venerdì 30 marzo 2018

il mio amico toby

il mare limpido, la campagna verde e splendente, le mucche (che no, non sono pericolose), un gatto con un orecchio mezzo sbrindellato (il nemico), il bastoncino lanciato da un bambino, i quadri del suo padrone, i cani-femmina (che scarseggiano). e il cibo.
sopratutto il cibo.


non è facilissimo parlare della vita di ogni giorno di toby, cane vattelapesca, non troppo bello e neanche particolarmente intelligente, un adorabile tonto nasone-e-lingua-penzoloni che passa le giornate a esplorare un piccolo pezzetto di mondo lasciandosi travolgere da mille emozioni, sgranando i suoi immensi occhioni buoni davanti a ogni novità, ammirando con devozione infinita il suo padrone, tirando fuori quella faccia devastante da cane in procinto di morire di stenti dopo aver finito il cibo nella sua ciotola perché il toby di grégory panaccione è così realistico e vero che non solo non c'è neppure una singola parola nel libro (i cani non hanno bisogno di parole) ma, sebbene sia solo il disegno di un cane, panaccione lo rende capace di suscitare quello scioglimento immediato di qualsiasi cuore di pietra possa soffermarsi un attimo su queste pagine tanto quanto riesce a fare qualsiasi cane in carne e ossa (e pelo) con i suoi occhi lucidi e la sua testolina piegata di lato con fare dubbioso.
ecco, se avete presente la morsa allo stomaco che vi prende quando guardare un cucciolo e vi sciogliete in urletti isterici e la perdita totale di qualsivoglia forma di serietà e compostezza, allora potete farvi un'idea di quello che proverete a sfogliare le pagine de il mio amico toby.

ingenuo, dolce e fedele, toby diventa un wannabe-pericoloso-cane-da-guardia quando un gatto si avvicina troppo a casa sua, ma il tentativo andato a male di far fuori il nemico porterà a un incontro inaspettato tra due bipedi, un'amicizia insperata e qualcuno in più a cui volere bene.
questa grossomodo la trama (senza spoiler) se proprio vogliamo trovarne una, ma la bellezza di questo libro sta più nei momenti in cui toby è l'assoluto protagonista e ci svela un mondo che non ha bisogno di parole per essere raccontato: un prato è la bellezza di poter correre in mezzo all'erba, una mucca è superare la paura per qualcosa di sconosciuto, qualche ora trascorsa da solo a casa diventa tutto lo sconfortante, grigio, freddo e desolante senso di abbandono che spezza il cuore fino a quasi farlo fermare e il ritorno del proprio padrone è uno scoppio di gioia tale da non riuscire a tenersi fermi.
la noiosa campagna, sempre uguale a se stessa, cambia aspetto in modo sorprendente se la guardiamo con gli occhi puri (ugh, passatemelo per questa volta) di un cagnolino, diventa un turbinare folle di emozioni e sensazioni.


grégory panaccione ci regala la possibilità di trascorrere un po' di tempo guardando il mondo in un modo completamente nuovo, un mondo che non conosce schemi rigidi né definizioni esatte, fluido e luminoso come i suoi acquerelli e magicamente riesce a farci sentire i suoni e gli odori e il calore del sole e il tocco dell'erba e l'irrefrenabile gioia di vivere di un cane tonto e felice.

(il libro sarà disponibile in libreria e online a partire dal 4 aprile!)

mercoledì 28 marzo 2018

sofia dell'oceano

forse, oceano, tu sei l'unico vero amico che ho.

ed è per questo che ti chiedo aiuto.

vorrei essere meno triste quando è sera, e smettere di pensare che l'ombra rossa non mi permetterà di diventare più alta di un portaombrelli.

prima di essere sofia dell'oceano, sofia è solo sofia ha sette anni, un gatto nero di nome meo, una bambola di nome veronica, due zii un po' assenti, due genitori che non ha mai conosciuto, è alta come un portaombrelli, adora stare nella serra della sua immensa casa e da sempre è malata per colpa dell'ombra rossa che la costringe a stare isolata in un lembo di terra senza nessun amico - beh, meo è un amico ma non è che sia proprio un grande oratore... - oltre l'oceano.
e a chi altro allora chiedere aiuto per riuscire a guarire?

nelle favole quando hai sette anni, scrivi un messaggio, lo metti dentro una bottiglia e la affidi alle onde capita che qualcuno ti risponde e ti catapulta dentro la più incredibile delle avventure.
ed infatti a sofia capita proprio di sentirsi chiamare dal folto del boschetto vicino casa sua da uno strano vecchietto con un occhio solo che le offre il suo aiuto per permetterle finalmente di guarire.

e nelle favole, quando hai sette anni e qualcuno risponde al tuo messaggio in bottiglia, non è che ci sia molto da aspettare, e infatti sofia non ci pensa due volte, insieme a veronica e meo, a salpare con capitan occhioblu verso la sua strana casa-sottomarino, alla ricerca di alcuni cristalli dai poteri magici, capaci di guarire da ogni malessere.


qui la fantasia di marco nucci e kalina muhova prende il volo tra creature degne del paese delle meraviglie di alice o del peggiore incubo: un equipaggio di strani animali accoglierà sofia per poter sfidare il tremendo principe malattia, un uomo pazzo e crudele che non desidera altro che la morte totale e assoluta di ogni creatura e l'ancor più spaventoso martirio, il più enorme e spaventoso dei mostri marini, incarnazione stessa della paura.

