"c'era chi credeva che le sirene fossero una mutazione genetica, un'evoluzione dei dugonghi o lamantini quasi estinti, per fronteggiare un mondo da cui l'essere umano era destinato a sparire. altre creature, suboceaniche, avrebbero dominato la terra.altri sostenevano che era normale scoprire specie sconosciute, visto che l'uomo era ormai in grado di abitare il fondo dei mari e degli oceani, anche se ci volevano molti soldi per farlo. specie nuove, o forse antichissime, come le meravigliose sirene crudeli"
non so bene cosa mi aspettassi da questo libro, un racconto leggero, un fantasy post-apocalittico, questo sì, ma comunque pensavo si trattasse più che altro di un romanzo da svago. e invece.
di solito non mi piace fare spoiler ma questo libro (che è uscito per la prima volta nel 2007, quindi ok, qualche spoiler ci può stare) necessita di un'analisi che per forza di cosa deve toccare alcuni punti della trama.
a voler incasellare sirene di laura pugno, potrei definirlo un romanzo transfemminista antispecista. in quel transfemminista ci sta dentro anche la questione ambientale e la critica a un sistema economico basato su sfruttamento/accumulazione e ci potrebbe stare anche l'antispecismo, ma credo che proprio questo aspetto vada sottolineato in modo chiaro.
il mondo di sirene abita un futuro non si sa quanto lontano (ma si teme non eccessivamente), un futuro doloroso in cui l'umanità cerca di sopravvivere su una terra quasi del tutto inabitabile: l'atmosfera è mutata e non riesce più a proteggere gli esseri umani dai raggi solari e adesso, quella stella che era stata il motivo del successo della nostra esistenza, si è fatta portatrice di morte. il cancro nero è una malattia orribile e crudele che colpisce chiunque si esponga ai raggi solari anche per poco tempo. la pelle si annerisce come in una sorta di autocombustione, gli organi collassano e in poco tempo tutto il derma si stacca per lasciar posto a una pelle nuova, candida e delicata che preannuncia cecità e morte.
chi è sopravvissutə vive a underwater, un'immensa città subacquea dove il potere è tutto nelle mani della yakuza, che gestisce le poche risorse rimaste in un pianeta che prova in ogni modo a scuotersi l'umanità di dosso.
ma prima di colonizzare l'ambiente sottomarino, l'umanità ha scoperto l'esistenza delle sirene. non sono passati molti anni da allora e samuel, il protagonista della storia (uno dei protagonisti che ho più odiato in assoluto in tutta la mia storia di lettrice) era solo un bambino quando queste creature si sono palesate per la prima volta, venendo a morire in massa sulle spiagge. le femmine della specie somigliano alle sirene della mitologia, hanno corpi metà da donna e metà da pesce, ma la loro umanità si esaurisce qui: i volti sono teriomorfi e non c'è alcuna possibilità di comunicazione con gli esseri umani. i maschi, invece, somigliano a quelli che una volta furono i dugonghi, non hanno nulla in comune con la razza umana.
fin da subito, le sirene sono state oggetto della cupidigia degli uomini (maschile non sovraesteso), che ne hanno fatto inizialmente trofei di lusso, imbalsamando i cadaveri, per poi iniziare a catturare esemplari vivi, trasformandoli in cibo o oggetti di piacere.
"carne di mare", le sirene si pongono a metà strada tra donne e animali proprio attraverso lo sguardo maschile: come femmine, vengono stuprate, chiuse nei bordelli per ricchi gangster, legate con forza perché - come è abitudine della specie - dopo l'accoppiamento non divorino il maschio; come animali, sono ammassate in allevamenti crudeli, costrette a riprodursi, a ingrassare e poi destinate al macello.
samuel - orfano di entrambi i genitori e cresciuto dalla yakuza - è sempre rimasto in basso nella piramide sociale e la sua vita gira intorno all'allevamento delle sirene: controlla le vasche in cui vengono ammucchiate, soprattutto nei giorni della monta, quando i maschi di sirena vengono introdotti nelle vasche, si accoppiano e vengono dilaniati dalle femmine subito dopo. la loro carne non è commestibile e il loro valore è praticamente nullo, e gli allevatori osservano la carneficina dopo l'accoppiamento spesso con compiacimento. è qui che inizia la storia: durante uno di questi incontri tra maschi e femmine di sirena, samuel si immerge nella vasca per stuprare una sirena, lanciandole tra le fauci al momento opportuno un maschio narcotizzato che plachi il furore omicida della femmina al posto suo.
