come l'anno scorso, torno a scrivere del salone del libro per parlare di un sacco di cose che girano intorno al salone. o forse è il salone che gira intorno a un sacco di cose, non lo so.
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arrivare qui davanti mi emoziona sempre |
anche quest'anno ho avuto il pass stampa che, insieme a un po' di cose che mi sono sentita dire lo scorso weekend da un po' di editori con cui ho collaborato (no ok, questa cosa che "collaboriamo" con gli editori è una porcheria da linguaggio social. non c'è alcuna collaborazione, semplicemente scriviamo dei commenti sui loro libro ma anche senza questo vivrebbero e venderebbero lo stesso, non è affatto un lavoro così fondamentale da meritare il termine "collaborazione", ma è giusto per capirci) qui e sul blog audace, mi ha ricordato che questo blog è una cosa bella e importante. e riconosciuta.
succede raramente, ma quando succede ne sono sempre estremamente felice. tanto che scrivo robe sconclusionate come questa (e di scrivere queste cose sconclusionate, per vostra fortuna, succede ancora più di rado).
quest'anno il salone ha avuto 231.000 visitatorə, novemila in più rispetto alla scorsa edizione. un successone, quindi, che però collide con la notizia più chiacchierata nel giro che è quella relativa ai dati di vendita del mercato dei libri: nei primi mesi dell'anno c'è stato un calo di circa un milione di libri venduti rispetto al 2024. non so se avete ascoltato bene, ma è stato tutto un rumore di stracciarsi di vesti e spargersi ceneri sul capo perché, dove andremo a finire signora mia, in italia non legge più nessunə.
manteniamo la calma e ragioniamo un attimo. al netto del fatto che per leggere un libro non devi per forza comprarlo - puoi prenderlo in biblioteca, puoi fartelo prestare da un amicə, puoi rileggere cose che hai già in casa, puoi comprare sì, ma tra l'usato e poi, non facciamo finta di non saperlo, puoi sempre trovare strategie poco legali per leggere in digitale - comprare libri non è una cosa così facile.
il nostro illuminatissimo governo ha fatto tagli alle carte per lə neo-diciottenni e per le biblioteche, la situazione economica di chi lavora è sempre più drammatica per non parlare di quella di chi un lavoro nemmeno ce l'ha. i libri non sono beni primari, spiace dirlo perché non dovrebbe essere così, eppure. persino i settori dell'editoria per la scuola e l'università sono in calo (ma abbiamo studiato abbastanza da sapere come si risolve il problema di un manuale universitario prezzato 45€). e poi si pubblicano troppi libri. ma davvero troppi. e se pubblichi troppo ma vendi troppo poco, la soluzione è, inevitabilmente, alzare i prezzi. e visto quello che si diceva appena due righe più su, se un libro costa in media 18€ non è facile che la gente si accalchi fuori alle librerie con i carrellini della spesa.
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i miei acquisti - e le cose belle che mi hanno regalato - dopo mesi in cui ho costretto il mio portafogli a non avvicinarsi a una libreria |
ma invece di preoccuparci dell'inaccessibilità - economica e non solo - alla cultura (intesa anche semplicemente come letteratura d'evasione, eh, lungi da me riempirmi la bocca di questa parola a sproposito solo per rigirarmela sulla lingua e sentire che sapore ha), su altri salotti letterari digitali l'argomento si è ripiegato sull'annoso problema della democratizzazione della critica letteraria e sulla vergognosa diminuzione delle stroncature fatta dallə critichə verə, quellə con la laurea incorniciata nello studio, sopra la grossa scrivania di mogano, tra librerie perfettamente spolverate da qualcun'altrə.
tutto questo discorso non fa che aggiungere classismo al classismo: il popolo ignorante non legge (o di sicuro non spende soldi per i libri, oppure sì ma compra&legge merda commerciale) e quando lo fa si permette persino di scrivere recensioni e dare consigli. e poi c'è l'amichettismo! amichettismo ovunque, quanto ci piace questa parola!
anche qui, respirone profondo e ragioniamo un momento. è vero, adesso chiunque può scrivere di libri. anche da un po' più di adesso ma chissà quand'è stato che lə verə intellettualə del paese si sono accortə della nostra presenza. il fatto è che ormai quel fantastico strumento che è internet si è diffuso così tanto da essere accessibile a chiunque. da tipo vent'anni. e chiunque può aprire uno spazio in modo gratuito e mettere a disposizione ad altra gente quello che scrive in modo gratuito. e in questi spazi può parlare di libri! fantastico, no? e, addirittura, su questi spazi si può parlare di quel tipo di libri che fino a qualche decennio fa nessunə si sarebbe sognato di includere nell'empireo della letteratura: dai fumetti ai romanzi di genere fino alle autoproduzioni.
insomma, tuttə parlano di libri, di qualsiasi libro, lo fanno gratis e senza dover esibire un curriculum prima di cliccare sul tastino pubblica.
mi spiace molto se a qualcunə rode ma, ehi, il mondo cambia e le cose vanno così. chiaramente, la critica letteraria vera, quella dei giornali e delle persone bene, continua ad esistere e chiunque può scegliere se leggere la recensione di una persona pagata per scriverla o se seguire il consiglio di lettura dato da una sedicenne appassionata su tiktok che al massimo domani riceverà un libro gratis da un qualche editore attirato da qualche k di visualizzazioni che renderà quella ragazza una ragazza felice.
a me sembra una cosa bellissima. di cosa ci si sta lamentando quindi? che la letteratura non è più qualcosa di intrinsecamente elitario? ma non eravamo tuttə convintə sostenitorə dell'uguaglianza sociale?