la storia si snoda tra le descrizioni di un mondo sottomarino misterioso e affascinante, gli scontri con i nemici e poi ancora i ricordi e i racconti di capitan occhioblu, in un mosaico che poco per volta si costruisce tra passato e presente, abbraccia il futuro, dà una forma e un volto a quello che è buono e a quello che è crudele, mostra le paure e permette la speranza.
notevolissima, oltre all'intreccio della storia, la cura delle illustrazioni, ricche di particolari, suggestive, a volte spaventose, a volte malinconicamente poetiche di kalina muhova (già autrice e fondatrice del collettivo brace) che da con le sue matite un tocco ancora più onirico e delicato all'avventura di sofia.

lunedì 26 marzo 2018

commenti randomici a letture randomiche (53)

ragazzi, ma cosa non è saga? a ogni nuova uscita si conferma come una delle migliori serie in assoluto e questo meraviglioso numero otto mi ha regalato momenti di ansia, gioia, commozione, tristezza, terrore, tutto praticamente.
altro che disturbo bipolare.
il tremendo evento che ci aveva sconvolti nello scorso numero ha comportato la necessità di un viaggio verso uno dei luoghi più squallidi dell'universo, dove hazel, alana, marko e petrichor vivranno gli ennesimi momenti non del tutto piacevoli, faranno incontri non esattamente sperati, e ci faranno come al solito piangere ettolitri di lacrime mettendoci davanti agli occhi l'esistenza nuda e cruda, con tutta la bellezza e lo schifo che si porta addosso.
disturbantissimo il capitolo che ci mostra cosa è successo nel frattempo al volere, un po' meno quello su ghüs. fantastico il finale tanto quanto è straziante chiudere il volume e sapere di dover aspettare mesi prima di continuare.
in ogni caso, se non avete mai letto saga, fatelo. davvero, non c'è nessun motivo per perdersi questo capolavoro (e io infatti non vi dico praticamente nulla per non spoilerare, ma un po' devo sfogarlo tutto questo entusiasmo)

mentre vi disperate in attesa del prossimo volume di saga, andate a fare un giro in edicola e prendete le cronache del regno dei due laghi, firmato da quella meravigliosa coppia di autori che sono silvia ziche e tito faraci, così ridete un po' e non pensate a tutto il resto.
pubblicate su topolino tra il 2010 e il 2017 (io ad esempio ne avevo letti solo alcuni episodi), le storie di questa saga fantasy vedono i più famosi abitanti di topolinia destreggiarsi in un regno medievale un po' assurdo, tra draghetti-sveglia e muffe canterine (stonate), dove re topolino è costretto dal libro delle leggi a sorbirsi richieste e capricci del popolo in quanto padrone del regno e prova in ogni modo a perdere la corona (e le troppe, sfiancanti responsabilità), affidandosi a un improbabile generale dell'esercito - un pippo-soldato molto poco adatto alla battaglia - e a un aiutante, segretario, consigliere che certo non brilla per intelletto - manetta, ovviamente.
geniali le storie più lunghe (ma anche quelle più brevi, non ne hanno sbagliata una!), quella contro i barbari guidati da gambadilegno e quella in cui, per colpa di uno gnomo permaloso, re topolino finisce in un mondo strano in cui i carri si spostano senza cavalli e nessuno sa dove si trovi il suo castello...
geniali le mille gag con pippo, rock sassi, sgrinfia e tutti gli altri, ma d'altronde con quei due nomi lì in alto sulla copertina, cosa ci potevamo aspettare?

se invece preferite qualcosa di più romantico, c'è il quinto volume di amarsi, lasciarsi che propone situazioni da commedia degli equivoci a più non posso, in cui rio, in seguito a un sogno quanto mai imbarazzante, sta cominciando a rivalutare il suo comportamento nei confronti di yuna, yuna diventa sempre meno timida e introversa e comincia ad attirare le attenzioni del buon agatsuma, akari continua a scervellarsi su kazuomi cercando di decifrare ogni gesto, ogni tono di voce, ogni parola per capire se ha o no qualche possibilità (ma siamo proprio tutte così? non si smette mai di sezionare, analizzare, considerare, e ripensare più e più volte anche alle più enormi banalità, purché vengano fatte e dette dalla persona che ci piace), innamorata persa contro ogni sua teoria di razionalizzazione dell'amore e kazuomi si svela pian piano una persona completamente diversa da quello che sembrava, per nulla così immediato, schietto e sincero.
forse fino a ora il volumetto più appassionante, incasinato e in qualche modo divertente della serie. o forse sono io che lo dico di ogni roba che sforna io sakisaka, non saprei. però più questa serie va avanti, più mi piace!

