venerdì 29 aprile 2016

timecrime - parte I

avrei dovuto scrivere un post serio in cui parlo di roba seria, ma niente. non ce la faccio. sono in pieno scazzo esistenziale e non c'ho voglia di fare niente, vorrei svaccarmi sul letto a leggere fumetti per una settimana.
visto che mi era saltato il post serio in cui parlo di roba seria, pensavo di scrivere uno dei soliti commenti randomici a letture randomiche, ma poi mi sono amminchioluta (come direbbe quella meraviglia d'uomo di andrea camilleri) su timecrime e niente, cambio di programma.

dunque, avete letto la prima parte di timecrime su topolino? (prego che da queste parti non passi gente che pensa che ancora topolino? ma è roba da bambini! e questa pensa di poter parlare di fumetti! perché per ora c'ho il vaffanculo facile).
riassuntone per chi non sapesse di che stiamo parlando.
a marzo 2016 si è festeggiato il ventennale di pkna, sono usciti sei episodi della miniserie pk tube (testi di alessandro sisti, disegni di alberto lavoradori e colori di max monteduro) in sei numeri di topolino (da 3146 a 3152, saltando il numero 3151), gioia dei lettori dei tempi che furono (e di quelli che ora stanno scoprendo pkna con la nuova edizione), in cui vengono ripresi personaggi ed episodi della vecchia serie.
per chiudere in bellezza questa sorta di giubileo pikappico, francesco artibani ha scritto il primo, attesissimo e temutissimo (dalle masse isteriche di chi grida al fallimento ancor prima di sapere di cosa diamine si parla) crossover tra pikappa e niente di meno che doubleduck. i disegni sono stati affidati alle matite di paolo mottura e i colori a max monteduro, che insieme hanno creato delle tavole di una bellezza incredibile, e il risultato è quella immane figata (dal mio modestissimo punto di vista) di timecrime.


pk (da non confondersi con paperinik) è sicuramente l'identità di paperino più conosciuta, visto che, come si diceva, sono passati ben vent'anni dalla prima pubblicazione.
il numero 0 di pkna (paperinik news adventures) usciva a marzo del 1996, da quel momento in poi, fino al 2000 con pkna e successivamente con le altre due serie, il pk team ha rivoluzionato completamente lo standard delle storie disney: niente più stivaletti a molla e bassotti da consegnare alla polizia, pikappa diventa un supereroe più adulto, aiutato da un'intelligenza artificiale, dotato di apparecchiature futuristiche, in lotta contro extraterrestri che si nutrono di emozioni, pirati temporali, vendicatori spaziali, droidi... amici - e nemici - provenienti da luoghi e tempi lontanissimi.
un po' sulla scia della rinascita del vecchio mantello, nel 2008 su topolino nasce double duck, che vede paperino nei panni di agente segreto. anche questa volta ci si rifà a un paperino-agente segreto già esistente, il qu-qu-7 della p.i.a., e anche questa volta si crea uno scenario collaterale alla paperopoli che conosciamo, più godibile da un pubblico più adulto di quello a cui solitamente topolino è stato destinato. (o a cui si crede che topolino sia destinato. insomma, non credo di essere l'unica quasitrentenne che legge topolino oggi).
premettendo che, sigh, double duck lo conosco poco e sto ancora aspettando una ristampa monografica, cronologica e completa della serie, passiamo finalmente a timecrime - parte I.
nelle storie di double duck si era già trovato qualche elemento intruso di stampo pikappico e più di un anno fa, in un'intervista (qui) francesco artibani aveva lasciato intendere che prima o poi gli universi di pk e dd si sarebbero finalmente incontrati.
inutile dire che come al solito c'è stato chi ha criticato e peggio ha criticato prima di leggere la storia. la cosa che più mi manca del vecchio pk è la mancanza di facebook. comunque, mentre quelli che io avrei saputo fare di meglio sta ancora a ciancischiare sull'internet (sono pochi in fondo!), io vi direi di non ascoltarli e correre a recuperare topolino perché questa prima parte di timecrime è davvero imperdibile.


*attenzione agli spoiler*
ci ritroviamo, in apertura, a uno scontro diretto tra kay k (partner di double duck) e un misterioso ladro. questo riesce a fuggire sul tetto, dove però incontra lyla che si presenta subito come tempoliziotta e ci lascia capire subito che quello non è un ladro qualsiasi ma un cronocriminale, conosciuto come t32. ovviamente estranea ai fatti, kay k si scontra con lyla, scambiandola per una complice del malvivente, il ladro riesce a fuggire, anche se a mani vuote e kay k riesce a mettere fuori gioco lyla e scopre che è un droide.
mentre lyla è prigioniera dell'agenzia che sta cercando di studiare la sua tecnologia, kay k si rende conto che contemporaneamente è anche in diretta tv, su channel 00. qualche minuto dopo paperino, nei panni di double duck, si renderà conto che lyla non è l'unico "doppione": pikappa è all'interno dello stesso palazzo e sta cercando di portarla via.
la scena in cui double duck e pikappa non capiscono immediatamente di essere lo stesso papero è stata vagamente imbarazzante, ma sono sicura che un motivo ci sarà e che lo scopriremo nel secondo episodio. intanto sappiamo che pk è venuto dal passato per catturare un cronocriminale e che adesso ha bisogno di lyla per tornare indietro nella sua linea temporale. ma dd non ricorda nulla di questa avventura, che per lui dovrebbe essersi svolta nel passato... come è possibile?
in ogni caso, spiegata grossomodo la faccenda a kay k, che ha le sue buone ragioni per non voler coinvolgere tutta l'agenzia, i tre cercano un modo per recuperare lyla.
a complicare le cose, anche t32 sta cercando lyla per poter tornare a viaggiare nel tempo, adesso che la sua cronovela è stata distrutta durante lo scontro con kay k, e per farlo si affida a axel alpha, ex partner di kay k (non conoscendo bene dd è la prima volta che incontro questo personaggio, ma non mi va troppa simpatia). nel frattempo, l'agenzia ha deciso di spostare lyla a belgravia (altro punto in comune tra la serie di pk e quella di dd) e le due squadre iniziano a giocare a carte scoperte...
*fine spoiler*

che dire?
poca roba mi ha scatenato tanto hype e poi mi ha dato tanta soddisfazione quanto questa storia. attendo la seconda parte, ma so già che mi piacerà un sacco.

