mercoledì 10 gennaio 2024

quattro chiacchiere sul maschilismo nel mondo nerd

nelle ultime settimane del 2023 ci sono stati diversi episodi che hanno (ri)acceso l’interesse su alcune dinamiche tremendamente maschiliste e discriminatorie tipiche del mondo nerd. ho chiesto a chi se ne è occupata più e meglio di me di provare a capire quello che sta succedendo e, soprattutto, come provare a cambiare lo status quo.

le ospiti di oggi di claccalegge sono – in disordine sparso: maura saccà, game designer, programmatrice e membro del collettivo gameromancer che si occupa di portare alla luce i problemi della cultura nerd, specialmente quella videoludica; cecilia formicola, fumettista, attiva sia in italia che in francia, flavia luglioli, fumettista, rilegatrice e libraia; alessandra stefanelli, giornalista sportiva e appassionata di manga e videogiochi, anche lei del collettivo gameromancer e sara silvera darnich, educatrice di sostegno nelle scuole dell'infanzia, che si occupa della nerdculture da una prospettiva pedagogica e femminista.


ciao cecilia, alessandra, maura, flavia e sara, grazie mille per la vostra disponibilità e benvenute su claccalegge!
cecilia: Grazie a te per averci ospitate!

► sara: grazie di cuore per aver pensato a questa intervista!
la letteratura, intesa nel suo senso più ampio di "raccontare storie" è stata forse, tra tutte le arti, quella che ha saputo indagare e far conoscere meglio l'animo umano: le storie e le parole - ma anche le immagini - che usiamo per raccontarle, sono una vera e propria educazione sentimentale. dai racconti che ci accompagnano per tutta la vita impariamo a metterci nei panni dellə protagonistə delle storie (romanzi, fumetti, film, videogiochi), gioiamo, amiamo, soffriamo con loro. mi scuso di questa premessa un po' lunga ma era necessaria a porvi la prima domanda: come vi spiegate che la bolla nerd - che è letteralmente cresciuta nutrendosi di storie che molto spesso hanno anche protagonistə un po' sfigatə, bullizzatə ed emarginatə - sia diventata così violenta? perché oggi parliamo nello specifico di misoginia ma anche in altri ambiti non c'è da stare molto allegrə...
► cecilia: Dal mio punto di vista, molte delle storie del mondo nerd sono storie di riappropriazione, il viaggio della persona qualunque che diventa eroe*, che diventa potente. La persona nerd media si sente di rivendicare quel potere per sé, dopo l'emarginazione a cui è stata costretta dai suoi pari, e diventa quello che crede sia una persona potente appena ne ha occasione: offende, discrimina, manipola, reclama la gloria per sé a scapito di chi bolla come cattiv*, di chi l* minaccia.

► maura: Poiché la bolla nerd è stata sempre molto discriminata dalla società sin dagli albori, all'interno delle storie raccontate in videogiochi e fumetti (e in varie altre opere nerd) si è sempre cercata quella voglia di riscatto, raccontando appunto storie di riscatto. La bolla nerd è stata creata da uomini attorno a una identità maschile - parlo nello specifico di quella videoludica che conosco di più - definita spesso mascolinità geek. Era la loro bolla, ciò che si erano creati per rifugiarsi dalla società che li bullizzava. Quando la bolla si è aperta, per allargarla a nuove personalità e identità, che volevano anche loro la loro fetta di rappresentazione sia nelle storie che nell'industria del lavoro, i maschi geek hanno visto minato il loro territorio, e hanno preso le armi in mano.

► alessandra: Credo che nella bolla nerd gli uomini abbiano trovato un nuovo modo per esprimere un modello di mascolinità che non rispondesse necessariamente a quello più socialmente accettato. Ma non avendo poi intrapreso un percorso di decostruzione la bolla ha poi finito per riproporre i modelli più conosciuti. Il risultato è l’abuso di potere e la tendenza a escludere qualunque elemento visto come estraneo, proprio per la paura di perdere la posizione tanto faticosamente costruita.

► flavia: Quello che accade è un ripetersi di dinamiche di potere: si crea un luogo dove un maschio, bianco, etero, cis si possa sentire al "sicuro" alimentando una mascolinità tossica. Chiunque non rientra nella cosiddetta normalità viene escluso o fa fatica ad entrare.