ultimo consiglio (che aggrava la condizione randomica di questa non-rubrica) è adieu mon cœur di angelo calvisi, edito da casasirio in un formato che ho adorato (entra perfettamente nella tasca della mia giacca!) e che da nome alla collana dieciquindici.
la storia è semplicemente quella di un ragazzo qualsiasi con una abbastanza banale avversione per la scuola, la scontatissima voglia di limonare - i suoi amici l'hanno già fatto tutti! - e l'altrettanto ovvia vita familiare incasinata. o almeno così sembra all'inizio, in quell'inizio anni '80 fatto di pomeriggi di fancazzismo in oratorio, genitori che litigano, fratelli piccoli e rompipalle, feste da adolescenti sfigati e primi amori buttati alle ortiche, ma poi, saltando di dieci anni a ogni capitolo, la vita e la personalità di paolo ci appaiono improvvisamente più definiti, modellati, e naturalmente incasinati.
non sappiamo cosa succede tra un capitolo e l'altro, lo ritroviamo così ventenne con l'appendice spappolata, troppo alcool in corpo e l'amore per de gregori e la chitarra, e i ricordi di una vita in comunità e poi ancora più avanti già musicista affermato, e poi ancora uomo adulto alle prese con una vita traballante, come se viaggiasse su una strada piena di buchi in una macchina senza ammortizzatori, due figli mezzi francesi e un matrimonio mezzo sfasciato o forse finito del tutto, e un appuntamento fisso ogni anno a cui non può rinunciare per niente al mondo.
è nel non detto, in quegli anni muti tra una data e l'altra nei frontespizi che si raccoglie la vita di paolo, in quegli eventi tanto importanti che sembra siano scontati, come se paolo lo conoscessimo da sempre e sapessimo tutto di lui, come i suoi fan, come la gente con cui è cresciuto.
soltanto alla fine, dieci anni in poche frasi per dirla come uno bravo o trenta in poche pagine, riusciremo a mettere insieme tutti i pezzi e lasciarne uno nostro tra le pagine, come segnalibro o come grazie per una storia che sembrava banale ma che, come tutte le storie, banale non è.

giovedì 22 marzo 2018

la spaventosa paura di épiphanie frayeur

- ma io non voglio dimenticare me stessa voglio solo dimenticare la mia paura.
- perché?
- m'impedisce di andare avanti.
- e dove diavolo vorrebbe andare?


épiphanie è una bambina di otto anni e mezzo (a otto anni e mezzo è fondamentale specificare che sono e mezzo) e anche la sua paura ha otto anni e mezzo.
sono nate insieme épiphanie e la sua paura, una paura enorme e nera e spaventosa, che la segue, letteralmente, come un'ombra. anzi, potremmo tranquillamente dire che ombra e paura sono la stessa cosa, e che épiphanie non ha soltanto paura della sua ombra, più che altro ha paura di tutto e la paura/ombra lo sa benissimo e sa come deve comportarsi ogni volta.
ma prima o poi di questa paura bisogna pur liberarsene, e così épiphanie inizia il suo viaggio in un bosco misterioso, in cui una guida - che ha perso la sua serietà e la sua gravità - galleggiando come un palloncino le indica la strada per lo studio del dottor psyche, il cervellotico specialista che le consiglia una terapia, qualcosa per curarsi perché, è evidente a tutti ormai, la paura di épiphanie è una malattia a tutti gli effetti.
ne la spaventosa paura di épiphanie frayeur il viaggio continua in un tempo e uno spazio irreali come quelli di un sogno, e continuano gli incontri: prima un parrucchiere dall'anatomia bizzarra come un incubo, che tenta di domare i capelli di épiphanie che per colpa della sua costante paura stanno sempre ritti in testa e non hanno alcuna intenzione di farsi domare, poi un donchisciottesco cavaliere errante, senza macchia e senza paura, che salva le fanciulle in ambasce per condurle verso il sole e lontano da ciò che le spaventa, infine un portentoso circo, pieno di ogni sorta di meravigliosa stranezza, con un coraggioso domatore che propone a épiphanie di domare lo strano, terrificante mostro che si porta dietro proprio come se fosse una fiera selvaggia e pericolosa, e una buffa, piccola indovina non troppo brava a scrutare nel futuro...


séverine gauthier, che aveva già sceneggiato l'uomo montagna, scrive una favola per piccoli e grandi, una sorta di alice nel paese delle meraviglie, in cui una bambina compie un viaggio in un mondo incredibile, incontra creature assurde e alla fine impara la più importante delle lezioni: puoi affidarti a chi vuoi, puoi provare a lasciare che siano gli altri a risolvere il tuo problema, ma la paura va affrontata, capita e in qualche modo accettata, non puoi semplicemente sperare che prima o poi sparisca.
clément lefèvre mette su carta questo mondo incredibile con un tratto dolce e rotondo, tingendolo dei colori freddi e cupi della paura e del bosco e di quelli caldi, luminosi e rassicuranti del sole al tramonto, dando ai personaggi aspetti quasi caricaturali e giocando col bianco del foglio, annullando spesso la griglia tipica del fumetto per realizzare pagine quasi da libro illustrato.

come tutti i bei libri per bambini, la spaventosa paura di épiphanie frayeur è capace di colpire anche i più grandi e di farsi leggere a più livelli: un'avventura nel fitto di un bosco misterioso e incantato, o un viaggio fino alle profondità del nostro animo.

martedì 20 marzo 2018

indomite ~ vol. 1

negli ultimi anni stanno spopolando le biografie - che siano in prosa o a fumetti, illustrate o meno - dedicate alle donne che hanno in un modo o nell'altro rivoluzionato la storia, messo da parte il fardello di pregiudizi e discriminazioni che, in quanto donne, ci portiamo dietro da millenni.
qui sul blog ho già parlato di cattive ragazze e il più famoso storie della buonanotte per bambine ribelli, ma i titoli sono davvero tantissimi e se da un lato è facile cominciare con le lamentele sul fatto che sia in qualche modo un'operazione commerciale che sfrutta il risveglio del femminismo 2.0 - se mi passate il termine - dall'altro possiamo per una volta evitare le polemiche e vedere il lato positivo della cosa, ovvero che in mezzo ai tanti passi indietro che facciamo (senza dover per forza toccare il doloroso tasto delle tante vittime di femminicidio che di giorno in giorno aumentano il loro numero, basta pensare alle tremende idiozie sul gender, i tentativi di censura sui libri per bambini che insegnano qualcosa di diverso da bella principessa in pericolo salvata dal prode cavaliere o quelle dei decerebrati che sono finiti a parlare di caccia alle streghe) oggi è sicuramente più facile rispetto a qualche anno fa che le bambine crescano con modelli di riferimento che permettono loro di sognare qualcosa di più rispetto a vaporose gonne rosa o amori romantici che vivono per sempre felici e contenti (senza nulla togliere alle gonne vaporose e all'amore romantico, eh).