martedì 26 aprile 2016

orange

ogni lettore ha, almeno penso, le sue particolari fissazioni.
tra le mie ce ne sono due che mi hanno fatto posticipare di moltissimo la lettura di orange di ichigo takano: in primo luogo tendo a non fidarmi quando troppa gente parla troppo bene di qualcosa. ho dato un nome specifico a questo atteggiamento, ovvero trauma da il codice da vinci.
di orange tutti, ma proprio tutti tutti, dicevano che era un capolavoro imperdibile.
e niente, ho cominciato a sentire puzza di idiozia.
la seconda fissazione è che odio farmi rubare soldi dagli editori.
nel senso: orange ha esattamente la stessa edizione di buona parte dei manga editi da flashbook, forse qualche pagina in meno rispetto ai vecchi volumi, ma il prezzo più alto. e questa cosa non mi andava giù per niente.
parlando esclusivamente dell'edizione, non vale molto più di un manga da edicola. sì, ok, ha la sovracoperta - che tra parentesi odio con tutto il mio cuore - ma niente di più. quindi spendere quasi sette euro a volumetto era - è ancora - inconcepibile.
per cui mi sono messa buona buona ad aspettare la conclusione per poterlo recuperare usato a un prezzo accettabile, mossa sopratutto dalla curiosità, visto che tra i tutti che ne parlavano bene c'erano anche ragazze che hanno gusti molto simili ai miei.
sono riuscita a trovarlo già da un po' (non è stato facilissimo e questo l'ho letto in senso positivo: se non c'erano molte persone a volersene liberare qualcosa dovrà pur significare, no?) e me lo sono sciroppata in un paio di giorni.

giusto un'osservazione prima di parlarvi del manga.
c'avevo preso, anche se solo a metà.
orange non è un capolavoro. non è uno di quegli shoujo indimenticabili che ti restano indissolubili nel cuore e nei ricordi anche dopo quindici anni, non ti fa venire i lacrimoni agli occhi quando ci ripensi. non è (chiaro che tutto questo è da intendersi come mia opinione personale, eh!) come karekano, mars, nana, furuba, kodocha, la principessa splendente o proteggi la mia terra. quelli sono capolavori totali. questo è un bel manga, certo, al di sopra della media sicuramente. ma niente di più. e mi sono sentita un po' dispiaciuta quando me ne sono accorta. ho sperato fino all'ultimo, ma niente. non è riuscito ad entrare, secondo me, nella rosa degli shoujo manga più belli.


le premesse iniziali sono ottime.
una ragazza di sedici anni, naho takamiya, riceve una lettera dalla sé stessa del futuro, in cui le viene spiegato come evitare che un suo compagno di classe e amico, kakeru naruse, possa scomparire.
ora, io sono cresciuta con pkna, per quello che mi riguarda viaggi temporali, messaggi dal futuro, paradossi eccetera sono la norma, quindi sono partita subito per la tangente facendomi milioni di pipponi mentali su come sarebbe andata avanti la vicenda, esaltatissima di trovare un argomento del genere in uno shoujo manga.
ma tranquilli. la trama vira velocemente da "fantascientifico" al "melanconico emozionale".

inizialmente naho non credo alla lettera, d'altro canto, come darle torto? come avrebbe fatto la sé stessa di dieci anni dopo a mandare una lettera indietro nel tempo? e poi chi è kakeru naruse? lei non lo conosce... ancora.
esattamente il giorno in cui riceve la lettera, viene presentato un nuovo studente nella classe di naho, ovvero kakeru. nonostante alcune indicazioni della lettera non siano immediatamente comprensibili, molti dei fatti descritti succedono veramente.
così naho, che manco a dirlo, ci metterà poco a prendersi una cotta per kakeru, comincerà a fidarsi della lettera, per riscrivere il suo futuro, per evitarsi il rimpianto della perdita e sopratutto per salvare kakeru. e nel farlo non sarà sola. uno dei pregi di orange è di essere, in qualche modo, un manga corale. anche se i personaggi secondari, gli amici di naho che diventano anche loro amici di kakeru, sono abbastanza ben caratterizzati, seppure rimangano sempre e soltanto personaggi secondari. anche loro cercano di aiutare kakeru e di evitare il destino che hanno conosciuto esattamente come è successo a naho.

senza indugiare troppo negli spoiler, di orange si può dire che è un bel manga che parla di amicizia più che di amore romantico, cosa dovuta anche - forse - alla sua travagliata storia editoriale: i primi capitoli infatti furono pubblicati su betsuma, rivista shoujo di shueisha, fu interrotta quasi subito per poi approdare su gekkan action, una rivista seinen di futabasha.
ripeto che avrei sperato una spiegazione scientifica (o meglio fantascientifica) più esauriente sulla storia delle lettere, mentre il tema portante è da un lato, come detto, la malinconia e il rimpianto, dall'altro il valore assoluto, enorme e importantissimo dell'amicizia, quella che supera persino la realizzazione personale (penso a suwa, al suo futuro e a come è disposto a cambiarlo per il bene di kakeru).
forse, quello che ha rovinato il manga è stato proprio il finale, un po' affrettato e che lascia libera interpretazione al lettore. è davvero possibile cambiare il passato? è possibile chiedere scusa anche quando è ormai troppo tardi? basta cercare in tutti i modi di porre rimedio per creare un mondo parallelo, non importa se reale o no, in cui tutto è andato per il meglio?
non si sa, ma in fondo siamo liberi di immaginarlo, no?


