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venerdì 25 ottobre 2019

lo scontro quotidiano

non c'è che dire: quando la vita non è schifosa è splendida!

marco fa il fotoreporter, documenta le zone di guerra, fotografa cadaveri o quelli che stanno per diventarlo e da circa otto anni è in cura da uno psicologo. le cose vanno un po' meglio ma continua a soffrire di attacchi di panico e ormai, a dirla tutta, si è stancato del suo lavoro, dei morti, dei quasi morti, del non riuscire a dire più niente con le sue fotografie.
da qui, dalla storia della crisi personale di un fotografo non troppo noto, quel genio di manu larcenet dà il via a una storia che si allarga come una spirale, diventa più del racconto della vita di marco, della sua famiglia, del suo passato e abbraccia un'intera generazione nella francia dei primi anni 2000.

trasferitosi in campagna, in compagnia del suo gatto (che in preda a un eccesso di cattivo gusto ha chiamato adolf per via del suo pessimo carattere, nome che in fondo spetterebbe a ogni gatto se ci si dovesse basare su questa logica), marco cerca di trovare un nuovo equilibrio, uno stato di pace, di stasi, per rendersi subito conto che è impossibile mettere in pausa l'esistenza così come è impossibile ripiegarsi su se stessi e chiudere fuori il resto del mondo.
la sua esistenza prosegue oscillando furiosamente tra alti e bassi, così lo scontro con il vicino aggressivo e fanatico della caccia si ricompensa con la chiacchierata con un altro vicino, gentile e chiacchierone, il panico per una ferita di adolf gli dà modo di conoscere la veterinaria emilie e di innamorarsene, la crisi creativa che gli ha fatto decidere di lasciare il lavoro gli permette di passare più tempo con la sua famiglia.
marco va avanti tra i giorni cercando di scansare i problemi, di non affrontarli, sminuirli a volte, di rimandarli più in là possibile, cerca di non cogliere i segnali dei mutamenti così da non essere costretto a seguirli, a cambiare anche lui, fino al momento in cui tutto è andato così tanto avanti che l'unica cosa da fare è prendere la rincorsa e seguirli.


larcenet scrive più della storia di marco, anzi lo fa portavoce di riflessioni fondamentali e profonde, lasciando che il suo personaggio scavi dentro di sé fino e subito dopo sposti lo sguardo per abbracciare tutto il resto: la vita, l'arte, la paura, il rapporto con la morte e quello con suo padre e con la sua famiglia, la crisi sociale e quella generazionale, il lavoro, i falsi miti, il futuro, la paternità, il dibattito politico ridotto al nulla.
è dal rapporto con gli altri che prendono vita questi pensieri, sono gli altri che lo trascinano a forza - nel bene e nel male - fuori dall'oasi di pace e immobilismo che è la sua mente ancor più che la sua casetta in campagna: emilie lo costringe ad assumersi le responsabilità che dovrebbe avere un adulto che decide di condividere la vita con qualcun altro, la malattia e la morte di suo padre lo mettono davanti ai ricordi della sua infanzia, alla sua paura della morte, a cosa sarà per lui stesso la paternità, l'incontro con un fotografo tanto ammirato - che si rivela una totale delusione dal punto di vista personale e umano - lo costringe a riflettere sul valore dell'opera d'arte e dell'artista, la scoperta della vera identità del vecchio buon vicino gli fa sbattere il muso contro quell'integrità di principi che è certo di aver sempre - e a ragione - avuto.

riprendendo il suo lavoro di fotografo, marco decide di seguire la causa del vecchio cantiere in cui per quarant'anni ha lavorato suo padre e che per lui è un po' una seconda famiglia, il cantiere che ormai sta per essere demolito, gli operai licenziati o trasferiti.
scatta ritratti e ascolta storie, si innamora di nuovo del suo lavoro, ritrova lo slancio del voler fare, del volersi sentire utile a qualcosa, si lascia portare indietro nel tempo dai ricordi e al contempo non si capacita della direzione che sta prendendo il futuro, sempre più incattivito e disperato, se pure i vecchi del cantiere, da sempre schierati a sinistra, delusi, amareggiati e impauriti si lasciano sedurre dal front national - e qui larcent anticipa con sconcertante lucidità quello che continua ad accadere ancora oggi, rendendo valida la situazione francese per un po' tutta l'europa.