in questo filone che potremmo definire letteratura per l'infanzia femminista si inserisce anche bao publishing con il primo volume di indomite di pénélope bagieu, una raccolta di brevi biografie illustrate di donne che - come dice il titolo - non hanno vissuto la loro condizione di donna come una limitazione, nonostante le avversità della società, dei ruoli imposti e di quel cosa diranno i vicini che ci ha francamente stancate da molto più tempo di quanto non sappiamo credere.
l'autrice di joséphine dedica questa prima parte della sua opera a quindici donne più o meno famose, da clémentine delait, donna barbuta, gigantesca e forzuta, che non ebbe mai paura di mostrarsi così diversa dalla canonica pallida emaciata e delicata fanciulla bisognosa di attenzioni, a margaret hamilton, la spaventosa interprete della strega di oz, che riuscì a diventare attrice nonostante il suo aspetto non proprio avvenente e il suo naso gigantesco, o annette kellerman, che da gracile bambina costretta a camminare con dei pesantissimi sostegni per le gambe divenne letteralmente una sirena e inventò il primo costume da bagno per le donne che permettevano di muoversi agevolmente in acqua, o ancora la famosissima tove jansson, che oltre a creare i mumin - per la quale è conosciuta e amata in tutto il mondo - sfidò le leggi del suo paese amando un'altra donna, passando per la ginecologa agnodice, che nel IV sec a. c. ad atene si camuffava da uomo per esercitare la sua professione e riuscì non solo a salvare moltissime donne che, impaurite e imbarazzate all'idea di farsi visitare da dottori maschi, spesso morivano di parto, sdoganando la professione anche per le donne, le mariposas, le sorelle della repubblica dominicana che si opposero al regime dittatoriale del loro paese, che non si piegatono ai ricatti e alle ingiustizie e che furono barbaramente uccise per questo il 25 novembre del 1960, giorno che ancora oggi ricordiamo e celebriamo ogni anno per dire no alla violenza sulle donne, passando per regine, combattenti, stelle dello spettacolo, esploratrici, tutte donne che si sono caparbiamente opposte a un mondo assurdo che vuole limitare le loro vite e considerarle inferiori, sbagliate e inadatte solo per via di quello che hanno tra le gambe.

pénélope bagieu racconta le loro storie con delicatezza e ironia, disegna la loro bellezza senza concedersi a nessuno stereotipo, fa brillare la loro intelligenza, il loro coraggio, la loro tenacia nell'andare avanti anche nei momenti più difficili, e alla fine di ogni storia ci regala un'illustrazione che ritrae ogni suo personaggio nel momento più significativo della sua vita.

dettaglio dell'illustrazione dedicata alla storia di leymah gbowee, operatrice sociale,
che lottò per i diritti delle donne e vinse il premio nobel per la pace nel 2011

non sono una che di solito sviolina sugli effetti di stampa ma va detto che l'edizione bao è bellissima, la parte che nell'immagine della copertina vedete in rosso è in realtà realizzata con un effetto metallico a specchio, un bel dettaglio in una cover così minimale (e la carta ha un odore fantastico, so che ci sono un sacco di sniffatori di pagine seriali lì fuori), e a questo primo volume se ne aggiungerà presto un altro che non vedo l'ora di leggere!

sabato 17 marzo 2018

reincarnation blues

“vai” disse ma’. “combatti il male. fallo in maniera perfetta. poi torna e vedremo cosa si può fare”. 
stronzate, pensò milo. 
ma andò. in fin dei conti, era reduce da un mezzo milione di lunedì mattina.

novemilanovecentonovantacinque vite.
davvero niente male, anzi, questo fa di milo una delle anime più antiche e sagge del mondo: uomo, donna, etero, gay, animale, insetto, pianta, ricco, povero, criminale, saggio, eroe, milo è stato tutto questo e anche di più. certo, non sono state tutte facilissime, vivere non è sempre una passeggiata ma sicuramente è più affascinante di quello che rischia: ha solo cinque vite per raggiungere la perfezione, il nirvana, il tutto o come vogliate chiamarlo, ma se non riesce a diventare un'anima illuminata svanirà nel nulla cosmico e fine dei giochi.
milo in realtà preferirebbe continuare a vivere, magari in modo imperfetto, ma continuare a sentire, emozionarsi, arrabbiarsi, innamorarsi, essere una persona in carne e ossa, fallace e destinata alla morte, ma viva, reale, tangibile, dotata di una sua identità.
e gli va anche bene continuare a morire, visto che solo così può passare un po' di tempo con suzie, la donna che ama da ottomila anni.
in ogni caso, al grande boa dell'universo gliene frega veramente poco di quali siano i desideri di milo o di chiunque altro, il tempo stringe e milo assolutamente inventarsi qualcosa...

