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venerdì 17 gennaio 2020

visa transit ~ vol.1

la cosa più affascinante è quando è il paesaggio stesso a girare intorno a questo cielo che resta immobile, sempre sullo stesso piano. come succedeva nelle curve, quando ero sdraiato nel sedile posteriore della 504. il movimento. il viaggio. l’oscurità misteriosa della foreste della borgogna. scappavamo da tutti i mostri che erano nascosti là dentro, viaggiando di notte, al caldo.

diciott'anni, la patente appena ottenuta, l'estate, una vecchia citröen visa rimessa in qualche modo in piedi e la voglia di arrivare il più lontano possibile.
è il 1986, sono passati pochi mesi dal disastro di chernobyl ma lo spavento sembra già essere passato quando due cugini decidono di lasciare la francia a bordo di un catorcio carico di libri e spingersi verso est.

frugando tra i suoi ricordi nicolas de crécy mette su carta un viaggio di trentatré anni prima, quando l'europa era disseminata di frontiere e il turismo era cosa da avventurieri, carichi di documenti e cartine pieghevoli. i paesaggi - nord italia, jugoslavia, bulgaria, turchia - si mescolano agli inevitabili aneddoti di un viaggio improvvisato e ai ricordi dell'infanzia, diventano cartoline che esplodono di rossi e arancioni, abbelliti dal filtro di una memoria sbiadita o forse semplicemente malinconica.
voce narrante, evocativa e poetica, di questa prima parte di visa transit (la storia è divisa in due volumi di cui al momento è stato pubblicato solo il primo) è quella di un de crécy di trentatré anni dopo, che illustra, commenta, divaga, si distrae, anticipa e torna indietro, da ottimo narratore risparmia i tempi morti e si concentra sui momenti più significativi, quelli che sono rimasti nella sua memoria tanto a lungo e ne hanno richiamati a galla altri ancora più lontani.

il ritmo lento della vecchia auto costringe a vivere tutto il tempo che le distanze esigono per essere percorse, non sconta nessun imprevisto e non sottrae dettagli: le strade tortuose e deserte che mutano colori e atmosfere procedendo verso oriente regalano paesaggi inediti, diversi da quelli freddi e nebulosi dei suoi lavori precedenti, sorprese concesse a noi lettori che ci ritroviamo in un attimo a goderci il premio di un pomeriggio di frescura in uno sperduto villaggio in turchia costruito tra - e dentro - gli alberi, o una notte stellata e gelida che illumina un pezzo di strada quasi introvabile sulla cartina.


davanti alle pattuglie di frontiera, ai controlli dei visti, agli sguardi sospettosi di chi decide se puoi andare avanti o se il tuo viaggio dovrà interrompersi, è impossibile non fare il paragone con le frontiere di oggi, quelle che non minacciano la riuscita di un viaggio di piacere ma i tanti, troppi, tentativi di trovare un posto migliore in cui vivere.
i luoghi di visa transit mutano lentamente, sfumano uno nell'altro e raccontano un mondo che, a guardarlo da vicino, è una rete di diversità indissolubilmente collegate tra loro. le frontiere diventano solo un tentativo mal riuscito di spezzare i legami, interrompere le strade e distinguere qua e , noi e loro. sono la voglia di tracciare confini dove in realtà ci sono passaggi, di dare nomi diversi a persone uguali, di insegnarti uno spazio preciso, un recinto chiuso, dal quale poter uscire solo grazie a un permesso, che non ti guadagni in virtù di chissà cosa, ma solo perché sui tuoi documenti è segnato che sei nato nel posto giusto.

de crécy ci aveva già abituati a pagine di altissimo livello (il celestiale bibendum, la repubblica del catch o prosopopus, che se non li avete letti direi che è il momento di recuperare) e anche qui non delude per un solo momento, pur abbandonando - ma non del tutto, vedrete - il suo spirito visionario e le realtà allucinate che hanno caratterizzato i suoi lavori precedenti.

lunedì 23 aprile 2018

prosopopus

prosopopea n.f.
- figura [retorica] con la quale l'oratore o lo scrittore fa parlare e agire una persona assente o morta, un essere inanimato, un animale.