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qua niente amichettismo ma tantissima amicizia |
quanto all'amichettismo: quello che merita questo nome è quello dei suddetti salotti bene e dellə verə intellettualə che spippolano entusiasmo a profusione per qualsiasi cosa pubblicata dallə loro amicə che genera un vortice di altre pubblicazioni, inviti, assegnazioni di cariche più o meno istituzionali eccetera. tutta roba molto più disgustosamente affascinante rispetto a quante ragazzine hanno ricevuto copie stampa per i loro video o i loro blog (in quel caso, come la sottoscritta ad esempio, probabilmente non sono più ragazzine). se invece parliamo di amicizia, se ci riferiamo a come chi scrive consigli di lettura sul web parla dei libri dellə amicə, beh, ovvio che non sarà mai nulla di puramente oggettivo. perché se siamo amicə probabilmente ci piace abbastanza quello che l'altrə fa, pensa, dice e scrive. o se pure non ci piace, lə vogliamo troppo bene per scrivere una porcheria di stroncatura qualsiasi solo per far sghignazzare qualche stronzə che gode dell'altrui umiliazione pubblica.
e poi, lasciando stare i giudizi di valore su chi scrive in che modo e di cosa, quante persone si sono avvicinate per la prima volta alla letteratura dopo aver letto la critica di una qualche penna famosa su un giornale e quante, invece, l'hanno fatto dopo aver letto una recensione online, magari pubblicata da una persona amica? la risposta la sappiamo.
tutto questo per dire che quando parliamo di libri, parliamo di persone. persone che con i libri ci lavorano e persone che i libri li amano e persone che, a volte, rientrano in entrambe le categorie. persone che fanno finta di lavorare con i libri - perché si, scrivere di libri è un lavoro ma in italia nessunə ti paga per farlo, e lo facciamo lo stesso anche gratis perché ci crediamo davvero e non, con buona pace di alcunə, per avere il libro gratis - persone che intorno al loro amore per i libri hanno costruito reti di amicizia e scambio e affetti. ma anche persone che prima di cacciare dalla tasca i soldi per comprare un libro devono chiedersi se ne rimangono abbastanza per le bollette e la spesa, persone che semplicemente si sentono prese in giro a vedere sulla quarta di copertina certi prezzi imbarazzanti, persone che credevano che diritto allo studio non significasse sì, ma solo se puoi spendere trecento euro al mese per dare gli esami.
il salone del libro era pieno di queste persone. era bellissimo e terrificante - soprattutto quando queste persone decidevano di colpirti in pieno con gomiti, zaini, panze, shopper piene (di pesanti e spigolosi libri, appunto) - ma capace di darti visivamente l'idea di quanto non abbia senso parlare di libri, di letteratura, di storie senza parlare di persone. perché se non prestiamo attenzione alle persone, cosa leggiamo a fare?
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palestina libera! |
e, a proposito di persone, so che è banale ma volevo ribadire il mio affetto - che spesso non si vede, lo so - a tutte le persone belle che ho incontrato a torino, da casa eris a tutti gli altri stand dove ci siamo scambiati saluti, sorrisi, abbracci e chiacchiere, a quelle che hanno scarpinato per chilometri con me in giro per gli stand tollerando la mia logorrea e i miei ci facciamo una foto? (tutte su instagram!), e a quelle persone che a torino non c'erano ma che per me sono lə amicə di letture (e non solo) e a cui voglio tanto bene perché rendono per me i libri qualcosa di ancora più speciale. e grazie per le persone che ho incontrato per la prima volta e che mi hanno fatto emozionare tantissimo (penso a gina nakhle koller che ha sopportato il mio inglese imbarazzato ed imbarazzante, o a paola caridi e francesca mannocchi davanti alle quali tutta la mia stima si è trasformata in uno strano calore alle orecchie e - immagino - in un colore poco naturale del viso).
ultimissima cosa: per quanto gli spazi istituzionali come il salone possano organizzare aberranti incontri con filosionisti, anche quest'anno era un fiorire di bandiere palestinesi, di messaggi contro il genocidio e di richieste di cessate il fuoco. perché dove ci sono i libri ci sono le persone, e dove ci sono le persone non può che esserci umanità.
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