martedì 5 dicembre 2023

storie della tua vita ~ respiro

l'esistenza del libero arbitrio sta a significare che non possiamo conoscere il futuro. e sappiamo che il libero arbitrio esiste, perché ne abbiamo un'esperienza diretta. la volontà è una componente intrinseca della coscienza.
e se invece non lo fosse stata? se venendo a conoscenza del futuro una persona cambiasse? e se si risvegliasse in lei un senso di necessità, la sensazione che sia inevitabile agire esattamente come previsto?
(da storia della tua vita)

a ottobre 2022, mentre stravolgevo la mia vita nel modo più stupido possibile (ma, come mi ha insegnato a capire la mia psicologa, ingannarsi e farsi ingannare è più facile di quanto sembri e bisogna imparare a non farsene una colpa), finivo di leggere storie della tua vita e scrivevo (qui) così:
"non avevo mai letto nulla di ted chiang ed è stata una scoperta incredibile: i racconti spaziano tra generi, stili e tematiche diverse, in alcuni mi è sembrato di ritrovare un'eco della narrativa di borges. quello che rende questo libro così tanto bello e speciale è la capacità, in ogni racconto, di scavare in fondo, di andare oltre la narrazione (che è comunque di altissimo livello, sempre) e di riuscire ad arrivare a toccare corde che non smettono più di vibrare. speculative fiction nella sua accezione più letterale, tra le pagine di questa raccolta si ragiona di del legame tra pensiero e linguaggio (ciao worf), di fede, di mitologia, di scienze, di matematica, di intelligenza e di cultura: c'è tutto quello che ci rende umani e chiang sa ragionarci sopra con stile, grazia e intelligenza."

troppo poco per quello che è davvero questo libro, quindi adesso (qualche settimana fa, in realtà) che ho finito respiro, mi sembra necessario provare a restituire meglio alcune considerazione sulle storie di queste due raccolte.

storie della tua vita


gli otto racconti di questo volume sono usciti tra i primi anni '90 e i primi 2000, e fa strano pensare che sono passati più di trent'anni da allora.
non soltanto perché non riusciremo mai ad arrenderci alla nostra età anagrafica e continueremo a pensare di avere vent'anni per sempre - o almeno finché i corpi che abitiamo non ci ricorderanno che no, non è così - ma perché le storie di ted chiang sembrano senza tempo e potrebbero davvero essere state scritte pochi giorni fa.

- torre di babilonia
hillalum, un minatore dell'elam, viene chiamato a lavorare alla costruzione della torre della città di babilonia. il suo è il racconto di un'ascesa interminabile, nello spazio fisico come in quello spirituale. salendo, trasportando sempre più in alto i materiali per la costruzione, hillalum ci accompagna in un percorso quasi mistico in cui la scalata verso il cielo corrisponde a un avvicinamento alla conoscenza del creato. durante la lettura si ha la sensazione straniante di allontanarsi sempre più non soltanto dalla terra ma dal tempo che scorre su di essa per entrare nella dimensione del mito. dal mito, chiang mutua l'atemporalità ma non il linguaggio che resta sempre ancorato alle riflessioni e alle sensazioni del suo protagonista.
un primo impatto meraviglioso con la sua poetica.

- capisci
con questo racconto cambiamo nettamente atmosfera e possiamo parlare pienamente di fantascienza. il protagonista è un uomo che viene salvato da un incidente mortale e che viene sottoposto alla sperimentazione di un farmaco che permette di sanare i tessuti cerebrali. effetto collaterale di questo farmaco, però, è un aumento esponenziale e velocissimo dell'intelligenza, della memoria e delle capacità cognitive in generale. il nostro protagonista, in poco tempo, si ritrova insomma con un supercervello dalle capacità sovrumane.
ma è davvero un bene per gli esseri umani diventare così straordinariamente intelligenti, padronə della loro mente come del loro corpo? a quali scopi sarebbero consacrate capacità simili? e che valore assumerebbe la morale stessa se tuttə avessero doti di questo tipo? cosa significherebbe essere umanə con un cervello così sviluppato? le risposte di chiang non sembrano essere troppo positive.

- divisione per zero
siamo abituatə a pensare alla matematica come a una scienza esatta e sicura. ciò che è matematico è una certezza, qualcosa che non può essere in modo diverso da com'è, ovvero un sistema in cui ogni parte è coerente con le altre. renee ha amato la matematica per tutta la sua vita, anzi, la sua vita e il suo amore per la matematica sono andati avanti insieme, come due rette parallele che si incontrano all'infinito ma si tengono per mano durante il percorso. ma se, a un certo punto della sua vita e della sua carriera, le sue incredibili capacità deduttive la portassero a distruggere quello che ha sempre amato?
attraverso la storia di renee e carl - e della matematica - chiang punta i riflettori sulle certezze che mantengono in piedi il castello di carta delle nostre esistenze.

- storia della tua vita
ho amato moltissimo arrival, il film di denis villeneuve tratto da questo racconto ma la versione originale di chiang è ancora più affascinante, profonda e spiazzante di quanto non sia riuscito a essere il film. parlare di questo racconto non è facile perché il film che ne è stato tratto è così famoso che più o meno tuttə conoscono a grandi linee la storia. e in effetti il senso è lo stesso anche se, per ovvie ragioni, villeneuve ha dovuto semplificare di molto la trama. nel racconto, louise e gary discutono non soltanto di linguistica ma anche di fisica (e, ammetto, chiang è molto bravo a spiegare principi decisamente complessi per chi è completamente a digiuno della materia, da rendere tutto non solo comprensibile ma anche appassionante), così come il linguaggio degli eptapodi è molto più complesso di quanto non venga spiegato nel film, e ciò spiega meglio anche la concezione di tempo che deriva dall'imparare non semplicemente la loro lingua ma il loro modo di pensare.
storia della tua vita è un racconto di una bellezza incredibile in cui scienza, fantascienza e filosofia si intrecciano indissolubilmente alla storia di louise, raccontata da un punto di vista che si comprende pienamente solo alla fine. una storia che non prende in considerazione semplicemente il rapporto tra linguaggio, pensiero, percezione e coscienza ma che si interroga anche come il nostro modo di percepire/pensare il mondo si relazioni al concetto di libero arbitrio.

- settantadue lettere
forse la storia che soffre di più delle necessità editoriali perché, arrivando subito dopo un capolavoro come storia della tua vita, finisce per essere quasi dimenticata. o almeno, è quello che è successo a me. si cambia di nuovo registro e dalla scienza futuribile e dagli incontri con lə alienə si passa a un passato in cui scienza, alchimia e fede si fondono, per - spiega chiang - giocare con due elementi interessanti: non soltanto la creazione dei golem ma la creazione di golem capaci di padroneggiare il linguaggio e quindi di riprodursi o, comunque, di creare a loro volta altri golem; e la teoria della preformazione, ovvero l'idea che ogni individuo sia già formato nelle cellule germinali dei suoi genitori, idea superata, certamente, ma altrettanto certamente affascinante. nonostante tutto, il racconto non regge il confronto con gli altri, né per stile né per tematiche.

- l'evoluzione della scienza umana
una storia brevissima, appena quattro pagine, ambientata in un futuro in cui le frontiere della ricerca scientifica hanno di fatto oltrepassato la comprensione umana. qual è il ruolo dellə scienziatə in un mondo così? cosa resta della capacità umana di porsi problemi e trovare le soluzioni per risolverli, cosa rimane della conoscenza e della cultura stessa? il rimando al secondo racconto della raccolta, capisci, è esplicito e tutto il racconto si può interpretare come un breve prequel della storia precedente.

- l'inferno è l'assenza di dio
qui chiang vira dalla fantascienza al fantastico puro, immaginando un mondo in cui le epifanie angeliche sono una realtà non troppo rara nella quotidianità ma si presentano sotto forme di catastrofi naturali che portano, necessariamente, alla morte di numerosə fedeli a ogni apparizione. in questo mondo, quindi, l'esistenza di dio e di una dimensione sovrannaturale, di paradiso e inferno eccetera è assolutamente assodata e certa. difficile essere ateə dunque ma dare per certa l'esistenza di dio non vuol dire amarlo e, dunque, non è sufficiente a scampare le fiamme dell'inferno. neil fisk è un uomo che perde sua moglie proprio in un'epifania angelica e, distrutto dal dolore, deve compiere un viaggio interiore, e non solo, per imparare a provare vero e sincero amore per dio nonostante tutto, così da non rimanere tra lə dannatə in eterno dopo la sua morte.
chiang racconta di essersi ispirato alla bibbia e, in particolare, alla vicenda di giobbe e, in effetti, quello che capita a neil fisk sembra essere anche peggiore di ciò che ha patito il patriarca del mito. in entrambi i casi, tocca ammettere - anche a costo di peccare di blasfemia - che l'immagine di dio non ne esce molto pulita.