- discorso pomposo, veemente e empatico.

una città fumosa di palazzi alti tra i quali sembra non riesca neppure ad arrivare la luce del sole.
dalla finestra di uno di questi, un uomo prende la mira e spara a un tizio in completo giallo, con buona pace degli uomini lì accanto a lui a cercare di proteggerlo.

inizia così l'ultimo (per ora) racconto di nicolas de crécy, edito da eris edizioni, prosopopus.
o meglio, inizia con una lunga premessa di laetitia bianchi su questo strano essere, il prosopopus appunto, creatura leggendaria, mitica e orrorifica, una sorta di chimera antropofaga dagli occhi dolci, amica dei cani, buffa nella sua mostruosità, con i suoi tre denti e il suo sedere enorme.
come abbia fatto ad arrivare dalle pagine di testi tanto antichi a quelle di uno dei più apprezzati autori francesi è un mistero che dura poco, poche silenziose - ma concitate - vignette, ed ecco che un mix di fumo, sangue e sperma danno vita al gigantesco (e, bisogna ammetterlo, in qualche modo anche tenero) prosopopus, che entra prepotentemente, con un affetto asfissiante, nella vita del protagonista.

ma cos'è davvero il prosopopus?
se la prosopopea è un artificio retorico per dar voce a una persona assente, di chi fa le veci questo mostro giallo, rotondo e invadente?
mentre il nostro assassino cerca di sfuggire alla tenera persecuzione del prosopopus, l'uomo dal completo giallo è disteso su un tavolo di metallo pronto per l'autopsia, mentre tra i suoi affetti personali, in borsa come fosse un oggetto qualsiasi, viene fuori una mano di donna.

che sia la città stessa a farlo, o che sia merito del prosopopus, o che entrambi siano in combutta per ottenere il loro scopo forse non è così importante da sapere, ma dal momento della scoperta di quel macabro dettaglio per il protagonista di questo racconto le assillanti premure del suo nuovo amico saranno il problema minore.


la città in cui ci porta de crécy è oscura e sporca tanto quanto lo è la coscienza del suo protagonista e l'unica luce, calda e crudele come tutto ciò che strappa dall'ombra la verità, è quella del buffo personaggio che nasce dal suo senso di colpa, che da questo sentimento prende forma e sostanza e che lo incarna totalmente, che ossessivamente lo segue senza dargli un solo attimo di tregua e con gioia crudele riporta alla luce il suo passato e lo costringe a vivere l'incubo più tremendo: ammettere le sue colpe, riconoscersi traditore e assassino senza poter scaricare il peso su nessun altro.

de crécy ha un modo unico di raccontare e disegnare. "sperimentale" è forse l'aggettivo preferito per le sue opere, e come potrebbe essere altrimenti?
prosopopus è un racconto muto, come se nessuna parola potesse realmente narrare - spiegare! - la natura surreale e a tratti onirica della vicenda, così come incomprensibile, folle e ferina è la natura del prosopopus stesso, e così come muti e inspiegabili sono gli incubi, con i loro salti temporali e le connessioni illogiche e terrificanti.

piccolo capolavoro per usare una tra le più abusate definizioni da recensione, minchiacheflashassurdo se dovessi parlarvene al telefono, scegliete voi quella che preferite, ma leggetelo assolutamente!

e se ancora non conoscete questo autore pazzesco, è giunto il momento di rimediare (e di ripassare un paio di articoli):

venerdì 28 aprile 2017

cinque titoli da non perdere a napoli comicon!

per la serie meglio tardi che mai, ecco una velocissima lista di cose che se siete al comicon di napoli dovreste recuperare assolutamente! e visto che devo recuperarli anche io, che al comicon non ci vado, per questo mese questo post fa un po' le veci della rubrica wishlist.

in primo luogo assolutamente il nuovo romanzo a fumetti di nicolas de crécy (autore de il celestiale bibendum e la repubblica del catch), sempre edito da eris edizioni: diario di un fantasma, a metà tra il racconto autobiografico e una raccolta di riflessioni sulla ricerca artistica dell'autore.


al comicon esce anche in anteprima il nuovo lavoro di simone prisco, che dopo vita e irene, torna - sempre grazie a douglas edizioni - con immortali, un fumetto che si promette più maturo e duro dei precedenti e che già dalle anteprime sembra assolutamente meraviglioso! se volete saperne qualcosa in più, ne ha parlato una banda di cefali qui.


