lunedì 28 novembre 2022

edizioni ammodino ~ intervista a valentina presti danisi

manca poco al debutto di ammodino, il nuovo marchio editoriale di tempesta editore che si occuperà di narrativa e in particolare di "libri indisciplinati"!
ne parliamo con valentina presti danisi, ex editrice di gorilla sapiens, editor freelance e adesso - oltre che curatrice del blog di gorilla sapiens finzioni (anche qui su facebook) - direttrice editoriale di ammodino.



ciao valentina! bentornata su claccalegge!
► Ciao Claudia, grazie per l'invito e l'ospitalità.
adesso sei la direttrice editoriale di ammodino, una nuova realtà editoriale che abbiamo intravisto da qualche tempo sui social e che sta per approdare in libreria. ci racconti com'è nata e che libri pubblicherà?
► Circa un anno fa Chiara Cazzato, amica di lunga data e editrice di Tempesta Editore, mi ha fatto questa proposta sconcertante. La sua casa editrice si occupa soprattutto di saggistica, ma lei aveva voglia di allargare la proposta anche alla narrativa, però con un marchio tutto nuovo, autonomo dal punto di vista dell'identità editoriale, dell'immagine, della comunicazione, pur appoggiandosi alla "casa madre" per la distribuzione e la parte amministrativa. Voleva qualcosa che fosse sopra le righe nei contenuti ma assolutamente ben fatta nella forma, "ammodino" appunto. La parte sconcertante della storia è che ha chiesto a me di curare la direzione di questo progetto.
beh, tanto sconcertante non direi, il lavoro fatto con gorilla sapiens è stato grandioso e siamo in tant* a rimpiangerlo e anche adesso con i tardigradi di eris mi sembra che hai fatto grandi cose! a proposito, di cosa ti occuperai esattamente per ammodino?
► Intanto ti ringrazio, sei troppo generosa. In Ammodino mi occupo di selezionare i testi che verranno pubblicati, poi dell'editing, stesura dei paratesti e comunicazioni varie, parte dell'ufficio stampa, e vabbè, i social. Mentre la redazione di Tempesta cura la parte grafica, distributiva, amministrativa, produttiva ecc.
quale sarà il primo libro di ammodino?
► Si tratta di una raccolta di racconti che può rientrare nel genere del fantastico classico, letterario alla Borges o autrici e autori affini, ma venato di una buona dose di umorismo nero. Per questo a me ricorda soprattutto J. Rodolfo Wilcock. L'autore si chiama Pietro Verzina, ha già pubblicato dei libri, oltre a racconti in varie riviste. Io l'ho scoperto perché aveva inviato una proposta a Gorilla Sapiens, direi che è uno degli "autori mancati gorilla sapiens" (non so se depone a suo favore, però), perché la sua proposta è arrivata quando ormai le cose si mettevano male e non ho potuto pubblicarlo. Così appena ne ho avuta l'occasione l'ho ricontattato. Il testo che pubblicheremo è un altro, ma sono comunque contenta di essere infine riuscita a collaborare con questo autore per me così interessante. Ah, mi sono persa negli aneddoti come una vecchiarella. Il titolo del libro è "Giardini cannibali".

quando uscirà in libreria?
► Uscirà il 15 dicembre ma sarà disponibile in anteprima a Più Libri Più Liberi presso lo stand di Tempesta editore (stand D08)
puoi già anticiparci qualcosa sui prossimi titoli?
► Ma no, manteniamo ancora un po' di mistero! Però posso dire che abbiamo deciso di fare programmaticamente pochi titoli all'anno e puntare sulla cura del singolo libro più che sulla sovrabbondanza della proposta. Quindi non ci saranno molte uscite, ma con ciascuna cercheremo di sorprendervi.
oh, questa è una cosa che ci piace moltissimo, soprattutto in questo periodo in cui si sta discutendo un sacco della valanga di proposte che non danno a noi poveri lettori il tempo di stare dietro a tutto! ma, anche se forse è un po' presto per chiedertelo, pensate di pubblicare solo italiani inediti o ci sarà lo spazio anche per autori tradotti e/o riedizioni di titoli fuori catalogo?
► Per il momento l'idea è di concentrarci sulla narrativa italiana. Ma poi io, anche se nessuno sembra crederci, sono sempre possibilista. Chissà, vedremo.
torniamo un attimo a "giardini cannibali": oltre a più libri più liberi a dicembre, ci saranno altre presentazioni e occasioni di incontrarvi?
► Ci saranno certamente presentazioni, ma abbiamo intenzione di organizzarle con calma appena finita la furia del periodo natalizio. Fare le cose con calma è un altro dei nostri segni distintivi, e uno dei motivi per cui ho accettato di far parte di questa avventura.
farete tutto "ammodino" quindi! (sono pessima, lo so)
► Di certo ci proveremo! :)
bene, io sono curiosissima di leggere questo primo libro e spero di risentirti presto per parlare dei prossimi titoli! possiamo stalkerarvi già sui social?
► Ma certo, stalkerate senza timore. Siamo su Facebook, Instagram, e sul sito di Tempesta editore. Inoltre la mail per comunicare con la redazione e inviare proposte è ammodino@tempestaeditore.it
vi seguiremo con enorme interesse! grazie mille della tua compagnia e del tuo tempo e megaimboccallupo ad ammodino! a presto! ♥
► Grazie a te come sempre!

venerdì 25 novembre 2022

another country ~ intervista a cleide lanzetta

tutti quanti vogliamo morire a volte. perché altri hanno potere su di noi pur non avendone il diritto. il potere di renderci infelici. di impedirci di essere noi stessi. quello che devi fare, quando ti fanno sentire in quel modo, è dire a te stesso: “non ne hanno il diritto, non ne hanno nessuno di diritto. io sono io. non sarò quello che loro vogliono farmi essere.” e continua a dirtelo finché non sei davvero arrabbiato. […] potranno anche farci diventare il sedere a strisce, ma se continuiamo ad arrabbiarci, non ci avranno. non avranno mai le nostre anime. non riusciranno mai a farci desiderare di morire.
 

inghilterra, anni ’30. la seconda guerra mondiale è alle porte ma nella public school in cui è ambientato questo dramma si sta già svolgendo una battaglia.
martineau è stato trovato impiccato nel campanile, incapace di sopportare la vergogna di essere stato sorpreso con un altro ragazzo e denunciato da un professore. così comincia another country, il dramma di julian mitchell che si ispira alla storia della spia inglese guy burgess, ma che, soprattutto, racconta il mondo crudele e ipocrita degli istituti scolastici del periodo.
nelle scuole come questa – che rimane senza nome – i ragazzi entrano per diventare la futura classe dirigente. sottratti al mondo domestico e familiare appena adolescenti, si ritrovano catapultati in un universo esclusivamente maschile, fatto di regole spesso assurde, prepotenza istituzionalizzata e gerarchie rigidissime.
in questo sistema oppressivo, violento e alienante si creano alleanze improbabili tra chi, pur non avendo nulla in comune, si ritrova comunque emarginato: succede così a bennett, l’unico studente dichiaratamente gay della scuola, e judd, fedele alle sue idee rivoluzionarie e comuniste. entrambi, benché diversi uno dall’altro, si trovano contro la rigidità e l’ipocrisia della scuola. ne criticano l’oppressività, i giochetti politici volti a mantenere il buon nome dell’istituto anche a scapito della serenità e della sicurezza dei ragazzi, il militarismo che permea ogni attività, la volontà di omologare tutti e scartare chi è diverso.
nella scuola l’omosessualità è accettata solo se silenziosa, solo se non diventa nulla di più di una fase adolescenziale. ogni potenziale scandalo deve rimanere dentro le mura e quando la notizia del suicidio di martineu – e soprattutto del motivo che l’ha spinto al gesto estremo – rischia di far perdere credito all’istituto, sono bennett e judd i primi a trovarsi costretti a sopportare le assurde regole della scuola per cercare di salvare non tanto il buon nome della loro casa, quanto il futuro degli studenti.
mitchell mette in scena due personaggi memorabili, i due diversi volti della ribellione contro un sistema oppressivo che rigetta chiunque non corrisponda ai suoi ideali.