l'esistenza stessa di marco diventa paradigma di quel complesso sistema di rapporti per cui non c'è nulla di così intimo da non essere anche sociale e politico e non c'è conflitto politico che non influisca sulla società e sul microcosmo personale di ciascuno.
è qui lo scontro quotidiano che si consuma ogni giorno, senza possibilità di fuga, tra l'io e il non-io, tra il desiderio di pace, d'intimità, di solitudine e la necessità di essere parte di qualcosa - una coppia, una famiglia, un gruppo di lavoratori, una città, un paese, il mondo intero - più grande.

è un libro fondamentale questo, e anche se l'ho letto tremendamente in ritardo, ha confermato l'idea che mi ero fatta su larcent e cioè che sia un fottuto genio, capace di disegnare omini buffi con i nasi giganteschi e gli occhi minuscoli e fargli mettere in scena tutto quello che rende la vita qualcosa di più dell'esistenza.

lunedì 4 marzo 2019

commenti randomici a letture randomiche (63)

da lettrice, divido le gioie legate allo shopping libresco in due grandi categorie: la gioia dell'acquistare un titolo il giorno stesso della sua uscita (o di riceverlo a casa se l'ho preordinato online), e quella di recuperare finalmente qualcosa che desideravo da anni e che ancora non mi ero decisa a comprare, sopratutto se poi scopro che il libro (o fumetto, ovvio) che ho preso è una vera figata.

ad esempio, ultimamente - con la scusa delle spillette per i 10 anni di attività di bao publishing - ho iniziato a recuperare rachel rising. ho letto solo il primo numero (il secondo l'ho appena ordinato e inizierò presto le macumbe perché il postino non mi faccia di nuovo aspettare un mese prima di consegnarmelo) e sto già urlando da un paio di giorni che è davvero una figata.
ora, l'idea sarebbe quella di recuperare un volume al mese e continuare la collezione delle spillette, ma la voglia di fare binge reading (oh, come sono giovane e alla moda, uso termini come binge reading...) è veramente tanta che solo la mia perenne mancanza di pecunia potrà fermarmi dalla voglia di prendere tutto il resto della serie insieme.

dunque, terry moore è terry moore, il tizio che ha scritto quella roba meravigliosa che è strangers in paradise e tanto basta a presentarlo.
rachel rising è una serie horror con tutti i crismi: omicidi brutali, apparizioni misteriose, scene ambientate dentro un obitorio, riferimenti a un passato cupo e violento di caccia alle streghe, leggende metropolitane e morti che risorgono. come rachel, che ci regala uno dei migliori incipit di sempre: una agghiacciante - e fenomenale - scena iniziale in cui la vediamo uscire da sotto terra, sporca di fango, confusa e senza alcun ricordo di cosa le sia successo.
ed è proprio su questo che comincia a indagare con l'aiuto della zia johnny e della sua amica jet: chi l'ha uccisa? e per quale motivo? e come diamine fa a essere morta e allo stesso tempo ad andarsene in giro come se niente fosse? e come si collega a questa strana vicenda la storia di zoe, questa piccola, dolce, adorabile bambina con le trecce che nel giro di poche pagine fa fuori tre persone come se niente fosse? e chi è la donna misteriosa che solo rachel e zoe riescono a vedere?
insomma un sacco di domande e il bisogno folle che arrivi presto il prossimo volume.
però rachel rising non è solo un thriller appassionante, la mano di terry moore si sente non solo nel character design (le sue protagoniste si somigliano tantissimo, al punto che è più facile pensare che siano più che altro delle attrici che recitano ogni volta un ruolo diverso nelle varie storie), ma anche nel saper mescolare, come già in strangers in paradise, i momenti più cupi e drammatici con quelli più puramente ironici e con quelle scene in cui i sentimenti dei personaggi, i loro legami, la loro dolcezza vengono fuori con potenza e semplicità.
oltretutto adesso era diventato essenziale recuperare tutto il possibile di questo autore che ha da poco annunciato - oltre a strangers in paradise XXV che arriverà tra pochi mesi in italia - una nuova serie, five years, in cui saranno presenti i personaggi di s.i.p., rachel rising, echo e motor girl. dobbiamo assolutamente essere preparati!