dell'artbook dedicato a gimkhana - colors of lust - di ornella savarese ve ne avevo parlato qui, ma vi rinfresco la memoria perché in questi giorni lo trovate disponibile in anteprima (al comicon, certo).


poi passate dallo stand di shockdom perché continua la pubblicazione dei fumetti del collettivo mammaiuto (su claccalegge vi ho parlato di un ragazzo parte per un viaggio ferisce qualcuno non torna più a casa), questa volta con mooned!


dulcis in fundo i fortunelli che si trovano al comicon potranno leggere in anteprima il secondo episodio de il marchio di moldrock. il primo episodio invece lo trovate su topolino 3205 del 26 aprile (è ancora in edicola, quindi, se non riuscite ad andare a napoli, consolatevi così!)


e adesso aspettiamo i nuovi annunci, incrociando le dita e sperando in un sacco di belle novità!

venerdì 20 gennaio 2017

il celestiale bibendum

se dovessi dare un premio per il fumetto di cui riesco meno facilmente a dire tutto quello che ne vorrei dire, allora il celestiale bibendum sarebbe al primo posto.
sapevo che da nicolas de crécy non avrei dovuto aspettarmi niente di meno di qualcosa di geniale e assurdo al contempo, ma per quanto io provi a immaginare qualcosa di assurdo e geniale, non riesco neanche ad avvicinarmi a quanto viene narrato nelle pagine di questo libro.
proverò a raccontarvi un po' la storia di diego, e proverò a parlarvi di tutto quello che c'è ne il celestiale bibendum oltre la storia. o almeno quello che ho visto io.


diego a new york-sur-loire
diego è giovane, ingenuo, puro: il ritratto perfetto di tutto quello che di buono può esserci al mondo. e ovviamente, il suo arrivo a new york-sur-loire non passa inosservato: fin dal primo momento in cui mette piede - se di piedi si può parlare, dato che diego è una foca - nella città, tempio del consumismo sfrenato e del capitalismo feroce, diego diviene preda della classe dei pedagoghi, buffi, o meglio grotteschi, uomini che hanno deciso, insieme al presidente stesso, che faranno di lui il prossimo premio nobel per l'amore.
dei pedagoghi e di qualcuno che cerca di attentare alla sua vita.
chi meglio di lui può essere il simbolo dell'amore puro e totale? chi meglio di lui può aspirare al titolo che viene dato solo una volta ogni 100 anni?
ma diego deve essere istruito e preparato, deve diventare perfetto e i pedagoghi non gli danno quasi un attimo di respiro. l'unica sua distrazione è un cane che incontra per caso e che diventa subito suo amico e guida nella grande, spaventosa città.
l'obbiettivo dei pedagoghi di far vincere a diego il nobel sembra facilmente raggiungibile, diego è assolutamente il candidato ideale, se non ci si mettessero in mezzo non solo i cani, pronti a scatenare una rivoluzione e rivendicare il loro ruolo, più fondamentale per l'esistenza della città di quanto non sia immaginabile, ma anche il diavolo in persona, che ovviamente non intende accettare alcun tipo di vittoria del bene, vuole ostacolare l'ascesa di diego.

da qui in poi, è necessario, state attenti agli spoiler!


professori, diavoli e cani
la storia può sembrare semplice e lineare raccontata così, e se da un certo punto di vista potrebbe anche esserlo, perché in fondo la trama è grossomodo questa, dall'altro non lo è affatto. ed è questa la prima contraddizione, emblema di un racconto in cui tutto è contraddizione di sé stesso.

i personaggi di crécy sono totalmente assurdi, privi di un vero scopo, tutti in balia di eventi che forse neanche capiscono a fondo e che di certo non sono in grado di gestire: a cominciare proprio da diego, protagonista di una storia in cui non agisce, nemmeno parla, e solo un paio di volte riusciamo a leggere i suoi pensieri.
sballottato a destra e a sinistra, usato, o ambito, come mezzo per raggiungere i propri obiettivi non solo dalla classe di pedagoghi e dal presidente, ma anche, come vedremo più avanti, dal popolo canino e da quello infernale.