ne parliamo meglio con la traduttrice italiana dell’opera, cleide lanzetta (che è anche una cara amica quindi il piacere di ospitarla qui è doppio!).

ciao cleide, grazie mille per la tua disponibilità e benvenuta su claccalegge!
► Ciao Clacca, grazie a te! è un piacere!
prima di cominciare a parlare di another country, ci racconteresti come è nata l'idea di tradurre questo testo in italiano?
► Ho tradotto Another Country per la mia tesi di laurea magistrale. Volevo mettermi alla prova con una tesi di traduzione, piuttosto che con l'analisi letteraria e basta. Per fortuna, la mia relatrice dell'epoca ha avuto la pazienza di accettare! Forse anche perché sono andata da lei avendo già scelto il testo. Another Country l'ho scoperto per puro caso, come mi è sempre capitato con i miei libri preferiti! 
In realtà, l'ho visto citato per la prima volta nell'introduzione (scritta da Giorgio Amitrano) a un libro di... Banana Yoshimoto (Kitchen)! Il discorso è abbastanza contorto, ma in breve, Amitrano lo equiparava a Maurice (entrambi i titoli avevano avuto molto successo in Giappone negli anni '80), film e romanzo che io adoro. Quindi mi ha incuriosito ed è così che ho scoperto il film e poi il testo teatrale originale. Quando ho scoperto che era inedito, ho colto la palla al balzo!

perché hai scelto proprio sui generis come casa editrice a cui proporre questo progetto? 

► Diciamo che con SuiGeneris ci siamo incontrate a metà strada. Dopo la tesi, avendo tradotto tutto il testo, volevo cercare di pubblicarlo, perché penso abbia tanto da dire anche oggi. 
Sono entrata in contatto con Oriana Conte, fondatrice di SuiGeneris, tramite i social e in effetti tra gli editori giovani è una delle poche, almeno che io sappia, a occuparsi di teatro contemporaneo. La nostra discussione è iniziata proprio per questo motivo. Così, le ho mandato il testo e si è detta subito interessata!
ecco, another country è un testo degli anni '80 e la vicenda che narra è ambientata negli anni '30, eppure, come dici giustamente tu, è un testo ancora molto attuale. secondo te quali sono le tematiche che ancora oggi lo rendono un testo così contemporaneo?
► Secondo me, oggi è ancora molto forte il tema dell'incontro/scontro e intersezione tra identità privata e politica. Quanto vogliamo che una influenzi l'altra? Ma soprattutto, quanto ci viene imposto dall'alto e quanto, di fatto, possiamo dire di essere noi ad avere controllo su questo confine? I personaggi di Another Country, a un certo punto, sono quasi costretti a far coincidere le due cose. Guy, per esempio, non pensa che la sua omosessualità possa avere ripercussioni sulla sua vita politica, ma purtroppo non tutti la pensano come lui e sarà costretto a venire a patti con questo aspetto della sua società. è un tema che trovo interessante, perché solleva molte domande a cui immagino ognuno troverà la sua risposta personale.
Un altro tema che reputo sempre attuale è quello dell'apertura al dialogo e al dubbio, perché il dubbio può essere un'arma a doppio taglio: può far vacillare, ma può anche farci aprire al dialogo, cosa fondamentale secondo me in un mondo in cui sembra che si parli per assoluti.
io sono rimasta vaga prima sui personaggi perché sono la forza del testo e vorrei che ne parlassi tu. di guy bennett hai già accennato qualcosa, ma ci diresti qualcosa di più su di lui e su judd?
► Judd affronta una sfida diversa rispetto a Guy, perché il suo tratto identitario caratterizzante come persona e personaggio è già esplicitamente politico, essendo un comunista fino al midollo, sempre pronto a rispondere a tono, a difendere i suoi ideali. In questa sua testardaggine c'è molto spirito di ribellione tipico dell'adolescenza, e ci piace proprio per questo! Allo stesso tempo, è anche molto empatico, infatti è uno dei pochi che non maltratta gli studenti più giovani. Pur sottolineando quanto disprezzi il sentimentalismo, è il primo a saper decifrare e accogliere i sentimenti altrui, o a scusarsi quando necessario.
Guy invece agisce per giustificare e proteggere i suoi sentimenti, ma allo stesso tempo ha un atteggiamento meno fraterno. Cerca di nascondere le sue insicurezze dietro un'ironia sempre pronta (e spesso a doppio senso!), senza temere nessuno, tanto che a volte il confine tra coraggio e incoscienza si fa labile. Ma è così che ha trovato la sua dimensione nel mondo scolastico. Guy pensa di essere accettato a scuola, perché pensa di avere il coltello dalla parte del manico, ma scoprirà che non è così e che quello che credeva essere un conveniente gioco delle parti, non è più un gioco, e nel mondo esterno lo spazio riservatogli a scuola non esiste davvero, quindi dovrà essere messo da parte, cosa che non può assolutamente accettare!
Uno dei punti forti del testo è proprio la dinamica tra loro due. La classica coppia di opposti che, però, inspiegabilmente funziona benissimo! Uno (Guy) che dice di vivere per i sentimenti e l'altro che invece li rifiuta, mettendo su tutto la storia e il bene comune.
Per quanto si prendano in giro, alla fine trovano terreno comune e cambiano nel corso del testo, venendosi incontro in modi che dai loro primi scambi di battute non ci saremmo aspettati. Penso che a unirli sia proprio il fatto che, pur per motivi diversi, si scontrano con un mondo che li ritiene elementi di disturbo. La loro amicizia, quindi, è un ulteriore smacco al sistema!
quello che mi ha più colpita, leggendo il testo, oltre ovviamente ai personaggi che mi hanno fatta innamorare, è l'atmosfera da caserma che si respira nella loro scuola. ci spieghi un po' meglio cos'è una public school e come funzionava all'epoca (sperando vivamente che oggi le cose vadano in modo diverso!)
► Una public school è una scuola privata, e già da qui partono i primi problemi di adattamento! 
Il sistema rappresentato in Another Country è molto realistico, basato sull'esperienza stessa dell'autore, Julian Mitchell, e hai assolutamente ragione: è un misto tra un monastero e una caserma. Harry Potter, per esempio, è una public school sotto acidi (questa levala se vuoi ahah), ma sostanzialmente è quello: ci sono le casate, non divise per personalità, ma per edificio (che spesso va a coincidere con le condizioni economiche), i dormitori, i prefetti, ecc... Un collegio, insomma. Come funziona sempre in questi casi, questo piccolo mondo a sé diventa come una società nella società, molto settario e gerarchico, anche se le gerarchie ufficiali non sempre coincidono con quelle effettive. Nell'epoca di Another Country, a tutto ciò si aggiunge anche il fatto che gli studenti più grandi sono quasi automaticamente arruolati. Judd, nel testo, è l'unico tra gli "anziani" a non esserlo per via dei suoi ideali. 
Oggi le cose vanno meglio perché sono diventate miste (non so se tutte, onestamente) e le punizioni corporali sono abolite. Ma durante la mia ricerca mi sono imbattuta su studi che sostengono che il sistema a dormitorio non funzioni perché genera dei traumi nei ragazzi più giovani, separati troppo presto e per troppo tempo dalla famiglia.  
Per Another Country mi sono documentata più sulle scuole del passato, quindi non sono molto qualificata per parlare della situazione attuale.
another country è un po' anche una critica al militarismo e al colonialismo, oltre che all'ipocrisia nei confronti degli omosessuali. anche il titolo poi è significativo, rimanda a degli inni, giusto? ma anche a guy burgess e al suo ruolo di spia...
► Il titolo è un riferimento a un inno che si intitola "I vow to thee, my country" e che si sente ancora oggi nelle celebrazioni ufficiali, lo stesso che apre e chiude il testo. L'inno parla della contrapposizione tra il regno dei cieli e la patria inglese, ma nel testo c'è un ribaltamento ironico perché l'Another Country a cui si aspira non è tanto il "Paradiso in Terra", quanto, come dice Judd, una "terra in terra". Devo dire che tradurlo è stata una bella sfida, perché ho cercato di rispettarne le rime, per quanto possibile, per renderlo cantabile anche in italiano.
Oggi, dato il nostro attuale contesto storico, suona malissimo, ma sì c'è il riferimento alla scelta di Burgess che, invece, forse vedeva nella Russia una terra pronta ad accoglierlo più facilmente. Scoprì però a sue spese che non era affatto così. Non ha avuto una vita serena, pare, né in Inghilterra, né in Russia.
possiamo dire che burgess ha ispirato non solo il personaggio di bennett ma anche quello di judd?
► Penso di sì. Non posso dire se si siano pentiti o meno del loro tradimento, ma, per esempio, molti comunisti europei furono ingannati dal fatto che inizialmente nell'URSS si era detto che non ci sarebbero state discriminazioni contro gli omosessuali. In realtà questa promessa durò ben poco e furono nuovamente considerati criminali, quindi da questo punto di vista posso supporre che si siano sentiti pugnalati alle spalle.
Anche perché la vicenda di Burgess e delle spie di Cambridge colpì l'opinione pubblica proprio perché questi "traditori" erano tutti parte dell'elite e quindi non avrebbero avuto motivo di lamentarsi della loro posizione sociale. Molti di loro però erano gay, come Burgess. Proprio la coincidenza di queste due cose ha suscitato molta curiosità e ha stimolato anche altri autori, oltre a Mitchell. Alan Bennett, per esempio.
bennett e judd sono insomma un po' un monumento a quei principi enormi che ci sostengono durante l'adolescenza e a cui rinunciamo poi da adulti per scendere a patti con la realtà!
► Esatto, si trovano davanti a una scelta alla fine: rinunciare ai propri ideali o sporcarsi le mani per davvero? 
Non rivelo troppo sul finale, anche se è intuibile, ma penso che a un certo punto ognun* di noi si trovi a dover fare queste scelte, magari cambiando risposta più volte nel corso della propria vita. 
Non a caso il sottotitolo del film italiano è "la scelta", che trovo molto azzeccato!

