venerdì 4 luglio 2025

tutte le volte che sono diventato grande ~ intervista a giulio macaione

mi inventerò un sacco di storie bellissime e racconterò tutto quello che voglio. le mie protagoniste potranno innamorarsi di ragazzi affascinanti e vivere storie romantiche. nei fumetti potrò dire quello che sogno e non oso dire ad alta voce.


lucio è un ragazzino come ce ne sono tanti, uno che vive una vita come ce ne sono tante. è cresciuto nella palermo degli anni '90, circondato dall'affetto della famiglia e immerso in una rivoluzione culturale che, all'epoca, non sapevamo riconoscere come tale, una rivoluzione pop fatta di musica, giocattoli e serie tv ma soprattutto di anime e manga. 
erano gli anni in cui barbie insegnava alle bambine che potevano diventare insegnanti o astronaute, surfiste o mediche o qualsiasi altra cosa desiderassero (e che tutto questo non andava in contrasto con tutto quello che associavamo - e associamo - all'idea di femminilità), gli anni in cui piangevamo per lady oscar, rimanevamo terrorizzati (anzi, rimanevate, io non ho mai avuto il coraggio di guardarlo) per la bambina de l'esorcista e idolatravamo sailor moon.
ma lucio è anche immerso in una società che cerca di tirare forte il freno su tante cose, una sorta di santa inquisizione moderna che erige muri e barricate: i maschi sono così e cosà e fanno questo e quello, le femmine, invece, sono in quest'altro modo e fanno queste altre cose. lo dicono i genitori, lo dice il prete, lo dicono lə amicə a scuola.
e se non segui le regole, caro lucio, vuol dire che in te c'è qualcosa che non va.

diventare grandi è un casino, soprattutto quando dietro la facciata di famiglia perfetta si nascondono traumi, paure e difficoltà, e ancor di più quando non riesci a incastrarti perfettamente nelle caselline in cui tuttə intorno a te sembra riescano a trovare il proprio posto.
e se il tuo, di posto, sembra non esserci? se qualsiasi possibilità ti sta stretta e ti chiede di rinunciare a parti di te fondamentali e insostituibili?

allora bisogna creare la propria casellina, modellarla seguendo la propria forma, quale che questa sia.
l'arrivo di sailor moon in tv - è una femmina che si trasforma come le maghette ma combatte il male come i guerrieri maschi! wow! - spalanca a lucio un universo di possibilità, un universo fatto di carta, matite, storie e personaggi: diventerà un fumettista e nei suoi fumetti ci sarà tutto quello che, proprio come sta succedendo a lui, non trova spazio in questo mondo che si finge tanto grande ma che in realtà è piccolo e opprimente.


dunque, tutte le volte che sono diventato grande è la storia di un ragazzino come ce ne sono tanti, travolto dalle domande sulla sua identità, dai problemi della sua famiglia, dal rifiuto del mondo. ma è anche la storia di chi è riuscito a trovare la sua unica, personalissima via d'uscita da quel labirinto che sembrava irrisolvibile e ha trovato il modo di raggiungere il suo futuro.

giulio macaione c'ha fatto emozionare tante volte, ma forse tlvcsdg è il fumetto più coinvolgente di tutta la sua produzione. almeno per me.
sarà che la palermo degli anni '90 è la stessa in cui sono cresciuta io, che le pagine del suo fumetto sono piene di personaggi, giochi e citazioni di quel periodo così bello e così complicato, ed è un attimo che la mucca del fruttolo - come fosse la versione iper-pop della madeleine di proustiana memoria - ti riporti a quella sensazione di sprofondare dentro un sé che non riesci a comprendere del tutto e che vedi rifiutare da chiunque altrə. sarà anche che è facilissimo vedere in trasparenza attraverso lucio e trovare giulio, e pensare che quel bambino che desiderava diventare un fumettista e disegnare le sue storie è riuscito a realizzare il suo sogno.

di tutte le volte che sono diventato grande ne ho parlato con giulio (che ringrazio tantissimo sia per l'intervista e le immagini che trovate in questo post, sia per aver assecondato le mie manie strane e aver litigato con il correttore automatico di word per togliere tutte le maiuscole )
buona lettura!