altra nuova serie che ho iniziato qualche tempo fa - e per la quale stavo in attesa da anni - è girl from the other side, un manga che mi aveva fatto perdere la testa già soltanto per i disegni: elegantissimi, delicati, lontani dallo stile ipercartoonoso e più commerciale che ci è più noto quando parliamo di fumetto giapponese.
a metà tra favola gotica e slice of live, girl from the other side racconta della strana e improbabile amicizia tra una bambina di nome shiva e del suo maestro.
i due appartengono a mondi diametralmente opposti e in lotta: l'esterno, abitato da mostri spaventosi, forieri di una misteriosa maledizione che trasforma chiunque tocchino in esseri uguali a loro, e l'interno, il posto dove gli esseri umani si sono rinchiusi, protetti e armati, per sfuggire alla maledizione.
terrorizzati dalle creature oscure che si aggirano per i boschi e dal destino insondabile che attende chiunque venga colpito dal miasma, gli uomini sono diventati spietati e crudeli con chiunque possa rappresentare una minaccia. e shiva, che vive con una di queste creature, è esattamente questo: una minaccia da eliminare prima possibile.
il maestro, preoccupato per la sorte della bambina, si ritrova così a proteggerla dagli esseri umani per i quali lei è diventata un nemico, e da se stesso, per evitare che possa essere contagiata dal suo stesso male e possa trasformarsi senza rimedio.

oltre all'alone di mistero che avvolge tutta la vicenda - cos'è davvero questa maledizione? come è iniziata a propagarsi tra gli uomini? che fine hanno fatto i genitori di shiva? e perché il maestro è l'unica tra queste strane creature che ha così tanto a cuore la bambina? - e che speriamo si possa svelare non troppo velocemente nei prossimi volumi, rimane un sottofondo malinconico e dolceamaro, sopratutto grazie all'atteggiamento protettivo e a volte un po' goffo del maestro nei confronti di shiva.

una serie che parte molto bene (il primo volume ha una conclusione cattivissima, ho una voglia di continuare a leggerlo per scoprire cosa è successo che non so dirlo!) e che si discosta, sopratutto nello stile grafico, dalle solite serie manga trite e ritrite di cui abbiamo letto ogni possibile variante (a dire il vero negli ultimi tempi in ambito nipponico la scelta si sta ampliando tantissimo, però almeno questa serie la si può seguire senza svenarsi spendendo ventordici euro a volume).

quanto alla serie de le avventure rocambolesche di manu larcenet, continuerò a consigliarvela fino allo sfinimento perché sì, questa roba è assolutamente geniale, amo larcenet, voglio qualsiasi cosa abbia mai scritto, pure la lista della spesa (a proposito, se vi va di regalarmi l'integrale di blast basta mandarmi una mail e vi do l'indirizzo eh, oltre alla mia infinita riconoscenza, naturalmente).

questa volta il protagonista è robin hood.
essì, proprio lui, quel gran figo della foresta di sherwood, il ladro che ruba ai più ricchi per dare ai poveri, acerrimo nemico dello sceriffo di nottingham, accompagnato dal fedele amico little john e innamorato della bellissima lady marian.
solo che, fa male dirlo però è così e bisogna prenderne atto, il tempo passa per tutti.
anche per gli eroi.
e molto spesso il tempo che passa è impietoso. a volte è proprio un gran figlio di puttana.