nel corso della vicenda c'è un momento particolare, quello in cui la scuola invita - un po' controvoglia - lo scrittore vaughan cunnigham. chi è questo personaggio e perché mitchell decide di inserirlo nella storia e farlo interagire con i personaggi?
► Cunningham è un personaggio che non credo abbia una controparte storica specifica, ma incarna un po' quell'intellettuale un po' dandy che è sì famoso, ma in società sembra un pesce fuor d'acqua. La sua visione del mondo appare, soprattutto a Judd, sentimentalista e antiquata. Nonostante ciò, lascia il segno perché mette Judd alla prova, gli insegna a smussare i suoi angoli e ad aprirsi di più al dialogo, anche con interlocutori inaspettati. Allo stesso tempo, rafforza le convinzioni di Guy, dando forma alle vaghe "intuizioni" del ragazzo sulla sua identità. Cunningham è stato tagliato nel film, perché effettivamente la sua è una scena molto statica, ma secondo me ha un ruolo fondamentale: è un adulto che non lo è del tutto, che riesce ancora a comunicare con i ragazzi e a farsi cambiare da loro. Le sue caratteristiche da dandy stereotipato lo fanno passare come superficiale e fuori luogo, ma in realtà ha ancora molto da dare, se gli viene data l'occasione.
pochi anni dopo la pubblicazione, another country è diventato anche un film, quindi viene da pensare che sia stato un testo accolto con serenità e diventato presto un successo... è stato davvero così?
► Eccome! Per essere un testo uscito nell'epoca della Thatcher, pur avendo avuto i suoi problemi a trovare il suo palco (all'epoca non si potevano proporre testi che supportassero l'omosessualità, per intenderci), ma quando lo ha trovato è stato un enorme successo. Ha vinto diversi premi ed è stato in scena per più di un anno. Ha lanciato molti attori: Rupert Everett, Colin Firth, Kenneth Branagh e addirittura Daniel Day-Lewis, nomi sconosciuti all'epoca ma che oggi godono di non poco successo direi!
il mondo di another country, delle public school e soprattutto dell'inghilterra degli anni '30 (a un passo dalla guerra mondiale e con un immenso impero da gestire) è un mondo lontanissimo dal nostro, eppure sei riuscita a rendercelo familiare già in poche pagine. com'è stato per te tradurre questo testo?
► Essendo Another Country il mio primo approccio a una traduzione teatrale completa, è stata una gran bella sfida! A volte ho impiegato ore (se non giorni, tornandoci tantissime volte), per adattare una battuta o un termine, ma trovare le voci dei personaggi, i loro tipi diversi di ironia e modo di fare, è stato divertentissimo! Era come avere un teatro in testa, in cui dovevi far provare le battute agli attori per capire in che modo andasse detta la battuta, cosa suonasse bene o male, più o meno spontaneo. Ho cercato di fare del mio meglio! Per questo, ho chiesto anche il supporto di Rosamaria Spena, una regista teatrale bagherese e amica, così da sapere quando le battute suonavano troppo "impronunciabili", troppo da "pagina stampata".
Infatti, tenevo particolarmente a rendere la traduzione adatta alla messa in scena e non solo alla lettura, ecco perché non ho fatto uso di note esplicative. Insomma, volevo complicarmi la vita il più possibile! Per esempio, Guy a un certo punto dice che essere innamorato ti fa vedere tutto "right" (giusto), poi guardando Judd dice, "well, in your case... left!" essendo lui comunista. In italiano ci ho messo un bel po' a decidere di adattarla come figura nel testo (“vedere la vita in rosa, nel tuo caso... in rosso!”). Un altro è proprio all'inizio, quando i ragazzi parlano del cappellano del collegio. Lo chiamano, in originale, Charlie Chaplain, che letteralmente sarebbe Charlie il Cappellano, ma invertito così da suonare come Charlie Chaplin. In italiano non mi piaceva mettere "il cappellano Charlie Chaplain" e, siccome non è un personaggio che compare, ho deciso di sbizzarrirmi e l'ho ribattezzato "il Cappellano Matto". Non so se la mia traduzione sia la più corretta o magari ho letto troppo io nel gioco di parole originario, ma devo dire di esserne abbastanza soddisfatta, perché rende l'idea, come in originale, di un personaggio "buffo" che i ragazzi non prendono sul serio.
c'è una scena o un momento specifico della storia che ti è rimasta nel cuore? (io ad esempio mi sono innamorata di judd che va in giro con il busto di stalin sotto il braccio come "un peluche" che mi ha un po' ricordato linus con la sua coperta).
► Forse Judd mi accuserà di sentimentalismo, ma una delle mie scene preferite è quando Judd svela un po' di più la sua empatia e tranquillizza il piccolo Wharton, scosso per il suicidio di Martineau e forse l'unico ad essere rimasto colpito dal lato umano della vicenda, più che da quello politico. 
Ma anche il dialogo finale tra Judd e Guy! Anche perché c'è un'eco di Maurice molto sottile. Il silenzio di Judd, la sua impossibilità di autodefinirsi, è secondo me quasi una citazione dell' "unspeakable of the Oscar Wilde sort" del romanzo di Forster.
oltre ad alcune sceneggiature per il teatro, il cinema e la tv, mitchell ha scritto anche dei romanzi: se potessi scegliere il prossimo da tradurre, quale sarebbe?
► Sicuramente vorrei tradurre, per il teatro, The Welsh Boy, un dramma sul potere del pettegolezzo. O anche Family Business, che ci chiede quanto conosciamo davvero la nostra famiglia e i suoi "affari".
Come romanzi, direi che Imaginary Toys potrebbe essere una bella sfida. Anche perché in quel romanzo c'è un personaggio che è praticamente il figlio spirituale di Tommy e Guy: un ragazzo gay radicale negli anni '60! Ma è un titolo davvero tosto dal punto di vista linguistico. Ci sono più voci narranti e una di loro non usa quasi mai punteggiatura... ammetto che quello mi fa un po' paura!
Mitchell è totalmente inedito in Italia e mi piacerebbe molto riuscire a farlo conoscere. Immagino che tanto dipenda dal successo di Another Country, quindi incrocio le dita!
lanciati nelle sfide perché sembra tutto bellissimo e io - e sicuramente tutti quelli che hanno letto e leggeranno another country - vorranno continuare a scoprire mitchell!
a chi consiglieresti di leggere questo libro?
► Me lo auguro davvero! Purtroppo in Italia si legge poco teatro (e io stessa sono colpevole di questo reato!), ma penso che bisognerebbe un po' superare questo ostacolo (auto?)imposto e provare sempre qualcosa di nuovo.
Sicuramente consiglierei Another Country a chi ama Alan Bennett (in particolare il suo "I ragazzi di storia"), per la sua ironia pungente verso la società inglese e la natura umana in generale. Trovo invece sia più vicino a Maurice per quanto riguarda il modo di approcciare la tematica LGBT. 
Poi, anche se sembrerà apparentemente fuori contesto, lo consiglio caldamente anche alle lettrici di manga Boys' Love classici stile Il poema del vento e degli alberi! Another Country ha una dimensione più politica, indubbiamente, ma si ritrovano dinamiche e ambientazioni simili che penso possano far colpo!
grazie mille ancora per il tuo tempo e la tua pazienza ma soprattutto grazie per aver permesso ai lettori italiani di scoprire questa storia! a presto!
► Grazie a te per avermi concesso il tuo tempo e il tuo spazio virtuale! è stato un piacere e speriamo che ci siano altre occasioni! :)