- amare ciò che si vede: un documentario
questo è uno dei miei racconti preferiti di questa raccolta che, sotto la cornice futuristica-fantascientifica, pone l'accento sul rapporto insano che abbiamo con l'estetica dei corpi e il conseguente rifiuto e marginalizzazione sociale dei corpi considerati non conformi.
la storia è strutturata come una serie di dichiarazioni di diversə personaggə che raccontano le loro esperienze, i loro dubbi e le loro riflessioni sulla calliagnosia. l'agnosia è un disturbo percettivo che impedisce a chi ne è colpito di riconoscere oggetti e, soprattutto, i volti delle altre persone. la calliagnosia - nel racconto di chiang - viene descritta come una agnosia non appercettiva ma associativa, ovvero, permette sì di distinguere chiaramente i volti e i corpi uno dall'altro, ma non consente di giudicarli da un punto di vista estetico, cioè azzera le risposte emotive ai tratti somatici dell'altrə, con lo scopo di focalizzare ogni tipo di relazione esclusivamente sull'interiorità delle persone e non sul loro aspetto. ovviamente non si tratta di un disturbo neurologico spontaneo ma di un adattamento artificiale a cui lə personaggə non possono sottrarsi prima del raggiungimento della maggiore età.
come ogni volta che una buona pratica viene adottata non sulla base di una consapevolezza volontariamente acquisita e maturata nel tempo ma imposta e artificiosamente messa in atto, i risultati sono sempre meno positivi di quanto non ci si aspetterebbe...

respiro


altri sette racconti che riprendono tematiche, atmosfere e riflessioni già presenti nella prima raccolta, anche questa assolutamente consigliata.

- il mercante e il portale dell'alchimista
il mio preferito di questa raccolta, un racconto tutto incentrato sui viaggi nel tempo la cui ambientazione - baghdad, alla corte del califfo - e lo stile mi ha fatto pensare un po' a borges, un po' a calvino e alle sue città invisibili. un mercante racconta al califfo un'avventura capitatagli qualche tempo prima, l'incontro con un alchimista che era riuscito a costruire dei portali che permettevano di viaggiare nel tempo. le storie si incastrano come scatole cinesi: quella del mercante che parla al califfo e che riporta, a sua volta, le storie che gli sono state raccontate dall'alchimista, storie che parlano di viaggi nel tempo di altre persone che, per un motivo o per un altro, volevano tornare indietro per cambiare qualcosa nella loro vita. il passato però, nonostante la possibilità di ritornarvici, è sempre immutabile, perché da qualsiasi presente si provenga, quel presente sarà il futuro di quel passato in cui si è intervenutə per modificarlo. ma, se pure nulla può essere diverso da quello che è stato, viaggiare nel tempo può farci scoprire qualcosa che non sapevamo, su noi stessə e su chi vive la sua vita legandola alla nostra.

- respiro
altro racconto mindblowing che ho adorato, un viaggio incredibile all'interno del corpo stesso del protagonista, una creatura artificiale che scopre i misteri della struttura del suo cervello. difficile dire di più senza fare spoiler, leggetelo!

- cosa ci si aspetta da noi
racconto velocissimo tutto incentrato su un tema che, a quanto pare, è molto caro a ted chiang, ossia quello del libero arbitrio. anche qui, tutto si gioca sul paradosso, anche qui tutto è una delizia per la mente.

- il ciclo di vita degli oggetti software
questo è forse il solo racconto che mi ha davvero annoiata tra tutti quelli delle due raccolte, lunghissimo e molto meno brillante degli altri, si concentra tutto sull'esistenza di digienti - creature digitali senzienti - e del rapporto tra loro e gli esseri umani che li sviluppano. trovo molto poco da dire se non che, tra tutti, è l'unico che mi ha un po' delusa.

- il brevetto della tata automatica di dacey
altra storia un po' sotto la media ma almeno molto breve e davvero cattiva. ambientata tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento, immagina uno scienziato capace di usare il suo stesso figlio come cavia per i suoi esperimenti sulla crescita e l'educazione dellə bambinə.

- la verità del fatto, la verità della sensazione
qui si ritorna al ted chiang che mi piace, una storia bellissima che parla dei legami tra un padre e una figlia, della memoria e della sua fallacia, del suo non essere neanche lontanamente perfetta che è un po' quello che ci caratterizza come esseri umani: le persone sono fatte di storie. i nostri ricordi non sono un ammasso indistinto di tutti i secondi che abbiamo vissuto, sono la narrazione che abbiamo elaborato selezionando determinati momenti ed assemblandoli.

- il grande silenzio
questo racconto è molto diverso da tutti gli altri delle due raccolte ma è forse tra i più belli. la voce narrante è una sorta di portavoce dei pappagalli cenerini, una specie ormai in estinzione per colpa degli esseri umani, quegli stessi esseri umani che cercano forme di vita intelligenti nell'universo ma ignorano quelle presenti sul loro stesso pianeta, al punto di distruggerle. davvero molto, molto bello e toccante, la prova che la letteratura fantastica sa guardare al nostro presente e raccontarne la realtà e le sue contraddizioni.

- omphalos
se avessimo le prove, scientifiche e tangibili, che il mondo è stato creato in un certo, preciso momento, già compiuto e completo, quale sarebbe il nostro rapporto con dio? e cosa sarebbe la scienza? dove si situerebbe il confine tra fede e razionalità?

- l'angoscia è la vertigine della libertà
l'ultimo racconto di questa raccolta è quasi un thriller, ambientato in un mondo in cui dei congegni - dei prismi - permettono di entrare in contatto con i nostri sé di universi alternativi, per poter scoprire cosa saremmo se, a ogni bivio nella nostra vita, avessimo scelto l'altra strada. la capacità di conoscere le alternative però, genera ansie, insicurezze, senso di insoddisfazione e c'è chi, ovviamente, cerca di trarne profitto...

alcune note: entrambi i libri sono disponibili in edizione economica, e in entrambi, alla fine, è presente una sezione di note ai racconti molto interessante, scritte dallo stesso chiang.
sono straconsigliatissimi, anche a chi di solito non legge fantascienza/fantastico perché chiang scrive proprio bene, a prescindere da cosa scrive. oltretutto, se siete tra quellə ancora convintə che il fantastico sia solo evasione fine a sé stessa, avrete modo di ricredervi e, magari, scoprire un genere che non ha nulla da invidiare alla cosiddetta "letteratura alta".

se li avete letti (o se li leggerete) fatemi sapere cosa ne pensate!

domenica 3 dicembre 2023

flow

tutta la materia oscilla, costantemente, in modo leggero. tutto è instabile. a volte l'equilibrio si rompe e la materia cambia forma. questo è un mondo instabile e misterioso.
nessuno sa cosa succederà in futuro.


hirota è un operatore per lo smaltimento dei flow, fenomeni causati dall'instabilità della materia e dall'incontro tra le sostanze oscillanti e i desideri della gente che causano trasformazioni imprevedibili della realtà. ad aiutarlo c'è chima-chan, una donna di trentacinque anni che - proprio a causa di un flow - si ritrova ad avere l'aspetto di una dodicenne. ma il vero capo della squadra è presidente, un grosso, pigro gattone bianco che sfrutta l'abilità innata dei felini per riconoscere i flow e aiutare i due bipedi a trovare la soluzione giusta per riportare tutto alla normalità.

flow, la miniserie di yuki urushibara, che era già arrivata anni fa sugli scaffali italiani con mushishi e underwater, opere dai toni meno scanzonati, è strutturata a episodi più o meno autoconclusivi anche se le storie di chima e hirota - anche queste collegate ai flow - fanno da filo conduttore per tutti e tre i volumi, e mantengono alta l'attenzione dellə lettorə fino alla fine.

i flow possono essere di natura e intensità differente: la sensazione di smarrimento di uno studente incapace di prendere una scelta importante può dar vita a nuove strade così come lo stress di una ragazza che cerca di mostrarsi sempre perfettamente in ordine può smussare gli angoli delle cose, dai più piccoli oggetti fino agli spigoli delle strade, trasformando la realtà in un caos morbido e confortevole (ma non per tuttə!), o il desiderio di posare gli occhi su uno scenario montano può spostare letteralmente un intero appartamento.

questi fenomeni non sembrano mai essere troppo pericolosi e così la leggerezza di hirota nell'affrontarli non diventa mai una vera fonte di guai. l'eccessiva serenità con cui il ragazzo affronta i casi, però, spesso mette a dura prova chima, abituata com'era a dedicarsi anima e corpo al lavoro prima di cambiare il suo aspetto e dover abbandonare la sua carriera.

flow è una miniserie carina i cui punti forti sono la delicata e spensierata poetica che caratterizza tutte le storie (sarebbe bello se tutti i desideri fossero così innocenti da causare appena qualche piccolo scompiglio nella serena quotidianità della cittadina raccontata da urushibara) e i disegni semplici ed espressivi, ricchi di dettagli soprattutto nelle ambientazioni, capaci di trascinare lə lettorə in un giappone di provincia in cui il tempo sembra sospeso e i problemi poco più che scherzetti da trickster dispettosə.