► maura: Nell'ambiente videoludico si parla di Gamergate, quando all'interno dei videogiochi diverse giornaliste e sviluppatrici - tra cui Zoe Quinn e Anita Sarkeesian - che rivendicavano la loro presenza e i loro diritti all'interno dell'industria vennero prese di mira, minacciate di morte, nel caso di Sarkeesian addirittura sono stati creati dei videogiochi in cui la si poteva pestare di botte. cecilia: C'è anche una questione di socialità secondo me; nel branco trovi alleanze, senza conflitto interno reale, se segui quelle regole non sei più sol*.

► sara: sono d’accordo con quanto detto da tutto quante: aggiungo una cosa: il mondo nerd è dominato da uomini traumatizzati e infantilizzati che non hanno mai messo in discussione né il sistema dal quale sono scappati, né quello in cui si sono rifugiati (la nerdculture).

eppure la presenza non-maschile in questa bolla nerd non è poi così recente e, soprattutto negli ultimi 10/15 anni, le ragazze e le persone queer hanno trovato il loro posto nell'universo nerd (parlo soprattutto del mondo del fumetto, che è quello che conosco meglio)... qual è la differenza, secondo voi, tra le rivendicazioni portate avanti dalla metà femminile/queer e quelle della parte maschile?
maura: La differenza, secondo me, sta banalmente nel fatto che le donne/persone queer o comunque appartenenti a gruppi marginalizzati stanno chiedendo ad un "posto" di includerli. Un "posto" che ha veramente tanto spazio, infinito direi. Non sta cercando di occupare posto preso da altri, non sta cercando di rifugiarsi in qualcosa, sta semplicemente reclamando il diritto a poter vivere la loro parte nerd alla luce del sole e non in maniera invisibile. Mentre ciò che hanno fatto gli uomini è stato creare un "posto" a loro immagine e somiglianza e non accetta contaminazioni.

alessandra: Credo che il pubblico femminile/queer in tutto ciò che è nerd e pop abbia trovato soprattutto un modo per esprimere se stess*, a volte anche riempiendo i buchi di caratterizzazione lasciati dagli autori più o meno volontariamente. L’estetica esagerata, la possibilità di essere davvero chiunque si desideri essere, la necessità di creare nuove icone a cui aspirare. Non c’è quasi mai la voglia di opprimere, solo la voglia di trovare un posto in cui esistere alle proprie condizioni. E questo non viene quasi mai accettato da chi ha ricreato nella propria bolla il patriarcato che conosceva già e con cui si sente a suo agio. È bellissimo, secondo me, come gli autor* spesso si affannino a smentire l'orientamento sessuale di alcun* personagg* (penso ad esempio a Bayonetta) non capendo che spesso le icone diventano tali che loro lo vogliano o no. Altre volte, secondo me, gli autori lo fanno invece in maniera molto più consapevole: penso ai continui sguardi languidi tra Sephiroth e Cloud in Final Fantasy 7 Remake o tra Sora e Riku in Kingdom Hearts. Sarà forse che noi lettrici/giocatrici ecc. ci siamo abituate più di altri a riempire i buchi anche per far fronte a un'assenza di rappresentazione? Possibile.

cecilia: Secondo me le rivendicazioni partono da una stessa base, cioè l'emarginazione, la discriminazione, l'isolamento, la violenza subita. Cerchiamo tutti uno spazio per riaffermarci in quanto persone, nelle nostre caratteristiche, in libertà; se non riconosciamo che, oltre a subire discriminazione e violenza, le agiamo verso altre categorie, quando avremo quello spazio per noi avremo anche più spazio e possibilità (e quindi potere) di agirle. Un'identità non maschile è per forza di cose più consapevole dei disequilibri sistemici, e fa molta più autoanalisi; non è affatto impossibile che replichi quei meccanismi di oppressione verso i gradini più in basso della gerarchia ma di certo ci si rende molto più conto che c'è spazio per tutt*, e quindi le persone nerd non maschie si battono per allargare lo spazio per sé stesse, non per strapparlo a qualcun*.