altra figura surreale è quella del professor lombax, o meglio della di lui testa, sopravvissuta a un terribile incidente, che prova a tenersi stretto il suo ruolo di narratore e la sua vita, o le sue vite, o quel che è, perdendo e ritrovando più volte entrambi.
anche lui, come i suoi esimi colleghi - a metà tra dotti insegnanti e clown grotteschi - emblema di una cultura vuota che, per quanto provi a innalzarsi e nobilitarsi in qualche modo, non può che svelare penosamente la propria vacuità, già da quando parla di diego, che, sostiene, nonostante sembri stargli a cuore, «deve essere famoso, prima di essere intelligente», già da quando, nonostante in quanto testa bloccata a guardare passare il vento per anni, vuole arrogarsi di narrare vicende che nemmeno conosce.

la città è onnipresente enorme e spaventosa, ammasso di palazzi e macchine che risucchiano spazio e vita per rigurgitarli come prodotti spacciati per bisogni fondamentali, una trappola in cui, se da un lato si producono ingrassanti dolciumi, vede proprio di fronte una fabbrica di automobili, necessarie a far spostare consumatori ormai ingrassati. male e cura dei suoi stessi abitanti che frulla continuamente in un perverso meccanismo di produzione - guadagno - consumo.
una città di merda - letteralmente - che crécy pone come metafora di una critica sociale/politica/economica di stampo, chiaramente, marxista.
i mostruosi e grotteschi abitanti di new york-sur-loire sono lo specchio della loro orribile esistenza, per la quale diego non sarebbe che l'ennesimo balocco con cui distrarsi per qualche tempo, l'ennesima effige vacua di un mondo in cui la felicità a poco prezzo è distribuita ai contribuenti e agli elettori dal presidente un uomo ancora più mostruoso vestito in rosso, come un abito da cardinale, personificazione assoluta del concetto stesso di capitalismo, il cui corpo è fatto da minuscoli omini la cui esistenza, coesione e obbedienza gli permette di restare in vita.

due sono i nemici da cui new york-sur-loire deve guardarsi le spalle: il diavolo e i cani. il primo è in realtà una figura quasi comica: chi pensa al diavolo immagina il male incarnato, qualcosa di enorme, imponente e spaventoso, mentre il satana di crécy è una creatura piccola, tracagnotta, con la faccia buffa che arriva quasi a far tenerezza se non addirittura pena.
circondato da diavoli stupidi come il male stesso, l'unico scopo di satana è far sì che l'amore, il bene, non trionfi mai, in alcun modo, non importa se si tratta solo di una trovata pubblicitaria come le altre: diego la foca deve essere fermato, corrotto, sporcato, reso inadeguato a ricevere l'ambito - anche se non da lui - premio.
satana è - e mai espressione fu più adeguata - nulla di più di un povero diavolo, costretto a sopportare la cieca idiozia dei demoni infernali nonché l'astuzia delle creature che vuole piegare; è l'espressione più penosamente riuscita della pochezza del male fine a sé stesso, caricatura di sé e, per contrapposizione, di un dio assente e silenzioso.
ed è ancora più penoso se messo in confronto con quello che è il mondo che lui spera di dominare: appare davvero poca cosa il suo obiettivo di seminare il male - ma quale male poi? cosa vorrebbe ottenere in concreto? - davanti alla perversione del sistema sociale, politico ed economico della città.

ultimi, ma non per importanza, i cani, fautori - o aspiranti tali - della rivoluzione per il riconoscimento dei loro meriti: oppressi e trattati da cani (mi chiedo se crécy l'abbia fatto apposta a fare in modo che si possano fare tutti questi stupidi giochi di parole) dagli uomini, i cani conoscono la vera storia di new york-sur-loire, il modo in cui divenne la grande città che è ora, il modo in cui cominciò l'evoluzione non solo della città ma dei suoi cittadini, una storia in cui i cani ebbero molti meriti, praticamente fondamentali, che però sono ormai stati dimenticati da tutti tranne che da loro, ma sopratutto una storia che svela come gli uomini non siano che discendenti di bestie, creature che hanno pagato il prezzo della loro evoluzione allontanandosi volutamente dalla natura e asservendosi al potere di chi produce un benessere fittizio all'interno delle stesse fabbriche che li sfruttano. unica prova della veridicità della loro storia sarebbe proprio quel peter minuit - vivo o morto che sia, e se morto, allora quel che resta della sua anima in quel che sia l'inferno che gli è toccato in sorte - che avrebbe fondato la città.
anche loro, e ci ricolleghiamo alla questione delle contraddizioni, condannando gli uomini per essere diventati qualcosa di diverso da quello che erano, al contempo aspirano a poterli raggiungere.


