sabato 18 maggio 2024

commenti randomici a letture randomiche (83)

tra i modi più inoffensivi di declinare il mio essere totalmente irresponsabile c'è la mia capacità di lanciarmi su nuove serie nonostante ne stia già seguendo in numero spropositato (a mia discolpa posso dire che alcune sono quasi alla fine!) e così negli ultimi tempi ho letto tre nuovi numeri uno che mi sono piaciuti molto e che vi consiglio (così diventate irresponsabili pure voi e mi sento meno sola e meno in colpa).

 kaiju girl caramelise 


uno shoujo manca tutto cuoricini e lucine + i kaiju (ovvero i giganteschi mostri teriomorfi della fantascienza giapponese, tipo godzilla) sembrerebbe un'accoppiata implausibile ma invece funziona!
kuroe, la protagonista di kaiju girl caramelise, oltre a essere un'adorabile studentessa del liceo in divisa da marinaretta e occhioni luccicosi, convive da sempre con una strana sindrome che la fa trasformare in kaiju ogni volta che prova delle forti emozioni.
a volte una mano che si trasforma in artiglio, altre volte delle grosse scaglie che appaiono sulla sua schiena o una coda che spunta a tradimento da sotto la gonna, il corpo di kuroe esprime i suoi sentimenti in modo tanto sincero quanto bizzarro.
ovviamente, nel corso degli anni kuroe si è trovata più e più volte a essere additata come mostro dallə amicə e compagnə di classe, ragion per cui cerca di passare più tempo possibile da sola e di non dare troppo nell'occhio per tenere al sicuro il suo segreto.
un piano ineccepibile nella sua semplicità, non fosse che arata, il classico compagno di classe bello, dolce e gentile che piace a tutte, decide di diventare suo amico, scatenando inevitabilmente un turbinio di emozioni che farà trasformare kuroe, per la prima volta, in un gigantesco kaiju, scatenando il panico in tutta la città.
ora, se questo fosse uno shoujo un po' più standard, kuroe dovrebbe riuscire a conquistare il cuore di arata nonostante la sua strana condizione di ragazza-kaiju e magari dover affrontare una rivale carinissima... ma qui tutto è abbastanza assurdo che, invece della rivale in amore, c'è una carinissima ragazza di nome manatsu che ha una passione smodata - e anche abbastanza cringe - per i kaiju, convinta che kuroe sia una sorta di miko del lucertolone...
insomma, c'è un po' tutto l'immaginario rosa e mieloso da shoujo scolastico rimescolato insieme a un po' di fantascienza e di commedia umoristica.
un ottimo primo volume che fa venire voglia di continuare la lettura, assolutamente promosso! grazie mille ad angela e a silvia per avermelo consigliato!

 tales of reincarnation in maydare 


prendi una mattina qualsiasi, in una scuola qualsiasi. prendi una ragazza di nome kazuha, una protagonista qualsiasi da shoujo manga; airi, la sua migliore amica e tooru, il ragazzo che piace a entrambe. prendi la scena di una dichiarazione sul terrazzo della scuola. sembra l'inizio di una delle millemila commedie scolastiche che hai già letto centinaia di volte. però, dopo appena qualche pagina, ti ritrovi ad assistere al brutale assassinio di tuttə e tre lə personaggə. dunque, la storia è finita?
no, perché subito dopo ti ritrovi in un mondo fantastico, a maydare, terra di magia e incanto dove streghe e maghi controllano la realtà e il loro potere domina ogni cosa. makia, la protagonista, ha esattamente lo stesso aspetto della ragazza che avevi visto correre sul tetto verso la morte qualche pagina prima, e così thor, un ex schiavo capace di usare la magia, somiglia in tutto e per tutto al ragazzo di cui lei era innamorata.
la loro storia, nonostante l'ambientazione sia stata stravolta, sembra essere legata indissolubilmente a quella di kazuha e tooru e a quella di un'antica strega leggendaria che un tempo governava con crudeltà maydare...
questo primo volumetto di tales of reincarination in maydare è fortemente introduttivo, ci presenta lə personaggə e il loro mondo, a volte in modo troppo didascalico, eppure l'idea di questi piani di esistenza collegati è parecchio interessante e sono davvero curiosa di andare avanti con la lettura!

