua strana casa-sottomarino, alla ricerca di alcuni cristalli dai poteri magici, capaci di guarire da ogni malessere.


qui la fantasia di marco nucci e kalina muhova prende il volo tra creature degne del paese delle meraviglie di alice o del peggiore incubo: un equipaggio di strani animali accoglierà sofia per poter sfidare il tremendo principe malattia, un uomo pazzo e crudele che non desidera altro che la morte totale e assoluta di ogni creatura e l'ancor più spaventoso martirio, il più enorme e spaventoso dei mostri marini, incarnazione stessa della paura.

la storia si snoda tra le descrizioni di un mondo sottomarino misterioso e affascinante, gli scontri con i nemici e poi ancora i ricordi e i racconti di capitan occhioblu, in un mosaico che poco per volta si costruisce tra passato e presente, abbraccia il futuro, dà una forma e un volto a quello che è buono e a quello che è crudele, mostra le paure e permette la speranza.
notevolissima, oltre all'intreccio della storia, la cura delle illustrazioni, ricche di particolari, suggestive, a volte spaventose, a volte malinconicamente poetiche di kalina muhova (già autrice e fondatrice del collettivo brace) che da con le sue matite un tocco ancora più onirico e delicato all'avventura di sofia.

giovedì 22 marzo 2018

la spaventosa paura di épiphanie frayeur

- ma io non voglio dimenticare me stessa voglio solo dimenticare la mia paura.
- perché?
- m'impedisce di andare avanti.
- e dove diavolo vorrebbe andare?


épiphanie è una bambina di otto anni e mezzo (a otto anni e mezzo è fondamentale specificare che sono e mezzo) e anche la sua paura ha otto anni e mezzo.
sono nate insieme épiphanie e la sua paura, una paura enorme e nera e spaventosa, che la segue, letteralmente, come un'ombra. anzi, potremmo tranquillamente dire che ombra e paura sono la stessa cosa, e che épiphanie non ha soltanto paura della sua ombra, più che altro ha paura di tutto e la paura/ombra lo sa benissimo e sa come deve comportarsi ogni volta.
ma prima o poi di questa paura bisogna pur liberarsene, e così épiphanie inizia il suo viaggio in un bosco misterioso, in cui una guida - che ha perso la sua serietà e la sua gravità - galleggiando come un palloncino le indica la strada per lo studio del dottor psyche, il cervellotico specialista che le consiglia una terapia, qualcosa per curarsi perché, è evidente a tutti ormai, la paura di épiphanie è una malattia a tutti gli effetti.
ne la spaventosa paura di épiphanie frayeur il viaggio continua in un tempo e uno spazio irreali come quelli di un sogno, e continuano gli incontri: prima un parrucchiere dall'anatomia bizzarra come un incubo, che tenta di domare i capelli di épiphanie che per colpa della sua costante paura stanno sempre ritti in testa e non hanno alcuna intenzione di farsi domare, poi un donchisciottesco cavaliere errante, senza macchia e senza paura, che salva le fanciulle in ambasce per condurle verso il sole e lontano da ciò che le spaventa, infine un portentoso circo, pieno di ogni sorta di meravigliosa stranezza, con un coraggioso domatore che propone a épiphanie di domare lo strano, terrificante mostro che si porta dietro proprio come se fosse una fiera selvaggia e pericolosa, e una buffa, piccola indovina non troppo brava a scrutare nel futuro...


séverine gauthier, che aveva già sceneggiato l'uomo montagna, scrive una favola per piccoli e grandi, una sorta di alice nel paese delle meraviglie, in cui una bambina compie un viaggio in un mondo incredibile, incontra creature assurde e alla fine impara la più importante delle lezioni: puoi affidarti a chi vuoi, puoi provare a lasciare che siano gli altri a risolvere il tuo problema, ma la paura va affrontata, capita e in qualche modo accettata, non puoi semplicemente sperare che prima o poi sparisca.
clément lefèvre mette su carta questo mondo incredibile con un tratto dolce e rotondo, tingendolo dei colori freddi e cupi della paura e del bosco e di quelli caldi, luminosi e rassicuranti del sole al tramonto, dando ai personaggi aspetti quasi caricaturali e giocando col bianco del foglio, annullando spesso la griglia tipica del fumetto per realizzare pagine quasi da libro illustrato.

come tutti i bei libri per bambini, la spaventosa paura di épiphanie frayeur è capace di colpire anche i più grandi e di farsi leggere a più livelli: un'avventura nel fitto di un bosco misterioso e incantato, o un viaggio fino alle profondità del nostro animo.

lunedì 15 gennaio 2018

commenti randomici a letture randomiche (50)

ed eccoci di nuovo pronti a un altro carico di randomicità! un sacco di robe fichissime (e una un po'... meh) che non dovete assolutamente perdervi!

so che tsubaki-cho lonely planet non sta piacendo a troppa gente, anche se francamente non riesco a capirne il motivo, sopratutto dopo aver letto il quinto volume. dopo il viaggio a kyoto e i dispetti di kaneishi - che ha ovviamente capito tutto subito su come vanno davvero le cose tra i due piccioncini - akatsuki comincia a comportarsi in maniera sempre più strana con fumi, esattamente come farebbe un ragazzino timido e impacciato che non vuole far capire alla persona che gli piace che è un po' cotto.
fumi continua nel suo intento di non svelargli i suoi sentimenti, sicura che non saranno ricambiati, ma una sera, durante un giro tra le bancarelle di una festa e sotto ai fuochi d'artificio, non riesce a tenere più la bocca chiusa e confessa i suoi sentimenti ad akatsuki, che risponde con la prontezza di un comodino. a salvare la situazione arriva - stile deus ex machina - la sua amica yo, che capito l'imbarazzo dell'amica, la invita a casa sua per qualche giorno.
e noi possiamo finalmente curiosare un po' nel passato del maestro akatsuki, scoprendo che fin da ragazzo era impacciato, timido e incapace con le ragazze, e che sono state parecchie quelle che come fumi si sono prese una cotta per lui. insomma, akatsuki è sempre stato negato con le ragazze, ogni volta che provava ad iniziare una relazione, quella finiva inevitabilmente male, e quando si è accorto che fumi si è innamorata di lui, ha scelto inizialmente di evitare l'ennesimo fallimento.
ma qualcosa è finalmente cambiato in lui e finalmente... (no, davvero, all'ultima pagina io mi sono quasi messa a gridare!)