è una scena - è la prima scena - che sconvolge. l'atto della monta è in tutto e per tutto uno stupro, un accoppiamento dettato unicamente dal potere che samuel - maschio e umano - ha sulla femmina di sirena.
il leit motiv della sopraffazione maschile sul femminile (e degli esseri umani sulle sirene) segue tutta la narrazione, e si esplicita non soltanto nell'allevamento delle sirene - e più avanti nella storia di mia, l'ibrido nata dalla violenza a inizio della storia - ma anche nella vicenda dei due personaggi femminili umani della storia: sadako e ivy.
la prima è la donna di samuel. mi è impossibile usare un'altra espressione perché il rapporto tra lə due non è di amore né spontaneo. sadako, figlia illegittima di uno yakuza, fin da bambina è stata venduta a uomini di potere. marchiata a fuoco sulla schiena, come una bestia da allevamento, per ricordare a chi appartenesse, passata tra le mani di uomini orribili e violenti, diventata uno scarto per il troppo utilizzo, viene donata a samuel, con cui inizia a vivere quella che viene difficile definire una storia d'amore. samuel è, in modo malato e perverso, innamorato di lei ma quali siano i sentimenti di sadako non ci è dato sapere, per lei è probabilmente solo rassegnazione e sopravvivenza. è annullata come persona ed esiste come solo come proprietà. l'unica cosa che rende sadako più che un oggetto è il suo amore per le sirene, la sua convinzione che siano creature da venerare e non da uccidere e il dolore che prova per il lavoro di samuel (che è letteralmente un macellaio), che dal canto suo - ed è anche per questo che sarebbe assurdo parlare di amore - continua imperterrito ad uccidere. sadako morirà di cancro nero e samuel rimarrà ferito dalla sua scomparsa, pur non cambiando di una virgola il suo modo di vivere.
ivy è la seconda vittima di samuel e degli uomini: ex partner del leader del movimento per la liberazione delle sirene, viene avvicinata da samuel a cui è stato ordinato di sedurla e carpire i segreti dell'organizzazione. anche lei è orripilata dal modo in cui le sirene vengono trattate e anche lei le considera creature venerabili. il momento in cui samuel la costringe a mangiarne la carne e a inscenare un rapporto sessuale con una di loro all'interno di un bordello gestito dalla yakuza, sotto gli sguardi divertiti di altri uomini, è un'altra scena difficile da digerire.
e poi c'è mia: samuel stupra sua madre per poi mandarla senza remore al macello ed è pronto a uccidere la piccola se dovesse rivelarsi una prova della sua disubbidienza alla yakuza. quando decide di liberarla, non lo fa certo per amore paterno, ma solo come atto di ribellione che si traduce nell'arroganza di volersi fare salvatore di una creatura più forte e più resistente di lui. che samuel non la consideri sua figlia è chiaro perché violenta anche lei, palesandosi - insieme agli altri uomini - come il vero "animale" della storia, nel senso di creatura incapace di seguire delle norme morali ma trascinata unicamente dai bisogni e dai desideri del momento, accecata da un istinto perverso e crudele che però non mira alla prosecuzione della specie ma al mantenimento del potere.
in questo mondo distopico e angosciante, le femmine - umane e sirene - sono letteralmente pezzi di carne. vengono vendute, usate, mangiate, costrette a soddisfare il desiderio di potere di uomini che, davanti all'apocalisse in corso, non riescono a pensare ad altro che a sé stessi.
le sirene non servono - nella struttura narrativa - solo a esplicitare il sistema patriarcale e misogino di underwater ma sono un simbolo di denuncia verso lo sfruttamento animale: non esistono quasi più sirene selvatiche, tutte quelle ancora in vita (lo sterminio dura circa vent'anni, meno di una generazione umana) nascono e muoiono all'interno dei macelli o dei bordelli, costrette a velocizzare i loro ritmi metabolici per crescere più in fretta e soddisfare più in fretta gli appetiti sessuali e non dei loro carnefici. separate dalle loro figlie dopo appena due giorni, private della libertà, instupidite da trattamenti ormonali che servono a renderle docili e remissive - l'autrice fa spesso riferimento alla loro somiglianza con le vacche, creature che da secoli sfruttiamo, rinchiudiamo, torturiamo e uccidiamo per quello che ormai non è più un bisogno ma solo un capriccio.
e poi ancora, o forse è qualcosa che leggo solo io, c'è la denuncia all'incapacità - persino nei periodi più difficili, mortiferi - di cooperare. competizione, sopraffazione, prepotenza, sfruttamento, accumulo di risorse per pochi mentre la massa muore: il mondo per come lo conosciamo riproduce sé stesso fino all'esasperazione, senza provare a sopravvivere grazie al mutuo aiuto.
in sirene c'è così tanto che si arriva a fine lettura con rabbia e con un macigno sul petto e sulla coscienza. l'apocalisse non è un incidente, è colpa degli umani che hanno distrutto l'ecosistema del pianeta, sterminato popolazioni animali e non, e cambiato l'atmosfera. la fine delle società statali per come le conosciamo, porta a una sopraffazione dei forti/maschi/umani sullə deboli/femmine/animali che perpetua uno schema sociale tristemente attuale e lo esaspera, liberandolo da ogni costrizione morale o giuridica. underwater, la città costruita sotto il mare, ricalca il modello coloniale in cui ci si appropria dei territori dellə altrə distruggendoli e ricostruendoli a proprio vantaggio.
solo alla fine ci è concesso un attimo di respiro, o forse più un sospiro: mia riesce a fuggire, a liberarsi dagli esseri umani, a far nascere in mare aperto sua figlia. è una scena di speranza ma anche di vendetta: nella fuga, trascina con sé il cadavere di samuel - tradito dal suo amico, punito dalla yakuza, privato di tutto e ucciso dal cancro nero - che rimane con lei sul fondo del mare come un oggetto, come un pezzo di carne da divorare prima di iniziare una nuova vita. una vita selvaggia, pericolosa forse, ma libera.