 jinbocho sisters 


fantascienza, fantasy e adesso un bello slice of life ambientato nel quartiere delle librerie di tokyo e disegnato (e scritto) niente poco di meno che da kei toume (grazie al cielo, almeno per questa volta scampata dalle grinfie di rw) jinbocho sisters è uno di quei fumetti di cui basta la copertina a convincermi.
potremmo dire che è semplicemente la storia di tre sorelle - ichika, tsugumi e minoru karakida - che si ritrovano a ereditare una vecchia libreria di libri usati e che decidono di proseguire l'attività di famiglia, portando avanti la loro vita quotidiana. ma gli slice of life non sono mai semplicemente qualcosa: ogni volta si tratta di entrare nelle vite dellə personaggə, scoprire un po' alla volta il loro passato, i loro sogni, le relazioni che lə legano, seguire il corso degli eventi in cui ogni piccola azione ha il suo enorme significato.
l'inizio forse si dilunga in qualche spiegone di troppo ma a kei toume posso perdonare ogni cosa, soprattutto perché quella tranquilla vecchia libreria - una piccola, affollatissima libreria piena di testi antichi, più o meno rari, praticamente il sogno di ogni appassionatə lettorə! - di famiglia sembra nascondere qualcosa di prezioso, qualcosa su cui il bel vicino di casa delle tre sorelle sembra aver messo gli occhi...
anche questo ve lo straconsiglio

giovedì 16 maggio 2024

salone del libro 2024 ~ un resoconto parziale di giorni devastanti e bellissimi

ammetto di non essere affatto brava a fare questa cosa dei resoconti delle fiere, quindi perdonatemi se questo post sarà un po' sconclusionato.

però due righe voglio scriverle comunque, anche per festeggiare il fatto che questo è stato il mio primo salone con un pass "stampa" al collo, un cartellino che ho vissuto un po' come un riconoscimento del valore di questo spazietto qui, uno spazio che esiste da quasi tredici anni, che resiste ai video, ai reel, alle storie, a tutta quella comunicazione velocissima e che, invece, si prende tutto il tempo che gli va. quel pass "stampa" per me è stato bello tanto quando quello da autrice che avevo l'anno scorso, per il mio primo salone, che mi ha regalato un sacco di bellissimi momenti e incontri con persone che danno un senso a questi spazi online che attraversiamo e abitiamo nonostante, spesso, siano così inospitali.


il resoconto ufficiale del salone dice che ci sono state 222.000 presenze quest'anno, presentazioni mega affollate, record di ogni tipo. ma a parte i numeri e le statistiche è proprio vero che la cosa più bella del salone sono le persone che ci incontri, migliaia di persone che non conosci ma con cui sai di condividere idee e passioni, persone che ti fanno sentire parte di qualcosa, un qualcosa forse un po' troppo indefinito ma comunque reale.

tra quelle migliaia di persone ci sono poi quelle speciali, le facce amiche che incontri alle fiere e che sono il vero motivo per cui vale la pena prenotare un biglietto d'aereo due mesi prima e viaggiare fino all'altra parte d'italia per rivederle. per me, sono soprattutto le persone che ruotano attorno a quella che l'anno scorso è stata ribattezzata la eris-family, ovviamente, e quelle per cui non ho ancora abbandonato i social. passo quasi tutto l'anno sentendole solo in chat, sbirciando tra le loro foto e video, quando poi arriva il momento in cui ci si può riabbracciare e andare in giro insieme tra stand strapieni di libri, o incontrare dal vivo per la prima volta, superare la timidezza, rompere il ghiaccio e sorridersi senza mediazione di uno schermo è sempre una gioia immensa.