cambiando genere, mi sono decisa finalmente a leggere nomen omen ~ total eclipse of the heart, avevo letto troppi commenti positivi in giro per continuare a farmi infastidire dall'orribile verde neon della copertina.
e, fidatevi, ho fatto davvero benissimo!
protagonista della vicenda è becky kumar, newyorkese neo-ventunenne con un meraviglioso taglio di capelli, nerd e affetta da acromatopsia - cioè non riesce assolutamente a percepire i colori, cosa che solo all'inizio sembrerà una fuffata inutile, ma poi avrà il suo meraviglioso senso - reduce da poco da un incidente stradale in cui è morto il suo migliore amico.
la storia comincia proprio il giorno del suo ventunesimo compleanno in occasione del quale, per cercare di tirarla un po' su di morale, le sue due mamme (apprezzatissima l'idea di farci vedere una famiglia così affiata, alla faccia di chi continua a non accettare l'idea di coppie omosessuali con figli) e i suoi amici le organizzano una festa.
niente di eccezionale, se non fosse che proprio in quest'occasione la vita di becky cambia completamente.
visioni, sicuramente, tutto è troppo assurdo per essere vero: un essere gigantesco, in qualche modo umanoide, le strappa letteralmente il cuore dal petto.
beh, non troppo letteralmente, visto che dopo poco si risveglia, stordita e confusa, ma viva. no?
anche i suoi amici hanno visto qualcosa di strano, uno scontro spaventoso tra ragazzi in apparenza umani ma capaci di cose decisamente fuori dal comune.
cosa sta succedendo?
questa è una fiaba, signorina kumar, non c'è spazio per ospedali, genitori e polizia, ci sei solo tu, che cerchi di salvarti da sola perché non puoi fidarti di nessuno. lo capirai molto presto.
il giorno dopo tutto sembra come al solito, ma ci vorrà poco di scoprire che un equilibrio nascosto ma fondamentale è stato spezzato e che lei, viva ma davvero senza più il suo cuore, ha in realtà un potere enorme che la rende una delle streghe più potenti che si ricordino.
il velo tra questo mondo e quello si è squarciato e ora a becky toccherà muoversi da una parte all'altra della realtà per salvare se stessa.
e e e... niente altri spoiler, ma bisogna dire effettivamente jacopo camagni e marco b. bucci hanno davvero fatto un lavoro pazzesco, che al di là degli strilloni pubblicistici è una vera rivoluzione nel fantasy nostrano a fumetti: un urban fantasy ben orchestrato con una protagonista che piace e convince dalla prima pagina, un mondo complesso e funzionante in cui far muovere i personaggi, a cui si accompagnano non solo dei disegni tremendamente affascinanti, ma uno stile di colorazione che, accordandosi con la strana patologia di becky, ricrea un effetto unico, tra bianco/nero e colori, tra tavole estremamente grafiche e sequenze più pittoriche.
vabbè, fidatevi, non perdetevelo assolutamente!

un po' (molto) meno entusiasmo per il nuovo monster allergy. a parte che continuo a detestare l'idea di questo formato cartonato che, in pratica, ha le stesse pagine dei volumini della vecchia serie, solo che costa tipo sette volte tanto. ah, e mancano le rubriche.
ah, è la mia copia aveva le pagine ancora incollate, ho dovuto staccarle io. niente di grave, ma per quasi quindici euro almeno separare i fogli...
poi ammetto che non riesco assolutamente ad apprezzare zick ed elena così cresciuti. non sono di base contro i sequel, anzi, ma mi sembra che questo nuovo monster allergy sia molto poco monster allergy, sottotono rispetto alla vecchia serie.
paradossalmente, mi sembra che i toni siano più infantili adesso che nei primi volumi, come se la crescita dei personaggi sia stata esclusivamente fisica, anzi, come se avessero perso quelle caratteristiche per cui ci piacevano tanto: zick sembra un ragazzetto scemo e irresponsabile e elena ha perso la sua aria cazzuta di bambina fuori dagli schemi.
insomma, sono diventati due tipi qualsiasi, solo capaci di vedere i mostri. ma monster allergy non era questo. sigh.
ma nonostante tutto, continuo a provarci, anche con aspettative pari a zero, spinta più dall'affetto che nutro tutt'ora per quello che era m.a. che di scoprire qualcosa di nuovo.
ne la valle dei bombi elena e zick, oltre a scoprire per la prima volta la valle del titolo, quella in cui nascono - e rinascono - i bombi, creature che - bava a parte - farebbero tenerezza a qualsiasi cuore di marmo del mondo. la valle dei bombi è un posto quasi incantato, paradisiaco, di colori tenui e ingenua bontà. eppure, nonostante l'atmosfera zuccherosa, il perfido sinistro (quasi) riesce - e qui bisogna ammettere che non me l'aspettavo - nel modo più improbabile a mettere a segno uno dei piani più crudeli di sempre che - meno a sorpresa - zick ed elena riescono a sventare.
la minaccia rimane, aleggia sul prossimo volume ma, ripeto, il massimo che è riuscita a tirarmi fuori è stato uno sbadiglio un po' meno pesante degli altri.
peccato che stia andando così (e no, non è che sono io che sono invecchiata e non mi emoziono più, i vecchi numeri continuo a trovarli sempre strepitosi, mi auguro che prima o poi si riesca a tornare a quei livelli)

fantastico come sempre invece il nuovo volume di lumberjanes serie che - scusate se mi ripeto sempre sulle stesse cose - continuo a considerare tra le migliori che sto seguendo.
la squadra delle nostre tipe toste è impegnatissima a superare la prova per ottenere un nuovo distintivo, il non ti s-cordar di me, è chi meglio del capogruppo capitan karen, vero lupo di mare (non avete idea quanto lo sia!) può aiutarle?
ma karen ha un problema, uno di quei problemi che nel campo delle lumberjanes ti sbattono in faccia una realtà fatta di creature leggendarie e magiche.
un gruppo di selkie ha rubato la sua barca per vendicarsi del furto della pelle di una di loro, che non riesce più a tornare alla loro forma originaria (le selkie sono un tipo di metamorfo, appaiono come delle foche, ma possono diventare umane togliendosi la loro pelle. ovviamente, per il processo inverso, hanno bisogno di indossarla di nuovo), ma karen sostiene il contrario, e nonostante la barca non sia poi tanto lontana dalla costa, è impossibile raggiungerla per via dei terribili mulinelli che le selkie - ma loro sostengono di no - hanno creato.
insomma, un bel pasticcio e chi meglio di un gruppo di amiche superaffiatate e abituate a ogni sorta di magica stranezza può risolvere il problema?
tra creature che cambiano aspetto, portali magici, dimensioni parallele, barche fuori controllo, fraintendimenti, tempeste e idee tremendamente pericolose (del tipo bambini non fatelo a casa) jo, april, mal, molly e ripley vivranno un'avventura indimenticabile fatta di scelte coraggiose e - ovviamente - amicizia al massimo!

stratosferico anche il terzo volume di paper girls, che vede le quattro ragazze addette alla consegna dei giornali catapultate in un non meglio precisato passato preistorico.
riescono finalmente a ritrovare kj ma devono affrontare l'ennesimo, imprevedibile nemico: tre uomini giganteschi, orribili e crudeli, tre padri di un unico bimbo a cui stanno dando la caccia.
e nonostante non siano le sole a spostarsi nel tempo, i guai non sono ancora finiti e non è ancora arrivato il tempo delle risposte.
né sui viaggi temporali, né su quello che il futuro le riserva, quel futuro che ha svelato a mac che non ne ha molto davanti a sé e quello che ha mostrato a kj immagini che non riesce a spiegarsi, e che la rendono più inquieta persino delle nuove, inaspettate trasformazioni del suo corpo.