ciao giulio, bentornato su claccalegge!
parliamo del tuo ultimo fumetto, tutte le volte che sono diventato grande. in un reel in cui lo presenti spieghi che si tratta di un’opera di autofiction, cioè quel genere letterario che mette insieme elementi proprio dell’autobiografia con altri di pura invenzione narrativa, in cui lə protagonista è il narratore stesso o un suo alter ego.
qual è il rapporto tra invenzione e realtà in questo fumetto?
► ciao claudia, grazie!
l’intenzione iniziale era quella di scrivere una vera e propria autobiografia in chiave manga ma mi sono reso conto ben presto che non avrebbe funzionato: intanto mi sembrava un po’ pretenzioso, alla mia età, poi per scriverla come un manga mi ci sarebbero voluti almeno 6 volumi! ma, soprattutto, mi sarei trovato con l’edulcorare molte cose, non tanto quelle che riguardavano me stesso quanto quelle che coinvolgevano altre persone. volevo essere il più sincero possibile quindi non mi avrebbe soddisfatto fare un lavoro che sarebbe riuscito a metà, sentivo il bisogno di scavare a fondo, senza pormi troppi limiti.
l’indicazione sulla via da seguire è arrivata da un libro che mi ha regalato un amico: “la bella confusione” di francesco piccolo, nel quale il noto sceneggiatore racconta i set e i processi creativi dietro a “il gattopardo” di luchino visconti e “otto e mezzo” di federico fellini e a proposito di quest’ultimo dice: “(…) come per quella che viene definita autofiction, il rapporto tra il personaggio messo in scena e l'autore reale è necessario perché dà una forma esponenziale al senso.
se esistesse il film con guido senza che chi lo ha realizzato fosse fellini, perderebbe gran parte della sua potenza espressiva. mettere insieme guido e fellini vuol dire che quello che fellini racconta di guido è vero, nel senso più profondo; non: è successo esattamente così; ma: racconta una verità profonda. se chi guarda il film non riconosce quella verità che fellini suggerisce di dare a guido, il film perde una buona percentuale della sua forza. otto e mezzo è otto e mezzo non solo per quello che racconta, ma anche per chi lo racconta - e per come le due cose coincidono.”
il protagonista della storia è lucio, un ragazzino siciliano appassionato di manga e anime che fa fatica a districarsi tra la ricerca della propria identità e il modo di pensare - spesso molto chiuso - della sua famiglia. dando vita a questo personaggio, quali elementi di te e del tuo passato sei riuscito a scoprire e a esprimere meglio?
► la volontà di scrivere questo libro è arrivata facendo un percorso di terapia. ma in realtà già dal mio romanzo precedente, “scirocco”, avevo usato i fumetti per elaborare delle cose personali, in quel caso un lutto, in questo dei traumi e degli avvenimenti della mia infanzia che non avevo mai affrontato davvero. pur utilizzando dei simboli e dei personaggi di fantasia, il fumetto mi ha consentito di esprimere le emozioni nella maniera più sincera possibile, come forse a parole non avrei saputo fare. ho attraversato un vero e proprio momento di regressione all’infanzia, ritrovandomi in alcuni momenti cruciali della mia crescita, e riviverli nella doppia veste di bambino e adulto/autore mi ha consentito di dargli una nuova forma, ridimensionandoli e spostandoli in un’altra dimensione non più traumatica.
ho capito tante cose di me, ad esempio il perché sailor moon mi abbia colpito così tanto quando lo vidi per la prima volta a 11 anni: bunny/usagi riceveva dei poteri che non avrebbe mai voluto, frignava e si lamentava ad ogni combattimento e nel monologo finale della prima stagione diceva apertamente che la vita che voleva era fatta di piccole cose quotidiane, non di battaglie tra il bene e il male, quella era una responsablità che le pesava troppo. in maniera analoga, io mi ero sentito schiacciato dalle responsabilità che mi erano state affibbiate, togliendomi la leggerezza e la spensieratezza sacrosante per un bambino.
ho capito anche il perché negli anni - e prepotentemente quando ho iniziato a lavorare a questa storia - io sia stato ossessionato da regan macneil, la bambina posseduta de “l’esorcista”: ho canalizzato in quella figura una serie di sensi di colpa dovuti alla pesante educazione cattolica, l’imbarazzo provato nella pubertà, nel momento in cui mi sono sentito più sbagliato in quanto “diverso”, la difficoltà di reprimere la mia parte femminile che reputavo sbagliata, e ovviamente la malattia mentale con la quale mi sono scontrato in famiglia.