mercoledì 23 novembre 2022

intervista a maria gaia belli

a partire da oggi trovate in libreria il secondo volume de la dorsale (di cui abbiamo parlato qui) e, per festeggiare insieme, ho fatto una chiacchierata con maria gaia belli.
buona lettura (e correte in libreria!)


ciao maria gaia, benvenuta su claccalegge!
innanzitutto vorrei chiederti di parlarci un po' della genesi de la dorsale: come sono nati i luoghi che racconti e soprattutto i personaggi principali della storia?
► È una storia breve ma intensa: semplicemente li vedo, e li vedo da tanto tempo. Non so da dove nascano - soprattutto perché spesso non rispecchiano i miei gusti e i miei modi di pensare - ma sono con me da quando ero bambina. Avevano code e orecchie da animali, poteri magici, vivevano incredibili avventure in terre molto fantastiche, piene di montagne altissime. Poi pian piano sono cresciuta io, sono cresciuti soprattutto loro, e questo non vuol dire che abbiamo perso quella fantasia per strada. Ma a un certo punto le loro storie come persone erano più interessanti delle loro storie come eroi. Così ho tolto la maggior parte degli elementi che non servivano la storia nuda e pura delle loro vite, e il risultato sono i tre libri della Dorsale.
la dorsale è un fantasy un po' atipico, mancano ad esempio le razze umanoidi però ci sono i draghi! perché hai scelto proprio queste creature? e come hai deciso di trasformarli da creature mitologiche in animali comuni che vivono a contatto con gli esseri umani?
► In realtà le razze non solo mancano, ma sono scientemente state eliminate. Come dicevo, da bambina amavo fantasticare forme umanoidi molto varie. Poi ho iniziato a rendermi conto di qual è il substrato culturale delle "razze" nel fantasy. Le razze a me non convincono nemmeno quando si parla di cani, figuriamoci di persone. Non volevo che le storie delle mie persone fossero giustificate da caratteristiche genetiche irrilevanti, ma dai contesti da cui provengono. 
E a proposito di culture: nel mio mondo non ci sono le razze, ma questo non vuol dire che non ci sia il razzismo. Non uso questa parola per definirlo, ma l'oppressione verso il diverso è evidente, e il diverso può esserlo per motivi culturali, estetici, linguistici, economici, fisici, cognitivi. Quel che volevo evitare era che tutto si riducesse a "la maltrattano perché è un'elfa in terra di nane". Vorrei che venissero usate le parole giuste, in questi casi, senza ricamarci sopra: ci sono delle persone maltrattate, e lo sono perché in terra di altre persone.
I draghi vengono invece da una questione diversa. Il mondo prima era molto più fantasy, e i draghi sputavano fuoco, facevano i loro soliti spettacolini di magia. Togliendo altri elementi, la loro presenza diventava troppo pericolosa e potente per essere sostenuta da un ecosistema, così ho dovuto smorzarli: niente fuoco, niente magia. Ho recentemente scritto una leggenda su come nel mondo della Dorsale i draghi abbiano perso il fuoco (https://www.nazioneindiana.com/2022/10/25/la-regina-del-fuoco/). 
Ma non potevo togliere i draghi, perché sono un aspetto fondamentale di questo mondo. I draghi sono il motore dell'economia di diversi Paesi, e il motivo dei loro scambi politici e commerciali. Nonché sostengono diversi settori (trasporti, comunicazioni, edilizia, sport, ecc.). L'ecosistema della Dorsale è complesso, non avrebbe tollerato draghi magici, ma non sopravvivrebbe all'assenza di draghi. Come in ogni ecosistema che si rispetti abbiamo lavorato con il bilancino evolutivo, fino a raggiungere il giusto equilibro.
uno dei miei ritratti preferiti di kam realizzati da maria gaia
(anche perché il riferimento a queste oscure materie e ai daimon mi fa sudare cuoricini)
fonte: rinofurioso@instagram