questo terzo volume è pieno zeppo di azione e violenza ma anche di quel sentimento di solidarietà che spinge sei donne provenienti da mondi - e tempi - lontanissimi tra loro a salvarsi a vicenda, in barba a qualsiasi legge fisica ci si possa raccomandare di non infrangere. e ancora una volta, il finale ci regala mesi (speriamo pochi!) di hype in attesa di un nuovo volume, e magari, di qualche spiegazione in più.

mercoledì 20 dicembre 2017

la memoria delle tartarughe marine

giacomo se n'è andato via da lampedusa tanto tempo fa: isola stretta come tutte le isole e come tutte le isole prigione senza mura, scoglio in mezzo al mare che inganna, promette libertà, spazi infiniti, infinite possibilità, ma invece blocca e separa dal resto del mondo.
giacomo a lampedusa non ci tornerebbe mai, la sua vita è altrove, lontano da quella terra e lontano dalla sua famiglia, o almeno lui crede così.
ma non è possibile tagliare del tutto i ponti con il passato, puoi provare a ignorarlo quanto vuoi, ma i legami trovano sempre il mondo per richiamarti indietro, acciuffarti e farti tornare lì dove la realtà si è divisa in due, dove quello che era casa, famiglia improvvisamente diventava il malessere da allontanare.
la morte di suo fratello davide e un'eredità scomoda lo costringono a un viaggio impensato e di certo non desiderato che lo costringerà a confrontarsi con le sue radici e con il suo futuro.


la memoria delle tartarughe marine è un libro densissimo che usa la particolare vicenda di due fratelli perduti e poi ritrovati - insieme a quella delle tartarughe marine, capaci di tornare al loro luogo di nascita anche dopo vent'anni, spinte solo dal loro istinto - per raccontare dei legami dolceamari e della necessità di guardarsi indietro, accettare il passato, le proprie origini, per poter capire il proprio presente e riuscire ad andare avanti con il proprio futuro.
giacomo è come un bambino arrabbiato, distratto dalla sua insoddisfazione, chino sui suoi piccoli problemi, si ritrova per la prima volta a guardare con gli occhi liberi dall'egoismo alle sue spalle, a riconoscere quell'amore che non ha mai voluto capire e davanti a sé, a quel dolore tanto grande da spezzare per sempre le certezze di molte vite.
sullo sfondo della vicenda si staglia il profilo dell'isola di lampedusa, una terra in mezzo al mare che quasi ne sfoca i contorni: lampedusa è la casa a cui far ritorno o il porto sicuro da non abbandonare mai; è nido, caldo grembo sabbioso in cui la vita nasce o porto lontano, neanche troppo sicuro, difficile da raggiungere, meta di un viaggio che costa ogni genere di inimmaginabile dolore, paura, a volte anche la morte.
lampedusa in questa storia è quasi sempre solo costa, come le spiagge per le tartarughe, uno stretto lembo di terra da attraversare con gli occhi puntati verso l'acqua, spesso è solo il mare che le sta intorno, il punto di osservazione di un orizzonte che svela possibilità infinite fino al momento in cui la scelta possibile è solo una, e deve essere presa in fretta, senza badare troppo alle regole, senza soppesare i pro e i contro: è il momento in cui c'è solo la persona che veramente sei. la mano o la allunghi o la ritiri e questo fa l'unica differenza tra la vita e la morte.
lampedusa è stata per me, durante tutta la lettura, la vera protagonista silenziosa e discreta della storia, simbolo della moltitudine di desideri attorno cui ci si affanna per cercare, ognuno a suo modo, l'esatto significato della nostra personale salvezza.
in una semplice storia familiare, forse anche fin troppo comune, simona binni ha cesellato dettaglio per dettaglio la brutale e bellissima poesia della vita che si fa lotta e sopravvivenza e speranza, viaggio insicuro e impreciso, forse mortale, forse primo passo verso la rinascita.

senza spoilerare nulla della trama, vi lascio alle parole dell'autrice, consigliandovi di recuperare questa storia (siete ancora in tempo per chiederla a babbo natale!)

ciao simona e benvenuta su claccalegge!
il tuo ultimo libro, la memoria delle tartarughe marine, affronta tematiche non proprio facilissime e molto attuali. ci racconti come è nato?
Anzitutto ciao e grazie per questa intervista! 
La memoria delle tartarughe marine è una storia che nasce dalla voglia che avevo da tempo di raccontare una storia che parlasse di fratelli. Il fatto che sia inserita in un contesto moto attuale è il frutto di una scelta ben precisa. Mi sembrava necessario inserire in questo libro un segnale di consapevolezza rispetto al momento storico e sociale che stiamo vivendo. Credo sia bello intrattenere con le nostre storie i lettori e altrettanto non dimenticarci il contesto in cui viviamo. Trascorro molto tempo nel mio studio a disegnare e scrivere e leggere, ma questo non significa che quello che accade al di fuori del mio contesto privilegiato mi lasci indifferente. Allora cerco di integrarlo in qualche modo con quello che faccio. Cerco di averlo sempre presente. 
tartarughe di mare e l'odissea dei migranti: non sono temi facili, dicevamo, ma hai saputo gestire in maniera dettagliata il primo e con molta delicatezza e precisione il secondo: come si è svolto il lavoro di ricerca per scrivere questa storia?
Documentazione. Quando arriva l'idea per una storia e sei consapevole che è quella giusta, perché trovi l'esatta corrispondenza con ciò che volevi dire, con ciò che sei, allora da quel momento inizia il vero lavoro. Le idee per me sono sempre un dono, quasi al limite dell'inspiegabile, anche se so che sono il frutto di un percorso, vivo questa cosa sempre come un momento quasi mistico ed è una sensazione che adoro è  il motore di tutto quello che faccio... Scusa, riprendo il filo del discorso. Una volta sopraggiunta l'idea, comincia la lunga fase di documentazione. Raccolgo tutto il materiale possibile. Studio, per settimane e non smetto neanche durante la fase del disegno. Film, libri, musica, chiacchierate con persone che stimo e a cui chiedo consigli. In una fase creativa ogni cosa porta spunti. Diciamo che è un momento in cui sono io stessa molto ricettiva rispetto a qualunque stimolo, visivo o cognitivo, possa ricevere.
in questi giorni esce una tua storia in un'antologia - sempre per tunué - a favore di emergency (quattro storie e mezza per emergency): com'è fare fumetti quando devi confrontarti con realtà così vere e forti?
È una cosa che fa male. Non credo davvero di poter spiegare meglio. La storia che ho disegnato per Antonio Bruscoli, il chirurgo di Emergency che ha scritto il mio soggetto, fa male. Ho dovuto approfondire la realtà che c'è in Sierra Leone. Le mutilazioni, la violenza, l'arbitrarietà del male. Avrei preferito non dover disegnare corpi straziati. Un bambino che muore. L'ho fatto e da tutto questo sono nate solo cose buone. Il dolore aiuta a tirare fuori un'arte più sincera e sperimentale, specie nell'uso del colore. Ora quando parlo di guerra in Sierra Leone, sono consapevole, almeno in piccola parte, di ciò che è accaduto. Questo libro ha cambiato me, tanto per cominciare.