personalmente mi è piaciuta un sacco, è esattamente il mio genere di fumetto - ovvero qualcosa a metà tra lo slice of life e il fantastico, in più c'è un gattone - però è difficile, anzi, impossibile descriverla come un must o un capolavoro e certo il formato (e di conseguenza il prezzo!) dei volumi non aiuta lə lettorə ad avvicinarsi a un titolo simile. l'unica pecca è, secondo me, proprio il trattamento ricevuto da dynit: creare un'edizione troppo lussuosa e cara (circa o più del doppio della media dei volumetti attualmente in commercio, decisamente troppo per qualcosa che dovrebbe essere "pop") per un manga carino ma non imperdibile significa perdere una buona fetta di possibili lettorə che avrebbero magari potuto avvicinarsi a un titolo come questo, già abbastanza di nicchia, se il prezzo fosse stato più popolare.

continuo a sostenere che una politica editoriale simile allontani la massa dellə lettorə da opere che non siano i soliti battle shounen o gli stravisti shoujo scolastici, alimentando il pregiudizio verso le serie commerciali e lə suə estimatorə. molto spesso il gusto personale e la voglia di uscire dalla propria confort zone, di scoprire generi e titoli diversi dal solito, finiscono per piegarsi a questo tipo di logiche di mercato che, anziché allargare il proprio pubblico di riferimento, puntano su un target necessariamente troppo ristretto anche se, magari, fidelizzato.
probabilmente la mia sarà una speranza a vuoto ma mi auguro che prima o poi dynit ripensi la sua politica di prezzi/formato rendendo accessibili i suoi titoli - spesso molto interessanti - a tuttə lə appassionatə.

venerdì 24 novembre 2023

yokohama kaidashi kikou - vol. 1

the other day, you shocked me. you showed me that my heart could take flight, and I didn't need to do it in a human way. it seems I had still been trying to imitate people better.
now I've started to wonder... just what we're made of. I've come to think being a robot as just another quirk.

togliamoci subito il dente, così non ci pensiamo più: aspettavo una traduzione italiana di yokohama kaidashi kikou più o meno da quando ho iniziato a girellare su internet e ad appassionarmi di manga, cioè tipo dal 2003/2004. più o meno vent'anni di attesa fino all'annuncio da parte di una delle case editrici che apprezzo di meno (per colpa non soltanto dei ritardi stratosferici nelle pubblicazioni ma anche per le traduzioni incomprensibili, come ad esempio quella degli ultimi volumi di himitsu, di cui sinceramente non c'ho capito nulla).
quindi, visto che nel frattempo una casa editrice americana, la seven seas lo stava pubblicando in un'edizione stratosferica, una omnibus che raccoglierà tutta la serie in cinque volumoni di 450 pagine - di cui molte a colori come nell'edizione originale - circa ciascuno, mi sono buttata senza alcun rimorso su quella (così ne approfitto anche per restaurare la mia autostima in merito alla mia capacità di leggere in inglese. se vi interessa, qui trovate tutte le informazioni).

la pubblicazione di yokohama kaidashi kikou (che si traduce più o meno come un giro di shopping a yokohama, non c'è nessun blog) è iniziata nel 1994 su afternoon, una delle più famose riviste di manga seinen giapponesi e si è conclusa nel 2006, e nel frattempo è stata adattata in due serie di oav di due episodi ciascuna tra la fine degli anni '90 e i primi duemila.
yokohama kaidashi kikou si potrebbe collocare a metà strada tra il genere post-apocalittico (o da apocalisse in corso, per essere più precisə e lo slice of life: ambientato in un futuro non troppo lontano nel tempo ma non meglio precisato, ci mostra un mondo in cui i cambiamenti climatici e i disastri ambientali hanno fatto innalzare drasticamente il livello del mare, divorando città intere sulla costa come, appunto, quella di yokohama. il numero degli esseri umani è calato notevolmente e ora la gente vive in piccole, modeste comunità anche molto distanti tra loro, mentre la tecnologia è molto più avanzata di quella che conosciamo, e la presenza di robot fisicamente uguali agli esseri umani è perfettamente assodata.

una di queste è alpha, la protagonista della storia. qualche anno prima dell'inizio della storia, il suo creatore è partito per un viaggio e l'ha lasciata nella penisola di miura dove alpha decide di aprire un piccolo caffè. alpha è curiosa e innamorata del mondo in cui vive, dei suoi paesaggi e delle persone che lo abitano e spesso, con la sua macchina fotografica e il suo motorino, va in giro a collezionare memorie e ricordi, accompagnandoci alla scoperta delle piccole ma preziose schegge di bellezza e malinconia che riesce a scovare in giro.
a distinguere alpha dagli altri esseri umani è solo il colore verde dei suoi capelli, eppure la consapevolezza di essere un robot la fa sentire diversa e, al contempo, incuriosita e affascinata da ciò che rende gli esseri umani davvero umani.
insieme a lei, gli altri personaggi che animano i paesaggi di questo giappone costiero e quasi deserto sono il giovane takahiro, affezionatissimo ad alpha, e suo nonno, che tratta alpha un po' come se fosse anche lei sua nipote. c'è poi la strana creatura umanoide, dalle fattezze di una ragazza agile e forte come una bestia selvatica, che solo in pochə riescono a vedere e che, a suo modo, è molto affezionata a takahiro. c'è poi kokone, il primo robot che alpha incontra, una ragazza che lavora come corriere e che diventerà presto amica di alpha.

la storia va avanti lentamente, ogni capitolo è quasi una storia a sé, un frammento di quotidianità in cui, nella malinconia di un mondo che muore lentamente, chi è rimastə si sforza di cogliere ogni lampo di bellezza, di gioia e di stupore per poterlo conservare nella sua memoria.
l'apocalisse di hitoshi ashinano procede lenta e senza brusche accelerazioni e l'atmosfera è quella tutta squisitamente giapponese in cui malinconia e contemplazione della bellezza si uniscono insieme, regalando un'emozione unica che è impossibile esprimere con una sola parola ma che evoca immediatamente l'immagine di un albero di ciliegio da cui cadono leggeri i petali.

quale che sia l'edizione che scegliate, vi consiglio tantissimo di recuperare questo titolo

giovedì 23 novembre 2023

demon slayer - another story

«devi accogliere le fiamme nel tuo cuore, quelle fiamme che inceneriscono i demoni malvagi e illuminano gentilmente gli umani. devi accogliere nel tuo cuore fiamme come quelle del sole»

demon slayer è una di quelle serie per cui provo sempre un po' di nostalgia, una di quelle che vorrei non finissero mai, che continuasse a raccontarmi la vita dellə suə personaggə ancora e ancora e ancora.
ovviamente, quindi, non potevo perdermi questo spin-off - demon slayer - another story - che racconta la storia di due dei miei personaggi preferiti della serie, giyu tomioka, la colonna dell'acqua, e sopratutto kyojuro rengoku, la colonna del fuoco.
si tratta, in realtà, di una sorta di fanfiction ufficiale scritta e disegnata da ryoji hirano, ispirata dall'opera principale di koyoharu gotouge che ha supervisionato la stesura delle storie di questo volumetto dando, quando necessario, i suoi suggerimenti sullo sviluppo delle trame e dellə personaggə.
il risultato è molto buono (l'unica parte del volume che non mi è piaciuta molto è quella finale, in cui sono raccolte alcune brevi strisce comiche che riprendono i fatti della storia originale), sicuramente apprezzabilissimo dallə fan di demon slayer.

la prima storia è dedicata a tomioka, inviato in un piccolo villaggio del nord per indagare sullo sterminio di una famiglia. qui incontra shinobu, in viaggio per raccogliere erbe medicinali, che si rivelerà un valido aiuto per le sue ricerche. nel villaggio, intanto, lə abitanti danno la colpa della tragedia a un orso selvatico ma il comportamento di yae, l'unica sopravvissuta della famiglia e unica erede dei matagi (i cacciatori - tutti uomini con la sola eccezione di yae - di orsi e cervi durante la stagione invernale), lascia presagire che la verità sia un'altra e che la ragazza sappia più di quanto non voglia ammettere...

il secondo racconto ruota intorno a rengoku, alla sua amicizia con kanroji e allo scontro con una delle lune demoniache, la prova che gli permette di diventare una colonna della squadra ammazzademoni. rivedere rengoku, ritrovare il suo carattere solare e determinato, scoprire di più sul suo passato è stato enormemente emozionante e, se nella prima storia si sentiva l'influenza dell'incontro con tanjiro su tomioka, qui i brevi flashforward di quello che sarà poi nello scontro raccontato nel capitolo del treno mugen strappano inevitabilmente qualche lacrimuccia allə lettorə.