la narrazione
prima di andare avanti, mi tocca fare una sorta di digressione, o meglio - perché in realtà non ci spostiamo poi di tanto - di inciso: buona parte de il celestiale bibendum, oltre alla storia di diego, o di quello che accade a diego, è dedicata alla questione della narrazione.
inizialmente la lotta per il ruolo di narratore è tra il professor lombax, come dicevo su, e il diavolo stesso. narrare la storia non è semplicemente raccontarla, per i personaggi di crécy, ma divenire parte della storia, della realtà stessa e in qualche modo controllarla e plasmarla (motivo per cui è così importante per i due ottenere il ruolo di narratore).
ma quando il diavolo riesce a entrare effettivamente nella storia, quando si ritrova faccia a faccia con i cani, convinto di aver ottenuto il suo scopo, di avere finalmente la possibilità di riempire il mondo di montagne di merda, si ritrova anche davanti all'evidente quanto sconcertante realtà che la realtà stessa è decisamente peggio di quanto lui stesso avrebbe potuto immaginare. una realtà in cui il suo potere, qui dove non sono disposti a credere a lui come al signore assoluto del male, così come le sue ambizioni, è praticamente nullo. ai cani non importa del diavolo e lui non ha alcun potere su di essi. non c'è spazio per il puro concetto a new york-sur-loire, non c'è spazio per l'assoluto, nemmeno se questo è satana.

in ogni caso, la storia, ma anche quello che c'è oltre e che proverò in qualche modo ad analizzare non sono che una parte di quello che è il celestiale bibendum, perché non c'è alcuna possibilità di riassumere la trama o di fare considerazioni sui messaggi di crécy senza leggere e sopratutto guardare la sua opera, perché ogni segno, ogni espressione sui volti dei personaggi, ogni paesaggio, ogni cambio di stile grafico, di tecnica, di luci, di colore, racconta tanto quanto fanno le parole.

il celestiale bibendum
le prime simbologie sono abbastanza chiare e immediate da trovare e da comprendere: crécy fa una feroce quanto divertente e splendidamente orchestrata satira contro tutti i poteri forti della nostra società: la città-trappola metafora del consumismo e del capitalismo, un satana piccolo e buffo, emblema della stupidità del male, l'allontanamento tra uomini e cani come esempio stesso del rifiuto da parte dell'umanità del proprio legame con la natura a beneficio di un mondo di fabbriche e bisogni fittizi, i professori come simbolo di una cultura sempre più vuota e fine a sé stessa, il presidente come simbolo di una politica più tesa all'interesse personale che a quello del popolo, che invece sfrutta fino al midollo e tiene buono con dolcetti e spettacoli da due soldi.

ma allora cos'è il bibendum del titolo?
non sono riuscita a fare il collegamento fino a che non ho cercato la parola su google. da lì, rifacendomi a una sorta di leggenda - secondo la quale durante un viaggio di mesi, su un misterioso mercantile delle gomme bianche, aiutate dal calore della nave e dagli agenti atmosferici, si fusero insieme dando vita a un messia moderno di una nuova era, ridotto a un volume di vuoto imprigionato nel grasso - raccontata nel corso della storia dal professor lombax, sono riuscita a capire e a ricollegare tutti gli elementi di questo assurdo puzzle.


nunc est bibendum si leggeva in un poster pubblicitario del 1898 dell'allora neonata marca francese di pneumatici francese michelin. la frase, che vuol dire "che ora si beva/ora bisogna bere" è tratta da un verso di orazio, ma ora non ci importa questo, tanto il fatto che bibendum divenne in francia il nome di quell'omino di gomma bianca (non qui dove è più comunemente noto come omino michelin. il che giustificherebbe anche che io non abbia fatto subito il collegamento).
bibendum è quell'omino rotondo, messia di una nuova era, ovvero effige del consumismo di cui new york-sur-loire è la capitale, e il celestiale bibendum - il bibendum venuto dal cielo - altri non è che diego: bianco, rotondo, grasso come l'omino di pneumatici, buono e puro come una creatura divina, celestiale.
qui si chiude in qualche modo il cerchio e si ricollegano tutte le ricerche dei vari personaggi: diego come creatura di pura bontà a cui si contrappone il diavolo; diego come immagine stessa della cultura consumistica, fortemente voluto dal presidente; diego come sosia di peter minuit, il fondatore della città, diego uguale a quel primo uomo il cui aspetto è ancora quello di una bestia, la prova vivente delle ragioni dei cani.