molto carini i disegni, sicuramente più di quelli di dreamin' sun, sono accurati, eleganti, molto femminili e al contempo abbastanza lontani dalle stilizzazioni tipiche degli shoujo manga, sopratutto ho apprezzato (cercandole su google, ovvio) le illustrazioni a colori della serie, molto delicate e gradevoli.

in definitiva: da leggere sicuramente, ma di certo nella nostra carriera di lettori di shoujo manga ci siamo trovati davanti ad opere di livello più alto.

domenica 24 aprile 2016

revolushow

con revolushow si smette di essere lettori e si diventa telespettatori di una lunghissima diretta, un talk show in cui l'ospite d'onore è il capo del sistema, il boss del bazura empire. mentre il conduttore, king hashtag, infiamma la city celebrando l'uomo più potente, colui che controlla il sistema, mentre i telespettatori incollati davanti allo schermo non osano neanche spostare le pupille di qualche centimetro, fuori dagli studi, nelle strade, qualcosa sta cercando di sovvertire proprio quel sistema.

revolushow è un fumetto dissacrante, grottesco, che se ne strafrega del politicamente corretto, che fa satira e che la fa sul nostro nuovo sistema di comunicazione di massa: i social, il loro linguaggio e la possibilità che tutti, ma proprio tutti tutti, riescano a esprimere quelle che definiscono - senza reale cognizione di causa - idee e opinioni.

i disegni di alessandro caligaris sono pesanti, grotteshi, ultraspressivi: ci conduce all'interno di quello che sembra quasi un campionario freak senza risparmiarci violenza, deformazioni e mostruosità varie, mentre antonio l. falbo scrive testi che sembrano usciti dai social sui quali sguazziamo ogni giorno, pieni di parolacce, di finte idee e ideologie, di luoghi comuni e cattiveria spesso e volentieri gratuita. insieme, creano uno spettacolo che potrebbe sembrare surreale ed esagerato, ma che in fondo è uno specchio cosciente della nostra società.
quello che trovate in revolushow e che può infastidirvi e farvi storcere il naso, non è in fondo altro da quello che viviamo esattamente ogni giorno: dipendenza assoluta da tv e social? ce l'abbiamo. violenza data in pasto a chiunque posi gli occhi su uno schermo? ce l'abbiamo. ma sopratutto: personaggi ridicoli, grotteschi, stupidi, ignoranti, con il cervello come una cacca di cane secca che sparano sentenze gonfie di odio e populismo da due soldi? abbiamo anche quelli. e a dirla tutta, possiamo forse farci mancare un potere che muta aspetto, che passa come un fluido da un corpo a un altro, per dare l'idea che tutto cambi, quando in realtà non cambia niente (semim cit.)? ovviamente no. e sì, abbiamo anche quello.

revolushow è un fumetto che fa satira e la fa su tutto. politica, religione, società, media; non risparmia nulla, mirando con intelligenza su quanto viene trasformato da ideale - nell'accezione più nobile del termine - a idiota, vuoto e sterile araldo per un popolo ignorante e incapace di raziocinio e giudizio autonomo, con le ovvie soluzioni devastanti che, per quanto possiamo esserne in buona parte incoscienti, stiamo vivendo oggi. gli autori infatti pescano a piene mani dalla realtà di ogni giorno, sopratutto dai social media, lì dove quello che viene presentato è difficilmente conforme al reale, dove la finzione a scopo di autoglorificazione è la norma, dove errori e mancanze sono trofei da esporre, in cui chiunque strilla inaudite porcherie difendendosi dietro il diritto di esporre le proprie opinioni senza neppure sapere cosa sia un'opinione, in cui le guerre si fanno tra poveri, sopratutto tra i poveri di cultura e di intelligenza (per la precisione tra gli impoveriti ad hoc) e vengono vinte dai manipolatori furbi e senza scrupoli.

giusto una considerazione personale: la copertina che riprende la morte di marat e una delle illustrazioni che si rifanno alla deposizione di cristo, nel sovvertire il ruolo dell'eroe (permettetemi il termine), sono alcuni dei colpi di genio che mi sono piaciuti di più in assoluto. se pensate che siano fuori luogo, e cosa non lo è d'altro canto in questo fumetto?, beh, no, non lo sono.
se prima avevamo degli eroi, pronti a morire per il bene degli altri o per nobili cause, adesso dobbiamo accontentarci di chi è disposto a immolarsi per un nuovo concetto di bene superiore: il potere che si reincarna in sé stesso, svuotandosi di senso ed essendo esclusivamente forza prevaricatrice finalizzata a sé stessa.
solo che caligaris e falbo lo sanno spiegare meglio.
chapeau.

lo trovate in libreria, pronto a darvi fastidio e a farvi pensare che in fondo la city non è poi tanto diversa dal nostro paese, dal 26 aprile (ma su amazon - primo link del post - è disponibile da domani).
e grazie mille a eris per avermi dato la possibilità di parlarvene in anteprima!