in sintesi, demon slayer - another story è un volumetto molto carino che strizza più di una volta l'occhio ai fan dell'opera di gotouge e che regala qualche momento in più in compagnia di due dellə personaggə forse più amati della serie.

domenica 19 novembre 2023

ogni mattina a jenin

in un tempo lontano, prima che la storia marciasse per le colline e annientasse presente e futuro, prima che il vento afferrasse la terra per un angolo e le scrollasse via nome e identità, prima della nascita di amal, un paesino a est di haifa viveva tranquillo di fichi e olive, di frontiere aperte e sole.

in questo periodo sto seguendo con tutta l'attenzione possibile quanto sta succedendo in palestina e nei territori occupati (chi mi segue su instagram lo sa bene) e, nello stesso tempo, ho cercato consigli di lettura, di narrativa e saggistica, sull'argomento. sì, anche narrativa, perché credo moltissimo nella forza dei racconti, delle narrazioni che facciamo degli eventi. ogni mattina a jenin è, da questo punto di vista, un romanzo dalla forza straordinaria.
è proprio nella dimensione personale del racconto di vita che, secondo me, si riesce a cogliere quello che nessun libro di storia, nessuna cronaca né, tantomeno, nessuna sfilza di numeri e statistiche potranno restituire, e cioè la dimensione umana di tragedie come quella che affligge lə palestinesə dal 1948.

il romanzo si apre con una scena drammatica: è il 2002 a jenin, siamo negli anni della seconda intifada, e la nostra protagonista, amal, ha lo sguardo fisso negli occhi del soldato israeliano che le sta puntando un fucile alla fronte. non ha paura di morire, sa che non è questo il suo momento, eppure il momento è così intenso che la memoria la porta indietro, lontano nel tempo, a un mondo che è scomparso prima che lei nascesse.

da qui ci spostiamo più di sessant'anni nel passato, nel 1941, in un piccolo villaggio, 'ain hod, vicino ad haifa, dove il tempo è scandito dalla preghiera e dalla raccolta delle olive - quegli uliveti che sono simbolo della palestina stessa e del legame dellə palestinesə con la loro terra. 
conosciamo così yehya e sua moglie bassima, che saranno lə nonnə di amal, mentre si preparano alla raccolta, in un'atmosfera di festa e serenità che neppure gli screzi scherzosi con il vicinato riescono a smorzare. insieme a loro, ci sono hassan e darwish, i loro figli, rispettivamente il futuro padre e zio di amal, ancora giovanissimi, pieni di vita e di speranze per il futuro. il rapporto con lə ebreə, fuggitə dall'europa per scappare alle persecuzioni naziste, sembra idilliaco e si riassume nell'amicizia tra hassan e ari, un ragazzino che porta nella gamba offesa e nell'andatura zoppicante il ricordo delle violenze sopportate in germania.
a completare questo primo quadro, arriverà presto dalia, una ragazza beduina tanto bella quanto testarda e ribelle. riuscirà a rubare il cavallo di darwish e il cuore di entrambi i fratelli ma, alla fine, sposerà hassan. poco dopo quel matrimonio cambia tutto: lə sionistə invadono città e villaggi con il loro esercito messo insieme in fretta ma con enorme efficienza, mentre il mondo si accorda per riconoscere la legittimità della creazione di un nuovo stato in quelle terre che da generazioni e generazioni erano appartenute allə palestinesə, lasciando lə abitantə alla mercé delle aggressioni.

nelle prime, poche pagine, susan abulhawa consensa la storia delle radici di amal e, allo stesso tempo, dipinge una palestina libera e ricca di tradizioni che non sa ancora di correre verso la catastrofe fino a che non si presenta all'improvviso, rivelandosi attraverso le facce di soldati che feriscono, uccidono, distruggono. e rapiscono.
perché lì dove ci sono coppie benedette dall'arrivo di figliə tanto desideratə, ce ne sono altre, come moshe e jolanta, che pregano invano per anni e anni, finché la guerra e la sopraffazione, finché l'idea di essere in diritto di prendere quello che si vuole, qualunque cosa sia, senza pagarne le conseguenze, non aprono uno spiraglio terribificante alla risoluzione di tutti i loro problemi, stravolgendo del tutto e per sempre la famiglia hassan e dalia.

la storia della famiglia di amal e dei suoi fratelli yussuf e isma'il, si intreccia con quella della palestina intera: l'esilio e la perdita della propria terra coincidono con una perdita della propria identità, della parte più profonda del proprio essere. dalla guerra del 1948 tutto cambia repentinamente, ma di quel passato lontano e perduto ad amal restano soltanto i ricordi conservati nelle pieghe dei racconti e degli volti anziani che guardano dove lei non ha fatto in tempo a posare il suo sguardo. da quel momento, ai paesaggi tranquilli e familiari di 'ain hod si sostituiscono quelli del campo profughi di jenin, fatti di strade strette e muri che sorgono come una condanna all'immobilità, all'impossibilità del ritorno, fatti di check-point e di fucili spianati dei militari israeliani che controllano, picchiano, abusano, in un continuo tentativo - mai realmente realizzato - di estirpare dallə palestinesə ogni traccia di umanità, di forza e di speranza.

la storia di amal si sposta tra jenin e l'america e, allo stesso modo, il suo desiderio di aggrapparsi alle radici si alterna al bisogno di una vita più semplice, una vita senza esili, senza mortə da piangere e senza timore di aggiungere ogni giorno nomi a quella lista. una vita che non sia segnata dalle cronache dei giornali, un'identità facile da portarsi addosso come quella di chiunque altrə, un'esistenza che non parli di storia, di politica, di accuse e di commiserazione.
la sua storia è anche una storia di legami familiari e materni: il difficile rapporto con dalia, la madre distrutta dalla perdita che diventa incapace di manifestare amore, si riflette nella relazione tra amal e sua figlia sara. come si può essere felici e amare ancora quando tutto alle nostre spalle è sangue e dolore e rovine e perdita? la sofferenza diventa una prigione per i sentimenti di amal, una gabbia le cui sbarre dovranno essere spezzate poco alla volta fino a lasciare libere le parole e i gesti d'affetto, per non rivivere con sara quello che, da bambina, è stato con dalia.

susan abulhawa non perdona lo stato di israele per le sue atrocità, non giustifica lə nemicə del suo popolo. se pure c'è comprensione per jolanta e moshe, le loro azioni non vengono perdonate. e l'unico percorso di redenzione all'interno della storia è compiuto più in virtù dei legami di sangue, di una sorta di destino ineluttabile, che non per una qualche idea di giustizia.

ogni mattina a jenin racconta la storia di una donna, la storia della sua famiglia e della sua terra, racconta la storia di quella che è forse la più crudele di tutte le ingiustizie o forse solo quella più recente, in cui - da occidentalə - ci sentiamo inevitabilmente invischiatə.
yehya e bassima, hassan, darwish e dalia, amal, yussef e isma'il e poi ancora fatima e filastin, huda e majid e tuttə lə personaggə che animano le pagine di questo romanzo lə rivediamo in questi giorni nei video e nelle foto che circolano a centinaia sui social, immagini strazianti di una sofferenza neppure lontanamente immaginabile che ci lasciano senza parole, che scavano un buco al centro del petto dal quale scivolano via fiducia e speranza. perché un mondo che permette tutto questo, che appoggia tutto questo, che arriva a negare l'evidenza per preservare i suoi interessi più biechi, è un mondo nel quale non si può più credere.
e in un mondo così ci possiamo salvare solo se salviamo l'umanità, la nostra e quella dellə altrə, solo se impariamo a raccontare le storie, la storia, quella dei manuali e delle cronache, con le parole giuste. susan abulhawa ci riesce benissimo, leggete questo libro.

mercoledì 15 novembre 2023

antropologia dei social media

l'introduzione e la diffusione di un nuovo strumento di comunicazione sono sempre state accompagnate da un importante dibattito: è avvenuto per l'introduzione della scrittura nelle culture orali, per l'invenzione della stampa a caratteri mobili nel quattrocento, poi con l'avvento dei nuovi mezzi di comunicazione di massa nel novecento e oggi con la diffusione dei cosiddetti new media.

siamo creature incredibilmente incoerenti, al punto tale da definirci come la specie che più di ogni altra è votata al progresso, che - anzi - si definisce proprio per le sue capacità di progredire e svilupparsi in ogni ambito del sapere, ma che contemporaneamente non fa che vedere in ogni manifestazione di questo andare avanti un pericolo tale da portare alla dissoluzione stessa della nostra umanità.