michael poore arriva per la prima volta in italia con reincarnation blues - che è in realtà il suo secondo romanzo, ci auguriamo adesso di poter leggere al più presto anche il primo - e, a mio modestissimo e non troppo elegante avviso - fa il botto fin dalle primissime pagine: ironico, irriverente, profondo, delicato, sarcastico, cruento, comico, romantico, lo stile di poore è un caleidoscopio di toni, e se già una vita riesce a offrire un'immensa varietà di situazioni e sensazioni, figuratevi cosa succede in diecimila esistenze vissute nei posti e nei tempi più disparati dell'universo.

la storia va avanti e indietro nel tempo, nel passato più remoto - come quando milo ha vissuto come discepolo del buddha - o nel futuro meno auspicabile, quello in cui la terra non esiste più, l'umanità vive su enormi astronavi-continente, i beni essenziali sono gestiti da cartelli senza scrupoli e la giustizia è più sommaria che mai - come quando, ragazzino prodigio, si ritrova incarcerato per un crimine che non ha commesso, costretto a sopportare inenarrabili e orrendi soprusi, diventa una sorta di messia per gli altri criminali.
poore è geniale nell'immaginare futuri distopici che sanno regalare una buona dose di ansia e brividi lungo la schiena, divertentissimo a sdrammatizzare e desacralizzare il passato - in alcuni momenti mi ha ricordato l'atmofera de il vangelo secondo biff - ma, abilmente mescolato a tutto questo, affronta in modo interessante dilemmi esistenziali, problemi etici e spirituali e quell'ancor più grande casino che è l'amore.

cover dell'edizione originale... ammetto che invidio un po' gli anglofoni!

reincarnation blues è un romanzo che è difficile incasellare in una qualche categoria: racconto di formazione, romanzo umoristico, distopico, romantico, fantascientifico, forse anche filosofico e spirituale, è un po' tutto questo ma è anche molto di più, una lettura appassionante e divertente che mi ha tenuta incollata dalla prima all'ultima pagina, che non mi ha annoiata un solo secondo e che ha superato tutte le aspettative.
se vi sono piaciuti i romanzi di christopher moore e adam douglas, mi sa che avete trovato il vostro prossimo libro preferito.

mercoledì 14 marzo 2018

un amore esemplare

quando, qualche mese fa, feltrinelli ha annunciato la nascita della sua collana di fumetti, le reazioni sono state ovviamente tante e contrastanti: da un lato chi si lamentava della scelta ipercommerciale di lanciarsi nel mercato dei graphic novel cavalcando l'onda del successo dovuto allo sdoganarsi della letteratura disegnata anche tra i non-reietti della società culturale (cosa che eravamo noi appassionati di fumetti fino a qualche anno fa), dall'altro chi era entusiasta.
io mi sono tenuta abbastanza al centro direi, approfittando delle eventuali possibilità di leggere qualcosa di interessante, e sono stata accontentata fin da subito visto che la prima uscita - l'unica che ho letto fino ad adesso - è un amore esemplare, di daniel pennac e florence cestac, un ottimo duo - conoscevo solo pennac a dire il vero, ma la cestac è stata una scoperta interessante - che mi ha piacevolmente sorpresa.


l'amore esemplare del racconto è quello di jean e germaine bozignac, vicini di casa della nonna dello scrittore, che lui conobbe da ragazzino e che frequentò per anni ogni estate, in una costa azzurra all'epoca ancora estranea al turismo di massa, ma nel romanzo gli stessi pennac e cestac sono personaggi della storia, che si incontrano in un locale proprio per discutere di quest'opera, con lui che cerca di convincere lei a disegnare la storia di questa coppia meravigliosa.
la narrazione va così un po' avanti e indietro, tra il ristorante in cui intanto il cameriere e gli altri avventori si lasciano incuriosire dal racconto e la storia dei bozignac, appartenenti a due mondi che più lontani e diversi non si può, lui marchese, lei figlia di straccivendoli, finiti inaspettatamente a formare una coppia perfetta che era anni si è nutrita d'amore e di libri, (quasi) letteralmente.

non so fino a che punto jean e germaine siano stati realmente come pennac li racconta, ma questo poco importa: agli occhi affascinati del ragazzino di un tempo, il cui entusiasmo rimane inalterato ancora adesso, il loro amore è davvero esemplare, nato nella più improbabile e meno opportuna delle circostanze, ha sfidato le ritrosie delle rispettive famiglie e ha regalato a entrambi più di quarant'anni passati insieme, a fare cattleya e leggersi libri a vicenda, senza lavori, figli, o altre distrazioni.
il modo di vivere di jean e germaine è la messa in atto della forma più pura dell'amore, quello che non lascia spazio a nient'altro e vive per sempre.
so che sarebbe facilissimo aspettarsi di avere le dita appiccicose di melassa, ma pennac è pur sempre pennac, quindi state tranquilli che di sdolcinato e smielato qui c'è proprio poco, anzi, lo scrittore francese è un maestro dell'ironia e sa rendere, con le sue scenette a volte quasi surreali, i due vecchietti ancora più adorabili di quanto già non siate riusciti a intuire, mentre dal canto suo la cestac ha un modo di disegnare molto cartoonoso e stilizzato, tipico del fumetto umoristico, i suoi personaggi sono già buffi senza che ci sia pennac a farli recitare...

e a proposito di recitazione, alla fine del volume alcune pagine sono dedicate proprio all'adattamento teatrale della storia. non sono un'appassionata di teatro, quindi non so se in italia è stato mai messo in scena, ma mi piacerebbe parecchio vederlo!

