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lunedì 4 marzo 2019

commenti randomici a letture randomiche (63)

da lettrice, divido le gioie legate allo shopping libresco in due grandi categorie: la gioia dell'acquistare un titolo il giorno stesso della sua uscita (o di riceverlo a casa se l'ho preordinato online), e quella di recuperare finalmente qualcosa che desideravo da anni e che ancora non mi ero decisa a comprare, sopratutto se poi scopro che il libro (o fumetto, ovvio) che ho preso è una vera figata.

ad esempio, ultimamente - con la scusa delle spillette per i 10 anni di attività di bao publishing - ho iniziato a recuperare rachel rising. ho letto solo il primo numero (il secondo l'ho appena ordinato e inizierò presto le macumbe perché il postino non mi faccia di nuovo aspettare un mese prima di consegnarmelo) e sto già urlando da un paio di giorni che è davvero una figata.
ora, l'idea sarebbe quella di recuperare un volume al mese e continuare la collezione delle spillette, ma la voglia di fare binge reading (oh, come sono giovane e alla moda, uso termini come binge reading...) è veramente tanta che solo la mia perenne mancanza di pecunia potrà fermarmi dalla voglia di prendere tutto il resto della serie insieme.

dunque, terry moore è terry moore, il tizio che ha scritto quella roba meravigliosa che è strangers in paradise e tanto basta a presentarlo.
rachel rising è una serie horror con tutti i crismi: omicidi brutali, apparizioni misteriose, scene ambientate dentro un obitorio, riferimenti a un passato cupo e violento di caccia alle streghe, leggende metropolitane e morti che risorgono. come rachel, che ci regala uno dei migliori incipit di sempre: una agghiacciante - e fenomenale - scena iniziale in cui la vediamo uscire da sotto terra, sporca di fango, confusa e senza alcun ricordo di cosa le sia successo.
ed è proprio su questo che comincia a indagare con l'aiuto della zia johnny e della sua amica jet: chi l'ha uccisa? e per quale motivo? e come diamine fa a essere morta e allo stesso tempo ad andarsene in giro come se niente fosse? e come si collega a questa strana vicenda la storia di zoe, questa piccola, dolce, adorabile bambina con le trecce che nel giro di poche pagine fa fuori tre persone come se niente fosse? e chi è la donna misteriosa che solo rachel e zoe riescono a vedere?
insomma un sacco di domande e il bisogno folle che arrivi presto il prossimo volume.
però rachel rising non è solo un thriller appassionante, la mano di terry moore si sente non solo nel character design (le sue protagoniste si somigliano tantissimo, al punto che è più facile pensare che siano più che altro delle attrici che recitano ogni volta un ruolo diverso nelle varie storie), ma anche nel saper mescolare, come già in strangers in paradise, i momenti più cupi e drammatici con quelli più puramente ironici e con quelle scene in cui i sentimenti dei personaggi, i loro legami, la loro dolcezza vengono fuori con potenza e semplicità.
oltretutto adesso era diventato essenziale recuperare tutto il possibile di questo autore che ha da poco annunciato - oltre a strangers in paradise XXV che arriverà tra pochi mesi in italia - una nuova serie, five years, in cui saranno presenti i personaggi di s.i.p., rachel rising, echo e motor girl. dobbiamo assolutamente essere preparati!

altra nuova serie che ho iniziato qualche tempo fa - e per la quale stavo in attesa da anni - è girl from the other side, un manga che mi aveva fatto perdere la testa già soltanto per i disegni: elegantissimi, delicati, lontani dallo stile ipercartoonoso e più commerciale che ci è più noto quando parliamo di fumetto giapponese.
a metà tra favola gotica e slice of live, girl from the other side racconta della strana e improbabile amicizia tra una bambina di nome shiva e del suo maestro.
i due appartengono a mondi diametralmente opposti e in lotta: l'esterno, abitato da mostri spaventosi, forieri di una misteriosa maledizione che trasforma chiunque tocchino in esseri uguali a loro, e l'interno, il posto dove gli esseri umani si sono rinchiusi, protetti e armati, per sfuggire alla maledizione.
terrorizzati dalle creature oscure che si aggirano per i boschi e dal destino insondabile che attende chiunque venga colpito dal miasma, gli uomini sono diventati spietati e crudeli con chiunque possa rappresentare una minaccia. e shiva, che vive con una di queste creature, è esattamente questo: una minaccia da eliminare prima possibile.
il maestro, preoccupato per la sorte della bambina, si ritrova così a proteggerla dagli esseri umani per i quali lei è diventata un nemico, e da se stesso, per evitare che possa essere contagiata dal suo stesso male e possa trasformarsi senza rimedio.