insomma, il nostro ormai è un penoso vecchietto colpito dall'alzheimer e con una fastidiosa propensione a cantare a squarciagola canzoni tremende (non so cosa poteva essere in originale, ma qui è stato reso benissimo, ad esempio, con la notte vola) e a tirare frecce ai turisti.
certo, i turisti non sono proprio dei morti di fame ed è dunque lecito derubarli, ma - si diceva - i tempi cambiano, e quello che un tempo poteva essere un impavido eroe ora è considerato un pericoloso serial killer a cui dare la caccia.
così, mentre la polizia brancola nel buio, lo sceriffo di nottingham - anche lui imbruttito più di prima e incartapecorito - affiancato da un altrettanto rugoso tarzan (scordatevi il bel fustacchione romantico, jane se l'è abbondantemente scordata e preferisce amanti a quattro zampe), danno la caccia furiosamente a quel povero vecchio che per rimettere ordine tra i pensieri è costretto a farsi randellare la testa da little john e a parlare con gli  spiriti della foresta (anche loro piuttosto incattiviti e senza troppi peli sulla lingua).
se tutto questo non bastasse, robin si è messo in testa che prima di morire deve espiare le sue colpe: ma quali saranno mai i peccati del principe dei ladri oltre, ma questo è chiaro, i furti?

con la leggenda di robin hood, larcenet firma la quarta folle, divertentissima, cattivissima biografia immaginata di personaggi famosi, storie che, per quanto inventate di sana pianta, sanno parlare della realtà più di quanto non ci piaccia ammettere.

venerdì 28 settembre 2018

il flagello di dio ~ un'avventura rocambolesca di attila l'unno

- se ho fatto bene i conti, una volta presa la beauce, il mondo intero sarà vostro.
- che strano... la prospettiva dovrebbe riempirmi di gioia... come quando ho ucciso il mio primo gattino a colpi di martello... e invece no, non sento assolutamente niente...

l'obiettivo di un conquistatore è, per l'appunto, conquistare, e l'obiettivo del più grande conquistatore è fare suo tutto il mondo. ed è quello che succede nel 451 quando attila l'unno conquista l'ultima regione che mancava a completare il suo gigantesco impero, costruito con guerre, saccheggi, torture, uccisioni e stupri.
ma adesso che il suo sogno di gloria si è avverato, il grande (ugh) e potente attila si sente divorato dalla noia, dalla frustrazione e dalla depressione: che barbaro è un barbaro che non ha più nulla da depredare? cos'altro fare se non è rimasto nulla da conquistare? se non c'è più nessuno da uccidere, impalare, stuprare, scorticare? e che senso avrebbe riconquistare quello che si ha già?

amareggiato e ormai privo di uno scopo, attila abbandona i suoi uomini per mettersi alla prova contro il più grande e potente dei nemici: il suo nuovo obiettivo, scopertosi ormai immortale e dunque incapace di porre fine alla sua insopportabilmente noiosa e vuota esistenza, è uccidere dio stesso, quel dio che gli ha concesso la gloria ma che non gli permette di godere dei suoi successi.


certo, forse senza larcenet difficilmente ci saremmo immaginati un attila un po' filosofo, impegnato a interrogarsi sui grandi problemi che attanagliano l'umanità: ho conquistato il mondo ma non ho imparato niente. il più potente uomo sulla terra, circondato dall'armonia di un mondo finalmente libero dalla sua violenza adesso non sa più riconoscersi in una realtà che lo vede incapace di agire. costretto, come punizione alla sua crudeltà, a rimanere per sempre in vita ma eternamente preda della noia e dell'inadeguatezza, ad attila non rimarrà che volgere la sua rabbia nei confronti di dio, del mondo, della vita stessa, di qualsiasi cosa insomma, tranne che verso se stesso e verso la sua coscienza, incapace di comprendere che l'unico colpevole del suo enorme male di vivere non è altri che lui e la sua scelta di votare alla violenza più sfrenata la sua esistenza.