il centro della narrazione sono i personaggi e le loro storie che sono, soprattutto nel primo libro, parecchio difficili e a volte decisamente crude. il mondo di kam, luk, leila e key è un mondo davvero impietoso, c'è la volontà di parlare in realtà del nostro mondo e delle sue storture?
► Non è una volontà, ma una necessità. Il mondo, per me, non è mai stato un luogo accogliente. Ci sono rifugi sicuri, certo, ma anche da questi non è possibile ignorare quel che mi accade intorno. Lo ignorerei volentieri, ma mi è difficile. Vivere nel mondo in cui viviamo per me è come essere legata davanti a uno schermo dove passano immagini molto intense, a volte positive e a volte negative, che non riesco digerire. Visto che non le digerisco, la mia immaginazione me le ripropone. Lo fa di notte, in sogni molto più complessi del mondo che scrivo, e lo fa nella veglia, con strutture comunicative più accessibili. Non ho deciso a tavolino di quali problemi parlare e come. Credo che questi problemi mi si presentino nella realtà in modo molto arrovellato e difficile per me da razionalizzare, e i miei personaggi, che sono la mia vitale struttura di difesa contro la realtà, scompongano questi problemi e li affrontino da diversi lati. Io sono una, e sono brava solo con le parole. Loro sono un bel po', e sanno fare tante cose. Insieme ce la caviamo abbastanza da sopravvivere ai nostri mondi.
i personaggi maschili sono quelli più problematici: luk finirebbe facilmente sotto le scarpe di una folla di femministe/i e in fondo un po' succederebbe la stessa cosa anche a key, per quanto le sue intenzioni siano un po' migliori. perché hai deciso di raccontare questo tipo di personaggi maschili?
► Premetto - rispondendo un po' anche alla prossima domanda - che per me non esistono personaggi maschili o femminili, ma persone. Racconto la storia di quattro persone molto diverse tra loro, ma a volte simili in caratteri inaspettati, che vivono nello stesso posto e durante gli stessi eventi storici. 
Credo che questo discorso binario possa valere solo per Key, perché solo lui viene da una cultura che lo considera maschio prima che persona, e pretende da lui certi comportamenti. Per Luk non è lo stesso: lui vive in un contesto culturale diverso. Però l'esperienza privata di Luk è opposta a quella di Key: per Luk l'uomo è colui che non onora le responsabilità prese da adulto, entra in casa quando vuole, ruba e picchia. Per lui credo che il maschio umano adulto rappresenti il problema numero uno, e infatti difficilmente lo vedrete avere un rapporto maturo ed equilibrato con un altro uomo. Come questo sia relazionato a quello che gli passa per la testa, non so spiegarlo bene: indubbiamente il mix di mancata genitorialità, mancata scolarizzazione, mancato contesto socio-economico stabile influisce non poco sui suoi comportamenti e sulle sue scelte. Soprattutto, come mi ha fatto notare Eleonora Caruso a Stranimondi 2022, quello che ti succede da giovane - come e quanto vieni ferito - dice molto sul grado di tossicità che scegli di tollerare in un rapporto.
Riguardo a Key, non ho molto da aggiungere: lui è bravissimo a descriversi da sé, anche quando non vorrebbe. Non ho idea del perché le femministe (quali?) dovrebbero avercela con lui, ma so per certo che molti lettori maschi cis etero ce l'hanno con lui a morte. A volte semplicemente odi chi ti ricorda che puoi essere migliore.
in confronto, kam e leila sono personaggi più positivi, sono determinate nel perseguire le loro azioni e meno interessate all'amore rispetto a luk e key: questa sorta di ribaltamento dei luoghi comuni su maschile e femminile è qualcosa di voluto?
► In parte ho risposto sopra, qui aggiungo che difficilmente divido i personaggi in positivi e negativi. Ognunə di loro fa cose molto belle e cose molto brutte. Le cose che fanno Kam e Leila hanno più impatto, perché entrambe hanno più potere, in modi diversi, quindi le loro scelte non ricadono solo sulle persone immediatamente vicine. Credo che la necessità, di certo urgente, di raccontare personaggi femminili al potere possa aver creato un cortocircuito: una storia di potere al femminile non necessariamente è positiva, una donna indipendente, dal carattere deciso, non per forza porterà a conseguenze positive (come ahimè possiamo esperire anche nella nostra realtà quotidiana). Riguardo all'amore: non credo che Kam e Leila siano meno interessate alle relazioni rispetto ai loro colleghi, anzi. Sono entrambe molto dirette nel manifestare chi vogliono e come. Di certo non sono persone romantiche, mentre Luk e Key sicuramente hanno aspettative sull'amore più fantasiose. Rispetto ai ragazzi, entrambe sono semplicemente più riservate sull'argomento, secondo me. Mentre Key e Luk tendono a condividere con il lettore le proprie pene d'amore, loro due le tengono per sé, tendono a manifestarle direttamente con i fatti.
key - fonte: rinofurioso@instagram

nei libri si alternano le voci dei protagonisti, com'è stato per te cambiare ogni volta registro?
► Facile, perché li sento parlare. Trascrivo quello che dicono, il loro modo di parlare naturale, e poi cerco di sistemarlo in una struttura narrativa coerente e in un italiano decente. È più un lavoro di traduzione e redazione che autoriale.
il mondo che hai immaginato è vastissimo e sarebbe splendido poterlo visitare nella sua interezza. qualche tempo fa ho letto il tuo racconto “la regina del fuoco”, apparso su nazione indiana [che hai citato qualche riga più su] (e mi è piaciuto tantissimo!). continuerai ad ampliare le nostre conoscenze de la dorsale anche oltre questa trilogia?
► Poco ma sicuro: sono ossessionata da questo mondo, che per quanto piccolo e per certi versi inospitale è il mio posto preferito. Ci sono tanti altri personaggi di cui vorrei parlare, perché non ho avuto modo di farlo in questa trilogia - già quattro voci, e nel terzo aumentano, sono tante. Anche di altri luoghi, e di altri momenti storici. Mi piace tantissimo anche ripercorrere tradizioni folkloristiche e mitologie, che possono variare da zona a zona - interesse su cui mi spalleggia Key e nessun'altro interno al mondo. Non posso dare tempistiche e argomenti per il futuro, so solo che ci sono diverse persone in fila che attendono di far sentire la propria voce, quindi spero di sì. 
Faccio una piccola anticipazione: a breve uscirà uno spin-off ambientato tra Dorsale 2 e 3. Per ora non posso dire altro.
oltre che averli raccontati in questi libri, hai anche realizzato diversi disegni dei tuoi personaggi, ma se dovessi scegliere un illustratore/illustratrice (o magari un/una fumettista!) delle tue storie, chi sarebbe?
► Sogno altissimo: Terry Moore, Vaughan&Staples, oppure Turconi&Radice.
il tuo stile di scrittura è molto elegante ed essenziale, secondo me dà un valore aggiunto alla storia, però è anche abbastanza distante dallo stile-stereotipo del romanzo fantasy, quello ipermega descrittivo, lungo, a volte anche ridondante. c'è qualche scrittore/scrittrice a cui ti sei ispirata?
► Sì, a Agota Kristof. Ho letto e studiato l'autrice per molto tempo, perché Trilogia della Città di K. è uno dei libri a mio parere più belli mai scritti. Kristof scriveva in una lingua diversa dalla sua lingua madre, e il suo lavoro sullo stile era di continua revisione e sottrazione. Da lei ho imparato la regola del meno è meglio: non perché l'abbia espressamente detta, ma il risultato nei suoi scritti è eclatante.
da quando è uscito il primo romanzo, che tipo di feedback hai ricevuto dai tuoi lettori? (questa domanda è il modo più delicato che trovo per chiederti se sono l'unica che sente l'urgenza di creare un gruppo su cui spettegolare e fare ipotesi sul resto della storia)
► Ho ricevuto recensioni e commenti molto positivi, ma secondo me c'è un bias: è molto difficile che qualcuno non apprezzi il tuo libro e te lo venga a dire in faccia. Chi non lo apprezza di solito lo ignora, dunque non ne vengono commenti. In generale, però, ho avuto un ritorno piacevole su quelle che per me sono le cose più importanti: il mondo è percepibile come reale, i personaggi anche, i lettori si affezionano ed empatizzano con loro. Il mio obiettivo non è quello di ricevere complimenti, ma di portare quel mondo e quelle persone in questo mondo. Quindi se anche voi cominciate a litigare con Kam e Luk, a leggere fiabe con Key e a cercare disperatamente di capire che diavolo sta facendo Leila e perché, siamo nella stessa barca: ed era quello che speravo.
Aggiungo una cosa: un commento che proprio non sopporto è "io non leggo fantasy". Questo tipo di risposta da parte di un lettore non è fastidiosa per me, ma è rivoltare il coltello e infilzarcisi da soli. Se non leggi fantasy non leggi neanche Dante, non leggi Ariosto, non leggi Basile, non leggi Buzzati, non leggi Calvino, non leggi Pullman, non leggi King, non leggi una montagna di roba davvero bellissima, perché fantasy può essere qualsiasi cosa. Insomma ti rifiuti a priori di esplorare mondi diversi, e questo dice tutto.
il secondo romanzo è appena uscito e sarà difficile resistere fino all'uscita del terzo: c'è qualche anticipazione, anche minuscola!, che puoi darci su quello che ci aspetta (ovviamente, senza fare spoiler – cioè, a me puoi farli, però magari non li pubblico sennò mi bruciano il blog!)?
► Anticipazioni random molto ovvie: come i bambini crescono, gli adulti invecchiano. Qualsiasi conto alla rovescia prima o poi arriva allo zero. Le persone cambiano e non sempre hanno voglia di continuare a raccontare: in questi casi, ce ne sono altre prontissime a farlo.
Spoiler without context: foglie gialle, un cappotto, una mela.
ultimissima domanda! hai dei consigli pratici da dare a chi immagina mondi fantastici per riuscire a trasformare quello che c'è nella loro mente in una storia che funzioni così bene?
► Per rispondere a questo tipo di domande tengo corsi di diverse ore, con molta bibliografia, materiali e soprattutto moltissimi esercizi (per esempio: https://scuolaholden.it/come-allevare-un-drago-da-corsa-scrittura-fantastica-belli/). Però cercherò di ridurre al minimo: ci devi passare tantissimo tempo e devi cercare di metterci pochissimo le mani.
ti ringrazio tantissimo della tua compagnia e del tuo tempo ♥ spero di poter tornare prestissimo a parlare de la dorsale!