oltre all'alone di mistero che avvolge tutta la vicenda - cos'è davvero questa maledizione? come è iniziata a propagarsi tra gli uomini? che fine hanno fatto i genitori di shiva? e perché il maestro è l'unica tra queste strane creature che ha così tanto a cuore la bambina? - e che speriamo si possa svelare non troppo velocemente nei prossimi volumi, rimane un sottofondo malinconico e dolceamaro, sopratutto grazie all'atteggiamento protettivo e a volte un po' goffo del maestro nei confronti di shiva.

una serie che parte molto bene (il primo volume ha una conclusione cattivissima, ho una voglia di continuare a leggerlo per scoprire cosa è successo che non so dirlo!) e che si discosta, sopratutto nello stile grafico, dalle solite serie manga trite e ritrite di cui abbiamo letto ogni possibile variante (a dire il vero negli ultimi tempi in ambito nipponico la scelta si sta ampliando tantissimo, però almeno questa serie la si può seguire senza svenarsi spendendo ventordici euro a volume).

quanto alla serie de le avventure rocambolesche di manu larcenet, continuerò a consigliarvela fino allo sfinimento perché sì, questa roba è assolutamente geniale, amo larcenet, voglio qualsiasi cosa abbia mai scritto, pure la lista della spesa (a proposito, se vi va di regalarmi l'integrale di blast basta mandarmi una mail e vi do l'indirizzo eh, oltre alla mia infinita riconoscenza, naturalmente).

questa volta il protagonista è robin hood.
essì, proprio lui, quel gran figo della foresta di sherwood, il ladro che ruba ai più ricchi per dare ai poveri, acerrimo nemico dello sceriffo di nottingham, accompagnato dal fedele amico little john e innamorato della bellissima lady marian.
solo che, fa male dirlo però è così e bisogna prenderne atto, il tempo passa per tutti.
anche per gli eroi.
e molto spesso il tempo che passa è impietoso. a volte è proprio un gran figlio di puttana.

insomma, il nostro ormai è un penoso vecchietto colpito dall'alzheimer e con una fastidiosa propensione a cantare a squarciagola canzoni tremende (non so cosa poteva essere in originale, ma qui è stato reso benissimo, ad esempio, con la notte vola) e a tirare frecce ai turisti.
certo, i turisti non sono proprio dei morti di fame ed è dunque lecito derubarli, ma - si diceva - i tempi cambiano, e quello che un tempo poteva essere un impavido eroe ora è considerato un pericoloso serial killer a cui dare la caccia.
così, mentre la polizia brancola nel buio, lo sceriffo di nottingham - anche lui imbruttito più di prima e incartapecorito - affiancato da un altrettanto rugoso tarzan (scordatevi il bel fustacchione romantico, jane se l'è abbondantemente scordata e preferisce amanti a quattro zampe), danno la caccia furiosamente a quel povero vecchio che per rimettere ordine tra i pensieri è costretto a farsi randellare la testa da little john e a parlare con gli  spiriti della foresta (anche loro piuttosto incattiviti e senza troppi peli sulla lingua).
se tutto questo non bastasse, robin si è messo in testa che prima di morire deve espiare le sue colpe: ma quali saranno mai i peccati del principe dei ladri oltre, ma questo è chiaro, i furti?

con la leggenda di robin hood, larcenet firma la quarta folle, divertentissima, cattivissima biografia immaginata di personaggi famosi, storie che, per quanto inventate di sana pianta, sanno parlare della realtà più di quanto non ci piaccia ammettere.