ho partecipato a pochissimi incontri in questi giorni (quello che mi è dispiaciuto di più perdermi è stato quello di ne/on, tra le nuove realtà editoriali quella che mi interessa di più, non vedo l'ora di leggere i primi libri), non ero sicura di cosa scegliere in un programma strapieno di eventi interessanti e volevo soprattutto godermi l'aria di festa, ma sono stata a due presentazioni che mi sono piaciute moltissimo. la prima è stata quella dedicata a stasera faremo cadere il cielo, in cui lə autorə hanno discusso del valore aggiunto che le prospettive queer hanno saputo dare a un genere, quello fantascientifico e fantastico in generale, che era stato per decenni il luogo per antonomasia non soltanto degli autori maschi bianchi etero cis ma anche di escapismo ed evasione. il fantastico, negli ultimi tempi, spiegavano lə relatorə, è stato lo strumento attraverso il quale non soltanto raccontare il reale ma provare a decostruirlo e immaginare modi differenti di vivere e di relazionarsi tra noi animali umani, con le altre creature e con l'ambiente. le autrici e lə autorə queer e non bianchə hanno saputo usare la letteratura come qualcosa di molto più potente di ciò che un certo pubblico si aspettava da loro, ne hanno fatto uno spazio di riflessione e di costruzione di realtà e di relazioni. ed è per questo che immaginare mondi diversi non è fuga dalla realtà ma realizzazione di alternative possibili.


il secondo, meraviglioso incontro, è stato quello con i conigli bianchi e prep italia, che hanno presentato sierocoinvoltə, uno degli ultimi bookblock di eris che fa luce su un argomento - hiv e aids - che negli ultimi decenni sembrava essere scomparso dalla zona di interesse dell'opinione pubblica, dopo le campagne di terrore degli anni '80 e '90. lə autorə hanno parlato dello stato attuale della prevenzione e della cura di quella che non è più la malattia terrificante che è stata qualche decennio fa. ma soprattutto hanno posto l'attenzione sul mondo relazionale delle persone che vivono con hiv, un mondo molto più vasto di quello che i pregiudizi e la scarsa informazione ci lascerebbero immaginare.
ma, soprattutto, mentre si parlava di sierocoinvoltə, lə autorə hanno lanciato più volte messaggi di supporto alla causa palestinese e non sono statə lə solə.


sabato è stato il giorno in cui alcuni spazi del salone hanno fatto eco alle proteste, vergognosamente silenziate e represse, pro-palestina ai cancelli. se pure non ci sono stati momenti istituzionali dedicati a focalizzare l'attenzione sul genocidio in corso, se pure di facciata si preferisce fingere che la cultura non abbia niente a che vedere con la politica - falso! - dal basso si è sentito che nessunə di noi ha dimenticato la questione di palestinese pure in un momento così festoso e - passatemi il termine, lo uso in senso positivo - leggero. dagli stand chiusi al più semplice "hai visto le notizie di oggi?", passando per magliette, spillette, disegni, slogan eccetera, moltissime persone hanno portato anche solo una piccola goccia d'attenzione verso l'orrore che non accettiamo e non perdoniamo.
perché il salone, come ogni altro spazio pubblico, è di chi lo attraversa, di chi lo anima, non solo di chi organizza o sponsorizza o parla da un palco. e questa cosa è stata una tra le più potenti, belle e significative di quest'anno.


e poi, vabbè, ho comprato un botto di libri bellissimi di cui non vedo l'ora di parlarvi!
ci si rivede qui a breve!

mercoledì 8 maggio 2024

donne che parlano

la libertà è una buona cosa, dice. meglio della schiavitù. e il perdono è una buona cosa, meglio della vendetta. e la speranza nell'ignoto è una buona cosa, meglio dell'odio per quel che conosciamo.
mariche resta stranamente calma. sincera e senza sarcasmo chiede a ona, ma e la tranquillità, la sicurezza, la casa e la famiglia? e la sacralità del matrimonio, dell'obbedienza, dell'amore?
non so niente di queste cose, di nessuna di queste cose, dice ona. se non l'amore. e anche l'amore, dice, per me è un mistero.