mercoledì 20 aprile 2016

sip kids

uscirà in libreria tra qualche giorno (il 28 aprile), ma bao mi ha dato l'opportunità di leggerlo in anteprima e ne sono davvero felicissima: sip kids è un fumetto imperdibile per i fan di strangers in paradise - ovviamente - ma anche per chi ha amato e continua ad amare le strisce dei peanuts.
perché sip kids rende omaggio - e che omaggio! - proprio alle famigerate noccioline, permettendo a moore di realizzare il suo progetto di disegnare un fumetto che si rifacesse all'opera di schulz, idea originariamente accantonata per via dell'enorme successo che gli diede un'opera completamente diversa per forma e contenuti, ovvero strangers in paradise.


la cosa più paradossale è che se moore non ha disegnato prima qualcosa in stile sip kids perché era riconosciuto come un autore di fumetti completamente diversi, c'è anche da ammettere che sip kids non esisterebbe senza l'enorme pubblico di fan di sip pronti a sostenere un progetto simile. il cane che si morde la coda, insomma.
in ogni caso, io sono felice come una scimmia davanti a questo gioiellino che si può a tutti gli effetti definire come un bellissimo regalo ai lettori di strangers in paradise.


moore sembra giocare con i suoi stessi personaggi e con i lettori, come se fossero vecchi amici affezionati a cui fare uno scherzo divertente e innocuo: cosa sarebbe successo se katchoo, francine, david, tambi, darcy, bambi, freddie e casey si fossero conosciuti da bambini? e se avessero vissuto tutti in un quartiere che ricorda quello di charlie brown, se avessero frequentato la stessa scuola?
nonostante le fondamentali differenze di trama rispetto alla serie originale, dovute all'età dei protagonisti, sip kids mantiene quasi del tutto inalterato sia il tipo di relazioni che si intrecciano tra i personaggi, sia il loro carattere, seppur smussato da un'atmosfera infantile, spensierata e innocente in cui mancano i momenti drammatici e i colpi di scena tipici di strangers in paradise, nonché - ovviamente - le tematiche più adulte.
così, tra una partita di pallone e la festa di halloween, katchoo fa la corte a francine e litiga con il suo rivale freddie, darcy fa la bulla e cerca di accattivarsi la simpatia di katchoo, senza tutte le finezze di cui sarà capace da adulta, mentre francine si lascia sciogliere dalle attenzioni di freddie, il quale non nasconde di essere un promettente mollicone. solo il personaggio di david risulta un po' troppo diverso da quello che potremmo definire l'originale, tanto dolce e ingenuo da risultare persino sciocco.
l'atmosfera a primo impatto allegra e spensierata, ma richiama alla mente tutto quello che sarà - o, se preferite, è stato: una scena su tutte, semplice quanto poeticamente fortissima, quella nella quale katchoo si allontana da casa di francine per tornare a casa sua, in un paesaggio che cambia persino i colori del cielo e che riassume, in una sola vignetta, tutto quello che sarà la sua terribile adolescenza.


un omaggio a strangers in paradise dunque, ai suoi indimenticabili personaggi, ma anche, come si diceva, ai peanuts: non solo nello stile grafico, lontanissimo da quello a cui moore ci ha abituati e che si avvicina molto a quello di schulz, sopratutto nelle fisionomie volti e nelle anatomie (le teste tonde e i nasi un po' "a patata" che fanno tanto charlie brown), ma anche in alcune scene - come quella qui sopra - che richiamano immediatamente alla memoria alcuni tormentoni delle strisce di snoopy & co.

un progetto del genere poteva anche risultare goffo e peccare di autocelebrazione, ma moore disegna tavole che sono una gioia sopratutto per il cuore di chi ha seguito la storia di katchoo, francine, david e tutti gli altri: non solo questo repentino e totale cambio di atmosfera non tradisce la natura dell'opera principale, ma si può quasi leggere come una sorta di riscatto per tutti i momenti tristi e dolorosi di strangers in paradise. personalmente mi sono divertita tantissimo a leggerlo, è stato quasi come per l'ultimo film di star wars: è qualcosa di completamente nuovo che però ogni tanto strizza l'occhio ai fan, come se l'autore dicesse ehi, lo so che davanti a questa vignetta hai pensato a quello che hai letto anni fa e sappi che l'ho fatto apposta per te. e ammetto pure che mi sono anche un po' commossa a ritrovare tutti bambini, tutti insieme.
e posso dire anche che è sicuramente uno dei tributi più riusciti ai bambini a fumetti più famosi di tutti i tempi. che volete di più?

lunedì 18 aprile 2016

himitsu - the top secret 1

sono giorni che mi arrovello su questo post.
scrivere di himitsu - the top secret mi sembra quasi impossibile.
l'autrice, reiko shimizu, nota (no, non è vero) in italia per la principessa splendente, è forse al contempo una delle mangaka più brave e più bistrattate le cui opere sono state pubblicate nel nostro paese.
cerco di capire da anni perché un fumetto disegnato benissimo e con una trama accattivante e coinvolgente non possa avere il successo che merita, e me lo spiego in due frasi (chi vuole arrabbiarsi faccia pure): in primo luogo perché quelli di reiko shimizu sono manga, e si sa, chi legge graphic novel e fumetto indipendente eccetera non si abbassa a leggere manga, e chi legge manga, troppo spesso purtroppo, legge solo manga, e la shimizu fa manga esteticamente e contenutisticamente molto lontani dai manga che tirano di più, così liberi dai cliché dei titoli mainstream da non rientrare quasi mai tra le letture dei mangofili estremisti.
ragion per cui, da un lato o dall'altro, questa autrice non ha avuto il successo che meritava.
per cui mi unisco all'appello di elisa di gerundiopresente e invito le due categorie, quelli che io i manga non li leggo che mi fanno schifo e quelli che io leggo solo manga e preferibilmente solo quelli di successo, a dare un'opportunità a questo titolo, altrimenti sappiate che vi state perdendo una megacicciofigatissima immensa (vi invito anche a buttare nel cesso queste stupide idee che vi fanno discernere tra i fumetti a seconda della nazionalità del loro autore/editore; è una roba davvero insensata e veramente veramente veramente stupida).