► flavia: Le rivendicazioni della parte femminile e queer nel fumetto e nell'editoria (sono le parti che conosco meglio) sono sempre di inclusione e parità di diritti e equità nel lavoro. La parte maschile spesso non ne sente il bisogno, semplicemente perché quel mondo è stato creato apposta per loro e solo adesso stanno lentissimamente e faticosamente provando a far entrare altre persone che non rientrano nel loro canone. Rimane sempre un processo in divenire, e spesso chi riesce a entrare lo fa riempendo spazi lasciati vuoti e che spesso, purtroppo, non riescono a raggiungere un pubblico più vasto.

sara: L’identità degli uomini nerd è di gruppo, pubblica e i suoi linguaggi imitano gli ambienti accademici e scientifici mentre quella delle persone queer o delle donne è qualcosa di nascosto, solitario è privato: adesso che il mondo nerd è diventato mainstream e il mercato di anime/manga è esploso le carte sono cambiate e finalmente anche l’identità nerd delle categorie marginalizzate sta diventando qualcosa non solo di pubblico, ma di politico.
Credo che questa sia la differenza sostanziale tra le due parti: gli uomini nerd vogliono continuare a fare quello che fanno dagli anni ‘50, tutt* l* altr* vogliono che la nerdculture possa diventare strumento di liberazione, espressione artistica e creazione di spazi di utopia.
Non solo, come diceva giustamente Cecilia, c’è la questione della discriminazione alla base dell’identità Nerd: gli uomini hanno usato l’emarginazione come collante iniziale per fare gruppo, poi hanno portato avanti le stesse gerarchie e dinamiche di potere di sempre, le categorie marginalizzate e nerd stanno riuscendo a unire la discriminazione tipica della persona “sfigata del gruppo” all’intersezionalità femminista.
avete parlato di patriarcato e di dinamiche sociali che si ripropongono nella bolla e vorrei fare un attimo una parentesi per parlare di un caso eclatante che è stato seguito in particolare da cecilia, cioè quello di vivès: puoi riassumerci brevemente quello che è successo?
cecilia: cerco di essere breve: in occasione di Angoulême 2023, è stata data a Bastien Vivès, fumettista francese molto noto e amato a livello internazionale, una mostra personale con carta bianca dal titolo "Con gli occhi di Vivès". Una protesta guidata da student* delle scuole di Angoulême, professionist* del settore e un'associazione a tutela dei diritti dell'infanzia ha portato alla cancellazione della mostra, rivelando al grande pubblico dei fumetti pedopornografici di Vivès non conosciuti ai più, una serie di frasi allucinanti intrise di violenza, misoginia e pedofilia, una storia di minacce violente a una collega. In Francia è stato denunciato per pedopornografia e apologia dell'incesto. Nonostante questo, il mondofumetto italiano ha preferito non schierarsi, o farlo in supporto di Vivès, le denunce non sono arrivate o sono arrivate pochissimo qui in Italia e si è pensato di invitarlo tranquillamente al Lucca 2023.

maura: L'Italia è quel paese in cui ancora si dibatte sulla libertà di espressione di chi fa contenuti pedopornografici.

sara: non solo, la bolla nerd italiana è anche quella che rivendica la possibilità di fruire contenuti “loli” considerando chiunque faccia obiezione come “perbenista/bigott*”
flavia: Questo è un mio personale parere, di chi ha visto la dinamica dall'interno: nel mondo del fumetto si sta creando una guerra tra poveri, dove è più importante pubblicare o avere uno spazio (anche gratis), piuttosto che creare una forma di lotta concreta. Noi fumettist* raramente ci mettiamo in discussione davvero per cambiare la situazione, e quando succede dura quanto scrivere un post: giusto il tempo di ricevere i likes. La situazione che si è creata a Lucca quest'anno ne è stata l'emblema: nessuno ha mosso foglia prima che Zerocalcare facesse esplodere il caso.

accuse che vanno molto oltre la questione "bolla nerd" e che comunque, nonostante la loro gravità, sono state ignorate. se non ricordo male, moltə hanno provato a giustificarlo con la scusa che "l'arte non si censura". dove sta, secondo voi, il limite tra libertà di espressione, provocazione artistica e crimine? (la risposta di maura è arrivata mentre scrivevo questa domanda)
► flavia: Il limite sta nella violenza, qualsiasi forma prenda. Quando ti permetti di minacciare o di esercitare un potere nei confronti di chi non si può difendere. Noi siamo ancora nella fase di giustificare il carnefice e addossare tutta la responsabilità alla vittima e questa dinamica tende a ripetersi in qualsiasi ambito.