lasciando questa volta il compito di disegnare le tavole a daniel casanave - il cui tratto somiglia moltissimo a quello degli altri volumi della serie, dedicati a freud e van gogh - manu larcenet prosegue con il flagello di dio le sue biografie caustiche e ironiche che continuano a immaginare e reinventare i grandi personaggi della storia per raccontarci il disagio stesso di essere umani, con tutti i nostri sbagli, l'arroganza, la mancanza di giudizio, le nostre piccolezze e miserie.

nonostante le aspettative, con attila si riesce - sopratutto rispetto al secondo volume, quello dedicato a van gogh - a lasciarci sfuggire qualche risata in più, per quanto paradossale possa sembrare: eppure è proprio in quello scivolare nel ridicolo che si concretizza l'inferno in terra per il grande conquistatore che, giunto all'apice del suo successo, crolla inaspettatamente in un baratro di nulla, il nulla che - sembra dire larcenet - aspetta chiunque dedichi tutte le sue energie alla distruzione.

ancora una volta, larcenet prende il bersaglio in pieno: questa serie si conferma ancora una volta un esempio perfetto di comicità, riflessione e intelligenza. chapeau.

venerdì 20 luglio 2018

la linea del fronte ~ un'avventura rocambolesca di vincent van gogh

- il presidente è stato molto netto... la sua missione è andare al fronte e fargli avere dei quadri che rappresentino l' "anima della guerra" così lui saprà qual è la realtà sul campo...
dice che solo un artista saprà mostrargli la realtà celata sotto le apparenze...
- non ha torto la vecchia volpe... ma perché io?
- toulouse-lautrec non avrebbe la forza fisica necessaria...

per quale assurdo motivo i soldati scappano dal fronte, disertano e rischiano di essere fucilati? perché non assolvono con onore e gioia al loro compito di eroi e salvatori della patria, versando il loro sangue per il bene del paese?
è questo ciò su cui si interrogano i generali dell'esercito francese durante la prima guerra mondiale: cosa spinge così tanti soldati ad abbandonare le trincee e fuggire dalla battaglia?
c'è un solo modo per saperlo e no, andare sul luogo non è assolutamente contemplato, sono dei generali dopotutto, non dei semplici soldati, sono quelli che danno gli ordini, preferibilmente lontano dai combattimenti.
la vera soluzione è ingaggiare un artista che sappia mostrare la vera essenza della guerra, quello che terrorizza così tanto i soldati. non delle semplici scene di esplosioni e morti ammazzati, per carità! serve qualcuno che sappia andare oltre, che riesca a cogliere l'anima degli scontri: solo così il problema si potrà capire e, di conseguenza, risolvere.
e chi meglio di vincent van gogh?
ok, lo so, vi state facendo i conti e van gogh dovrebbe stare sottoterra da una ventina d'anni ma no, vi hanno ingannato: nel 1890 van gogh non è morto, e a dirla tutta, non si è nemmeno tagliato un orecchio, si trattava solo di sviare l'attenzione da una missione fallita (e per fortuna, altrimenti non avremmo mai conosciuto il cubismo) proprio per causa sua. adesso per vincent è arrivato il momento di riscattarsi, di dimostrare il suo valore.
e preferibilmente di smettere di usare tutto quel giallo.


inizia così per il nostro pittore e per il generale morillon, incaricato di seguirlo e di sorvegliare che effettivamente porti a termine la sua missione, il viaggio verso il fronte, un viaggio attraverso gli orrori della guerra, attraverso una verità che travalica ogni realtà: il campo di battaglia diventa un luogo dove le regole cambiano, dove il più razionale degli uomini comincia a credere a segnali che altrove bollerebbe come sciocche superstizioni e che davvero qui diventano qualcosa di più.
la guerra genera una realtà tutta sua, da vita a mostri impossibili da immaginare, fa nascere una nuova pietà che si alimenta di crudeltà e sangue.
la morte perde il suo aspetto poetico e romantico, si allontana dall'ideale dell'eroe che si immola per la patria e riacquista il suo vero volto, quello tumefatto e dilaniato, gli occhi sbarrati dall'orrore e dalla pazzia della paura. morillon respira per la prima volta la puzza del sangue e del terrore, quello che non riesce ad arrivare agli altri generali incipriati attraverso le tele di van gogh.
e se la tematica principale de la linea del fronte è quella della critica antimilitarista, dello sterile poetare sull'orrore da parte di chi non l'ha mai conosciuto, manu larcenet sceglie van gogh per disquisire - sempre con la sua ironia irriverente e senza freni - anche di arte: lontano dai salotti e dall'ammirazione del pubblico, vincent è un artista che vuole far scoppiare la sua angoscia in faccia al mondo, senza accontentare nessuno con idilliache colazioni sull'erba o consolanti donne nude, un artista sparito agli occhi del mondo proprio per aver volontariamente fallito una missione contro i cubisti, che crede nell'arte come espressione forte, intensa, personale e autonoma dal potere costituito.