lunedì 25 luglio 2016

cosa c'è nella mia wishlist (3)


fa un caldo tale che stare davanti al pc è impossibile.
camera mia, dove si trova il computer, dalle 14 alle 21 è un vero e proprio forno, c'è un caldo che fiacca, fa chiudere gli occhi e ammosciare le ginocchia, passo il tempo a mandare giù zucchero e acqua e ho la mente costantemente annebbiata. scrivere post sensati qui è sempre più difficile in questa situazione, senza contare che nel frattempo
a) dovrei passare la cristallina - che ancora non so neanche come si diluisce - sulla roba che ho fatto negli ultimi mesi, fare l'ultima infornata e finire tutto (per chi non lo sapesse, sì, ho iniziato a lavorare l'argilla),
b) fare le foto a tutti questi oggetti, che non sono pochi,
c) riprendere il negozio, sistemare tutti gli oggetti in vendita e cercare di pubblicizzarli, nel frattempo
d) devo finire editing e impaginazione di un testo di circa 140 pagine e solo all'idea mi sento male, e come se non bastasse
e) mi sono imbarcata in un progetto con mia cugina per realizzare dei quadretti con frasi tratte dalla bibbia (ebbene sì) che dovremmo vendere in una chiesa che frequenta lei. se tutto questo non fosse ancora abbastanza
f) sto aspettando anche che, dopo un lungo carteggio elettronico (si può chiamare così?), mi arrivi una risposta per un lavoro part time e, in tal caso, si aggiungerebbe anche questo a tutta la roba di cui sopra, e io sto cercando di capire come resistere a tutto.
per quanto ci sia un po' roba che ho letto in questi giorni (come trovo il tempo per leggere? fa troppo caldo per prendere sonno la notte e sto un sacco di tempo in bagno, per quanto poco romantico possa essere) e che aspetta una recensione, ma niente, non ce la faccio. scriverei solo idiozie su molte cose che invece meritano qualcosa di più.
quindi ho pensato di tornare a fare una lista dei miei motivi di rosicamento (per quello che riguarda libri e fumetti, in realtà c'è ne sono molti altri, primo fra tutti voglio un dannato telefono nuovo per poter giocare a pokemon-go senza dover aspettare che mi prestino un cellulare per giocare - cosa realmente accaduta) per prendere tempo e non lasciare morire il blog insieme a me. 
di buono c'è che sono riuscita a fare qualcosa di decente in questi giorni nonostante tutto, quindi dopodomani c'è il post su freezer del book blog tour di bao, non ve lo perdete eh!


dopo avevamo ragione noi sono entrata ancora più in fissa con i romanzi editi da eris, i miei oggetti del desiderio sono attualmente questi due, io non sono come voi e fate fuori il vostro capo: licenziatevi!, di cui vi consiglio questo estratto.


e sempre di eris c'è il celestiale bibendum. giusto per farvi venire voglia, fino all'undici agosto sul sito dell'editore tutto il catalogo sta in promozione al 25% di sconto.
e, se ve lo eravate persi, qualche tempo fa ho parlato anche de la repubblica del catch, sempre di de crécy.
io spero di riuscire a prendere almeno uno di questi tre titoli (così capite anche perché sto facendo tutti questi lavori in contemporanea)


ci sono poi questi due romanzi che ho beccato per caso in un giro in libreria, non ne so moltissimo, ma da quel poco che ho leggiucchiato mi ispirano da morire: l'incredibile viaggio di albert - l'ornitorinco che voleva conoscere il mondo ha un titolo che parla da sé, mentre la misteriosa scomparsa del piccione migratore ha un vecchietto asociale per protagonista e, ormai lo sapete, adoro i vecchietti asociali.


tutti i miei futuri sono con te è un libro di poesie avvistato in uno dei tanti giri alla feltrinelli, non conosco l'autore, non ho idea di come sia ma mi ispira veramente tanto. e poi ha una copertina davvero carina e la cosa non fa che accrescere la voglia di leggerlo.