► maura: Non si può separare l'opera dall'artista. È impossibile vedere l'opera come un artefatto a sé stante, perché a prescindere porterà al suo interno le visioni politiche e sociali dell'artista. Oltre a questo, c'è anche la questione economica. All'interno della bolla videoludica quest'anno si è dibattuto molto sul caso "Hogwarts Legacy" videogioco ambientato nell'universo di Harry Potter, poiché, nonostante J.K. Rowling non fosse coinvolta direttamente nel progetto chiaramente, essendo la scrittrice della saga e detentrice dei diritti, avrebbe tratto benefici economici dall'opera videoludica. Potere economico che avrebbe utilizzato, come ben sappiamo, per portare avanti le sue lotte contro le persone transgender, come sta facendo attivamente negli ultimi anni. Se, quindi, un autore, in questo caso Vivès, utilizza il suo potere mediatico ed economico per spargere le proprie idee, sia all'interno delle sue opere che non, in cui fa passare che " È normale volerci scopare le quattordicenni", che è un crimine, direi che non c'è molto di cui dibattere.

► alessandra: Domanda molto complessa a cui rispondere in poche righe. Al di là della pedopornografia, su cui dovrebbe esserci una condanna unanime che spesso non c’è, come dimostra il caso Vivès, secondo me sarebbe il caso di mettersi in ascolto di chi si ritiene offeso o ferito da determinati contenuti. Si possono trattare argomenti controversi se si è capaci di farlo, penso a Promising Young Woman che è uno dei film più belli degli ultimi anni e che finalmente mi ha fatto sentire ‘vista’. E non è un caso che sia uno dei film più bistrattati dai cinefili maschi. Poi c’è tutto il discorso della separazione tra l’opera e l’artista, secondo me impossibile: se vai a vedere un film di Polanski devi essere cosciente del fatto che i tuoi soldi serviranno a sostenere una persona che da decenni sfugge alla pena dopo aver stuprato una minorenne. cecilia: Secondo me nelle intenzioni. Io sono liber* di esprimermi ma se sto comunicando a un pubblico devo tenere conto di a chi sto comunicando, in che contesto e con che modalità; se non si curano questi aspetti significa che mi sento liber* di esprimermi per farte violenza a qualcun* (un po' come il paradosso dell'intolleranza di Popper). L'arte può assolutamente provocare, ma chi o cosa intende provocare? Il potere? Il sistema? Oppure intende provocare indignazione sulla pelle di chi soffre e subisce violenza? Se si vuole provocare mostrando quanto può far schifo l'essere umano ci sono innumerevoli esempi nella storia vera, anche nel nostro presente. È difficile tracciare i confini di un crimine nel campo artistico; ma direi che nel caso specifico, se realizziamo opere pornografiche con la presenza di bambin*, in qualunque modo siano presenti (3D o 2D), allora è pedopornografia, e quindi è un crimine. In un saggio sulla critica etica nell'arte, Ted Nannicelli ricercava il discrimine del giudizio nel fattore oggettivo, quindi nei mezzi utilizzati per creare un'opera artistica: ho commesso violenza per realizzarla? Ne ho parlato facendo violenza? L'ho spiegata facendo violenza? Perché l'interpretazione sarà sempre soggettiva.