venerdì 28 settembre 2018

il flagello di dio ~ un'avventura rocambolesca di attila l'unno

- se ho fatto bene i conti, una volta presa la beauce, il mondo intero sarà vostro.
- che strano... la prospettiva dovrebbe riempirmi di gioia... come quando ho ucciso il mio primo gattino a colpi di martello... e invece no, non sento assolutamente niente...

l'obiettivo di un conquistatore è, per l'appunto, conquistare, e l'obiettivo del più grande conquistatore è fare suo tutto il mondo. ed è quello che succede nel 451 quando attila l'unno conquista l'ultima regione che mancava a completare il suo gigantesco impero, costruito con guerre, saccheggi, torture, uccisioni e stupri.
ma adesso che il suo sogno di gloria si è avverato, il grande (ugh) e potente attila si sente divorato dalla noia, dalla frustrazione e dalla depressione: che barbaro è un barbaro che non ha più nulla da depredare? cos'altro fare se non è rimasto nulla da conquistare? se non c'è più nessuno da uccidere, impalare, stuprare, scorticare? e che senso avrebbe riconquistare quello che si ha già?

amareggiato e ormai privo di uno scopo, attila abbandona i suoi uomini per mettersi alla prova contro il più grande e potente dei nemici: il suo nuovo obiettivo, scopertosi ormai immortale e dunque incapace di porre fine alla sua insopportabilmente noiosa e vuota esistenza, è uccidere dio stesso, quel dio che gli ha concesso la gloria ma che non gli permette di godere dei suoi successi.


certo, forse senza larcenet difficilmente ci saremmo immaginati un attila un po' filosofo, impegnato a interrogarsi sui grandi problemi che attanagliano l'umanità: ho conquistato il mondo ma non ho imparato niente. il più potente uomo sulla terra, circondato dall'armonia di un mondo finalmente libero dalla sua violenza adesso non sa più riconoscersi in una realtà che lo vede incapace di agire. costretto, come punizione alla sua crudeltà, a rimanere per sempre in vita ma eternamente preda della noia e dell'inadeguatezza, ad attila non rimarrà che volgere la sua rabbia nei confronti di dio, del mondo, della vita stessa, di qualsiasi cosa insomma, tranne che verso se stesso e verso la sua coscienza, incapace di comprendere che l'unico colpevole del suo enorme male di vivere non è altri che lui e la sua scelta di votare alla violenza più sfrenata la sua esistenza.

lasciando questa volta il compito di disegnare le tavole a daniel casanave - il cui tratto somiglia moltissimo a quello degli altri volumi della serie, dedicati a freud e van gogh - manu larcenet prosegue con il flagello di dio le sue biografie caustiche e ironiche che continuano a immaginare e reinventare i grandi personaggi della storia per raccontarci il disagio stesso di essere umani, con tutti i nostri sbagli, l'arroganza, la mancanza di giudizio, le nostre piccolezze e miserie.

nonostante le aspettative, con attila si riesce - sopratutto rispetto al secondo volume, quello dedicato a van gogh - a lasciarci sfuggire qualche risata in più, per quanto paradossale possa sembrare: eppure è proprio in quello scivolare nel ridicolo che si concretizza l'inferno in terra per il grande conquistatore che, giunto all'apice del suo successo, crolla inaspettatamente in un baratro di nulla, il nulla che - sembra dire larcenet - aspetta chiunque dedichi tutte le sue energie alla distruzione.

ancora una volta, larcenet prende il bersaglio in pieno: questa serie si conferma ancora una volta un esempio perfetto di comicità, riflessione e intelligenza. chapeau.

venerdì 20 luglio 2018

la linea del fronte ~ un'avventura rocambolesca di vincent van gogh

- il presidente è stato molto netto... la sua missione è andare al fronte e fargli avere dei quadri che rappresentino l' "anima della guerra" così lui saprà qual è la realtà sul campo...
dice che solo un artista saprà mostrargli la realtà celata sotto le apparenze...
- non ha torto la vecchia volpe... ma perché io?
- toulouse-lautrec non avrebbe la forza fisica necessaria...