rispetto all'attuale fortuna del fumetto, letto e apprezzato da un pubblico sempre più vasto, come vedi questa tendenza - nemmeno troppo nuova ma che da qualche anno sta prendendo sempre più piede - del reportage a fumetti (o comunque di fumetti che, come il tuo, toccano temi di attualità)?
Se, come ti dicevo poco fa, la ricerca legata alle storie e all'attualità di ciò che raccontiamo genera consapevolezza in noi e in chi legge, ben venga tutto questo. Il binomio immagini /testo è sempre più incisivo. Le storie aumentano la loro qualità. C'è voglia di sperimentare a livello grafico. Questo fermento arriva, eccome se arriva, sia ad un pubblico adulto, che alle nuove generazioni.
andiamo a te: come hai iniziato la tua carriera di fumettista?
Da bambina, disegnavo le mie storie. Poi, crescendo, ho preso strade lontanissime dal fumetto. Almeno credevo. Se una cosa fa parte di te, se tu sei quello che vorresti fare, fallo e basta! Comincia. Prova. Ecco, questo è stato il mio percorso. Ciò che ho fatto per tanti anni adesso è confluito qui, nelle storie che racconto. Non importa cosa sia successo nel frattempo, perché se mi ha portato dove sono ora, è stato il percorso migliore possibile. Posso dirti solo che ad un certo punto della mia vita, mi sono fatta il regalo più grande: ho frequentato una scuola di fumetto e ho avuto insegnanti meravigliosi!
E sai alla fine qual è la cosa più bella di questo lavoro? Le persone. Gli amici che ho trovato, i colleghi e i meravigliosi lettori che mi seguono e che, libro dopo libro, ora sono tutti un pezzetto di me. Fare la fumettista sembra un lavoro solitario, ma credimi che in realtà, se te la sai costruire, porta una rete di affetti davvero preziosa.
hai mai pensato di scrivere una sceneggiatura di un fumetto e lasciare i disegni ad altri, o viceversa, disegnare un testo già scritto da qualcuno? ed eventualmente, tenendo in considerazione anche gli autori più "irraggiungibili", con chi ti piacerebbe lavorare?
Guarda, a me piace raccontare storie. Se un giorno qualcuno mi chiamasse e mi proponesse un testo capace di entusiasmarmi o se trovassi una disegnatrice o un disegnatore in sintonia con il mio sentire, mi metterei in gioco su tutti i fronti. Quello che non deve mai mancare è la collaborazione artistica e soprattutto umana. Auspico sempre progetti condivisi. Credo in un costante dialogo tra le parti e nell'ascolto reciproco. Se trovassi tutto questo, direi sempre di sì.
tentiamo lo scoop su claccalegge: hai qualche nuovo progetto in lavorazione?
Un paio. Uno personale, in lavorazione. Uno di più ampio respiro. Vedremo. Questa è la fase creativa. Dunque la più bella!
ti ringrazio tantissimo per il tuo tempo! complimenti per il tuo libro e un mega imboccallupo per i tuoi prossimi lavori!
Grazie a te per questo spazio!

mercoledì 21 giugno 2017

le due metà della luna

conosci la leggenda della luna sull'acqua?

la luna, lo sanno tutti, è sempre piena, ferma e splendente nel cielo, nonostante quello che raccontino le leggende, che la vogliono scomparsa e sostituita da un grande mantello tondo e luminoso.
lo sanno tutti e lo sa bene anche alba, un'industriosa e ottimista topolina appena giunta alla città di croma, un posto un po' grigio, dove la vita è frenetica e la gente sembra sempre troppo scura in volto.
nonostante l'ispirazione, la creatività e la gioia di fare siano quasi del tutto scomparse dalla vita degli abitanti di croma, alba non crede subito al racconto della sua vecchia vicina talpa, una vecchietta un po' picchiatella che crede che la leggenda della luna scomparsa sia vera, esattamente come fosco, quello strano corvo che nonostante tutto l'ha salvata quando ne aveva bisogno...
dopo un tranquillo mese di lavoro come sarta in una boutique di croma, alba si ritroverà invischiata in una faccenda decisamente pericolosa, a metà tra fantasia e realtà, tra passato e presente, pronta a sfuggire alla crudele e fredda proprietaria di una fabbrica di fazzoletti (no ok, è tremendo detto così, ma poi capirete) e ai suoi gabbiani scagnozzi.



le due metà della luna è un racconto di formazione e avventura appassionante, una storia che ricorda un po' le emozioni che ci davano da bambini i vecchi film della disney (e il fattore animali antropomorfi in tal caso aiuta parecchio) o i fantasy per ragazzi, quelli in cui subito ci affezionavamo all'eroe e lo seguivamo nelle sue peripezie tutti palpiti e ansia, nonostante sapessimo fin da subito che avrebbe vinto e che tutto si sarebbe concluso per il meglio. è infatti uno degli ultimi titoli della collana per ragazzi tipitondi di tunué, un racconto quindi adattissimo a un pubblico più giovane che saprà sicuramente apprezzarne l'atmosfera piena di avventura e magia, tanto quanto a un pubblico più adulto, non solo per l'effetto nostalgia di cui sopra, ma anche perché sa unire una storia appassionante a un ritmo serrato, sa essere originale nonostante i tanti rimandi alla mitologia classica e a quelle atmosfere da racconto fantasy anni '90, e sa farci tornare in qualche modo un po' bambini, pronti a credere alle favole, alle leggende di lune scomparse e avventurose topoline che possono salvare la città - e il mondo! - dai malvagi senza scrupoli.

lunedì 19 giugno 2017

commenti randomici a letture randomiche (36)

insomma, il problema è che ormai è estate inoltrata, fa un caldo bastardo e stare al computer a scrivere è una tortura, vorrei solo stare a mare a leggere sotto l'ombrellone sorseggiando un buon té freddo (non è vero, vorrei un martini). quindi l'unico modo per portare avanti il blog è cercare di recuperare il più velocemente possibile i post arretrati, tutta la roba che ho letto negli ultimi tempi (o almeno una parte) e di cui non ho ancora scritto niente.
oggi verrà fuori un frullatone di roba, tutta bellissima, che vi costringerà a spendere un sacco di soldi quindi, se avete in mente di passare un bel weekend al mare, non leggete nulla. anzi no, leggete questo: domani scade il ghiveuei! qui il post da condividere per partecipare.
e ora fuggite, prima che sia troppo tardi!