► sara: questa domanda mi riguarda quasi personalmente sia per il fatto che lavoro con le infanzie sia perché ho trattato direttamente l’argomento sul mio profilo. L’infanzia è la grande assente del dibattito pubblico, non c’è nessun luogo sicuro per le persone piccole. Dico questo perché nessun* luogo è mai stato pensato per bambin* con l* bambin*: l’arte è molto spesso il teatro dove si consumano le violenze sui bambin*. Penso all* attor* bambin* come Shirley, Drew Barrymore Temple, Macaulay Culkin e allo scandalo Nickelodeon che hanno tutt* alle spalle una storia di sfruttamento e abuso dentro e fuori dal set, per non parlare del modo in cui vengono rappresentate le infanzie nei media: dai cataloghi di moda, ai programmi televisivi passando per i fumetti, l* bambin* che vediamo, indipendentemente dal loro genere, sono adultizzat* come ad esempio Hit girl di Kick-ass che ammazza e si sballa di stupefacenti, o/e sessualizzat* come accade a Mathilda in Leon e Renato in Malena dove si fanno costanti allusioni alla relazione, seppur platonica, tra persona adulta e bambin*.
è interessante osservare come gli oggetti del “massacro artistico” maschile siano sempre categorie che non hanno diritti, né voce né possibilità di difendersi adeguatamente penso ovviamente alle donne, a* bambin*, alle persone bipoc e queer arrivando fino agli animali non umani.
rimanendo nell'ambito dei fumetti e della cosiddetta libertà di espressione, so che da voi, in particolare da alessandra, è partito quello che ha preso il nome di shoujogate e che ha messo in luce non soltanto l'atteggiamento di quasi tutte le case editrici italiane che si occupano di manga ma anche - e soprattutto - quello di alcuni "influencer" abbastanza noti nell'ambiente. cos'è successo esattamente?
► alessandra: Leggendo i nuovi annunci manga del Lucca Comics ho notato che il target shojo era notevolmente sottorappresentato rispetto agli altri. E che è in realtà una tendenza che va avanti da diversi anni. Dovendo scegliere come presentarmi a Gameromancer ho ben pensato di scrivere di una cosa che conoscevo, non pensando che avrebbe scatenato quello che poi è successo. La richiesta di maggiori prodotti a target femminile ha fatto arrabbiare più del previsto i lettori e i content creator che si occupano di manga. La risposta è stata da subito violenta, dalla semplice risata alla minimizzazione della questione, passando a insulti veri e propri alla mia persona - anche se nessuno mi conosceva - e a tutte le altre di GR, compresa Maura che tutti hanno da subito identificato come 'la femmina di GR'. Credo che l'apoteosi si sia raggiunta con il video in cui un noto youtuber mi insultava in rima dandomi dell'oca starnazzante. La questione era semplicemente: di shojo manga si porta poco e spesso di scarsa qualità, facendo passare il messaggio che i prodotti appartenenti a quel target non siano degni di considerazione. Le edizioni shonen sono spesso più curate, accompagnate da gadget e cartoline, pagine a colori. Sullo shojo spesso si ricade sempre sulle solite 3-4 autrici che si ritiene funzionare in Italia e comunque si porta tendenzialmente la metà dei titoli a target maschile. Come mai? Da qui il mio sfogo sulla necessità di sentirmi 'vista' da qualcuno, se non dalle case editrici almeno da chi aveva ravvisato il mio stesso problema. E almeno quello è successo, viste le tante lettrici - femminile sovraesteso per praticità - che si sono riviste nelle mie parole.

non è nemmeno la prima volta che certi personaggi usano questo linguaggio, eppure le case editrici continuano a collaborare con loro...
► maura: Forse perché portano loro valore economico? Una delle maggiori questioni che è stata utilizzata per sminuire la causa infatti è stata proprio "Le case editrici portano quello che vende". Qui, secondo me, c'è una grossa critica al capitalismo da fare. Non si può giustificare tutto perché "porta soldi". Non si può giustificare la mancanza di rappresentazione con la scusa che "i prodotti da femmina non vendono". A parte il fatto che non è vero, quanti prodotti a target maschile vengono importati anche se non vendono? Una grandissima quantità. Allora perché non si può fare la stessa cosa con i prodotti a target femminile?

► cecilia: Come se il pubblico non venisse guidato. È vero che ci sono casi inaspettati, ma per l'editoria italiana sembra siano tutti casi inaspettati, anziché lavori promossi accuratamente, discussi da influencer e critica, a cui viene dato spazio fisico e online. alessandra: Tra l'altro a proposito di questo, per altri autori, target e generi non ci si è preoccupati troppo di quello che vendeva o meno: penso al grande lavoro fatto da Coconino con Kamimura, che non è certamente un autore facile per temi, stile di disegno e anche per reperibilità dei materiali. Banalmente per avere Moto Hagio e Keiko, che hanno fatto la storia del manga shojo e non solo negli anni '70, Takemiya in Italia abbiamo dovuto aspettare il 2016 ed è stata comunque portata in Italia solo una minima parte della straordinaria produzione di quegli anni.