TW: stupro.

copertina di "donne che parlano" di miriam toews. su uno sfondo scuro si vedono le sagome di due ragazze, ritratte di spalle, che si abbracciano. i loro capelli - rossi e biondi - sono legati in un'unica treccia.

sono i primi giorni di giugno del 2009, siamo nella colonia mennonita di molotschna e otto donne, insieme a un uomo di nome august epp, si sono riunite in un fienile. hanno poco tempo per prendere una decisione importantissima e questa è una cosa che non hanno mai fatto. hanno sempre obbedito ai loro padri, ai loro mariti, ai loro fratelli, persino ai loro figli e, ovviamente, al loro pastore, ma non hanno mai deciso per loro stesse.
adesso, però, devono scegliere cosa fare per rispondere alla violenza feroce che hanno subito.
per settimane si sono svegliate doloranti e sanguinanti, coperte di lividi. alcune di loro sono rimaste incinte, hanno contratto malattie sessualmente trasmissibili. tra queste, alcune sono bambine, la più piccola ha solo tre anni. il pastore e gli uomini della colonia le hanno accusate di aver attirato satana per colpa dei loro peccati, hanno svilito il loro dolore dicendo che non cercavano che attenzioni o che volevano giustificare relazioni illecite. in realtà, erano proprio quegli uomini - mariti, fratelli, padri - che, con la complicità dell'intera colonia, ogni notte le narcotizzavano con un anestetico per animali e le violentavano.
gli uomini sono stati arrestati ma le loro cauzioni sono state pagate e ora stanno per tornare. alle donne è rimasto pochissimo tempo per decidere cosa fare: restare e, come chiede peters, il loro pastore, perdonarli? restare e, invece, rispondere alla violenza con altra violenza? oppure andare via, abbandonare la colonia e andare verso un mondo che non conoscono, libere di vivere sicure e senza doversi vendicare?

le donne di molotschna, proprio come prescritto dalle norme che regolano la colonia, non sono soltanto completamente subordinate agli uomini. non sanno leggere né scrivere e così, per redigere i verbali di questi incontri fondamentali per il loro futuro, chiamano august epp, un uomo gentile e mal visto dal resto della comunità, accusato di non essere abbastanza uomo, di non saperci fare né con le bestie né con le donne. epp ha vissuto fuori da molotschna per qualche anno a seguito della scomunica dei suoi genitori, ha conosciuto un po' di mondo, nel bene e nel male, e se è tornato alla colonia è solo per amore di ona, una delle vittime degli stupri. è lei che gli chiede di redigere i verbali, che gli dà un ruolo tanto importante, forse per la prima volta nella sua vita. sembra inutile scrivere per delle donne che non sanno leggere ma il compito di epp è prezioso per la sua stessa salvezza oltre che per il futuro di molotschna. ed è un compito prezioso per noi lettorə perché donne che parlano è proprio quei verbali, tradotti in inglese e incorniciati dalle considerazioni e dal racconto di august epp.