iniziamo subito con uno shoujo manga che dovete comprare assolutamente (se vi piacciono gli shoujo manga, altrimenti no, ovvio), cioè tsubaki-cho lonely planet, l'ultimo lavoro di mika yamamori, già nota per una stella cadente in pieno giorno.
la storia prende le basi da una situazione che non è certo il massimo dell'originalità (praticamente l'input è lo stesso - solo per citare uno dei titoli più recenti - di quello di rere hello), ovvero: ragazza in difficoltà economica, senza casa e con una famiglia di irresponsabili alle spalle, decide di andare a servizio per mantenersi e ripagare i debiti dei suoi.
ma la yamamori riesce a rendere tutto molto meno banale di quanto ci si possa aspettare da un incipit del genere creando una protagonista un po' fuori dalle regole: fumi è una ragazza determinata e fiera, affascinata più dagli elettrodomestici e dalle padelle che dai vestiti, poco incline all'innamoramento facile e con un caratterino sicuramente più interessante delle tante protagoniste tutte occhi languidi e sospiri, in grado di evitarci la noia dei soliti batticuori e guanciotte rosse anche quando si scopre che lo scrittore presso cui farà da domestica, akatsuki kibikino, non è affatto il gentile e compassato signore di mezza età che aveva immaginato, ma un giovane burbero con lo sguardo truce, i capelli lunghi e uno scarsissimo senso dell'ordine.
ah, e ovviamente è un figo pazzesco, che però ci evita quelle insulsaggini al limite della denuncia per molestia cui sono soliti i tizi fighi - e più vecchi della protagonista - negli shoujo manga, e già solo per questo io il signor kibikino lo amo parecchio.
alla fine del volumetto, quando tra fumi e lo scrittore si sta cominciando a creare una sorta di equilibrio che lascia intravedere una qualche possibilità di convivenza-con-sviluppi-interessanti, arriva un altro personaggio-cliché: il ragazzo che lei ha conosciuto anni prima, ha ferito e di cui si è dimenticata, a cui ovviamente tocca il ruolo di quello che vuole vendicarsi ma che in fondo ha un debole per lei e lo abbiamo già capito, grazie.
in parole povere tsubaki-cho lonely planet è un manga che gioca con i cliché del genere riuscendo a dar vita a personaggi spontanei, in grado di recitare con naturalezza anche nelle situazioni più assurde. straconsigliatissimo!

poi c'è forse l'amore di sualzo e silvia vecchini, che è uscito per tunué qualche tempo fa e che, sopratutto se siete degli animi romantici, vi consiglio di comprare e ancor più di regalare.
forse l'amore infatti non è un vero e proprio fumetto ma una piccola poesia illustrata, o un libro di illustrazioni che canta una poesia, fate voi.
pagina dopo pagina, i versi di silvia vecchini sono raccontati in immagini dai disegni di sualzo e rincorrono il significato della parola - e del sentimento - più misterioso e più conosciuto di tutti: cos'è l'amore?
[forse l'amore] è vergognarsi un poco, non essere sicuri / e poi sentir arrivare tutta insieme una forza che non sapevi neppure di avere.
silvia prova a spiegare mentre sualzo disegna una mattina qualsiasi di due ragazzi, la sveglia, i vestiti, le strade affollate, i compiti a scuola, i rapporti con i compagni eccetera, perché l'amore forse non è che tutto quello che ci fa vivere, crescere, imparare, essere noi stessi.
una lettura velocissima ma dolce e tenera.

cambiando completamente genere, volevo consigliarvi di leggere elysium, un romanzo edito da zona 42 che ho letto in un periodo in cui avevo voglia di un bella distopia angosciante che mi lasciasse incollata alle pagine fino alla fine.
in realtà elysium ha a che fare con il mio concetto di distopia angosciante e iper appassionante solo a metà, ma è un romanzo che trova il suo punto di forza nella sua struttura e nell'idea di fondo che si colloca più nel filone urban fantasy che in quello fantascientifico/distopico.
sullo sfondo della narrazione, sfocata e descritta a sprazzi e senza troppi pipponi, la nostra terra sta vivendo il momento peggiore possibile e per una volta l'ambientazione post-apocalittica non dipende dalla scelleratezza umana e dal nostro poco saggio uso delle risorse di madre natura.
cosa succede al nostro pianeta lo scopriamo poco alla volta, capitolo dopo capitolo, sopratutto quando capiamo il gioco tra i due veri protagonisti del racconto e riusciamo a lasciare qualche neurone libero di stare attento a ogni dettaglio: antoin/antoinette e adrien/adrienne ritornano e si trasformano di capitolo in capitolo, la loro storia ritorna e si ripete di volta in volta, intervallata dai codici di un computer che sembra raccontarci di loro, dei loro dolori, delle loro paure, della tragedia che si ritrovano a vivere e rivivere ogni volta, e sopratutto del loro immenso amore, come in un folle spettacolo teatrale in cui gli attori rimangono sempre gli stessi ma a ogni cambio di scenografia viene loro dato un nuovo ruolo in cui continuare a essere loro stessi.
jennifer marie brissett esordisce con un romanzo pazzesco, una storia millenaria che sa riflettere tanto di concetti un po' astratti come il fato e l'immortalità dell'anima quanto di aspetti decisamente più pratici, tipo quello che vede un intero pianeta agonizzante e senza speranze, in cui il lettore viene risucchiato e lasciato vorticare in una spirale in cui la vita si ripete, ogni volta crudele e straziante, in cui riesce a riconoscere le stesse frasi e lo stesso ineluttabile destino, e in cui, man mano che si procede, le scenografie di cui sopra si fanno sempre più terrificanti.
a toglierci gli ultimi dubbi che rimangono a fine lettura ci pensa l'autrice stessa, pronta a colmare le nostre lacune circa gli ispiratori storici della vicenda.

venerdì 9 giugno 2017

Giardino d'inverno ~ Renaud Dillies & Grazia La Padula

Nell'indifferenza generale, vomito... 
E questo cazzo di pianeta continua a girare... 
E io vomito...

Sam, barista in un locale, un jazz club in cui spesso si organizzano piccoli concerti live, vive una vita monotona, in un mondo monotono, routinario, sconsolante. Tutto è così grigio e valevole di poca attenzione che, pur di non divertirsi, preferisce scappar via dal bar prima che le band comincino a suonare, per immergersi in un rapporto piatto con una ballerina di nome Lili.
Sam è fatto così, è un pesce fuor d'acqua, uno che in quel mondo sembra essere un ingranaggio spezzato, senza una meta, senza voglia di essere più di quello che non è già. 
Sam è triste.
Sam è triste, ma quel mondo routinario, con tutte le sue brutture, va avanti lo stesso.
Qualsiasi scelta risulterà per lui emotivamente deleteria, tanto da farlo allontanare da tutti, quasi anche da se stesso.
Sarà però l'incontro con un vecchio signore che abita al piano di sopra del suo stesso stabile, il quale lo scambia per suo figlio, ad essere la chiave di volta di una storia che, nonostante la sua brevità, non può far altro che tenerci aggrappati in maniera molto forte ed appassionarci fino alla fine.