tornando in tema.
himitsu - the top secret di reiko shimizu è uno shoujo manga, uno di quelli che fa crollare ogni luogo comune sugli shoujo: niente storie d'amore, niente occhioni né fiori in ogni dove. anzi, himitsu unisce tematiche fantascientifiche a tratti da poliziesco, con la solita attenzione dell'autrice per la psicologia dei personaggi.
il risultato è ambientato in un futuro non troppo lontano, nel quale si è riusciti, grazie a una particolare forma di risonanza magnetica e di elettrostimolazioni, a rivedere tutte le immagini viste dalla vittima fino ai due anni prima del momento della morte, a patto ovviamente di poter disporre entro le dieci ore dal decesso del cervello intatto.
una tecnologia del genere consente dunque di poter svelare anche i crimini più elaborati, gli omicidi perfetti, semplicemente guardando, come un film, quello che il cervello ha registrato.
ma se da un lato questo metodo di indagine permette soluzioni precise, veloci e senza possibilità di errore, dall'altro viola completamente la privacy della vittima, rendendo visibili non solo gli eventi registrati, ma anche le sue emozioni, sensazioni, paure: i ricordi infatti sono in qualche modo alterati da chi li ha registrati, come se si trattasse di una iper-soggettiva: ad esempio, una persona della quale la vittima era innamorata, apparirà più bella di quello che è in realtà, o al contrario, qualcuno di cui aveva paura, avrà un aspetto ancora più spaventoso. senza contare che allucinazioni, dovute o meno ad assunzioni di stupefacenti, fantasie eccetera, saranno registrati come se fossero reali.

trovato un modo per analizzare una fonte perfetta (o quasi) di informazioni come il cervello, tocca trovare anche chi riesca a portare avanti le indagini, basandosi sul materiale in possesso per ricostruire l'esatto corso degli eventi, senza tralasciare il fatto che questo tecnologia può mostrare le immagini, ma non i suoni o gli odori.

come per molte altre serie diventate poi famose ed apprezzatissime dal pubblico, anche himitsu è nato da un episodio pilota breve: nel 2055 in america viene per la prima volta utilizzata la tomografia del cervello per risolvere un caso molto controverso e che riguarda niente di meno che il presidente degli stati uniti, trovato morto in circostanze molto misteriose. kevin loomis si ritroverà a collaborare alle indagini in qualità di esperto della lettura delle labbra, ma, superato l'entusiasmo iniziale per quello che questa nuova tecnica investigativa comporta, kevin comincerà a porsi delle domande fondamentali per quello che riguarda i risvolti dal punto di vista etico e morale. su quale base, ad esempio, si deve decidere chi deve scandagliare la vita privata di un'altra persona? quali informazioni possono essere rese pubbliche e quali no? quanto è corretto violare fino a questo punto l'intimità di qualcuno senza il suo consenso?
dopo questo episodio pilota comincia la serie vera e propria. ci troviamo, cinque anni dopo gli eventi americani, in giappone, a seguire le indagini della nona sezione investigativa di tokyo insieme ad aoki, uno dei nuovi membri della squadra.
in effetti, tutto il personale è stato appena cambiato: i vecchi investigatori, dopo aver seguito il caso di un serial killer, sono tutti impazziti o si sono suicidati. solo il giovane vice commissario maki sembra non aver riportato nessun trauma dall'indagine precedente.
oltre a tutti i quesiti che loomis si era posto anni prima, adesso si aggiunge la domanda più spaventosa: è possibile rivivere le esperienze di alcune vittime di omicidi brutali senza esserne turbati in modo irreversibile?

il rapporto tra aoki e maki si sviluppa in pochissimo tempo senza per questo peccare per mancanza di
naturalezza: per quanto brillante, intelligente, dotato di una capacità di osservazione senza pari e con una capacità sovrumana di resistere allo stress psicologico delle indagini, maki nasconde più debolezze di quanto si potrebbe immaginare, mentre aoki è la spalla perfetta, pronto a sostenere maki senza nessuna esitazione.

personaggi affascinanti, casi misteriosi da risolvere, omicidi efferati, tecnologie futuristiche, ritmi serratissimi che non lasciano mai calare l'attenzione, senza contare l'eleganza e la pulizia che contraddistinguono le tavole di reiko shimizu. praticamente himitsu è il tipo di fumetto che potrebbe piacere a qualsiasi tipologia di lettore.
se proprio dobbiamo trovargli un difetto quello è il suo editore italiano. la goen è famosa per i suoi ritardi, rinvii infiniti delle uscite, blocchi, un'attenzione e una cura del cliente che vanno, in negativo, oltre ogni limite concepibile. la speranza è di riuscire a leggere tutti e 12 i volumi della serie principale senza diventare nonni nel frattempo, al momento neanche ci pensiamo ai vari prequel (sui quali non sono poi neanche tanto informata, quindi se qualcuno sa qualcosa mi farebbe piacere se lasciasse un commento), perché sarebbe veramente chiedere troppo a un editore simile.
per consolarvi posso dire che in ogni volume si conclude un caso investigativo, per cui le attese tra un numero e l'altro sono meno fastidiose rispetto ad altre serie. io, personalmente, avevo decretato blocco totale per goen, ma questo e mahoromi sono davvero imperdibili e quindi, amen, possiamo solo attendere e incrociare le dita. peraltro pare che in molte fumetterie (ovviamente non nella mia) sia già arrivato il secondo volume...