ali di farfalla l'ho prenotato da una ragazza a inizio anno, adesso che è finalmente finito (o comunque manca poco all'uscita dell'ultimo volume, non so perché è da tanto che non passo in fumetteria) mi tocca aspettare veramente poco per potermelo finalmente sciroppare. e meno male, perché sono in astinenza da lettura compulsiva di serie shoujo puccio-adolescenziale.


in ultimo due titoli di prossima uscita, che inserisco qui perché non mi piace troppo fare post sul blog solo per comunicare annunci che trovate sparsi per tutta la rete.
però li voglio tantissimo e quindi: lovely complex two, volumino autoconclusivo che la planet pubblicherà a settembre, una raccolta di storie sui personaggi secondari della serie principale e su personaggi nuovi (no, non l'ho letto, ho preso le informazioni da bakaupdates) e poi shirley di kaoru mori (devo ancora recuperare emma, uffa!), annunciato, come era prevedibile, da j-pop in questi giorni e che - se ho capito bene - verrà pubblicato in un unico volume.

avete letto qualcuno di questi titoli? li avete in wishlist? me li consigliate? no? blablabla.

lunedì 27 giugno 2016

la repubblica del catch

ve lo assicuro dall'alto dei miei centotrentasei centimentri: essere piccoli e buffi non è il massimo in una società in cui l'immagine conta.
a mario, il protagonista di questo meravigliosamente folle romanzo, la repubblica del catch, è andata anche peggio: non è solo piccolissimo e buffo, ma vive nella repubblica del catch, un posto in cui chi conta non è solo bello ma anche grosso e forte. e già va male così.
mario è dolce, è buono, un po' goffo ed è un disastro con le donne. non diventerà mai un campione sul ring, ma vende pianoforti e la cosa lo fa felice anche se non sa suonare, però il problema non si pone, dato che il suo amico pinguino - che, certo, non è un grande oratore - suona per lui. e mario fa parte della famiglia mafiosa più potente della repubblica del catch, la famiglia che controlla e comanda tutti i lottatori di catch della repubblica.
la famiglia che lo odia e lo vuole morto.


convocato dalla sua famiglia per portare a termine una missione-trappola che lo avrebbe finalmente tolto dai piedi, e scampato per miracolo a morte certa, mario si ritrova a fare, volente o nolente, amicizia con delle creature dall'aspetto grottesco che abitano la fabbrica in cui è riuscito a rifugiarsi: il ciclista fallito, principessa e parrucca. i tre, affascinati dalla musica del pinguino, giunto letteralmente a cavallo del suo pianoforte in soccorso dell'amico, aiuteranno, nei modi più impensabili, mario a lottare contro la sua famiglia e a riprendersi il negozio di pianoforti, trasformato, prima ancora di avere conferma della sua morte, in un negozio di slot machines e affini.

in un continuo contrapporsi di figure diversissime tra loro - il piccolo inetto mario e il superuomo ares, i fantasmi (che ricordano gli yokai della cultura giapponese) e i mafiosi lottatori di catch, il reale e il surreale, la cruda violenza e la dolcezza - la vicenda si svolge velocissima, tra fughe, inseguimenti e battaglie, senza togliere il tempo ai momenti più poetici: le surreali e bellissime vignette dedicate al pinguino pianista (che mi hanno incantata a lungo, molte meriterebbero di essere riprodotte come poster, di quelli che metti accanto al letto e guardi prima di addormentarti), i discorsi di mario sull'amore e la famiglia, la lealtà dei fantasmi, uniti sotto la stessa bandiera della sconfitta e della debolezza, i segreti inconfessabili dei personaggi più spietati.
nicolas de crécy però non premia nessuno: i più forti come i più deboli, tutti sono destinati a uscire sconfitti da questa battaglia, per il troppo orgoglio, per non saper superare la propria natura. tutti tranne, forse, bérénice, la donna di cui mario è innamorato, che sembra riuscire a tirarsi fuori dal suo ruolo, avere un attimo in cui tentenna, sembra volersi rifiutare di esercitare quella violenza che è insieme la sua essenza e l'unico valore che riesce a riconoscere.


realizzato originariamente per il mercato giapponese e serializzato sulla rivista seinen ultra jump, la repubblica del catch unisce il ritmo incalzante e irrefrenabile dei manga d'azione al lirismo del fumetto d'autore. un risultato praticamente perfetto, che riesce a rendere questo libro apprezzabile da lettori dai gusti più disparati.