Giardino d'inverno - già edito in Francia nel 2009 da Editions Paquet - ci mostra ci mostra una talentuosa Grazia La Padula prima della sua collaborazione con Tony Sandoval in Echi invisibili.
Cresce così la collana Prospero's Books Extra di Tunué, proponendo in Italia questo libro che racchiude in sé emozioni contrastanti, forti e cariche di tenerezza al tempo stesso, in un climax ascendente che costringe ad una lettura tutta d'un fiato.
Si tratta del primo romanzo a fumetti di Grazia La Padula (anche se in Italia le pubblicazioni non seguono lo stesso ordine di uscita di quello francese), che, con la sceneggiatura di Renaud Dillies, ci propone un lavoro che, per certi versi, esprime una maturità artistica non di poco conto; maturità che si definirà proprio - come dicevo - con la collaborazione di uno degli autori di punta del catalogo Tunué, quel Tony Sandoval che firmerà i testi di Echi invisibili, tirando fuori l'aspetto più oscuro e dark dei disegni di Grazia, il loro punto in comune che ha reso perfetta la collaborazione tra i due autori.


Renaud Dillies e Grazia La Padula, con il loro stile minimale ed espressivo, ci conducono in questa storia che racchiude un in sé un percorso puramente catartico, in grado di accompagnarci ad un finale liberatorio, sgravante, che ci ridà respiro.
Tutto questo è arricchito da disegni a tratti grotteschi, con personaggi dalla testa enorme e dai nasi arrossati - tipico della La Padula - e con una colorazione che accarezza in maniera eccellente l'andamento emozionale della storia e, in particolare, delle sensazioni dello stesso Sam.
L'intreccio tra storia e disegni non risulta affatto sbilanciato: le parole, i dialoghi e le didascalie, cedono il passo alle immagini senza anticiparle; sembra piuttosto che la parte grafica e quella letterale si enfatizzino a vicenda creando un pathos che si presenta in maniera graduale pur mantenendo uno stile narrativo lineare e mai pressante, benché snello e veloce.

Un fumetto che merita attenzione e che difficilmente lascerà indifferenti, che racconta emozioni cui, spesso, molti di noi si trovano o si sono trovati a far fronte e che è bello anche solo da sfogliare, una, due, più volte.
Perché in fondo, siamo tutti un po' Sam.

Plic
Ploc.
Plic
Ploc.


A voi scoprire la valenza di questo ripetersi onomatopeico che scandisce la lettura costantemente, ora in una tazza, poi in un secchio.

Plic
Ploc.
Plic
Ploc.

Sarà una scoperta piacevole.

R.

domenica 4 giugno 2017

to be read ~ giugno


questa cosa della tibierre ormai sta diventando difficile. e questo mese lo sarà più del solito. ammetto che ogni volta non riesco a leggere tutto quello che metto qui, e se anche leggo tutto poi magari non riesco a scrivere di ogni cosa sul blog, ma mi consolo perché ogni volta ci sono sempre letture "non programmate" che si aggiungono alla lista e che in qualche modo compensano quelle che salto.
ma il vero problema, sta volta, è ho un saaacco di roba che mi è arrivata a maggio a casa, più un saaacco di roba che ho comprato all'arf (non vi sarete mica persi l'articolo pieno di fuffa e foto, vero?) e sta per iniziare una marina di libri, anche se ho già scritto una lista di acquisti abbastanza striminzita, per limitare i danni al portafogli e sopratutto perché ormai non so davvero più dove mettere i libri...
in ogni caso, questo mese leggere è stato davvero un casino, mi sono arresa e ho messo un sacco di roba, in un momento di enorme ottimismo, ho tralasciato solo gli spillati, ma solo perché in foto aveva veramente molto poco senso aggiungerli alla pila.
leggerete i post a sorpresa.
e a proposito di sorprese, ricordatevi assolutamente di passare da qui domani, perché ho una sorpresa bellissima per voi!
sto divagando.
ecco qui cosa potrei riuscire a leggere - e di cosa potrei riuscire a scrivere - se smettessi di vivere per tutto il mese. grazie a dio la mia vita sociale fa pena...


molti di questi titoli li avete già visti nel post di cui sopra, sono tutte cose che ho preso all'arf, tra cui: david boring, che mi sono convinta a recuperare grazie agli sconti fiera, i diari della nuke e un lungo cammino (c'è anche altrove per sempre, per sempre altrove), che ho preso nell'edizione autoprodotta dei mammaiuto, cosa che ormai non speravo più, ballate di mezza estate, di marga biazzi, che volevo da millenni, lo zoablatore, un librettino geniale e adorabile edito da lavieri, frantumi di giovanni masi e rita petruccioli e la stanza profonda di vanni santoni, che ho preso nel mio immancabile pellegrinaggio alla libreria minimum fax di trastevere e che sto leggendo in questi giorni tra un fumetto e l'altro.
questo mese poi sono strapiena di titoli tunué: rovine, le due metà della luna, forse l'amore, la ricerca del legname, il piccolo caronte e giardino d'inverno, che in foto non c'è perché attualmente si trova tra le grinfie del misterioso recensore che, ci si augura, ne scriverà presto.
i titoli eris sono solo due, the squirrel machine e diario di un fantasma, ma conto di recuperarne altri a una marina di libri, mentre con i manga sto un po' indietro con gli acquisti (e vorrei vedere, dopo essermi svenata con tutto il resto!), ho messo nella tbr solo il primo volume di tsubaki-chou lonely planet che in realtà ho già letto ed è adorabile (ma ad essere sinceri ho già recuperato natsume degli spiriti 18 e our little sister 2, che devo ancora leggere, aspetto di mettermi in pari con qualche altra uscita per il solito commentino randomico su tutto quanto).
ci sono anche altre cose che mi trascino dai mesi scorsi che ho letto e di cui devo scrivere, ma il vero problema è riuscire a trovare il tempo per tutto (ecco perché questo post va di domenica!)

e voi? quali di questi libri avete già letto? e quali leggerete in questi giorni? quali sono quelli che vi incuriosiscono di più?

venerdì 17 marzo 2017

commenti randomici a letture randomiche (31)

marzo 2017 sarà ricordato come il mese della sfiga, dell'influenza e dei malesseri. anzi, ad essere precisi, credo proprio che qualcuno mi abbia fatto una macumba, perché ok i malesseri stagionali, ma non ho mai avuto un'influenza così infame e duratura.
ma siccome si sa, io sono una personcina ottimista, ho approfittato di questi giorni di solitudine (stai lontana che mi contagi!) e noia per lavoricchiare e leggere tutto quello che il mal di testa semiperenne mi ha consentito di leggere, ovvero non tutto quello che avrei voluto ma abbastanza da poter tornare a fare un post di randomica fuffosità.