le donne - anziane e giovani, madri e sorelle - parlano e parlano, non per piangere sulle proprie ferite ma per riflettere sulle azioni che possono compiere nel rispetto della loro fede e della loro sicurezza. queste donne incolte, fuori dal mondo, che non hanno mai visto il mare e non parlano neppure la lingua del paese in cui vivono, che conoscono solo la legge di dio così come il loro pastore gliel'ha insegnata, donne il cui pensiero, la cui opinione non hanno mai contato nulla, che sono sempre state usate come fattrici fino alla sfinimento da uomini che le considerano meno delle loro bestie, parlano e parlano e parlano. e le loro parole svelano animi affatto semplici e rozzi, anzi! discutono di cosa dio si aspetta da loro, basandosi sulla legge d'amore e di perdono su cui si fonda la loro fede, discutono di cosa gli uomini si aspettano da loro, rifacendosi al solo modo che conoscono di stare al mondo. discutono di obbedienza, di autorità, di dovere e di inganno, discutono del loro futuro e del futuro delle loro figlie, possibili vittime, e dei loro figli, possibili carnefici.
il tempo guarirà i nostri cuori afflitti, dice. la nostra libertà e la nostra sicurezza sono obiettivi fondamentali, e sono gli uomini che ci impediscono di raggiungerli.
non tutti gli uomini, però, dice mejal.
ona puntualizza: forse non gli uomini in sé, ma una perniciosa ideologia che ha potuto impadronirsi del loro cuore e della loro mente.
e se dietro le loro parole non ci sono studi, non ci sono basi teoriche né ideologiche a cui aggrapparsi, allora le donne di molotschna ci dimostrano che il bisogno di giustizia, di libertà e di rispetto sono qualcosa di innato, qualcosa che non si può solo apprendere astrattamente ma che si impara a desiderare quando ne soffriamo la mancanza. le loro parole ci illustrano cosa vuol dire davvero fare politica dal basso, senza sofismi inutili, solo ragionando sullo stato delle cose in cui viviamo e cercando insieme il modo di migliorarle.
è proprio per la spontaneità delle loro idee, per la genuina necessità che spinge quei ragionamenti a formularsi forse per la prima volta, che le donne che parlano sanno dirci così tanto, sanno mostrarci quello che le ore e ore di corsi e lezioni e dibattiti e assemblee forse non riescono a dirci davvero. che è difficile trovare una risposta e che è doloroso riconoscere qual è la soluzione migliore a un problema, che non sempre i pensieri seguono - o possono seguire - una sola direttiva perché siamo creature multiformi, complesse e sfaccettate, con le nostre storie, i nostri legami, la nostra fede, le nostre abitudini. e che però, nonostante tutto, trovare la via giusta, la soluzione ai problemi, è possibile e in qualche misura inevitabile e che, altrettanto inevitabilmente, non esiste vittoria senza perdita.

miriam toews fa raccontare alle sue donne che parlano la comunità mennonita tanto bene perché lei stessa ne ha fatto parte. non drammatizza né romanticizza il male di questo sistema patriarcale stretto e claustrofobico, solleva le protagoniste dal ruolo di vittime passive, dà loro voce, una pluralità di voci che illustrano la complessità di un sistema di pensiero che a una prima, superficiale occhiata, potrebbe sembrare semplice se non addirittura primitivo. queste donne che parlano non si arrogano mai il diritto di prendere parola per conto di tutte le donne, non immaginano assoluti né universalismi eppure sanno raccontare emozioni e desideri assoluti e universali, riprendono inconsapevolmente le voci di milioni di donne che si sono ribellate e continuano a farlo ogni giorno contro i sistemi oppressivi in cui vivono.
siamo donne senza voce, afferma ona, pacata. siamo donne fuori dal tempo e dallo spazio, non parliamo nemmeno la lingua del paese in cui viviamo. siamo mennonite senza una patria. non abbiamo niente a cui tornare, a molotschna perfino le bestie sono più tutelate di noi. tutto quello che abbiamo sono i nostri sogni - per forza che siamo sognatrici.
donne che parlano è un libro doloroso e terrificante, pieno di una rabbia che non sempre sa prendere forma né esprimersi a parole, eppure è, a suo modo, un libro luminoso e carico di speranza. perché fino a quando ci saranno delle donne a decidere di riunirsi e parlare insieme, a scegliere per il loro futuro, a comprendere i propri desideri e a sognare una vita migliore, allora quel modo migliore di vivere sarà un centimetro più vicino al nostro presente.

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