come spiegano bene biscaldi e matera, solo nell'ambito della comunicazione questa cosa è successa praticamente ogni volta che una nuova tecnologia ha fatto il suo ingresso sul palcoscenico della storia: così la scrittura è stata accusata di distruggere le capacità mnemoniche della gente e di disumanizzare la conoscenza; la stampa venne vista, soprattutto dalla chiesa, come una minaccia nei confronti delle persone poco acculturate che venivano per la prima volta a contatto con il sapere e che quindi dovevano essere protette (ovvero, a cui doveva essere negato l'accesso alla lettura); i media ormai tradizionali come tv e radio sono stati accusati di far perdere la necessaria riflessività e coerenza dei testi scritti, proponendo una comunicazione incoerente che mina la capacità di concentrazione del ricevente e, per di più, sono stati visti come distrattori e distruttori dell'unità familiare, capaci di scoraggiare la coesione dei gruppi a vantaggio di un interesse unidirezionale verso le macchine e, infine, come unica (o quantomeno principale) causa di globalizzazione culturale e assottigliamento sui valori occidentali da parte di tutto il mondo. critiche che si sono ingigantite a dismisura poi con l'avvento di internet prima e dei social media poi.

sarebbe da sottolineare anche come ogni dibattito di questo tipo, soprattutto nel nostro moderno e illuminato paese, si ponga puntualmente come una guerra generazionale in cui, da un lato, i vecchi saggi (il maschile è voluto) avvertono lə giovanə dei rischi che corrono e dall'altro - per fortuna - lə giovanə in questione se ne fregano allegramente della miopia di chi pretende di rimanere ancorato a un presente che si rifiutano di riconoscere come ormai trapassato (considerazioni mie che non troverete nel libro, lo dico in difesa delllə autorə e della loro professionalità).

antropologia dei social media parte proprio dalle critiche mosse agli strumenti forse più usati e diffusi al mondo negli ultimi anni per decostruire alcune idee pregiudizievoli nei loro confronti e mostrarne aspetti che spesso, probabilmente, non teniamo troppo in considerazione, ovvero i social network.
come qualsiasi altro media, il loro utilizzo non sostituisce mai completamente le vecchie tecnologie ma si intreccia a queste - pensiamo, ad esempio, all'abitudine di commentare online programmi televisivi molto seguiti o di utilizzare i social per parlare di altri strumenti di comunicazione ben più antichi, i libri (cosa che facciamo parecchio da queste parti). allo stesso modo, il linguaggio proprio dei social si affianca a quello proprio di altri mezzi comunicativi e di altri registri, arricchendo - e non impoverendo - le nostre possibilità espressive e, se da un lato si perde una certa soggezione alla norma, dall'altro va riconosciuto che la scrittura diventa pratica giornaliera per molte più persone di quanto non lo fosse prima, con tutti i pro e i contro che questo comporta.

un aspetto fondamentale, a mio avviso, della riflessione sui social media è racchiuso nella frase
è importante spostare la nostra attenzione da !cosa i media fanno alle persone" a "cosa le persone fanno con i media"
spostando il focus dalla deresponsabilizzazione con cui additiamo i social per ogni problema alla ricerca delle vere cause dell'impoverimento culturale, lessicale e comunicativo che di solito imputiamo all'uso della rete (forse, e dico forse, potremmo dare un'occhiata ai programmi scolastici?). inoltre, i social media non costituiscono una realtà nettamente separata da quella del mondo fisico ma sono una parte fondamentale della nostra esperienza che si interseca continuamente con ogni altra nostra azione. di conseguenza, anche le accuse di globalizzazione del pensiero devono cambiare obiettivo: se consideriamo i social come parte della nostra vita quotidiana, inevitabilmente dobbiamo tenere in conto quanto le nostre abitudini, i nostri stili di vita, le nostre ideologie, eccetera influiscono sul modo in cui viviamo negli spazi sociali digitali, rendendoci conto, come dicono lə autorə, che l'uso dei social, i contenuti che creiamo e di cui usufruiamo, cambia al cambiare del contesto in cui vengono utilizzati, perché diversi sono i modi in cui li utilizziamo, i bisogni che ci portano a usarli e gli obiettivi a cui miriamo, siano questi la necessità di essere costantemente connesso con lə altrə, quella di informarsi o di mantenere contatti con conoscenti e familiari lontanə, eccetera.

anche le critiche sulla spinta che i social darebbero ad esasperare il nostro individualismo e ad impoverire la nostra capacità di pensiero critico possono essere facilmente smontate se osserviamo con attenzione l'uso che si fa dei social: se è vero che da un lato questi aspetti esistono, è anche vero che i social network permettono di fare rete, ampliare o rinforzare i legami che le distanze fisiche renderebbero impossibili da creare o da mantenere nel tempo, tenendo in considerazione che
i social media sono sociali. questo significa che tutto ciò che le persone fanno online sempre e comunque si intreccia, deriva, rimanda a quello che fanno offline e viceversa
e che consentono di entrare a contatto con informazioni che altrimenti non sarebbero così ampiamente disponibili a tuttə. tutto questo contribuisce a creare la nostra identità, un'identità che si basa sulle esperienze e le conoscenze tutte, a prescindere dall'ambiente in cui si verificano: il nostro stesso essere politico è intrecciato con la comunicazione digitale, basti pensare all'attivismo digitale o al ruolo che i social hanno avuto, ad esempio, come ricordano lə autorə, durante il periodo della primavera araba, o anche oggi, dove i social sono l'unico spazio in cui è possibile riuscire a informarsi da fonti dirette sul genocidio in corso in palestina.

l'idea di fondo è, quindi, infinitamente semplice ma non altrettanto scontata: come ogni tecnologia, i social media vanno indagati da un punto di vista scientifico e scevro da facili pregiudizi, tenendone in considerazione la complessità anche da un punto di vista antropologico e sociale.

lunedì 6 novembre 2023

the witch's heart - la leggenda di angrboda

"molto tempo fa, agli albori di asgard, quando gli dèi erano giovani, una strega arrivò dai confini del mondo."

angrboda - foriera di sventure - è il nome che si è scelta, rilegando nel suo immeritato passato il nome di gullveig - assetata d'oro - che odino le aveva ingiustamente imposto. ed è da odino che arrivano le sventure che angrboda porta con sé, dal suo ostinato desiderio di impadronirsi del potere della strega, della capacità di raggiungere quel luogo oscuro e misterioso in cui è possibile conoscere il futuro, fino alla fine degli dèi e dei nove mondi. tre volte, per colpa di odino e della sua prepotenza, angrboda è bruciata sulla pira, tre volte, grazie alla sua saggezza e al suo potere, ha salvato sé stessa.

la storia di the witch's heart inizia quando, di solito, le storie delle streghe finiscono.
sopravvissuta al suo terzo rogo, (quella che presto sarà) angrboda raggiunge la foresta di ferro, ai confini della terra dei giganti, jotunheim. qui, ai confini del mondo, in fuga dal padre degli dei, la trova loki, fratello di odino e dio degli inganni, giunto a restituirle il cuore che era rimasto sulla pira.
l'incontro con loki - che la spingerà a scegliersi un nome - e poi quello con skadi, una gigantessa anche lei come angrboda ed esperta cacciatrice, trascineranno la strega della foresta di ferro ad avere un ruolo fondamentale nel ragnarök, il crepuscolo degli dèi, la fine dei mondi.

ancora ignara di tutto però, angrboda decide di stabilirsi nella foresta e fin da subito la presenza di skadi è fondamentale per lei: la cacciatrice l'aiuta a costruire un rifugio all'interno di una grotta, a procurarsi il cibo e a commerciare le sue pozioni, che nel giro di poco tempo diventano sempre più famose e richieste. i primi anni trascorrono così, alternando la compagnia dell'amica con quella di loki.
se l'amicizia con skadi sboccia in uno scambio di poche battute, il rapporto con il dio degli inganni segue un percorso tortuoso e lento, scandito dal ritmo indecifrabile delle sue visite che lo vedono ogni volta malconcio, punito dagli dèi per uno dei suoi non troppo apprezzati scherzi. nonostante le ferite, le trasformazioni e le umiliazioni che è costretto a subire, loki non riesce a cambiare la sua natura e la caverna di angrboda diventa presto così il suo unico rifugio. la loro amicizia, presto, si trasforma in desiderio e amore, un amore che segna il punto di non ritorno del destino di angrboda e di tutta la realtà.

mentre una presenza oscura la perseguita nel mondo del sogno, forzandola a rivelare il suo potere e a scoprire il più lontano dei futuri, angrboda dà alla luce la piccola hel, strappandola con la sola forza della sua volontà e della sua magia alla morte che insegue la bambina ancor prima della sua nascita. hel cresce, nonostante la metà inferiore del suo corpo sia irrimediabilmente morta e abbia bisogno delle pozioni della madre per non decomporsi, e fa innamorare di sé il padre - che intanto, ad asgard, ha sposato un'altra donna. nonostante il dolore per il senso di tradimento, agrboda continua ad accogliere loki nella sua caverna, dando vita a fenrir, un cucciolo di lupo con gli stessi occhi di loki, e a jormungand, un serpente che ama il tepore e la dolcezza del corpo di sua madre.
scivolando sempre di più nell'oscurità dei sogni e dell'inconoscibile, angrboda riesce a vedere il futuro dellə figliə, degli dèi e della realtà tutta, un destino già conoscibile, scritto e immutabile al quale, crede, è inutile opporsi. vede fenrir diventare così grande da poter racchiudere cielo e terra tra le sue fauci, e jormungand crescere tanto da riuscire a stringere tra le sue spire il mondo intero. vede hel, sola, nel regno dei morti e loki imprigionato e torturato per ripagare l'ultimo dei suoi crimini, il gesto che darà il via al ragnarök stesso.