il più fuffoso e adorabile dei libri letti di recente è ovviamente la seconda raccolta di vignette di sarah anderson, un grosso morbidoso bozzolo felice, dove continuano le avventure dell'alter-sarah tra paranoie, scazzi sovrumani, maglioni rubati, lotte senza speranza con il proprio utero e sociopatia portata fino al limite massimo.
come nel primo volume, si tratta di episodi brevissimi, in media di quattro/cinque vignette ciascuno, che raccontano momenti quotidiani della vita da tutto-vi-prego-ma-non-chiedetemi-di-essere-davvero-un'adulta, filtrati dallo sguardo della protagonista/autrice, capace di rendere le situazioni più banali un capolavoro di comicità tragica.
le vignette di sarah anderson, quando non ti piegano in due dalle risate, ti fanno inevitabilmente esclamare ehi, ma quella sono io! e se non vi è mai capitato di pensare questa cosa nemmeno una volta, allora molto probabilmente non conoscete nemmeno sarah anderson, né il suo libro, né la sua pagina facebook (e sicuramente non siete qui a leggere questo post) perché siete troppo impegnati da cose tipo - ugh! - vivere la vita vera.
mollate tutto, recuperate questo libro (e anche crescere che palle!), raggomitolatevi sotto una coperta con una mega felpa addosso e una pizza accanto ed eccovi risolti tutti i problemi, anche quelli a cui non avete ancora pensato.

ma in realtà noi millennials (ho scoperto l'esistenza di questa definizione da poco e mi ha gasato, era da tanto che non trovavo un gruppo in cui inserirmi, e qui, per forza di cose, ci rientro appieno, quindi ora faccio come i bambini che imparano parole nuove e le usano ogni volta che possono farlo) abbiamo tanti modi di convivere con la vita, l'universo e tutto quanto (cit.), cosa che diventa incredibilmente più complessa se vi capita di nascere femmine.
pénélope bagieu ci racconta in una sorta di diario a fumetti - la mia vita è assolutamente affascinante - la sua storia che, anche qui, è un po' lo specchio di una generazione, una generazione che davanti al no future dei punk degli anni ottanta si fa matte risate mentre cerca di sopravvivere tra stage, contratti a tempo determinato, le aspettative su cosa dovrebbe essere/fare/dire una ragazza perbene, lo shopping compulsivo (è uno dei mali più diffusi a quanto pare, consolatevi), famiglia, fidanzato, amiche, colleghi e incontri fortuiti per strada.
un po' come in joséphine, pénélope bagieu disegna piccoli momenti quotidiani per mostrare le contraddizioni, le assurdità e le isteriche convenzioni di una società tutta basata sulla forma più che sulla sostanza.
e vi ricordo che lo trovate nel pack promo sul sito di hop edizioni (qui), quindi proprio non avete scuse per rimandare ancora l'appuntamento con questa autrice!

in ultimo due parole le voglio spendere per il trentunesimo episodio di monster allergy, domulacrum, che poi sarebbe il primo della nuova serie.
da un lato mi ha entusiasmata rivedere i vecchi personaggi di una serie di quando ero ragazzina, ritrovarli cresciuti e però di nuovo alle prese con quel mondo fatto di mostri, domatori, rifugiatori e misteri, di nuovo in missione, insieme zick ed elena, proprio come ai vecchi tempi.
dall'altro lato mi è sembrato che tutto spingesse un po' troppo sul tasto nostalgia, che fosse tutta una bella, affascinante, ben strutturata trappola per i vecchi lettori che non volevano lasciar andare i personaggi di una serie amata, che però, in fondo, non sono più quelli di un tempo: mi sono chiesta parecchie volte, durante la lettura, ma se io non fossi stata una fan della vecchia serie, questa storia qui mi sarebbe piaciuta lo stesso? e boh, mi sa proprio di no.

va bene che è il primo episodio di una nuova serie, che in qualche modo doveva collegare quello che è stato fino ad ora con quello che sarà, va bene che è scontato che i primi episodi sono sempre un po' introduttivi e quindi ci sta che non appassionino poi più di tanto, va bene che io ormai non sono più quella che ero quando leggevo monster allergy (che però i vecchi volumi mi gasano ancora come ai tempi), però questo mi è sembrato un po' moscio rispetto a prima, e i nuovi zick e elena, così cresciuti, mi stanno meno simpatici di quello che erano all'inizio, quando erano solo due bimbetti casinisti e buffi.
è stato un po' come se quello fosse andato via per sempre, rimpiazzato da qualcosa che - magari perché i cambiamenti all'inizio non piacciono mai a nessuno - non riesce a reggere il confronto.
non so esattamente cosa, forse semplicemente non è stato abbastanza divertente e un po' troppo affrettato: in effetti, a fine lettura, la sensazione è che questo primo episodio può tranquillamente anche essere l'ultimo, non mette nessuna voglia di sapere cosa succederà dopo, e non mi sembra proprio il massimo per iniziare.
come se questo domulacrum fosse un modo molto garbato e anche un po' timido di dire a noi trentenni allora che si fa? volete continuare a leggere le storie di zick ed elena? pensateci con calma, eh, ormai non è più il tempo di passare ogni giorno in edicola a chiedere se è uscito il nuovo numero.
e d'altra parte, un volumino che costa un accidenti perché wow è cartonato! e wow lo trovi solo in libreria, mica in edicola come ai vecchi tempi quando eri ancora un bimbetto! a chi dovrebbe essere destinato se non ai vecchi nostalgici?

e quindi sì, sono una vecchia nostalgica che voleva tornare ai bei tempi andati in cui leggevo le storie di un ragazzino allergico ai mostri e della sua amica buffa e simpatica e che per farlo è dovuta scendere a patti, accollandosi un ragazzino che non tiene più l'inalatore in mano una vignetta sì e una no, l'amica buffa che ora è una strafiga, i mostri che quasi non ci sono, niente sfruscio, i cattivi che dove diamine sono finiti i pirati fantasmi e tutte quelle altre cose spaventosamente fighe? e un volumino cartonato che costa quasi quindici euro perché ormai gli spillatini sono da sfigati e noi vogliamo solo i graphic novel in bella mostra alla feltrinelli.
delusa? beh, mentirei se dicessi di no. ma mentirei pure se dicessi che non mi frega niente di sapere come andrà avanti la storia (ma con calma, e sopratutto che mai e poi mai zick ed elena finiscano insieme o ritorno a credere che la serie sia finita con il ventinovesimo episodio, altro che la nuova trilogia non esiste), so che al prossimo numero cincischierò un po' e poi cederò di nuovo, anche se per me questa roba non è - almeno non è ancora - monster allergy.
consigliato? solo se vi avanzano quindici euro e volete soffrire un po' anche voi.

mercoledì 22 febbraio 2017

non sei mica il mondo

ci avevano detto che sei un campione!
ma tu batti tutti i record.