► sara: la cosa che mi fa ridere è il fatto che passano gli anni ma questa bolla va avanti a suon di postulati mai verificati e sempre basati sullo sguardo maschile sulla vita, l’universo e tutto quanto.
Per me le due problematiche maggiori della questione “Shoujo-gate” sono il fatto che gli uomini nerd, siano terrorizzati da chiunque abbia un’idea diversa dalla loro e utilizzino il loro potere mediatico per silenziare violentemente le voci discordanti anche attraverso la loro utenza.
La seconda cosa è che le case editrici non vogliano mai entrare nel discorso di responsabilità dei content creator: non dico di trasformarci negli Stati Uniti, dove una cosa detta nel 1000 a.C ti costa il posto nel 2023 senza possibilità di appello, però nemmeno far finta di niente.
Per me è inconcepibile che si continui a passare sopra a certe modalità di comportamento e a certi linguaggi, continuando a collaborare allo stesso modo con vittime e carnefici soltanto per non perdere like e vendite.
a proposito, non ci sono state case editrici che hanno speso due parole su questo argomento e soprattutto sugli atteggiamenti offensivi di questi personaggi? senza contare che la maggior parte delle persone che leggono sono donne…
► flavia: zero, anzi molti di questi personaggi continuano attivamente a collaborare con loro. La speranza è che però il buzz che si è creato in rete spinga le case editrici a rivedere le loro strategie, magari facendo le ricerche di mercato che ad oggi evidentemente non si fanno. Come libraia faccio fatica a trovare shojo, tutti quelli che riesco a trovate sono tradotti in francese o un inglese. In più c'è lo snobismo che vedo spesso quando si toccano certi argomenti, come se il manga fosse qualcosa da ridurre agli adolescenti, insieme al fumetto, escludendo le graphic novel disegnate dai soliti 2-3 autori.

► maura: [la maggior parte delle persone che leggono sono donne] Non secondo il maschio nerd medio. Secondo il maschio nerd medio cito "Le donne dopo l'adolescenza lasciano gli interessi nerd per dedicarsi a questioni come i trucchi e l'estetista".

► alessandra: E infatti se lo shojo è poco presente il josei - il target per donne adulte - è ormai quasi del tutto assente, fatta eccezione per alcune case editrici che accettano il rischio di pubblicare titoli 'di nicchia', ma con edizioni spesso inaccessibili a livello di prezzo.

evidentemente non hanno mai parlato con delle donne... cambiando di poco argomento, io conosco poco il mondo dei videogiochi ma so che sa essere tanto violento e misogino di quello degli appassionatə di fumetto, se non forse ancora di più. com'è essere una gamer donna e/o queer?
► alessandra: Sull'ambito videogiochi lascerei la parola a Maura che è più ferrata. Diciamo che il pattern in tutta la cultura nerd è sempre lo stesso: "Ok, ti piace questa cosa... dimostrami che ne capisci davvero". E nei videogiochi questo si amplifica al mille per mille, se vuoi avere diritto di parola devi dimostrare molto più dei tuoi colleghi di aver giocato almeno un tot di titoli di quella tipologia, altrimenti non ne sai abbastanza. Se ti puoi accontentare di un uomo mediocre non puoi fare altrettanto con una donna che sia semplicemente 'brava'.

► cecilia: Io sono una giocatrice occasionale, ma confrontandomi con persone che vengono sia dal mondo dei videogiochi che da quello dei giochi da tavola ho scoperto che noi nel fumetto, a quanto pare, siamo quell* mess* peggio.