così come nel primo volume de le avventure rocambolesche (tempo da cani), anche qui si ride e si piange, e spesso lo si fa nello stesso momento. larcenet coglie a piene mani le assurde contraddizioni del mondo, il comico che nasce dalla disperazione e dal dolore, il riso che si sovrappone alle lacrime, uno e l'altro legati indissolubilmente, ed entrambi espressione di una realtà che spesso supera qualsiasi immaginato surrealismo, una realtà nella quale la più improbabile delle spiegazioni diviene comunque più plausibile dell'assurda crudeltà dell'animo umano.

lunedì 30 aprile 2018

tempo da cani ~ un'avventura rocambolesca di sigmund freud

- ho sentito dire che qui i concetti di giustizia, diritto e legge sono a dir poco vaghi... strapperò questo paese alla barbarie, igor, e non solo, perdinci!! vedrai!
solo una cosa mi preoccupa...
- i banditi? gli scorpioni? i nodi scorsoi?
- no. i divani... i cow-boys ce li hanno i divani?

dopo faremo senza ho deciso che non avrei più perso di vista manu larcenet, autore di cui basta leggere qualche pagina per rendersi conto dell'immenso valore, per cui ringrazio tantissimo coconino press per questo tempo da cani ~ un'avventura rocambolesca di sigmund freud, primo di cinque volumi dedicati alle biografie immaginate di personaggi famosi (i prossimi saranno vincent van gogh, attila, robin hood e il milite ignoto) calati in contesti non proprio ortodossi dal punto di vista storico per illustrare - come recita la quarta di copertina - la realtà contraddittoria che ci circonda.

larcenet immagina un sigmund freud stanco delle vecchie viennesi isteriche, morenti come l'antico continente, alla volta dell'america, il mondo quasi-nuovo e non ancora psicanalizzato nel quale -divani permettendo - potrà dare una svolta alla sua carriera e strabiliare i colleghi parrucconi e incipriati con la scoperta di qualche nuova esotica nevrosi, scovata in una terra selvaggia in cui regole e leggi non esistono mentre abbondano i pericoli in ogni angolo - cosa che non smette di fargli notare igor, corpulento e non sempre elegantissimo braccio destro.


e mentre freud cerca qualcuno con un trauma abbastanza grande da potergli svoltare la carriera, si consuma il dramma di spot, cane randagio costretto al canile proprio in virtù della sua condizione di cane libero, senza padroni a cui dover rendere conto e ragione delle sue giornate.
è qui che spot impara che agli uomini bianchi non va giù che i cani randagi esistano perché non hanno un'anima (se la cosa vi suona familiare tranquilli, avete ragione, è che lo dicevano anche dei neri per giustificare la schiavitù, e credo che sottolineare la metafora sia abbastanza superfluo) e decide quindi di fuggire e di andare in cerca di uno sciamano che sappia dargliene una.