è il periodo del carnevale, bené ha otto anni ed è appena stato iscritto dalla sua mamma nella sua nuova scuola. la nuova direttrice lo sa che lui è un bambino un po' problematico, che è stato espulso da scuola tante volte perché troppo violento, che non sa ancora leggere, ma ha fiducia nella sua capacità di cambiare e, sopratutto, nella maestra valentine.

per un bambino come bené non è facile fare amicizia, e non è facile seguire le lezioni.
un padre assente, una madre troppo impegnata e forse troppo giovane, di certo incapace di dare al figlio le attenzioni che servono, un percorso scolastico probabilmente non adeguato, lo hanno trasformato in un piccolo irascibile, chiuso nel suo mondo.

l'insistenza di valentine, i rimproveri, le punizioni, i rientri pomeridiani permetteranno a bené di crescere, di imparare ma sopratutto di avere una vita sociale più normale.
ma i suoi incubi continuano, il suo io ferito e solitario rimane lo stesso, esattamente come la maschera, un po' inquietante, che porta sempre con sé, una maschera che più che nascondere, svela la propria essenza, uno degli oggetti - quasi un simbolo - più importanti della storia.


raphaël geffray nel suo fumetto d'esordio non sei mica il mondo racconta con schiettezza e senza interferire con i personaggi, quasi come se si trattasse più di un docu-film che di un romanzo vero e proprio, la storia di un bambino con un passato difficile e della sua disperata ricerca di un punto fisso, di un faro che lo guidi, di qualcuno che possa essere il (suo) mondo.

lo stile grafico di geffray è veramente notevole sia nelle tavole a penna che in quelle acquerellate, i tratti quasi caricaturali - a volte decisamente inquietanti - dei personaggi contrastano con un realismo a volte quasi fotografico, mentre forse un po' troppo si perde nella narrazione che, plausibilmente per non cadere nel didascalismo (il modo più elegante che mi viene in mente per riempire tutto di pipponi interminabili), pecca dall'altra parte per affidare tutto soltanto ai personaggi, alle loro voci e alle loro azioni, senza mai neanche lasciarci conoscere i loro pensieri e senza alcun intervento dell'autore.
il risultato, dicevo, sembra simile a un mix tra film e documentario, qualcosa che riesce a essere al contempo tanto forte quanto distaccato: sarà anche per questioni puramente anagrafiche, ma è impossibile sentirsi vicini a bené, e ancora più difficile avvicinarci a valentine, di cui sappiamo e conosciamo ancora meno, eppure, leggendo questa storia e piano piano scoprendo il passato e il presente di bené, è inevitabile lasciarsi coinvolgere in qualche modo dalla vicenda.
una storia per bambini che sa parlare benissimo anche ai grandi, che racconta l'infanzia e che ci ricorda che non sempre e non per tutti i primi anni sono i più felici e spensierati.

troppo facile sarebbe utilizzare questa storia come esempio per parlare dell'inefficienza di un sistema educativo e scolastico che non sa focalizzarsi sul singolo, sopratutto quando ha bisogno di aiuto, sia che si tratti di un bambino difficile che di una madre sola.
e infatti geffray non si abbandona a sterili recriminazioni né a banali generalizzazioni, ma ci lascia liberi di riflettere su quello che è il difficilissimo rapporto tra adulti e bambini quando non sa instaurarsi nei tempi e nei modi giusti, e sopratutto su quello che rappresenta la scuola - intesa come società e non solo come l'insieme delle nozioni date e apprese - per loro.

bené non vuol aprirsi al mondo, affida ai suoi sguardi tutta la sua rabbia e il suo bisogno di aiuto e a noi lettori non rimane che provare a interpretare quelle occhiate senza riuscire ad avvicinarci un passo in più.

lunedì 6 febbraio 2017

l'uomo montagna

non posso portarti con me stavolta, ragazzo mio.
è il mio ultimo viaggio.


è arrivato il momento per il nonno di compiere il suo ultimo viaggio. sulle sue spalle ci sono montagne ormai troppo grandi per essere spostate ancora. il viaggio del nonno non sarà lunghissimo, non può fare tanta strada, ma di certo questo viaggio deve farlo da solo.
per lui è l'ultimo, ma per il suo nipotino, quello che lo riporterà dal nonno, sarà la prima volta che viaggerà da solo.

questa è la premessa al breve, bellissimo, delicato e dolce racconto di séverine gauthier, illustrato da amélie fléchais, l'uomo montagna, il racconto di un viaggio fantastico, a volte difficile, a volte pericoloso, ma che permetterà al piccolo protagonista di conoscere un po' del mondo e un po' di sé stesso.


il bambino, il futuro uomo montagna del titolo, si è messo in cerca del vento più forte, il vento così forte da riuscire a sollevare le montagne che il nonno porta sulle spalle per permettergli di ricominciare a viaggiare. è il primo viaggio tutto suo, eppure durante il tragitto, incontrerà creature gentili che gli sveleranno come, anche con un compagno che condivide un tratto del nostro viaggio, si possa continuare a essere soli, e di come essere soli non sia per forza qualcosa di negativo.

quello di gauthier e fléchais è un mondo in cui tutto è animato e ogni essere vivente può insegnare agli altri qualcosa di importante, e dagli altri può imparare: il grande e possente albero che conosce il significato di appartenenza e casa, i sassi che sanno come godersi al massimo un viaggio bellissimo anche se breve, gli stambecchi che sanno superare le avversità e rendere confortevole anche la più fredda e pericolosa delle montagne, il vento, che scopre per la prima volta di poter fare qualcosa di più che soffiare e piegare gli altri.

nonostante sia un libro per bambini, e nonostante ci si possa limitare - se di limite si vuol parlare - a godere delle ricchissime e dettagliatissime illustrazioni di amélie fléchais, dal tratto originalissimo ed espressivo, arricchito da una colorazione tanto delicata quanto suggestiva, pagine piene di dettagli, curatissime, che illustrano con grande consapevolezza un mondo molto ben articolato, e della storia di séverine gauthier, con la sua aria un po' da vecchia fiaba, l'uomo montagna - come fanno in fondo tutti i bei libri per bambini - nasconde riflessioni importanti su valori fondamentali: affrontare la scomparsa di chi persone a noi care, imparare a vivere soli ma senza rifiutare l'aiuto di nessuno, accettare con gratitudine la buona compagnia senza smettere di impegnarsi con le proprie forze, imparare la bellezza dell'andare e quella del ritornare, conoscere le proprie origini e saper sentire la propria appartenenza non come un mero dato geografico, ma come un legame dell'anima.


amélie fléchais la conoscevo solo di nome e avevo visto qua e là alcuni suoi lavori, e già con quelli mi aveva conquistata (anche se devo ancora recuperare il suo lupetto rosso e il sentiero smarrito), mentre séverine gauthier mi era completamente sconosciuta, ma entrambe hanno dimostrato di essere capaci di dar vita a opere non solo visivamente stupende, di creare mondi suggestivi e fantastici e personaggi indimenticabili, ma anche di saper riempire questo universo a prima vista infantile e delicato, di significati profondi e importanti, come dicevo, di sapere cioè - e credo non ci sia cosa più difficile - scrivere davvero letteratura per l'infanzia, creare storie che sanno parlare con semplicità e dolcezza della vita in tutti i suoi aspetti, senza alcuna insopportabile morale ma anzi con onestà, anche degli argomenti più difficili.

non fatevi ingannare dalle poche pagine di questo libro e concedetegli una possibilità: vi ritroverete incantati a leggerlo e rileggerlo più volte.