lunedì 21 novembre 2022

la dorsale - l'anno dell'oro

sotto la mia testa, tante piccole barche bianche, triangoli colorati, galleggiano sull'acqua. il drago chiude le ali e io mi reggo stretta alla pelliccia, finché non si gira con tutto il corpo, ritrova la posizione giusta e le spalanca di nuovo. il cielo torna sopra, il mare sotto.
vedo gli altri draghi scontrarsi con il vento. alcuni sono troppo rapidi e sbilanciati, e li porta lontani sul mare. altri troppo pensanti, e cadono in acqua. nemmeno la metà riesce a girare, e ancora meno sono quelli che tornano sul percorso di gara. per vederli, devo voltare la testa sopra la spalla e guardare indietro. questo al mio drago non piace, così smetto di farlo. la corrente che ci frenava, ora ci spinge veloce verso la dorsale. noi, ormai, siamo davanti.


questo mondo è semplice. è fatto così. ecco come inizia il primo volume della trilogia la dorsale di maria gaia belli (di cui avevo parlato brevemente qui), una delle serie che mi ha più appassionata negli ultimi mesi e di cui ho potuto (fortunella che sono) leggere in anteprima il secondo romanzo, in uscita il 23 novembre per effequ.

una mappa e poi la descrizione di un mondo intero, una geografia immaginata che diventa reale nelle immagini che maria gaia ci suggerisce durante tutta la narrazione, un mondo che potrebbe quasi sovrapporsi al nostro non fosse che a renderlo unico ci sono i draghi.
dimenticatevi i mostruosi cattivi sputafuoco avidi di tesori che rapiscono principesse e si fanno fregare come degli scemi dal primo cavaliere in lattina che passa, i draghi de la dorsale sono creature con cui è possibile convivere, animali da lavoro, persino da compagnia in certi casi e - ovviamente - magnifiche bestie da competizione.
e poi c'è la dorsale, l'imponente catena montuosa da cui la trilogia prende il nome, che attraversa tutta la mappa e divide nettamente il mondo in due, da una parte il nord e dall'altra il sud.
non è solo una questione geografica, tra nord e sud cambia tutto, dallo stile di vita alla lingua all'aspetto stesso degli abitanti. le città più importanti sono due, la città di p. e la città di v., mentre tutto intorno alla dorsale è un fiorire di piccoli villaggi e rifugi che permettono a un'intricata rete di contrabbandieri di proliferare e commerciare letteralmente di tutto, draghi e bambini inclusi.
sulla dorsale c'è un luogo che è il fulcro della narrazione e del mondo stesso: l'accademia, il luogo in cui vengono addestrati i soldati e i draghi.
l'accademia è millemila anni luce lontana dalle scuole di magia di cui abbiamo letto nelle saghe fantasy per ragazzi (sì, certo che mi riferisco a hogwarts), è né più né meno che un'accademia militare, con i suoi orari rigidi, le mense, gli spazi comuni e una ferrea gerarchia che regola i rapporti tra tutti. non c'è spazio per incanto e magia nemmeno quando si parla dei draghi, che vivono nelle stalle e richiedono un duro e impegnativo lavoro di cura.

alla fine del primo volume abbiamo conosciuto i quattro personaggi principali: kam, una ragazzina cresciuta sulla dorsale, selvaggia e indomita, allevata come una bestia da un vecchio che la trattava da schiava e da cui lei è riuscita a scappare.
kam ha capacità quasi ferine, gli anni passati intenta a sopravvivere negli aspri territori di montagna le hanno insegnato a leggere i segni del cielo e i rumori dei boschi, sa cacciare, è forte, veloce e resistente come una fiera e proprio come un animale selvaggio è di poche parole e difficile da avvicinare.
all'accademia incontra leila, che già vive lì, studia e svolge ogni mansione diligentemente. è una caposquadra rispettata da tutti ed è chiaro che ha le capacità per scalare ogni gerarchia.
a loro si aggiungono luk e key, luk è stato un bambino che cercava di mantenere sua mamma e sua sorella mentre il padre era sparito. ha vissuto di espedienti e ha potuto contare solo su se stesso e sulla sua forza e adesso è un gigante che colleziona vittorie sportive e sorrisi da parte della altre ragazze.
key è l'unico che viene dal nord. parla una lingua diversa dagli altri, la sua pelle i suoi capelli e i suoi occhi sono chiarissimi, reggono difficilmente alla luce del sole. non è solo l'aspetto però a renderlo un emarginato: key è il secondogenito di una nobile famiglia che l'ha ripudiato il giorno in cui si è rifiutato di sposare la ragazza che il padre aveva scelto per lui. l'accademia è stato il solo posto che l'ha accolto quando non aveva più nulla, e lì ha imparato - più per necessità che per passione - il mestiere del medico.

l'anno dell'oro, il secondo volume di questa trilogia, inizia dove si era interrotto il primo: mancano quindici anni a una guerra di cui non sappiamo ancora nulla, kam, leila, luk e key sono poco più che adolescenti e ognuno di loro cerca la propria strada, continuando a giostrarsi tra le regole e gli impegni dell'accademia. le loro esistenze, che non potevano cominciare in luoghi e in modi più lontani e diversi, si intrecciano sempre più strettamente adesso che sono cresciuti. tra loro si creano rapporti di amore/odio difficili da definire e impossibili da ignorare: sono legami, nel bene e nel male, totali, quasi viscerali su cui ruota tutta la vicenda, narrata - in questo e nel primo volume - alternativamente da ognuno di loro.
tutti e quattro sono protagonisti ma il vero fulcro della vicenda è kam: è da lei che si comincia a raccontare nel primo volume, è da lei che riprende la narrazione nel secondo volume, è attorno a lei che gravitano key, luk e leila, ed è attorno a lei che si articolano i due filoni principali della storia, quello di formazione (una sorta di educazione sentimentale per adolescenti soldati in un mondo crudele e impietoso) e quello più politico, che viene raccontato attraverso un epistolario (quasi esilarante nell'alternarsi di toni tra kam e il suo interlocutore) e che, al momento, sembra la pista da seguire per svelare il mistero di questa guerra incombente.
l'ultima trentina di pagine è infatti ambientata un anno e mezzo prima dell'inizio della guerra ed è ormai abbastanza chiaro che assisteremo al suo scoppio nel terzo volume, una guerra in cui kam, key, luke e leila e tutto quello che è successo in questo decennio e mezzo narrato nel secondo libro saranno fondamentali.

la dorsale - l'anno dell'oro è un romanzo che supera le cinquecento pagine e che però si lascia leggere con voracità, senza permettere al lettore un solo momento di distrazione.
maria gaia belli ha creato un mondo strutturato con cura e coerenza, sia dal punto di vista geografico sia nella costruzione dell'umanità che lo abita, un'umanità di cui man mano andiamo conoscendo la storia, le capacità tecniche e scientifiche e le diverse culture e tradizioni. 
in questo mondo ha individuato quattro personaggi che ha modellato a tutto tondo, senza cadere nella tentazione di facilitarsi le cose dividendo tra buoni e cattivi, anzi: ci ritroviamo contemporaneamente affezionati e respinti da tutti loro, ciascuno con i suoi lati positivi e con quelli impossibili da tollerare.
e, infine, su tutto questo ha calato l'ombra della guerra incombente, un conflitto che non siamo ancora capaci di immaginare ma la cui promessa ci accompagna dalle prime pagine della storia.