le strade dei due si incontrano presto e freud si rende conto che difficilmente potrà trovare qualcosa di meglio di un cane randagio in cerca della sua anima a cui strizzare il cervello: decide così di seguire spot nel suo viaggio in questa terra per lui incomprensibile e lontana anni luce dal modus vivendi europeo.
tra piatti di cucina fusion dagli effetti indesiderati... inaspettati e psicologicamente pregnanti, crudeli cowboys, sciamani un po' strambi e la totale assenza di regole in cui l'unica legge valida è quella di chi imbraccia un fucile, larcenet costruisce un western sui generis, capace di alternare con una rapidità disarmante momenti intensamente drammatici ad attimi di pungente ironia e comicità, portandoci in pochissime pagine a ridere, rabbrividire e perfino commuoverci, senza tralasciare l'amara riflessione su quello che il predominio culturale imposto dai colonizzatori ha significato per il continente americano e per il mondo tutto negli ultimi secoli.

venerdì 15 dicembre 2017

commenti randomici a letture randomiche (48)

prendiluna è l'ultimo (per ora) romanzo di stefano benni, che mi ha fatto compagnia per numerosi viaggi in autobus fino a un paio di settimane fa. ammetto che negli ultimi anni benni, con i suoi romanzi più recenti, mi aveva un pelino delusa e me ne ero allontanata.
di prendiluna, da brava gattomane, mi aveva da subito fatta innamorare la copertina piena di gatti, l'ho preso senza pensarci troppo, sentendo che poteva essere la volta buona di riavvicinarmi a uno dei miei scrittori preferiti.
e, saranno stati i diecimici, sarà stato dolcino, o forse la buona prendiluna, ma pare proprio che abbiamo fatto pace.

la storia è quella di prendiluna, anziana insegnante ormai in pensione, e della profezia rivelata da un gatto fantasma che solo lei può realizzare: portare a termine la sua missione - trovare dieci giusti a cui consegnare i diecimici - è l'unico modo per salvare l'umanità.
il viaggio di prendiluna si sposta nel mondo reale e in quello onirico, ed è difficile decidere se sono più assurdi e inverosimili i trumpi cattivi e razzisti che incontra su un pullman o i trisogni che condivide con dolcino l'eretico e michele l'arcangelo, due pazzi - forse, di certo internati in manicomio - che insieme a lei vogliono salvare il mondo destituendo finalmente dal suo potere sconfinato il diobuono, che forse poi così buono non è.
tra partite di pallone invisibile, regine dei sex shop, trasmissioni televisive patetiche, lotte tra angeli e diavoli, sogni matrioska, poliziotti con il pallino del cinema, odiatori seriali, anime gentili e sette misteriose e crudeli, in un mondo più folle e insensato del più assurdo sogno che cornelius noon abbia mai studiato, si ritrova il buon vecchio stefano benni di margherita dolcevita e di saltatempo, con il suo stile inimitabile, la sua ironia che non risparmia nessuno e la sua capacità di saper rendere goffamente adorabile una realtà di stupidi schermodipendenti in cui eroi nascosti, incontri indimenticabili e amori infiniti, sanno restituire all'umanità la fiducia che a volte sembra perdere in se stessa.
sicuramente non il suo romanzo migliore, non all'altezza di elianto o la compagnia dei celestini, per citarne due, ma a mio modestissimo avviso il più riuscito degli ultimi anni.

durante il periodo di sconti di coconino di qualche tempo fa ho recuperato un po' di titoli che volevo, tra cui faremo senza di manu larcenet, un libro di cui avevo letto tanto bene che non potevo farmelo scappare.
in effetti è un libro bellissimo, ma che non mi aspettavo così pesante. da noi è uscito dieci anni dopo l'edizione francese, come tiene a ricordarci zerocalcare che ha tradotto e introdotto (qui) l'edizione italiana, e questa è un po' la prova che, anche se solitamente si parla tanto dei libri appena pubblicati e poco di quelli più vecchi, un buon libro non ha la data di scadenza.
faremo senza non ha una vera e propria trama, è più qualcosa a metà tra un flusso di coscienza e una sorta di sfogo tardoadolescenziale (l'autore l'ha scritto quando aveva vent'anni, ma va bene anche a trenta, fidatevi) sulla vita, l'ansia, le paure, il senso di inadeguatezza.
zerocalcare dice "quanto è tutto dolorosamente vero" e in effetti potremmo chiudere il commento con questa frase: questo omino buffo e un po' tenero che attraversa le tavole da una pagina all'altra, alle prese con i suoi mostri personali è una sorta di assoluto, l'omino buffo che ognuno di noi ha dentro e che deve fare i conti con quel gran casino che è la vita.