ps. non solo sono riuscita a scrivere di un fumetto che pensavo non sarebbe mai arrivato qui in italia, ma questo è il 650° post su claccalegge magari porta bene...

mercoledì 13 aprile 2016

commenti randomici a letture randomiche (14)

tantissima bella roba di cui parlare, ergo tantissima felicità & profonda disperazione per lo spazio in libreria che sta sparendo non so come e peggio ancora non so come fare.

in primo luogo a pasqua ho ricevuto (beh sì, sono una donna fortunata io! ) il desideratissimo crescere, che palle!, la prima raccolta pubblicata in italiano di sarah andersen.
seguivo già da tempo la sua pagina fb e quella di una fan italiana che si occupa di tradurre le vignette, quindi conoscevo già buona parte del materiale presente nel libro, ecco perché lo desideravo tanto!
sarah andersen ha centrato in pieno il bersaglio: la sua protagonista è l'immagine perfetta della ragazza un po' nerd, non troppo bella, agli antipodi dello stereotipo della giovane donna femminile e sensuale, incasinata, pigra, con un pessimo gusto per i vestiti e un coniglio per amico.
è impossibile non riconoscersi in lei almeno in una delle vignette, praticamente si può dire che la anderson ha colto un mondo completamente diverso, e forse finora nascosto, intenzionalmente o meno, della realtà delle ragazze di oggi: la timidezza cronica, la scarsissima voglia di far vita sociale, la passione per telefilm, fumetti, film e tutto quello che fino ad adesso era stato di proprietà dei nerd occhialuti e rigorosamente maschi, il disinteresse per la moda e la totale mancanza di pudore - ed era ora! - quando si parla di mestruazioni, chili di troppo e peli superflui.
finalmente una serie di vignette sulle giovani donne divertente ma mai stupida, in cui è facile riconoscersi ma senza luoghi comuni offensivi, volgari e/o sessisti. le scenette fanno ridere, sono brillanti, forse esagerate ma senza ombra di dubbio veritiere!
consigliato, sopratutto alle ragazze. intanto io ho bisogno di un'altra decina di raccolte così!

dal megaordine su libraccio di pochi giorni fa ho già dato fondo a due desideratissimi titoli, il primo è un ottantaduenne, un gatto e una fantastica vacanza, il sequel di la fantastica storia dell'ottantunenne investito dal camioncino del latte. nel primo romanzo mi ero così tanto affezionata a frank e a bibì che ero davvero felicissima di aver scoperto che la loro storia continuava in un altro libro. perché di certo qui non si parla di alta letteratura e non è certo il romanzo della vita di nessuno.
ma j.b. morrison ha creato un personaggio tanto realistico e comune che non si può non sentirlo vicino in qualche modo, come se fosse il nonno un po' strambo a cui fare una telefonata al giorno per essere sicuri che non abbia combinato nulla di pericoloso.
dopo l'incidente con il lattaio e la conseguente rinascita di frank a opera - inconsapevole - di kelly natale, altri incredibili sconvolgimenti stanno per segnare la vita dell'ormai ottantaduenne e del suo fedele quanto scurrile gatto.
dalla piovosa inghilterra, frank volerà fino a los angeles da beth, sua figlia, alla quale il destino ha giocato il brutto scherzo di mandargli la vita in frantumi, regalandole una separazione e una brutta malattia proprio nello stesso momento.
da bravo padre, frank la raggiungerà non appena possibile, portandosi dietro bibì e rinunciando alla sua vecchia casa da pensionato solitario.
in america, insieme a beth e laura, vivrà giorni da padre e nonno, finalmente con la sua famiglia, con le persone che ama di più al mondo... non senza cacciarsi nei guai!
ne avevo letto pareri abbastanza negativi, invece questo romanzo mi è piaciuto parecchio, forse più del primo. mi ha lasciato la voglia di continuare a leggere le avventure di frank, di accompagnarlo ancora per tanti anni e tanti romanzi!

il secondo libro recuperato sul libraccio ha lavato una macchia enorme nella mia storia di lettrice, che quasi mi duole ammettere: ho recuperato adesso, dopo e anni e anni, le fiabe di beda il bardo. l'ho cercato per un po', poi mi ero arresa visti i prezzi della vecchia edizione, tutti, ovviamente maggiorati, e vista l'orribile copertina della nuova edizione. adesso posso dire che a completare la mia collezione di harry potter mancano solo gli illustrati!
non c'è moltissimo da dire su questo libro in effetti.
sono favole sul modello di quelle dei fratelli grimm o altre favole popolari, rivisitate però in chiave magica, ovvero, là dove solitamente maghi e streghe erano antagoniste di eroi e eroine umane (o babbane), qui sono i protagonisti, e la magia non è solo fonte di malefici e incantesimi di cui liberarsi, ma diventa, se ben usata, un mezzo per aiutare, curare, guarire gli altri.
insomma, cambiano i personaggi e cambia il ruolo della magia, ma non cambiano quelli che sono sempre stati gli insegnamenti delle favole: l'altruismo, la bontà d'animo, la generosità, la modestia e la lealtà vincono; gli arroganti, cattivi e superbi finiscono sempre con il vedersela brutta.
molto carina l'idea di aggiungere i commenti di silente e le note dell'autrice per spiegare al meglio a noi poveri babbani parole, modi di dire eccetera.
insomma, fondamentale per i fan di harry potter (e chi non lo è?), ma come libro in sé se ne può tranquillamente fare a meno.