il problema del racconto personale - per quanto romanzato e non pedissequamente realistico - immagino sia l’inevitabile coinvolgimento di altre persone, che si ritrovano a essere personaggiə della narrazione. qui parli di una famiglia molto conservatrice su molti aspetti, che deve affrontare situazioni anche molto difficili. che tipo di reazione hai avuto da parte di chi si è rispecchiatə in questa storia?
► la reazione finora è stata molto positiva. ho cercato di essere il più possibile rispettoso e credo che leggendo la storia si possa percepire comunque l’affetto per la mia famiglia. per quanto riguarda il racconto della depressione, ho provato a raccontarlo andando un po’ in punta di piedi, proprio perché non è una cosa che ho vissuto direttamente sulla mia pelle ma alla quale ho assistito. crescere con un genitore depresso è una cosa che ti cambia per sempre ma bisogna anche sdoganare il fatto che i disturbi mentali siano malattie, non onte delle quali vergognarsi.
in “tutte le volte che sono diventato grande” ci sono tantissimi riferimenti a manga e anime degli anni ‘90: quali erano i tuoi personaggiə preferitə - e lə artistə - dell’epoca e in che modo hanno influenzato la tua crescita, come persona e come artista?
► ho già parlato di sailor moon e regan, ma ci sono statə tantə altrə personaggə, reali e non, importantissimə per me. madonna, per esempio, è stata un esempio di libertà di espressione ed emancipazione. mi sono ritrovato molto nei percorsi dei due protagonisti di x-files, mulder bisognoso di credere e scully così razionale. ma ovviamente ci sono stati i fumetti e i cartoni animati: lady oscar, gokinjo monogatari, proteggi la mia terra, maison ikkoku, slam dunk, city hunter, ranma 1/2… per poi arrivare ai fumetti di “mondo naïf” e autorə come vanna vinci e andrea accardi.

rispetto alle tue opere precedenti, si vede chiaramente il tuo lavoro di ricerca grafica in una direzione differente. sia il tuo tratto sia la struttura delle tavole si avvicinano qui molto di più a quello proprio del fumetto giapponese che allo stile più tipicamente europeo che aveva influenzato opere come sciroccobasilicò o stella di mare. cosa ti ha portato a questa scelta stilistica?
► come dicevo prima, l’intenzione iniziale era quella di realizzare questa storia come se fosse un vero e proprio manga, sia dal punto di vista narrativo che da quello grafico, perché racconto gli anni nei quali ho scoperto quella narrazione e quei fumetti, che poi sono stati i primi a farmi capire l’enorme potenziale espressivo delle storie, quando potevo rifugiarmici e sentirmi libero. per cui la scelta è stata inevitabile. in realtà non ho dovuto sforzarmi di cambiare, quelle cose ce le ho nelle vene da quando ho iniziato a disegnare, ho semplicemente assecondato un istinto. lavorare con i retini (mezzitoni e pattern tipici del manga) è stato divertentissimo, ma anche usare alcuni espedienti di impaginazione o fare delle citazioni esplicite è stato bellissimo.
nella storia, lucio non ha nessuna fretta di crescere ma si ritrova a “diventare grande” tante volte, almeno agli occhi delle persone adulte che fanno parte della sua vita. ma cosa vuol dire, secondo te oggi, “essere diventatə grande”?
► questa è una domanda difficile :) per quanto mi riguarda, credo che fare questo libro sia stato un ennesimo momento di crescita personale. forse si diventa grandi definitivamente quando si smette di considerarsi figliə e si impara a vedere i propri genitori come persone a sé stanti con tutti i loro limiti.

adesso, soprattutto dopo aver realizzato il sogno - che è anche quello di lucio - di diventare un autore di fumetti, puoi dire di “essere diventato grande”?
► macché, mi sento sempre un teenager :D con molta esperienza, un corpo che invecchia e un bel bagaglio di sofferenze, ma pur sempre un ragazzino. scherzi a parte, forse chi fa fumetti non riuscirà mai a sentirsi del tutto adulto e credo che sia una grande fortuna, allo stesso tempo ho accettato il fatto che diventare grandi abbia anche in suoi vantaggi, a cominciare dal fatto che si possono elaborare cose che ci hanno ferito in passato e imparare a vivere più serenamente. il segreto in fondo è cercare di coltivare un po’ di leggerezza e in questo chi fa un lavoro creativo può essere avvantaggiatə.
grazie mille per il tuo tempo e per averci raccontato il tuo lavoro! a presto e imboccallupo per tutti i tuoi progetti futuri! 

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