se qualcuno continua a storcere il naso alla parola fantasy (per carità, smettetela!) leggendo la dorsale avrà da ricredersi: maria gaia belli ha uno stile essenziale, elegante ed evocativo che riesce a mettere insieme i concetti (che magari piacciono ancora a qualcuno, non so, io personalmente sono davvero stanca di queste etichette ma va bene, almeno ci capiamo) di letteratura e di fantastico.
la dorsale va oltre il realismo magico (unica forma di fantastico che pare sia accettabile in determinati ambienti), scava nel fantasy vero e proprio anche senza pescare dai classici (niente elfi, nani e oggetti magici, per dire) fino a ridefinire il genere e, si spera, restituirgli l'importanza che merita.
leggete questi primi due libri de la dorsale e poi tornate qui, facciamo insieme un gruppo di sostegno psicologico in attesa dell'uscita del terzo volume (vi servirà, credetemi).

martedì 15 novembre 2022

i tardigradi - nuova biblioteca del fantastico ~ "creature dell'assenza", "un allegro nichilismo cosmico", "corpo"

 • creature dell'assenza • 
la bambina dondolava le gambe, toccando lievemente con gli alluci la superficie gelida del mare. gli isolani la chiamavano jadranka, come il mare adriatico. sapevano, in qualche misura, che il suo vero nome era un altro; ma non lo pronunciavano. jadranka era (anche) una bambina. sapeva far saltare i sassi piatti e lucidi sulla cresta dell'onda e guardarli disegnare ombre bizzarre sul fondale trasparente. cercava stelle comete nel cielo di agosto e chiocciole nella terra rossa. quando il giorno fosse nuovamente sorto, i suoi giochi sarebbero riprendi da dove dove erano stati interrotti, come se non se ne fosse mai allontanata.

è arrivata l'estate e la guerra ormai è finita da un anno.
è il 1996, siamo in croazia, a preko, un piccolo paesino che si bagna i piedi nel mare e cerca di curarsi le ferite dopo il conflitto.
la pace è arrivata da troppo poco tempo perché il dolore si sia assopito e la vecchia petra sa che ognuno ha i suoi morti da piangere. a lei, la guerra ha restituito suo marito joso e non le ha tolto nessun figlio.
eppure anche lei ha perso una persona cara, la vecchia suocera che negli anni era diventata come una seconda madre e che adesso ha lasciato nella sua vita un'enorme assenza.
petra pensa al dolore degli altri e tiene nascosto il suo, certa che nessuno la capirebbe. si sente isolata, sente un vuoto nella quotidianità eppure i giorni passano uno dopo l'altro, come se al resto del mondo non importasse nulla, fino al giorno in cui non arriva marina, la giovane nipote di petra e joso, anche lei viva dopo il conflitto, anche lei con una voragine che le squarcia cuore e memoria e il bisogno di colmarla.
è per loro che appare jadranka, una bambina misteriosa che bambina in realtà non è e non è neppure un fantasma: jadranka è la materializzazione del bisogno di riempire quei vuoti che sono rimasti nell'animo di chi ha perso qualcuno, una consolazione nata dal bisogno a cui non bisogna affidarsi troppo a lungo per non perdere il contatto con la realtà.
jadranka aiuta come sa petra e marina a guarire dal loro dolore, lo fa con l'aria innocente di chi è nato dalla sofferenza ma da quella sofferenza è immune, di chi non sembra neppure conoscerla, proprio come la bambina di cui ha le sembianze.
ma sta a loro due, zia e nipote, e al rapporto che piano piano sapranno costruire imparare ad accettare la perdita e trovare il modo di andare avanti, e di farlo insieme, finalmente non più sole.

creature dell'assenza è un racconto dolce e malinconico come un tramonto di fine estate, una storia che parla con delicatezza dell'affrontare il dolore, di saperlo condividere con gli altri e imparare ad accettarlo senza farsene sopraffare.
il mare, i paesaggi della croazia e la sua storia, le case sopravvissute alla guerra e abitate da gente semplice e di buon cuore si tingono di un realismo magico appena accennato, che si riflette in alcuni tratti teriomorfi dei personaggi, dettagli appena percepibili delle loro morfologie e impersonato ancor di più da jadranka e da altre creature come lei, nate dalle assenze che non riusciamo ad aspettare, generate dal bisogno di consolazione che ognuno ha davanti a eventi disastrosi come la guerra.
gloria bernareggi e sephira riva danno vita a una storia che sa mettere insieme realtà e immaginazione, leggera come una carezza ma mai superficiale, con uno stile attento che condensa in meno di ottanta pagine il dramma e la rinascita di due donne.

 • un allegro nichilismo cosmico • 
ero in casa che non facevo nulla quando mi telefonò daria per dire che era da andrea e chiedere se volevo raggiungerli per un kebab. dal tono sembrava seccata, le chiesi che avesse e lei rispose che andrea era un deficiente.

è tornato alessandro sesto e io non potevo essere più felice! un allegro nichilismo cosmico è un racconto divertentissimo, una storia in cui fantastico potrebbe esserci o forse no, chi lo sa? e soprattutto, a chi importa davvero?
nicolas è un trentenne nullafacente e cazzeggione che passa la sua esistenza a ciondolare tra un lavoretto precario e una serata con gli amici di sempre, daria e andrea.
è durante una di queste serate che andrea racconta di un incontro quantomeno bizzarro avvenuto il giorno prima. era a una mostra d'arte quando un uomo lo aveva avvicinato e dopo le prime chiacchiere gli aveva confessato di essere stato quasi rapito da alcune persone che si dichiaravano agenti segreti americani che operavano per il bene dell'umanità e che dovevano portarlo con loro a washington perché, a detta loro, lui era un ipnotizzatore e bisognava che loro controllassero le sue capacità per evitare che, tramite l'ipnosi, potesse controllare gli uomini più potenti del mondo e cambiare il destino dell'umanità a suo piacimento. lo sconosciuto, alla fine, sosteneva di essere davvero un ipnotizzatore e di essere riuscito a sfuggire proprio grazie alle sue doti ma andrea non era troppo sicuro di potergli credere. daria è fermamente convinta che l'amico sia un idiota mentre nicolas pensa solo che andrea sia stato vittima di un mitomane parecchio convincente.
eppure, nel giro di pochi giorni, nicolas si ritrova invischiato in un gioco aggrovigliatissimo tra l'ipnotizzatore inseguito e gli ipnotizzati (forse) inseguitori, in cui forse potrebbe salvare il mondo da un pericolosissimo individuo dotato di poteri straordinari o forse è solo vittima di una mandria di complottisti che hanno passato troppo tempo su internet a leggiucchiare robe strane sui siti sbagliati.

il racconto di sesto è esattamente quello-che-immaginavo-alessandro-sesto-poteva-scrivere-se-avesse-scritto-una-roba-fantastica, una storia divertente e così assurda da essere assolutamente plausibile. mi sono dovuta fermare almeno un paio di volte per ridere immaginando alcune scene paradossali! dei tre primi tardigradi, un allegro nichilismo cosmico è quello che mi sento di consigliare di più anche a chi non ama particolarmente il genere fantastico (e a chi rimpiange ancora gorilla sapiens).