ma a cosa serve poter vedere il futuro se non può far nulla per cambiarlo? e a cosa servono tutti gli sforzi fatti per proteggere lə suə figliə, per nasconderlə da odino, se la loro sorte è già stata decisa?

probabilmente essere quasi del tutto a digiuno di mitologia norrena mi ha fatto apprezzare questo libro ancora di più. non conoscevo la storia di angrboda, ricordavo solo vagamente qualcosa sullə suə figliə e sul ragnarök, quindi mi sono immersa nella lettura senza sapere esattamente cosa aspettarmi. non so quanto il romanzo sia attinente al mito ma, per fortuna, non stravolge troppo alcuni passaggi fondamentali - e forse anche i più noti - della storia.
ho amato, poi odiato e poi amato ancora angrboda, un personaggio che, per quanto sappia già che il suo ruolo è già deciso, sfida il destino stesso per amore. l'amore che muove angrboda, però, non è quello romantico. per quanto i suoi sentimenti per loki non riescano mai a spegnersi, neppure davanti al peggiore dei tradimenti (e no, non mi riferisco alla sua seconda moglie), angrboda ha abbastanza spazio nel suo cuore per molti altri tipi di amore: c'è quello per lə figliə, in particolare per hel, c'è quello per skadi, e c'è quello per sé stessa, una sorta di amor proprio che non è mai stupido orgoglio ma che si traduce in saggia consapevolezza dei propri poteri. angrboda sa chi è e cosa è capace di ottenere, conosce la sua magia e possiede una volontà inscalfibile ed è per questo, e non certo per un disperato rifiuto della realtà - che sfida quel destino che neppure odino può cambiare.

genevieve gornichec regala a un personaggio che - come spiega nell'appendice al romanzo - viene menzionato appena un paio di volte nelle due versioni dell'edda, sempre e solo come madre dei mostri, un ruolo di protagonista e un ritratto a tutto tondo che restituisce a lei - ma anche a hel, a fenrir e a jormundand - la dimensione umana che il mito aveva loro sottratto.
ed è restituendo profondità alla sua protagonista e allə altrə personaggə che gornichec dona al mito un tono differente, più umano e profondo, dando importanza ai legami, alle cause e agli effetti, alle forze che spingono il destino più che esserne passivamente sospinte.
è forse qui la forza di the witch's heart, nel mutare il significato della parola "inevitabile": il futuro non si può cambiare ma non per via di una qualche entità superiore e capricciosa che gioca con le vite altrui ma per via di quei legami d'amore indissolubili che non posso piegarsi davanti a nulla, così forti da riuscire a guidare l'intero universo verso le fiamme della rinascita.

venerdì 6 ottobre 2023

l'eredità delle dee

"c’è un rimedio per tutto e tutti. e viene usato da secoli e secoli. come pensi che si curasse la gente quando quelle pillole non esistevano? con le erbe! e con la fede in esse!"

ecco qua il candidato più quotato per il premio "meh" 2023. che poi, l'eredità delle dee aveva, letteralmente, tutti i presupposti per piacermi tantissimo: la storia di una famiglia - narrata dal punto di vista femminile - che si intreccia con il folklore e la magia, ambientata tra repubblica ceca e slovacchia, per la precisione nella comunità di žítková, sui carpazi. gli eventi narrati seguono un periodo che va dalla seconda guerra mondiale fino a qualche decennio fa, seguendo la vicenda personale e familiare di dora, l'ultima discendente di una stirpe di donne sagge, curatrici dai poteri straordinari chiamate dee ed etnologa. ho pensato: c'è tutto! ambientazione diversa da quella delle solite storie, le streghe, lo sguardo etnografico... e forse il problema è proprio questo, il tentativo di mettere insieme troppe cose che, però, secondo me, non funziona.

ci sono due cose, nello specifico, a mio avviso non vanno: la prospettiva etnografica funziona bene in alcuni momenti e malissimo in altri, perché riempire quello che dovrebbe essere un romanzo di verbali di polizia e altri documenti - inventati o no che sia, non importa - rende tutto tremendamente lento e noioso. allora è un saggio? no, perché, appunto, un saggio non si scrive ammucchiando fonti e poi lasciando a margine qualche commento. questa è stata forse la cosa che mi ha delusa di più, mi aspettavo di leggere una vera e propria etnografia sulle dee dei carpazi (quelle donne sagge, curatrici e veggenti da cui discende dora e sulle quali sta conducendo ricerche da praticamente tutta la vita) intrecciata con la storia della protagonista e della sua famiglia, ma anche a quella ufficiale dei manuali, quella che svela un tratto inedito dell'ideologia nazista.

la seconda cosa che non mi è proprio piaciuta è, appunto, la protagonista. o meglio, non mi è piaciuto il modo in cui è stata raccontata. tutta la storia e la personalità di dora - ma anche il suo percorso di studi e la sua vita sentimentale - sembra essere stata costruita apposta per esigenze di trama, ovvero, per giustificare la causa per cui, già dalla generazione di sua madre e sua zia, la mala sorte sembra non lasciare tregua a nessuna delle donne della sua famiglia. così, leggendo, si ha la sensazione che tutto sia troppo "sforzato" perché i vari pezzi combacino. insomma, una delusione cosmica. ed è un peccato davvero, vero che avevo forse delle aspettative troppo alte, però...

post pubblicato in origine su instagram.

domenica 1 ottobre 2023

oltre il turismo

"nel corso dell'ultimo decennio numerose città e paesaggi naturali, in ogni angolo del pianeta, hanno vissuto profonde trasformazioni legate al turismo. territori distrutti e inquinati dallo sfruttamento intensivo delle risorse, centri storici svuotati di abitanti e sovraffollati di turisti, case vuote e piani strada tutti uguali."


la mia città sta diventando un villaggio vacanze del cazzo è stato il mantra ricorrente di quest'estate, un odio che non avrei mai immaginato di poter sperimentare, acuito dalla proposta dell'oscena ministra del turismo di rimborsare lə turistə per i danni dell'incendio di luglio, mentre lə palermitanə vedevano bruciare i loro boschi, le loro case, i loro animali e, purtroppo letteralmente, le loro vite, senza che nessuno pensasse a loro, trasformando una tragedia (di cui se ne conoscono perfettamente le cause che però vengono lasciate in pace ché è meglio non pestare i piedi a certe persone) in un disguido per chi si godeva le meritate vacanze.

incendio a parte, il centro storico è stato fagocitato da una sfilza infinita di bar, ristorantini e negozi di souvenir-paccottiglia come quella roba vergognosa che traduce l'orrore mafioso in allegro folklore, come se non fossimo altro che "'u mafiusu" e "'a mafiusa", le statuine che troneggiano in certe rivoltanti vetrine cariche di immondizia, come se la sicilia tutta non traboccasse di eccellenze nel campo dell'artigianato da fare conoscere a chi trascorre del tempo qui senza il bisogno di questo schifo. le spiagge sono quasi completamente privatizzate, cancellate da serie infinite di ombrelloni e sdraio e il poco che resta pubblico è sommerso dall'immondizia che, comunque, riempie le periferie tutto l'anno, ma poco ci importa perché qua lə turistə non ci passano nemmeno.

e mentre ci ripetono ossessivamente che dobbiamo investire il nostro patrimonio, ovvero sfruttarlo e sottrarlo a noi stessə per sacrificarlo sull'altare del guadagno che il turismo dovrebbe portare, di soldi per i servizi dellə palermitanə e dellə sicilianə tuttə non se ne trovano mai. ma palermo e la sicilia sono solo uno degli esempi di quello che succede un po' ovunque, in italia e non solo.