non è facile raccontare questo lungo, cupo monologo, alleggerito solo dai disegni a volte quasi comici, faremo senza è un libro che va letto, che bisogna chiudere di tanto in tanto e rimanere qualche minuto o qualche ora a pensarci su, magari a smaltire il magone che a volte sale inevitabilmente in gola.

tutta un'altra storia per il primo, spettacolare e disturbate volume di animosity, in uscita in questi giorni per saldapress, scritto da marguerite bennett e disegnato da rafael de latorre: cosa succederebbe se improvvisamente gli animali si risvegliassero, sapessero parlare e avessero una coscienza come quella degli uomini? ovviamente, sarebbe il caos.
stanchi di essere uccisi, abbandonati, sfruttati, trasformati in cibo, cavie da laboratorio o pellicce, la rivoluzione sarebbe immediata.

sandor, un vecchio bloodhound e la sua bambina jesse, amici da sempre, si ritrovano nel bel mezzo della guerra più incasinata e feroce che si possa immaginare, in un mondo ancora sconvolto e del tutto impreparato ad affrontare una novità del genere.
e mentre da un lato umani e animali cercano di trovare accordi su come riuscire a sopravvivere tutti insieme adesso che certo è impossibile continuare a cacciare e allevare, dall'altro sandor, con il cuore colmo d'amore per la bambina che l'ha cresciuto, amato e protetto da sempre, ha capito che è arrivato il momento di invertire i ruoli e, adesso che lei è rimasta sola e non ha altri al mondo, deve riuscire a portarla indenne dal suo fratellastro che, nonostante non la conosca, può di certo assicurarle un futuro più sicuro di quanto non sia capace di fare un cane già anziano.

animosity sa passare bene dall'atmosfera tesa, violenta e spesso cruenta che caratterizza buona parte della narrazione e che la mantiene viva e accattivante senza mai spingere troppo sull'acceleratore, e quella dolcissima e malinconica tra sandor e jesse. basta meno della metà di questo primo volume per entrare appieno nella storia, farci coinvolgere e desiderare scoprire come andrà avanti la loro avventura, promosso a pieni voti.

ultimissima lettura è ophidian - avvento, di lucio perrimezzi e francesca follini, edito da noise press, una sorta di numero zero su quella che potrebbe essere una nuova serie parecchio interessante.
per via delle poche pagine del volume, la narrazione è velocissima e serrata, e densa di colpi di scena praticamente a ogni tavola. senza fare spoiler, ci ritroviamo insieme a seth frozen, brillante avvocato, a scoprire che angeli e demoni sono una realtà molto più vicina di quanto potessimo immaginare.
seth, risvegliatosi da pochi anni da un coma che lo lasciava senza speranze, ha scoperto le sue origini, la storia della sua famiglia e di come questa si collega alla battaglia più antica del mondo: quella tra dio e i suoi angeli, reietti, privati della loro condizione, relegati a vivere tra gli uomini, condannati come gli uomini alla morte.
quale dio può dirsi misericordioso, buono e giusto se tradisce i suoi figli? e come si può obbedire e essere fedeli a questo dio?
l'eterna lotta tra bene e male, dove ogni confine si fa labile e confuso è appena ricominciata, guidata da un nephilim contro il più infimo dei traditori.
la storia e i personaggi sono affascinanti, e se proprio dobbiamo trovare un difetto a questo volume è l'eccessiva velocità con cui sono presentati gli eventi. coerente per essere un numero zero, mi auguro che il seguito della storia sappia gestire meglio i tempi e approfondire di più il complesso background che è stato presentato di sfuggita fino ad adesso.