lunedì 12 marzo 2018

il matrimonio di chani kaufman

ammetto con sincerità che quando ho iniziato a leggere questo libro mi sembrava di tenere in mano un mattone bollente, non avevo nessunissima voglia di leggere una qualche storia d'amore, sopratutto se doveva culminare in un matrimonio e in un vissero tutti felici e contenti o peggio ancora in qualche già sentito piagnisteo di quanto sia noiosa la vita dopo essersi sposati.
ero giù di morale e ho iniziato a leggere la storia di chani con tutti i pregiudizi possibili, dicendomi che non sarei riuscita mai a finire questo libro, temendo persino di odiarlo.
ebbene, nonostante la copertina con i suoi colori tenui e il disegno dei due sposi suggerisca una storia frivola quasi da romanzo rosa, il matrimonio di chani kaufman è un romanzo che parla sì d'amore, ma che di frivolo, stucchevole e melenso non ha proprio nulla. e forse scegliere di leggerlo proprio in una fase di sbandamento sentimentale è l'idea migliore che si possa avere, perché seppure non curi nessuna ferita, regala un sacco di belle e potenti riflessioni non soltanto sull'amore romantico, ma sulla vita e sui tanti legami che intrecciamo al suo interno.
quindi almeno voi non fate come me, accantonate i pregiudizi e qualsiasi cosa vi stia succedendo in questo momento, vogliate bene a eve harris e alla sua chani, sapranno donarvi ore preziose.


chani e baruch stanno per sposarsi.
sono giovanissimi, si conoscono appena e sanno che il loro matrimonio durerà per sempre, che non c'è nessuna possibilità di tornare indietro.
ma d'altronde sono ebrei ortodossi e nella loro comunità è così che funziona, innamorarsi, corteggiarsi, stare insieme, convivere e avere rapporti fuori dal matrimonio è da gojim e da peccatori.
entrambi sanno che con un po' di fortuna l'amore arriverà, o che comunque potranno accontentarsi di una vita insieme rispettabile, accettata dagli altri e benedetta da dio.
o almeno è questo quello che devono pensare e credere.
in realtà ovviamente entrambi sono terrorizzati e pieni di dubbi, costretti a un'esistenza le cui tappe sono decise sempre da qualcun altro, le cui decisioni hanno necessariamente bisogno del consenso della famiglia e di tutta la comunità, una vita in cui è fondamentale apparire agli occhi degli altri come dei buoni ebrei, rispettosi delle tradizioni, modesti e giusti.
ma non è facile ignorare il mondo esterno alla comunità, le ragazze libere di vestirsi con gonne corte e camice che lasciano libere le braccia, la musica così diversa dai canti dei fedeli, il cibo non kosher, la gente che decide della propria vita senza che tutta la famiglia e i capi religiosi dicano cosa sia giusto o meno fare, maschi e femmine che si abbracciano, baciano e parlano insieme senza nessuna vergogna, che vivono una vita in cui non c'è nessun dio ad esaminare ogni loro più piccolo gesto e pensiero e a giudicarli.
come vivevano le altre persone? sentivano e pensavano come lei? com'era vagare liberamente nel mondo e non dover preoccuparsi delle proprie azioni e delle loro conseguenze spirituali?
eve harris racconta la vita di una comunità ebraica ultraortodossa attraverso la storia di questi due ragazzi e di come il destino li ha portati uno accanto all'altra a compiere il passo più importante della loro esistenza, così giovani e inesperti, molto più di quanto non lo siano i ventenni non ebrei.

il racconto inizia proprio con il loro matrimonio e la harris è bravissima a lasciarci confusi e sopraffatti dagli eventi esattamente come i due sposi, ma si sposta presto indietro nel passato, saltellando tra mesi e anni, raccontando una storia più grande e più antica che coinvolge non solo chani e baruch, ma anche la moglie del rabbino, rivka, e la sua decisione di rinunciare a una vita libera e ordinaria per amore, i suoi rimpianti, le sue gioie e i terribili dolori che ha sofferto accanto a un uomo tanto innamorato di lei quanto timoroso del suo dio e del giudizio dei suoi vicini, e suo figlio avromi, tormentato da un amore impossibile per una ragazza non ebrea.
la storia di rivka è forse quella più forte e toccante e lei è sicuramente il personaggio che più ho amato durante tutta la lettura: è lei che più di ogni altro nel racconto fa riflettere - e non soltanto noi lettori - sulle scelte che si compiono, su quello a cui si rinuncia e quello in cui si spera.

l'incontro, il fidanzamento e infine i preparativi per il matrimonio, offrono il pretesto per illustrare un modo di vivere - sopratutto dal punto di vista femminile - lontano anni luce dal nostro.
nella piccola comunità ebraica di chani tutto è deciso dagli altri, ma mai imposto con la forza da nessuno: qualsiasi siano i desideri di una persona, donna o uomo che sia, e purché rispettino le leggi di dio, ciascuno è libero di provare a realizzarli e tutti, familiari e capi religiosi, fanno sì che questo possa essere possibile.
ci sono amori teneri e sinceri, nati dal reciproco rispetto e da quello stesso amore per lo stesso dio e le stesse tradizioni, partoriti e cresciuti insieme a tanti bambini, ci sono dolori nascosti sotto tanti strati di vestiti e dignità, e sono sopratutto le donne - madri, spose e figlie, ma anche sensali e suocere e nuore - a giostrare silenziosamente i ruoli all'interno della comunità, favorendo o impedendo le unioni, accompagnando i figli verso il loro futuro, sostenendo le madri stanche e preoccupate, confortando le sorelle, combattendo per avere una vita felice e rispettabile.
donne forti e coraggiose sotto le parrucche che nascondono i loro veri capelli - nessuna donna sposata può mostrarli ad altri se non al marito - che sopportano tanti parti lodando dio o la mancanza di bambini nella dolorosa e silenziosa accettazione di una volontà così misteriosamente crudele, la cui vita è scandita dai doveri di moglie e madre, tra i riti di purificazione mensile, le pance che si gonfiano e sgonfiano a ogni nuovo bambino, i pasti da preparare, i figli più piccoli da consolare e quelli più grandi a cui trovare la sposa - o lo sposo - adatto, i mariti da sostenere e in qualche modo amare.