oltre il turismo - esiste un turismo sostenibile? di sarah gainsforth spiega meglio tutto, senza odio e con molta lucidità, racconta cosa succede alle città - ma anche ai piccoli borghi, ai cosiddetti paradisi naturali, ai siti archeologici, ai luoghi che diventano per un breve periodo palcoscenico di grandi eventi (come, ad esempio, le expo o le grandi manifestazioni sportive) eccetera - e a chi le abita(va) quando vengono trasformate in funzione del turismo, che no, non porta tutta questa millantata ricchezza. anzi, il turismo di massa, che interessa pochi punti nevralgici delle nostre geografie, lasciando in ombra tutto il resto, stravolge il volto stesso delle città, ne muta il territorio snaturandolo e, di conseguenza, erode il tessuto sociale e comunitario, prosciuga le risorse per lə residentə, distrugge quell'identità e autenticità di cui tanto ci preoccupiamo e che sappiamo ormai usare come arma di distrazione di massa solo verso chi viaggia mosso da disperazione e non dallo sfrenato desiderio di consumare. perché, in fondo, il turismo - che è cosa molto diversa dal viaggio di scoperta e conoscenza - è espressione di un sistema economico che fa del consumo sfrenato e della produzione massificata il suo unico senso, mezzo e scopo al contempo. e dunque, senza un cambiamento del sistema economico sarà difficile, se non infattibile, mettere in atto le teorie che immaginano un turismo più sostenibile per i territori e per chi li abita. 

post pubblicato in origine su instagram.

domenica 10 settembre 2023

demon slayer

«nezuko non mangia le persone! non le permetterò di ferire nessuno e la farò sicuramente tornare un essere umano! la guarirò a ogni costo, lo giuro!»

all'inizio del XX secolo, in un giappone alternativo e fantastico, la vita degli esseri umani è minacciata dai demoni, creature di cui si cerca di tacere l'esistenza per non scatenare il panico, combattute da decine di anni da un'organizzazione mai ufficialmente riconosciuta. qui inizia, tra sangue e neve, la storia di tanjiro e nezuko kamado.

figliə di una famiglia povera, orfanə di padre e con altrə quattro tra fratelli e sorelle minorə, lə due si impegnano al massimo delle loro possibilità per sostenere la loro famiglia, nezuko prendendosi cura dellə più piccolə insieme a sua madre e tanjiro vendendo carbone nei villaggi vicini. ed è proprio una notte in cui il ragazzo è rimasto bloccato al villaggio da una tempesta dopo aver lavorato tutto il giorno, che la sua famiglia viene sterminata da quello che si svelerà essere un demone. tra tuttə, sopravvive solo nezuko che però è stata trasformata anche lei in un demone.
la trasformazione di nezuko sembra però aver risparmiato almeno in parte la sua umanità e, all'incontro con giyu tomioka - cacciatore di demoni, colonna dell'acqua della squadra ammazzademoni venuto a indagare sulla sorte della famiglia kamado e a uccidere nezuko -  tanjiro riuscirà a convincerlo dell'unicità del destino della sorella e a ottenere la sua salvezza.
venuto a conoscenza dell'esistenza dei demoni e della squadra di cacciatori che li combatte con delle katane forgiate da un acciaio raro e speciale, le nichirinto ("spada del sole"), tanjiro decide di diventare uno di loro e di trovare una cura per salvare nezuko e farla tornare umana. il suo allenamento con il maestro urokodari - che era stato maestro di giyu e di moltə altrə spadaccinə - sarà lungo e durissimo, ma gli permetterà di sostenere e superare l'esame per entrare nella squadra. da questo momento la trama della storia diventerà sempre più complessa: tanjiro e nezuko incontreranno amicə e compagnə, impareranno a conoscere le colonne della squadra ammazzademoni, si scontreranno con mostri sempre più forti dalle abilità sorprendenti, e scopriranno la storia e l'origine dei demoni, fino a risalire al più potente, crudele e pericoloso, muzan kibutsuji.

sarà anche pieno di ingenuità ma ho amato tantissimo demon slayer, sia il manga che l'anime.
poteva essere una storia di vendette e invece è stata una storia sui legami e sulle famiglie, quelle in cui si nasce e quelle che si incontrano e si scelgono. poteva essere una storia piena di violenza ed egocentrismo e invece è stata una storia sulla capacità di perdonare il lato più meschino di chi fa del male, qualche che sia il motivo per cui è portatə a farlo. poteva essere una storia incentrata sull'eroe invincibile invece è stata una storia sull'importanza di essere una squadra, di aiutarsi e supportarsi a vicenda. poteva essere una storia di rabbia e disperazione e invece è una storia che racconta che è possibile coltivare la speranza e la gentilezza anche nelle situazioni peggiori in cui qualcunə può ritrovarsi.
mi è piaciuto un sacco, in questo senso, il cambiamento di atmosfera che c'è tra la prima e l'ultima copertina del manga, la drammaticità negli sguardi di tanjiro e nezuko avvolti dal buio che si scioglie poi in un saluto luminoso e solare alla fine, una scena senza armi in cui le ferite sono già cicatrizzate, ricordi di una battaglia ormai vinta, i loro volti aperti a un futuro senza minacce.


ho amato tantissimo tuttə lə personaggə e il modo in cui, nello svelare il loro passato, anche quellə che inizialmente sembravano solo delle macchiette diventano più verə.
la cosa più bella, secondo me, di tutte le loro storie è che quello che si diventa, a un certo punto, dipende dalle scelte che si compiono: nel passato di tuttə c'è un dolore, a volte immenso, a volte più piccolo, ma non è mai una gara a chi soffre di più, non ci sono giudizi di valore sulla sofferenza, non ci sono pregiudizi sulla sensibilità che ognunə ha. è come ognunə sceglie di rispondere a quel dolore che fa la differenza tra chi vive per distruggere e chi per salvare.
è una questione di scelta, non di destino. e si può scegliere ancora, anche quando sembra essere troppo tardi.

post pubblicato in origine su instagram.

venerdì 8 settembre 2023

l'oceano in fondo al sentiero

"era solo uno stagno, ai margini della fattoria. neanche tanto grande. lettie hempstock diceva che era un oceano, ma io sapevo che non poteva essere. diceva che attraversando l'oceano erano arrivati lì dalla loro vecchia terra. sua madre diceva che lettie ricordava male, che era stato tanto tempo prima e che comunque la vecchia terra era sprofondata. mrs hempstock vecchia, la nonna di lettie, diceva che si sbagliavano tutte e due, e che il posto sprofondato non era la terra veramente vecchia. diceva che lei se la ricordava, la terra veramente vecchia. 
la terra veramente vecchia era saltata in aria, diceva"

un uomo si ritrova a vagare per la campagna della sua infanzia, tra i ricordi confusi di strade e case che un tempo esistevano e ora non esistono più. vagando, e ricordando, si ritrova alla fattoria di una sua vecchia amica d'infanzia, lettie hempstock, e nel sentiero in fondo al quale riscopre lo stagno in cui giocavano da bambinә, quello stagno che lettie chiamava l'oceano. alla vista del piccolo specchio d'acqua, i ricordi che sembravano perduti per sempre ritornano tutti d'un colpo nella sua mente.
gli tornano in mente lettie hempstock, la sua fattoria, mrs hempstock e mrs hempstock vecchia, madre e nonna di lettie, le loro stramberie, i gatti e quello strano tipo, il cercatore di opali a cui avevano affittato la stanzetta che prima era stata sua e che decise un giorno di rubare l'auto di suo padre e di usarla per suicidarsi lì dentro, proprio davanti la fattoria hempstock.

era stato quell'uomo e il suo gesto a dare il via a una serie di eventi che pian piano il nostro protagonista rivive, ricordandosi il bambino che era, quello che non si fidava troppo degli adulti e adorava leggere libri, che nascondeva la cioccolata sotto al suo pupazzo di bat man e a cui mancava il suo gattino fluffy (quante lacrime per questa cosa! ho dovuto spupazzare ruffola per mezz'ora e poi ho sprofondato la faccia nel pancino di oli).
il cercatore di opali aveva scatenato forze crudeli e lui, che era solo un bambino, vi si era trovato in mezzo, incastrato tra l'orrore e la meraviglia che le tre hempstock sapevano maneggiare come fosse ogni volta la cosa più normale del mondo.

forse sono l'ultima a leggere l'oceano in fondo al sentiero e lo conoscete già tuttә, però ecco, si meritava due righe questo libro bellissimo che mi ha conquistata totalmente, si è fatto divorare e mi ha fatto venire un po' la nostalgia dell'infanzia, di tutti i mondi spaventosi e fantastici che c'erano nella mia mente e che, come nell'esergo di sendak a inizio del romanzo, "sapevo che non dovevo far sapere agli adulti che sapevo. si sarebbero spaventati".

post pubblicato in origine su instagram.

domenica 20 agosto 2023

lettere tra due mari

"quando scaturì la terra e il primo mare fu squarciato, tutta l'acqua lo pianse. quelle che potevano, tra le nostre sorelle più anziane, si chiamavano a gran voce"

atlantica, vecchia di centottanta milioni di anni, aspra e a tratti sprezzante, è ormai indurita dal dolore di essere stata separata dalle sue sorelle, di essere maltrattata dagli esseri umani. mediterranea, molto più giovane, conta soltanto cinque milioni di anni, giocosa e scintillante, è innamorata delle creature della terra ma anche lei ferita, attraversata, riempita e deturpata dalla materia inorganica che l'umanità getta tra le sue onde.