lunedì 11 aprile 2016

addio, stregone

eccomi qui. non sono morta, non sono fuggita in australia a coccolare quokka (anche se lo farei volentieri. per i quokka intendo). ho passato gli ultimi giorni a dipingere come un'ossessa fino allo sfinimento, il forno è quasi pieno, la prima fase di lavoro quasi finita, le idee per le prossime cose da fare sono tantissime e io non riesco a star dietro a tutto.
in questi giorni ho passato forse in totale 3 ore davanti al pc, quasi tutte riempite da giochini idioti che riducono il cervello in pappa, qui non sono proprio riuscita a passare, nonostante in realtà sia riuscita a leggere più di quanto sperassi.
il resto del tempo l'ho passato a rodermi il fegato per l'atteggiamento diffusissimo della gente che pensa che, se fai un lavoro tipo designer, grafica, artigiana, artista a qualsiasi livello e titolo, tutti ne sanno più di te o almeno quanto te, tutti sanno fare quello che fai tu, professionalmente non vali un emerito. io non capisco se è solo arroganza, o se davvero pensano che qualsiasi cagata tirino fuori da un pc o da una matita sia effettivamente uguale a quella che una persona, che magari non è michelangelo, ha creato dopo anni e anni di studio e pratica e e e.

sono fuori tema? mica tanto, visto che oggi volevo spendere due parole su addio, stregone, manghino che ho recuperato approfittando della possibilità di uno scambio. si tratta di una miniserie di due volumi uscita qualche tempo fa per planet manga. mi ispirava molto per il fatto che raccontasse la storia dei fratelli van gogh, sapevo di dovermi aspettare qualcosa di molto romanzato e di assolutamente non attinente alla realtà, ma devo ammettere che ha superato ogni mia aspettativa.


il protagonista è theo van gogh, fratello minore del più noto vincent, mercante di arte appassionato del suo lavoro, ciecamente fiducioso nel talento del fratello e nella nuova arte: nella galleria goupil, dove lui lavora, esposero i maggiori pittori impressionisti, anche nel periodo in cui l'arte accademica non vedeva di buon occhio questi artisti ribelli e anticonformisti.
la figura di theo è, almeno in questo e nel rapporto con vincent, molto simile alla realtà. è proprio il pittore invece ad aver subito per mano di hozumi, l'autrice, il cambiamento più drastico.
per non dire assurdo e inaspettato.
siamo abituati a pensare a vincent van gogh come un uomo in continua lotta con il mondo e ancor di più con sé stesso, un'anima turbata e disturbata, un personaggio arrivato all'autolesionismo e al suicidio. era ovvio aspettarsi una figura cupa, solitaria, forse anche un po' negativa.
invece il vincent di addio, stregone è un ragazzo dolce, ingenuo, felice, capace di trovare in ogni dove, persino nei momenti più dolorosi, la bellezza della vita, uno che, secondo le stesse parole di theo, non ha mai provato il sentimento della rabbia.
ve lo assicuro, è uno shock.
la vita di vincent scorre tranquilla, lui dipinge centinaia di quadri, ingenuamente ignaro del suo talento, mentre il fratello theo lo supporta, moralmente ed economicamente: theo crede ciecamente in vincet, crede nel suo talento, un dono divino che vincent ha il dovere di utilizzare per rendere felici gli uomini del presente e del futuro, e per spingere il fratello a non abbandonare la sua strada, arriverà a compiere gesti drammatici e a dir poco pericolosi.
per tutto il tempo (poco a dire il vero, vuoi perché sono solo due volumi, vuoi perché praticamente li ho divorati) si aspetta il momento in cui vincet diventerà il vincent che tutti conosciamo: per tutto il tempo ci si chiede quale trauma, quale evento siano riusciti a trasformare quella sorta di bambinone nel genio visionario di cui abbiamo ammirato milioni di volte le opere.
bene, io non vi svelo il finale, però ve lo dico: è traumatico.

nonostante lo stravolgimento completo e totale di una delle figure più conosciute e amate del mondo dell'arte, non è stato questo nuovo vincent a farmi storcere il naso, assolutamente: ho preso la storia per quella che è, non una biografia, ma un racconto frutto della fantasia di un'autrice che ha scritto una versione tanto assurda quanto godibile. insomma, se cercate la verità su van gogh, non siate ridicoli, andate a studiare un libro (anche più di uno) di storia dell'arte e non aspettatevi nulla da questo titolo (sembro cattiva? no, è che ci sono tanti che si credono esperti di storia giapponese perché hanno letto qualche manga sui samurai, trovo che sia un atteggiamento a dir poco ridicolo, da arrogantelli ignoranti e stupidi).

