scordatevi quello che sapete sulle sirene. è da troppo che vi vengono propinate fiabe per bambini, ripulite dal sangue e dal fango delle loro versioni originali da uomini in completo e ventiquattrore. vi hanno venduto amori fasulli a tinte pastello. per merito loro e delle multinazionali disumane per cui lavorano, ora credete che le sirene indossino conchiglie a mo' di bikini, che nuotino in mare e che abbiano chiome rosse e fluenti. credete che vogliano accoppiarsi con marinai dotati di gambe, oppure attirarli verso morti acquatiche; è sempre un "oppure", mai un "e". pensate che le sirene odino i propri corpi e le proprie code, anche se è lì che risiede il loro potere. pensate che le sirene non abbiano potere.vi sbagliate.
non c'è nulla di "buono" nelle sirene. nulla di carino né di fiabesco, anche se una versione edulcorata di queste creature popola libri illustrati per bambine (soprattutto, bambine). ren yu lo sa benissimo perché, pure se sembra una ragazza qualsiasi, anche lei è una sirena.
a risvegliare la sua natura non è il salmastro delle onde del mare ma l'odore chimico del cloro, il modo in cui impregna la pelle e resta lì, a ricordare tutte le aspettative che il mondo ha riversato dentro ren.
il suo corpo perfetto è ricettacolo di uno straordinario talento per il nuoto - d'altronde, in che altro dovrebbe eccellere una sirena? - che si palesa fin dal primo tuffo in piscina. il suo corpo, prima ancora del suo nome, tradisce la sua non-appartenenza a quell'america che non le perdona di essere cinese. il suo corpo è quello che jim, il coach di nuoto, guarda e tocca, pur sempre senza sforare nell'illegalità, ovvio, ed è quello strizzato dentro costumi striminziti che lasciano segni rossi sulle spalle, raschiato da un rasoio che le libera la pelle da ogni pelo, costretto ad allenamenti massacranti perché quello che conta è che quel corpo sia veloce, sempre più veloce.
il suo corpo è quello che prende a sanguinare ogni mese tra dolori lancinanti, è quello che deve trasformare tutto il cibo che jim le dice di ingurgitare in energia per vincere ogni gara. il suo corpo è quello che esige un pagamento in ibuprofene spesso, sempre più spesso, per lasciarla libera dal dolore e permetterle di nuotare.
il suo corpo può anche non essere suo quando qualcuno decide di farne ciò che vuole.
il suo corpo è quello che la rende debole, lenta e vulnerabile. umana.
femmina condannata a soffrire al ritmo del suo utero, figlia di una famiglia spezzata, straniera in terra straniera che nasconde canzoni cinesi nelle cuffie, la storia di ren è una storia di formazione crudele e incompiuta, frustrata da mille ferite. ren cresce e prova a trovare sé stessa in mezzo a tutto quello che non va, senza nessuno strumento per riuscire a tirarsi fuori da quel lento scivolare in una sofferenza che non sa riconoscersi e che si trasforma in rabbia, in un continuo tentativo di superare i propri limiti, di liberarsi di quell'assurda forma umana per trascendere come sirena.
libera, potente e feroce come adesso non le è dato di essere.
il senso della storia di ren è tutta in quelle due parole: femmina e trascendenza. il suo desiderio è il superamento di uno stato miserabile, l'abbandono di un peso, la fuga da una prigione che non è semplicemente la sua condizione di essere umano, ma quella di essere umano di sesso femminile in un mondo patriarcale, a cui si aggiunge il peso del suo valore in termini di successo e produttività inserito in uno schema in cui tutto - persone e talenti inclusi - sono capitalizzati e spremuti fino all'ultima goccia.
man mano che la sua storia va avanti la trama del reale si squarcia.
chiamatelo realismo magico, chiamatelo body horror, ma quello che succede è un progressivo dissociarsi di ren da sé stessa, mentre abbraccia l'idea di una trasformazione che rovescia la narrazione favolistica: se nei racconti della nostra infanzia la sirenetta sorrideva emozionata alle sue due gambe, ren è ossessionata dall'idea della sua carne che si fonde in un'unica potente coda, immagina la sua pelle seccata dal cloro rinforzarsi di squame, pregusta la sua fame di sesso trasformarsi nella capacità di mangiare letteralmente gli uomini.
e man mano che la sua storia va avanti, qualcosa inizia a minare le certezze dentro noi lettorə. dall'iniziale ammirazione - e forse un po' d'invidia? - per quella meravigliosa nuotatrice, per la sua forza e l'eleganza con cui il suo corpo si adatta all'acqua e l'attraversa con grazia, per il suo riuscire ad attirare sguardi ammirati e desiderosi, per la sua straordinaria forza d'animo, sprofondiamo presto in una spirale di disperazione furiosa e sofferenza e in un'angosciante tensione che sfocia nella follia e nella violenza autoinflitta.
jade song scrive ispirandosi ai suoi dodici anni trascorsi come nuotatrice agonistica e lascia parlare ren in prima persona, senza filtri, di un'adolescenza mostruosa costellata di razzismo, misoginia, autolesionismo, disturbi alimentari, omofobia, depressione e violenza sessuale.
il racconto di ren è interrotto dalle lettere che cathy le scrive da un futuro non sappiamo quanto lontano, frasi che alludono a qualcosa che non riusciamo a cogliere pienamente e che vanno ad acuire quel senso di inquietudine che ci prende così presto nella lettura.
cloro è il romanzo che mi ha fatta uscire da un blocco del lettorə che pensavo non sarebbe finito più, che mi ha scossa durante un momento di apatia e stanchezza insopportabile, e per questo lo ringrazio.
ma soprattutto lo ringrazio perché è un romanzo che mi ha fatta arrabbiare, e so che la rabbia è un sentimento fondamentale per scrollarsi di dosso tutto lo schifo sotto cui il mondo prova a seppellirci.
è un racconto denso, ogni scena è pregna di significati, quasi di simboli che raccontano una lenta, angosciante e inesorabile caduta. è un romanzo feroce con dei trigger warning enormi, che se pure non si perde in graficismi superflui sa come fare male.
eppure, è un dolore pieno di rabbia, di desiderio di evadere che si spinge oltre i confini del possibile, fino a una conclusione straniante e catartica.
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