► maura: Oltre alle classiche discriminazioni che sono più "alla luce del sole", o che comunque sono state denunciate di più, come il classico commento sessista nelle chat dei videogiochi online, ci sono anche delle microaggressioni che invece restano più invisibili. Ad esempio, si sente spesso dire che "le donne non giocano ai videogiochi" quando, facendo rete e parlando tra noi donne nerd, abbiamo scoperto semplicemente che molte di noi hanno sempre vissuto la loro vita videoludica in solitaria, sia perché l'ambiente dei gruppi nerd, composti al 99% da uomini, non è safe, sia perché non andava di essere giudicata dai King in base a ciò che giocavamo o come lo giocavamo. Ma soprattutto, molte di noi nascondevamo (e nascondono) la loro identità quando giocano online per non essere molestate o per non ricevere proposte di matrimonio indesiderate - avrò ricevuto almeno 100 proposte di matrimoni, feticizzazione che si basava solo sul fatto che giocassi ai videogiochi e che avessi una vagina. Alle persone socializzate come donne sono sempre stati fatti dei test per vedere se davvero "ne sapevano di videogiochi". Questo fenomeno viene definito Gatekeeping. Ovvero gli uomini nerd credono di possedere le chiavi del portone che ti faccia entrare all'interno della loro bro culture e sono gli unici che possono giudicare se sei abbastanza una VERA VIDEOGIOCATRICE. Ciò che viene considerato Cult è stato scelto dall'élite che è stata sempre in cima alla piramide della nerd culture, quindi gli uomini, noi donne ci siamo sempre dovute adattare per dimostrare che ne sapevamo qualcosa di videogiochi (o comunque di cultura nerd in generale). Abbiamo quindi sia giocato ai giochi (letto i fumetti) considerati CULT, mentre giocavamo anche ai giochi che vengono spesso considerati "da femmina". Da tutte queste discriminazioni arriviamo quindi all'ambito lavorativo dove spesso viene detto "Non ci sono donne brave che si occupano di videogiochi", perché sono loro a credersi "quelli bravi" che hanno la fama da King, da Maestro. Noi per essere prese in considerazione dobbiamo costantemente dimostrare la nostra cultura videoludica, e comunque non è mai abbastanza, perché loro non hanno intenzione di cedere nemmeno un minimo del loro spazio, per paura di essere finalmente smascherati per quello che sono, ovvero semplicemente mediocri.
direi che la situazione non è affatto rosea però c'è un sacco di consapevolezza e questa mi sembra una buona base da cui partire... secondo voi cosa serve per decostruire lo stereotipo del nerd maschio-cis-etero e iniziare a riappropriarsi di spazi che non siano solo marginali o concessi?
► cecilia: Secondo me la chiave è costruirci i nostri spazi e fare un sacco di casino annesso. Il casino aiuta le persone isolate a notare che esistono altre realtà e a convogliarvi; non dobbiamo per forza lottare per uno spazio, possiamo (e lo stiamo facendo) costruire alternative. Penso che il processo di consapevolezza sia collettivo e che stiamo consolidando una rete trasversale e accogliente che possa fare davvero resistenza da dentro gli spazi ostili; ma dobbiamo anche avere spazi in cui prenderci cura di noi e realizzare un'alternativa. Più ci moltiplichiamo (e intendo, più prendiamo coscienza) più faremo pressione per essere ascoltat*, che sia tra le nostre conoscenze, che sia tra collegh*, che sia a un pubblico.

► maura: La differenza tra la decostruzione femminista e quella del maschile ha sempre mancato di una cosa fondamentale, ovvero la rete. Noi donne (nerd e non) facciamo rete, ci confrontiamo, ci decostruiamo, come ci ha insegnato il femminismo. Loro non fanno rete, loro fanno cameratismo, loro costruiscono il branco, che è molto diverso. Deve partire da loro in primis, devono mettersi in posizione d'ascolto, non devono avere più paura delle donne che parlano. All'interno del mondo nerd, ancora molti uomini anche alleati, si sentono minacciati quando una donna parla, di femminismo e non, perché "non vogliono che gli si venga rotto il cazzo", "non vogliono che il loro divertimento venga interrotto". Quindi quello che posso consigliare è di imparare a mettersi in posizione d'ascolto nei confronti dei gruppi marginalizzati e a parlare tra di loro in modo non cameratesco per imparare a decostruirsi. Quello che dobbiamo fare noi invece è continuare a non stare zitte. Simple as that. Continuare a canalizzare quella rabbia trasformativa nella lotta per i nostri diritti per farci ascoltare e non essere più invisibili.