le due sorelle - i due mari - si scambiano lettere e storie, leggende, ricordi e progetti per il futuro e nelle loro parole ritroviamo il disastro climatico ed ecologico che noi, esseri umani, stiamo coscientemente portando avanti.
milioni e milioni di anni fa, quello che un tempo era un enorme, unico mare, è stato smembrato, diviso dalla deriva dei continenti, dall'emersione e dallo spostamento delle terre.
separate e isolate una dall'altra, le sorelle hanno impiegato secoli per imparare a scambiarsi messaggi, nascondendo le parole nell'acqua che sta dentro ogni corpo, che è parte di ogni creatura, di ogni essere vivente. così, scoprendo che l'acqua viaggiava verso l'acqua, impararono a comunicare, a restare una vicina all'altra, aspettando il momento in cui il mare ricoprirà di nuovo il pianeta, ingoiando tutto il resto. da questa prospettiva, il riscaldamento globale diventa parte di un piano vecchio milioni di anni di cui non solo gli esseri umani non sono a conoscenza ma che stanno, inconsapevolmente, aiutando a mettere in pratica a scapito della loro stessa sopravvivenza.

ma, se atlantica aspetta con trepidazione il momento in cui le acque si uniranno di nuovo, spazzando via la terra e le sue creature, mediterranea tentenna, innamorata in qualche modo della vita che la attraversa. il piccolo, giovane mare, punto focale della storia del mondo occidentale, mare che unisce terre e popoli, ha un'idea completamente diversa da quella del gigantesco, vecchio oceano, troppo grande per essere attraversato e vissuto, che è acqua che separa gli umani nello spazio e - almeno fino a qualche secolo fa - nel tempo.

lettere tra due mari è piccolo epistolario immaginario di siri ranva hjelm jacobsen, ma è anche un gioco narrativo che condensa tanti generi in sé: racconto, leggende, scambio di lettere, denuncia ecologica, poesia.
poche pagine ma densissime, belle e dolorose.

post pubblicato in origine su instagram.

sabato 19 agosto 2023

underwater

"è come se quel sogno stesse continuando. c'era un paesino al di là del fiume. voglio andare a vedere"

il caldo torrido e la siccità costringono l'amministrazione della città dove vive chinami a razionare l'acqua. gli sprechi sono vietati e così il club di nuoto, di cui la ragazza fa parte, è costretta ad allenarsi fuori dalla piscina completamente vuota. mentre corre sotto un sole inferocito, chinami perde i sensi e si risveglia sulla riva di un fiume, mentre una pioggia leggera rinfresca l'aria tutto intorno. mentre nuota, chinami scorge un piccolo paese vicino al fiume ma qualcosa la sveglia e la riporta alla realtà.
è così che iniziano i viaggi di chinami nel piccolo paese vicino al fiume, un accrocchio di case costantemente bagnate da una pioggia sottile, un paesaggio meravigliosamente disegnato da yuki urushibara, artista dal tratto delicato, capace di evocare nei suoi panorami quel tipo di malinconia dolce e al tempo stesso struggente che ho sempre associato allə autorə giapponesi.


il paese è quasi deserto non fosse per il giovane sumio, che passa gran parte del suo tempo al fiume, e il suo anziano padre. nonostante non si incontri mai nessuno, le case non sembrano disabitate e a volte si sentono addirittura delle voci provenire dall'altra parte delle mura. eppure, come dice sumio sono tutti spariti, da un momento all'altro. il mistero del paese sul fiume sembra collegato alla leggenda del dio drago che vive sotto la cascata, un dio gentile che tanto tempo prima si era trasformato in una ragazza per amore di un uomo e che, per salvare lui e i suoi figli, aveva protetto il villaggio dalle esondazioni del fiume.

chinami riesce a tornare al paese sul fiume e da sumio ogni volta che si addormenta, vive un lungo, vivido sogno che si interrompe soltanto durante la veglia. ma il paese sul fiume e sumio non sono solo sogni, non sono stati creati dalla sua immaginazione, fanno parte della storia di chinami, della sua memoria, dei legami indissolubili che risalgono, di generazione in generazione, alle sue origini, allə suə antenatə e alla terra che li ha visti nascere e che loro hanno vissuto con amore e rispetto, fino a quando non sono statə costrettə ad abbandonarla, pur continuando a custodirla nei loro ricordi.

post pubblicato in origine su instagram.

lunedì 14 agosto 2023

weyward

"mi tennero lì dentro per dieci giorni. dieci giorni e solo il fetore della mia carne a farmi compagnia. neanche un ratto mi degnò della sua presenza. non c'era nulla che potesse attirarlo; non mi avevano portato niente da mangiare, soltanto birra. dei passo. poi il cigolio del metallo mentre il catenaccio veniva rimosso. la luce mi ferì gli occhi. per un attimo gli uomini sulla soglia scintillarono, come se non fossero di questo mondo, come se fossero venuti a portarmi via. gli uomini dell'accusatore. erano venuti per portarmi a processo"

alcune storie sono un rifugio, smettono di essere solo parole e diventano letteralmente un posto in cui poter respirare, pensare, capire, guarire le proprie ferite e prepararsi a cambiare. la storia di altha inizia nella disperazione di una cella, una storia che attraversa secoli e diventa rifugio e salvezza per due delle sue antenate, violent e kate. le vite di queste tre donne si intrecciano e si influenzano rievocando, nel corso del tempo, lo stesso dolore e lo stesso desiderio di libertà.
nel 2019, kate fugge via da londra e da un fidanzato violento e possessivo che la sta distruggendo nel corpo e nell'anima. a legarla a lui ormai c'è solo la paura e il pensiero ossessivo di meritare quel dolore, quell'umiliazione e quell'annientamento per una colpa che kate continua ad attribuirsi da quando era bambina. la sua destinazione è un piccolo cottage di campagna, lontano dalla città e immerso nella natura, quella che kate si è obbligata a tenere fuori dalla sua vita ormai da troppo tempo. il cottage è un lascito della sua prozia violet, per lei praticamente un'estranea che però, adesso, è diventata la sua salvatrice.

nel 1942 violet ha sedici anni e un amore sconfinato per gli alberi, gli insetti, la natura in ogni suo aspetto e forma, un amore che nessun altro ha né comprende, un amore che - violet lo sa - la lega al suo passato e alle sue origini. sogna di diventare una biologa o un'entomologa, vorrebbe studiare ma questo è permesso solo a suo fratello graham. sua madre è morta quando lei era troppo piccola per poterne conservare il ricordo e tutta la sua esistenza è trascorsa all'ombra di suo padre, un uomo insensibile e crudele che vorrebbe ridurla a una bambola ben educata a suo servizio, un dono da offrire a un altro uomo quando sarà il momento opportuno. mentre prova a scoprire qualcosa di più su sua madre e sul nome wayward, violet porterà alla luce un passato molto più tragico e doloroso di quanto avrebbe mai immaginato.

nel 1619, altha viene accusata di stregoneria e dell'omicidio di un fattore, marito quella che un tempo fu la sua migliore amica, grace. imprigionata e processata come strega, nei suoi giorni di terrore e vuoto, altha riporta alla mente i ricordi di sua madre, i suoi insegnamenti, il legame con la natura e la capacità di curare, e i ricordi di grace, l'affetto che le legava e che è scomparso per colpa dell'odio che gli uomini hanno seminato tra le donne per spezzare i loro legami e indebolire la loro forza.
uomini crudeli, violenti, uomini che picchiano e umiliano, uomini che stupr*no, uomini che conoscono solo il desiderio di possedere e piegare donne più forti di loro. la loro presenza è il leit motif che accompagna le storie di altha, violet e kate, tutte e tre a un passo dall'annientamento, tutte e tre capaci di risollevarsi e di lottare grazie ai legami con la natura e con le loro antenate, madri vicine e lontane, sorelle, amiche, zie, donne che, raccontandosi storie e tramandandosi conoscenza e saggezza, intessono l'una la salvezza dell'altra.

weyward è un libro che ti costringe a leggere una pagina dopo l'altra, che ti trascina dentro le storie e le vite delle tre protagoniste, facendoti sentire le loro emozioni - dolore, sorpresa, desiderio di rivalsa e di libertà - con una forza che a volte toglie il fiato.
il linguaggio è semplice e diretto, mai banale anche quando non riesce a farsi poesia, a concedersi un momento per assaporare le parole, non è mai troppo ricercato ma riesce comunque ad arrivare con forza fin dentro le ossa. sono parole che trasmettono l'urgenza di raccontare una storia che si riverbera nel tempo, quella delle donne weyward, ma anche quella di tutte le donne che hanno lottato e sofferto per trovare sé stesse così che possa essere faro e guida per le donne che lottano e cercano ancora.

post pubblicato in origine su instagram.