la comunità ebrea di cui racconta eve harris sarebbe un incubo claustrofobico e angosciante se lei non sapesse stemperare con ironico affetto le tante assurde - almeno ai nostri occhi - limitazioni e tradizioni da osservare, e se ci sono dei momenti in cui davvero questa esistenza così fermamente regolata appare crudele, ci sono anche tanti momenti in cui non si può che provare affetto sincero e anche ammirazione per chi riesce a vivere così. mi è capitato persino di invidiare la sicurezza di una vita già decisa in cui di certo almeno hai la certezza di non commettere errori madornali (o hai almeno una trentina di persone da accusare poi), di non trovarti solo senza sapere cosa fare per andare avanti.

più di trecento pagine che scorrono senza mai annoiare o pesare, che ci presentano un'umanità ingenua e tanto spaventata della vita quanto innamorata di essa, uomini e donne consapevoli che ogni respiro e ogni felicità e un dono e che questa gioia va restituita, grandi nella loro fedeltà a dio e alla comunità e al contempo piccoli e chiusi nei confronti del resto del mondo del quale rifiutano buona parte di gioia che chiamano peccato.
una storia importante che non solo da modo di conoscere uno stile di vita per noi praticamente inconcepibile e quasi del tutto sconosciuta (almeno per me, non sapevo assolutamente nulla di come si vive in una comunità così piccola e così fervidamente religiosa) ma che sa - e forse suona un po' paradossale, ma è vero - parlare di amore (in tanti sensi) con enorme e vera coscienza.


per me è stata una bellissima sorpresa questo libro e devo ringraziare il book bloggers blabbering e liberaria - che sta con noi per tutto il mese di marzo - per avermi dato modo di scoprirlo! continuate a seguire il gruppo e i nostri progetti qui!

giovedì 8 marzo 2018

commenti randomici a letture randomiche (52)

è da un po' che c'ho il blocco del lettore e di conseguenza quello del blogger, non so nemmeno perché. in realtà mi sembra di avere poco tempo per leggere e ancor meno per scrivere e sono anche abbastanza presa da un romanzo di cui spero di potervi parlare al più presto, che sto adorando. però sono anche riuscita a leggiucchiare qualcosa negli ultimi giorni, sopratutto tra gli ultimi fumettini presi tra fumetteria e amazon, quindi ne approfitto per sgranchire un po' dita e neuroni e per rimettermi in pari con le tante serie che sto seguendo.

a cominciare da quella meraviglia di ms. marvel! ho passato quasi un anno a chiedermi quando uscisse il quarto volume per poi rendermi conto che era già uscito anche il quinto! non mi capita spesso di perdermi così delle uscite, cerco di tenere sempre tutto sotto controllo, eppure...
ogni volta che parlo di questa serie parte il pippone su quanto mi sembri diversa dalle altre testate supereroistiche e di quanto in effetti queste osservazioni lasciano il tempo che trovano, visto che non seguo molta roba in cui tizi in tutine aderenti salvano il mondo svolazzando e sparando raggi laser, ma in ogni caso le avventure di kamala khan mi stupiscono e commuovono sempre, perché riescono a miscelare bene i caratteri delle serie dei supereroi propriamente dette - cazzottoni, superpoteri, mutanti, scontri tra creature incredibili eccetera - con quelli decisamente più intimisti e delicati del racconto di formazione.
negli ultimi due volumi - ultimi giorni e super famosa - vita privata e pubblica si intrecciano indistricabilmente: non è facile essere un'adolescente alle prese con una famiglia affettuosa e protettiva, con le cotte sbagliate, gli amori impossibili, lo studio, le amicizie, i mille problemi di ogni giorno (e magari qualcuno anche non esattamente banale) e riuscire a trovare anche il tempo di salvare la città, e paradossalmente sembra più facile impedire l'apocalisse che riuscire a gestire i rapporti familiari, le amicizie e i problemi di cuore.
è questo che mi piace così tanto di questa serie, il modo in cui riesce a mantenere in equilibrio i doveri di un supereroe che vuole proteggere la sua città e i casini in cui riesce a cacciarsi una ragazza che in fin dei conti si caccia nei casini solo per provare a dare il meglio di sé, accontentare tutti e rendere felice le persone a cui vuole bene.
e poi continua a piacermi tantissimo kamala, che nonostante il suo essere casinista, riesce a capire qual è la sua strada e sa seguirla a testa alta... come si fa a non voler essere almeno un po' come lei?
(se sapete dell'uscita del sesto volume mandatemi un messaggino, non vorrei perdermelo stavolta!)