 • corpo • 
si trattava esclusivamente di un piccolo ritardo. forse centesimi di secondo. un tempo quasi non misurabile, e poi c'era, è ovvio, la questione dell'odore. o meglio della sua mancanza.
il resto era identico a ciò che era stato quando era un essere umano.

il terzo tardigrado rappresenta una delle declinazioni meno rosee del fantastico, l'incontro tra biologia e tecnologia che si fa inquietante quando i presupposti etici su cui tale incontro si basa sono così lontani dalla nostra esperienza da non essere mai stati abbastanza discussi, pensati, neppure immaginati. corpo è quasi un episodio di black mirror. disturbante fin dall'inizio, silvio valpreda ci accompagna, seguendo i pensieri della protagonista, in una spirale discendente di angoscia, ossessione e paranoia.
alessandra e il suo compagno hanno avuto un incidente in moto. un incidente letale.
miracolosamente però, alessandra ne è uscita praticamente illesa e, per salvare il suo compagno, ha deciso di autorizzare il trasferimento della sua coscienza in un corpo artificiale.
adesso lui è ancora lui, in tutto e per tutto o quasi. alessandra non gli ha mai detto la verità e lui non sembra neppure sospettare cosa sia successo realmente ma lei è ossessionata non solo dal fatto che quel corpo non sia più lo stesso che amava ma, soprattutto, inizia a temere - e poi a essere praticamente certa - che la stessa cosa sia successa a lei, che qualcuno abbia deciso, mentre era in bilico tra la vita e la morte, di impiantare la sua coscienza in un corpo sintetico, un corpo uguale quasi interamente a quello che aveva e che, ne è sempre più sicura, è andato distrutto nell'incidente.
inizia quindi una sorta di discesa nell'ossessiva analisi di quel corpo così difficile da riconoscere eppure così identico a quello che era prima, al punto di non poter dimostrare nulla.
i pensieri di alessandra iniziano ad arrotolarsi su loro stessi, ad andare oltre la mera storia dell'incidente: cambiare involucro cambia davvero quelli che siamo? cambia le relazioni che abbiamo con gli altri? il corpo è davvero solo qualcosa di materiale dentro cui risediamo o siamo quella carne, quel sangue, quelle ossa? cos'è lui adesso? è un essere umano come prima? e lei? e cosa ne è dei corpi originali nel momento in cui la coscienza è spostata in un simulacro e non può quindi essere celebrata alcuna morte?
se il corpo si può cambiare, spostando la propria essenza dentro un contenitore artificiale così simile a un corpo vero da essere irriconoscibile nella sua artificiosità, allora cosa resta dell'essere umano?

corpo è il più claustrofobico dei tre racconti, una sorta di thriller fantascientifico in cui siamo letteralmente nella mente della protagonista e leggiamo la storia attraverso la lente distorta dei suoi pensieri. anche qui, lo stile e la brevità contribuiscono a far funzionare il racconto, gli danno forza e costringono il lettore a seguire tutto da un'unica, angosciata prospettiva.

 • i tardigradi • 

i primi tre tardigradi hanno dimostrato che fantastico è più di un semplice genere, è qualcosa che può assumere significati diversi, può essere interpretato da ogni autrice e autore secondo la propria sensibilità, è qualcosa che può divertirci o consolarci o angosciarci. se l'intento era quello di mostrare quanto profonda e multiforme sia la fantasia, eris sembra essere riuscita benissimo fin dall'inizio.
aspettiamo con ansia i prossimi titoli!

giovedì 3 novembre 2022

the cyan's anthem

«qualcuno ha già scritto questa storia, noi la racconteremo e basta. non ci potranno odiare per questo.»
«perché noi siamo nel giusto?! se il mondo fosse giusto non saremmo qui a disperarci.»

a cinque anni di distanza da misdirection (anche questo pubblicato per eris edizioni, ne ho parlato qui), lucia biagi torna sugli scaffali delle librerie con the cyan's anthem, un'opera letteralmente monumentale, un fumetto di 480 pagine in cui i tre colori primari - ciano, magenta e giallo - acquisiscono un'importanza centrale per la storia, legando indissolubilmente narrazione, disegno e colore.
ciano, magenta e giallo sono i colori in cui è diviso il mondo che lucia biagi racconta, un mondo diviso nettamente in razze, in classi sociali, un mondo in cui il colore di ognuno decreta il tipo di vita che ogni individuo potrà vivere, le scelte che potrà compiere, le sue aspirazioni, le sue possibilità.
un mondo in cui la divisione è netta e irrevocabile fin dalla nascita, un mondo in cui discriminazione e odio si celano dietro la facciata pulita di una società che si vuole definire civile ed evoluta ma che svela ciò che è realmente nelle periferie e negli intrighi politici.

liv, roman, becca, yari, emil e mina sono però solo ragazzini quando si conoscono e diventano amici. conoscono bene il mondo in cui vivono, fanno ogni giorno esperienza delle ingiustizie e della discriminazione camuffata sotto la maschera della sicurezza e dell'ordine pubblico, eppure i rapporti tra di loro superano tutto questo, il colore della loro pelle perde importanza davanti a tutto quello che riempie le loro esistenze di adolescenti: la voglia di rivalsa e quella di essere amati, il bisogno di vivere amicizie sincere e quello di riprendersi tutto quello che il mondo gli ha tolto, anzi, non gli ha mai concesso.
tra loro si instaurano legami e tensioni che tentano di superare ogni pregiudizio, di andare oltre l'ordine di cose che le generazioni prima di loro gli hanno lasciato in eredità.


la loro è una vita furiosa e spensierata, con yari che trascina tutti nella sua voglia di rivoluzionare ogni cosa, di dichiarare guerra a quel cosmo di regole ingiuste che lo vogliono sconfitto in partenza, che lo tollerano appena purché resti ai margini, non occupi troppo spazio, non dia troppo fastidio.
yari è come il sole, una stella attorno cui tutti gli altri orbitano, intrappolati dalla sua gravità: liv e mina, diversissime tra loro, entrambe in qualche modo innamorate di lui; roman che cerca di stare al passo ma non ha la sua stessa testarda coerenza; becca che è la sua sorellina minore, troppo piccola per seguirlo nelle sue scorribande e nei suoi progetti ed emil, che cede ogni velleità di protagonismo per farsi testimone di una storia che non sa neppure che sta per cominciare.

ed è nel modo più traumatico possibile che quella storia comincia, un'esplosione che sbalza tutti lontano dal proprio centro, dalle certezze, dalle idee, da quello che pensavano sarebbe stato il loro futuro.
esiste un prima e un dopo e quel dopo era inimmaginabile appena un attimo prima.
passano vent'anni in cui ognuno dei protagonisti fa la sua vita, si riallinea con le aspettative che la società ha per ciascuno, che sia blu, giallo o rosso. fino al giorno in cui roman convoca tutti e riapre una ferita che si era a mala pena rimarginata.
inizia da qui la storia, lucia biagi ci racconta tutto andando avanti e indietro nel tempo, lasciando che gli eventi stessi e i ricordi ci spieghino non soltanto cosa lega i personaggi principali ma come questi sono collegati a una realtà così vasta da essere per loro incontrollabile.


the cyan's anthem è un fumetto corale in cui ogni personaggio è sviluppato egregiamente, ognuno ha la sua storia ed è proiettato verso un futuro ben determinato e coerente.
persino chi, tra liv, roman, becca, yari, emil e mina, sembra più inconsistente dal punto di vista narrativo è costruito in modo da rispettare una certa logica, resta funzionale alla storia ed è verosimile come membro di quella società.
ma i personaggi e le loro storie non sono tutto.
il mondo a tre colori di the cyan's anthem è il riflesso del nostro molto più di quanto non sembri, una società discriminante e corrotta, in cui chi ha potere - o vuole ottenerlo - non si fa scrupoli per realizzare ogni proprio obiettivo, una società, proprio come la nostra, in cui la mobilità sociale - che qui è anche una questione razziale - è impensabile o è vista come un furto se non come un abominio, una società che non ci pensa su due volte prima di togliere tutto - anche gli spazi, anche il tempo - a chi non ha modo di tenere stretto ciò che gli apparterrebbe di diritto.

the cyan's anthem è una storia plurale di crescita, di lotta, a tratti di fallimento ma principalmente di riscatto. una storia in cui il fantastico si mette a disposizione del reale per spiegarlo al meglio, per mostrarci quello che siamo troppo abituati a vedere per riuscire a guardarlo.
leggendo questa storia, mi è sembrato che lucia biagi ci abbia messo dentro tutto quello che la nostra generazione ha visto o conosciuto più o meno direttamente, dal senso di perdita che è esploso con quella consapevolezza che ci ha calciati fuori dall'adolescenza al ritrovato, forse un po' troppo tardi, desiderio di rivalsa e di giustizia.