quello che mi ha davvero infastidita è stata la scelta di rappresentare tutti i personaggi come i classici bishounen da shoujo manga, cosa che li ha resi, almeno a me, falsi oltre ogni limite di sopportazione. 
capisco la necessità di vendere il fumetto a un certo tipo di pubblico, capisco l'abitudine di questo pubblico a vedere sempre e solo un certo stile grafico, capisco che magari molti ragazzi in giappone non abbiamo mai visto le fotografie di alcuni artisti del periodo, ma di certo rappresentarli come androgini con i capelli sparati in aria mi po' mi ha lasciato sconcertata, anche perché si tratta di un josei (manga destinato a donne adulte) e non uno shoujo, shounen o altra roba per un pubblico giovane.
quello che poi mi ha davvero fatta ridere, e intristire allo stesso tempo, è stato lautrec: era un uomo piccolo, sgraziato, diciamo anche brutto: era affetto da una rara malattia ossea, la picnodisostosi (link wikipedia, in cui trovate proprio una foto di lautrec), che gli conferiva le particolari caratteristiche fisiche di cui sopra: proprio il suo aspetto, così fortemente in contrasto con le sue immagini piene di bellezza e di grazia, lasciano cogliere il suo genio, la ricerca del bello nell'arte e nella vita, la volontà di afferrare quello che il destino gli aveva proibito, e al contempo, la totale mancanza di autocompatimento e anzi, una capacità infinità di godere della bellezza e della gioia di essere vivi.
ora, vedere lautrec ritratto come un ragazzino imberbe, carino ma appena un po' più minuto degli altri, mi ha prima fatta ridere, poi irritata: ancora oggi il brutto va nascosto? celato? camuffato? non va bene rappresentare un uomo per quello che era, con tutti i suoi difetti fisici e con tutta la sua immensa bellezza interiore? o forse l'autrice ha ritenuto inutile cercare almeno una foto dei personaggi che ha usato per la sua storia, inventandoseli di sana pianta?
non ho idea, anche se credo che sia più la prima (nel secondo caso la mancanza di serietà sarebbe imperdonabile), e questa cosa mi sconforta. sono stanca di questa stupida concezione del corpo come oggetto da vendere, anche quando è solo un disegno. sono stanca del disprezzo per il non canonico, per il brutto, per il diverso.
henri de toulouse-lautrec sapeva godersi la vita anche se la vita gli aveva tirato un brutto scherzo, oggi ancora, per essere accettati, non abbiamo nemmeno il coraggio di mostrare le vere fattezze di un personaggio storico, neanche il coraggio di disegnare un uomo brutto.
mi spiace per hozumi. l'idea di fondo era buona, persino quella di reinventare la vita di vincent van gogh è stata una buona trovata, ma questa scelta grafica, che è anche ideologica a dirla tutta, è stata infelice oltre ogni limite.

lunedì 4 aprile 2016

le variazioni d'orsay

mentre la mia vita continua incasinatissima in questo disperato, anzi no, molto pieno di speranza, tentativo di ingranare con il lavoro, il fine settimana di pasqua mi ha regalato un po' di tregua e di tempo per leggere. ho ricevuto due libri che volevo tantissimo, due libri a fumetti, intendo: crescere, che palle! di sarah andersen e le variazioni d'orsay di manuele fior.
oggi vi parlo del secondo, ma prima vorrei cercare di presentare un po' l'argomento.

innanzitutto il museo d'orsay: potrei liquidare la questione con una di quelle frasi a effetto del tipo "è uno di quei posti che va visto almeno una volta nella vita", ma...
l'edificio venne costruito nel 1898 e terminato in soli due anni, in modo da essere pronto per l'esposizione universale del 1900. per cinquant'anni, l'orsay fu una stazione, ma nel 1950, quando già da una ventina d'anni serviva soltanto come stazione per i treni locali, smise completamente di funzionare e nel 1961 fu addirittura ordinata la sua demolizione, cosa che, per fortuna, fu evitata dalle richieste dei cittadini stessi. l'orsay ospitò compagnie teatrali e case d'asta, ma dobbiamo aspettare il 1978 affinché venga destinato a essere il museo che conosciamo, grazie all'opera di riqualificazione dell'italiana gae aulenti, e il 1° dicembre del 1986 per la sua inaugurazione.

da allora, è famoso per essere il museo per antonomasia in cui poter ammirare le più belle opere di impressionisti e post-impressionisti del mondo: monet, manet, degas, cézanne, renoir, rousseau, seurat, van gogh e via dicendo.

qualche anno fa la casa editrice francese futuropolis ha iniziato un progetto proprio in collaborazione con il museo d'orsay, chiedendo ad alcuni artisti di realizzare delle opere a fumetti che raccontassero il museo, le sue opere e la sua storia. la prima opera frutto di questa collaborazione è stata una moderna olympia (anche questa pubblicata in italia da coconino) di catherine maurisse, la seconda è proprio le variazioni d'orsay. si parla anche di una terza opera che dovrebbe essere realizzata da craig thompson, l'autore di blankets.


saltando da un momento all'altro della storia del museo, avanti e indietro tra passato e presente, fior racconta attraverso le opere la vita stessa dell'orsay. i tempi sono infatti quelli del sogno, in cui tutto si fonde e confonde, i quadri diventano i luoghi stessi della narrazione, e ci si trova spiazzati, dopo una visita a una foresta di sapore rousseauiano, ad accompagnare degas prima nello studio di ingres e poi alla prima riunione, nello studio fotografico nadar, con il neonato gruppo di impressionisti, fino a leggerne il compianto dell'amico valéry.
sono gli anni in cui il mondo dell'arte è in fermento, in cui alla sperimentazione pittorica si affianca il fascino per la fotografia e sopratutto quelli in cui il concetto stesso di arte prende una grossa, importantissima svolta, rifiutandosi di servire il gusto del pubblico, diventando effettivamente pura e semplice gioia per la rappresentazione e l'espressione allo stesso tempo.
l'orsay è un po' la casa di questa rivolta culturale, nelle tele che ospita si vive ancora, come allora, la passione degli artisti che le hanno create, sconvolgendo il mondo intero con qualcosa di mai visto e allora, e forse ancora, non completamente compreso.
fior dipinge la storia della pittura che stravolse il concetto stesso di arte, accompagnandoci in un tour onirico e vertiginoso tra le immagini e addirittura dentro le immagini, tra le storie, gli aneddoti, le realtà che vi si celano dietro.

collaborazione riuscitissima quella tra il museo, futuropolis e manuele fior, che hanno dato vita a un'opera affascinante e preziosa.
sarebbe bello se anche qualcuno dei musei italiani proponesse un lavoro simile ai nostri tantissimi talentuosi artisti per raccontare la loro storia e quella delle opere che ospitano.
confidiamo nella nuova sensibilità che il nostro paese da qualche anno a questa parte sembrerebbe acquisire nei confronti del fumetto.
intanto recuperate questo titolo bellissimo!