conferma le promesse del primo volume il secondo di arte, manga storico ambientato nella firenze del rinascimento che segue le vicende dell'omonima protagonista il cui sogno è diventare pittrice e poter raggiungere un'autonomia economica e sociale impensabile per le donne del tempo.
più che indugiare sul vero lavoro di arte però, kei ohkubo si sofferma proprio sulla condizione femminile in una società patriarcale e maschilista, scegliendo proprio l'ambiente delle botteghe per sottolineare il divario tra i due sessi e quello  tra le diverse classi sociali: non solo è impensabile che una donna apprenda un mestiere così tipicamente maschile (donne pittrici sì, ma solo se ben riparate all'interno della loro casa, solo se di buona famiglia e solo se la pittura rimane un piacevole passatempo, una parte dell'educazione di una buona sposa e nulla di più), ma è assurdo che una ragazza di nobile origine come lei si pieghi a lavori tanto umili e faticosi.
con un'innocenza quasi idiota e una testardaggine che non conosce ragioni, arte si adatta alla sua nuova vita, impegnandosi al massimo in ogni cosa che fa, coltivando il suo talento e cercando al contempo di essere utile a leo, il suo maestro, entrando a passo sicuro in un mondo che non capisce fino in fondo e del quale non sa accettarne le contraddizioni e le ingiustizie. i suoi sentimenti sono ambivalenti nei confronti della cortigiana veronica, della quale ammira l'indipendenza ma non sa darsi pace della sua studiata e artificiosa dolcezza (sono rimasta molto delusa dalla mancata considerazione circa il dolore delle costrette a vario titolo a diventare prostitute, della loro condizione di moglie-o-puttana: non erano tanti i modi in cui una donna dell'epoca poteva emanciparsi senza sposare un buon partito, anzi plausibilmente non c'era altro a esclusione della prostituzione o della vita monastica, eppure l'autore si concentra solo sulla freddezza dei sentimenti di veronica, accusata di sedurre e far soffrire gli uomini per amore. spero che più avanti l'argomento venga trattato con meno superficialità) che si fa affetto sincero solo per la sua nuova amica, mentre l'incontro con una giovane e scorbutica sarta le da occasione per scatenare una piccola rivolta femminista all'interno di una bottega.
se anche non è riuscitissimo dal punto di vista dell'analisi sociale e se l'aggettivo femminista è ancora ben lontano da potersi accostare a questo titolo (così come quello di storico), arte è un fumetto che offre buoni spunti di riflessione oltre che una lettura piacevole e una vicenda che si prospetta via via più intrigante sul piano dei rapporti interpersonali, ma che è al momento ancora troppo carente su quell'argomento che dovrebbe essere proprio quello principale, ovvero la pittura.

passiamo invece agli amorazzi tra i banchi di scuola, che continuano a entusiasmarmi nonostante tutto, sopratutto quando a raccontarli è io sakisaka.
i suoi personaggi hanno una vita sentimentale decisamente più vivace e interessante della mia, e nonostante le tremende idiozie che riescono a combinare, sono comunque migliori di buona parte delle persone che si incontrano nella vita reale.
amarsi, lasciarsi continua a essere lentissimo e tutto incentrato sulla vita interiore dei protagonisti, questo quarto volumetto è tutto - quasi - dedicato a rio e akari dopo il bacio che c'è stato alla fine del terzo volume (dai, non ditemi che è spoiler, è passato davvero un sacco di tempo).
alla strafaccia della yoshizumi, scopriamo che all'inizio della loro convivenza come fratelli hanno entrambi accantonato i loro sentimenti per riuscire a mantenere tranquilla e normale la nuova vita familiare, e che contrariamente a quanto avremmo immaginato, lo sforzo maggiore l'ha compiuto proprio akari, dimostrando una maturità e una padronanza di sé a dir poco invidiabile.
chiarita la situazione, sembra che finalmente ci possa essere spazio per uno sviluppo diverso delle vicende, e non è difficile immaginare che finalmente le coppie rio/yuna e akari/inui, anche se non ci metterei troppo la mano sul fuoco fin da subito, non è facile capire dove voglia andare a parare la sakisaka ma ammetto che è davvero bello lasciarsi trasportare dalle sue storie senza stare troppo a rimuginarci su.

molto più allegro l'ottavo volume di hatsu haru (anche se non ho ancora capito chi c'è in copertina), in cui misaki e shimura finalmente la smettono di fingere di stare insieme, rivelano la loro natura di perfetti tonti e ammettono nel modo più casinista possibile quali sono i loro veri sentimenti mentre kai riprova a organizzare un appuntamento carino con riko, non riuscendo nemmeno questa volta a far andare tutto secondo i suoi piani, anzi si ritrova costretto a fare da babysitter con riko ai suoi nipotini e contrariamente alle sue aspettative la giornata andrà meglio del previsto.
dolcissimo e tenero, hatsu haru è un po' come una tazza di cioccolata calda per vincere il freddo e la tristezza.
eppure qualcosa mi dice che arriverà presto la parentesi nera... comunque, non ricordo se ve l'ho già detto, ma la serie si concluderà con il tredicesimo volumetto, quindi anche questa volta ci siamo risparmiati la storia infinita.

infine, per alzare il tasso glicemico alle stelle, il quinto volumetto di honey è tutto uno sbrilluccichio di glitter rosa, cuoricini e felicità, con nao e onise che sono il non plus ultra della coppietta da manuale, offrono scene di insopportabile sdolcinatezza, si scontrano e riappacificano con i loro familiari, fanno ogni cosa con una dose esagerata di adorabile goffaggine e infinita tenerezza.
leggete questa serie solo se avete davvero voglia di farvi cariare i denti (a me piace un sacco la roba smielosa, sopratutto quando non riguarda me )
però sembra che ormai sia rimasto veramente poco da raccontare e infatti per fortuna mancano soltanto tre volumi per completare la serie... non credo che potrei reggere di più di questo a dirla tutta.

e voi che serie state seguendo per ora?