► alessandra: Credo che intanto si debba creare coscienza nelle persone: spesso chi è marginalizzato non ha la consapevolezza di esserlo non perché sia stupid*, ma perché è abituat* ad accontentarsi dei pochi spazi lasciati liberi. Ci si accontenta del pre-show di un evento seguito da migliaia di persone, di recensire titoli secondari, di fare la quota rosa o queer. Serve prendersi tutto lo spazio possibile e usarlo anche per denunciare questo modus operandi. Come diceva Michela Murgia, impariamo a contarci. Bisogna fare rumore e non spaventarsi della possibilità, molto concreta, di essere additat* come il guastafeste della situazione, e bisogna imparare a non seguire chi non ritiene che il 'tutti maschi' sia un problema. Per il resto bisogna continuare a coltivare gli spazi sicuri, che sono preziosissimi, continuare a fare rete ed evitare chi non è abituato a mettersi in discussione e a decostruirsi.

► flavia: Io nel mio piccolo sto cercando di creare degli spazi, di non essere escludente, ma noto che si fa fatica. Nei manga la maggior parte degli autor* sono i soliti, si fa fatica a trovare le novità, a meno che non siano pubblicate da case editrici piccoline o semisconosciute. Sembra che nelle case editrici ci sia una pigrizia diffusa, che in fondo non si voglia approfondire l'argomento. maura: Io volevo solo dire che mi è stato fatto più male da uomini che si professano alleati, che non sono pronti ad ascoltare, piuttosto che dai "gamergater".

► sara: io sogno un mondo dove possiamo avere le nostre fiere, le nostre fumetterie, i nostri festival e canali, i nostri server… che non vuol dire “senza uomini” ma accessibili solo a uomini che non desiderano entrare nei nostri spazi per trovare terreno di caccia o seminare distruzione.
Posti dove poter respirare un po’, non avere paura e poter costruire qualcosa: relazioni, progetti, interessi.

questo è un po' quello che succede in ogni ambito in cui ci si professa alleatə solo per pulirsi la coscienza ma poi, nella sostanza, cambia poco. mi sembra che sia un modo per sottolineare che il punto non sia poi tanto la bolla nerd quanto l'atteggiamento patriarcale ed escludente della nostra società tutta.
► maura: La nostra società tutta è patriarcale. È logico poi che i sottoambienti che si sono venuti a creare, come quello nerd appunto, hanno delle problematiche specifiche, ma che ovviamente si riconducono alla stessa matrice. Molti maschi si professano alleati finché non devono davvero attuare le pratiche femministe. Non capiscono il privilegio che hanno. Non capiscono che noi non siamo tenute a spiegare con calma e tranquillità cose che abbiamo studiato e vissuto per anni e anni e che abbiamo ripetuto all’infinito. Credono che l'attivismo femminista sia un post, un like, una condivisione, e il giorno dopo possono continuare a vivere da privilegiati quali sono, mentre sappiamo tuttɜ che bisogna essere femministi tutti i singoli giorni e bisogna continuamente dimostrarlo soprattutto quando le compagne stanno facendo richieste femministe che comportano uno sforzo vero. La decostruzione di tuttɜ noi non finisce mai, non finisce quando una compagna spiega due nozioni femministe, bisogna decostruirsi sempre, leggere, studiare e informarsi costantemente sulle istanze femministe. Senza piangere preferibilmente.

► sara: La questione dei “falsi alleati” è una cosa che mi fa arrabbiare tantissimo, perché hanno capito che parlare di questioni femministe porta like, popolarità e tanto pubblico queer, che ti pulisce la coscienza, e tanto pubblico femminile che ha un disperato bisogno di uomini femminista.
La maschera di queste persone cade subito dopo un semplice scambio di battute: si capisce subito che tutto ciò che vogliono è mettersi al centro della lotta e portare avanti i propri scopi.
spero che anche questo sia stato un momento costruttivo e che, magari, da questa bella chiacchierata nascano altre riflessioni! vi ringrazio tantissimo per essere state qui con noi e vi faccio mille imboccallupo per i vostri progetti!
► alessandra: grazie a te per la bella iniziativa, è stata utilissima e soprattutto mi ha fatto interagire con persone bellissime!

► cecilia: Grazie infinitamente a te, anche tu fai parte della rete attiva di resistenza!

► maura: Grazie Claudia, grazie veramente per lo spazio e per averci dato voce ❤️

► sara: è stato emozionante confrontarci e vedere quanto abbiamo in comune e spero sia il primo di altri progetti corali! 

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