per quale assurdo motivo i soldati scappano dal fronte, disertano e rischiano di essere fucilati? perché non assolvono con onore e gioia al loro compito di eroi e salvatori della patria, versando il loro sangue per il bene del paese?
è questo ciò su cui si interrogano i generali dell'esercito francese durante la prima guerra mondiale: cosa spinge così tanti soldati ad abbandonare le trincee e fuggire dalla battaglia?
c'è un solo modo per saperlo e no, andare sul luogo non è assolutamente contemplato, sono dei generali dopotutto, non dei semplici soldati, sono quelli che danno gli ordini, preferibilmente lontano dai combattimenti.
la vera soluzione è ingaggiare un artista che sappia mostrare la vera essenza della guerra, quello che terrorizza così tanto i soldati. non delle semplici scene di esplosioni e morti ammazzati, per carità! serve qualcuno che sappia andare oltre, che riesca a cogliere l'anima degli scontri: solo così il problema si potrà capire e, di conseguenza, risolvere.
e chi meglio di vincent van gogh?
ok, lo so, vi state facendo i conti e van gogh dovrebbe stare sottoterra da una ventina d'anni ma no, vi hanno ingannato: nel 1890 van gogh non è morto, e a dirla tutta, non si è nemmeno tagliato un orecchio, si trattava solo di sviare l'attenzione da una missione fallita (e per fortuna, altrimenti non avremmo mai conosciuto il cubismo) proprio per causa sua. adesso per vincent è arrivato il momento di riscattarsi, di dimostrare il suo valore.
e preferibilmente di smettere di usare tutto quel giallo.


inizia così per il nostro pittore e per il generale morillon, incaricato di seguirlo e di sorvegliare che effettivamente porti a termine la sua missione, il viaggio verso il fronte, un viaggio attraverso gli orrori della guerra, attraverso una verità che travalica ogni realtà: il campo di battaglia diventa un luogo dove le regole cambiano, dove il più razionale degli uomini comincia a credere a segnali che altrove bollerebbe come sciocche superstizioni e che davvero qui diventano qualcosa di più.
la guerra genera una realtà tutta sua, da vita a mostri impossibili da immaginare, fa nascere una nuova pietà che si alimenta di crudeltà e sangue.
la morte perde il suo aspetto poetico e romantico, si allontana dall'ideale dell'eroe che si immola per la patria e riacquista il suo vero volto, quello tumefatto e dilaniato, gli occhi sbarrati dall'orrore e dalla pazzia della paura. morillon respira per la prima volta la puzza del sangue e del terrore, quello che non riesce ad arrivare agli altri generali incipriati attraverso le tele di van gogh.
e se la tematica principale de la linea del fronte è quella della critica antimilitarista, dello sterile poetare sull'orrore da parte di chi non l'ha mai conosciuto, manu larcenet sceglie van gogh per disquisire - sempre con la sua ironia irriverente e senza freni - anche di arte: lontano dai salotti e dall'ammirazione del pubblico, vincent è un artista che vuole far scoppiare la sua angoscia in faccia al mondo, senza accontentare nessuno con idilliache colazioni sull'erba o consolanti donne nude, un artista sparito agli occhi del mondo proprio per aver volontariamente fallito una missione contro i cubisti, che crede nell'arte come espressione forte, intensa, personale e autonoma dal potere costituito.

così come nel primo volume de le avventure rocambolesche (tempo da cani), anche qui si ride e si piange, e spesso lo si fa nello stesso momento. larcenet coglie a piene mani le assurde contraddizioni del mondo, il comico che nasce dalla disperazione e dal dolore, il riso che si sovrappone alle lacrime, uno e l'altro legati indissolubilmente, ed entrambi espressione di una realtà che spesso supera qualsiasi immaginato surrealismo, una realtà nella quale la più improbabile delle spiegazioni diviene comunque più plausibile dell'assurda crudeltà dell'animo umano.

lunedì 30 aprile 2018

tempo da cani ~ un'avventura rocambolesca di sigmund freud

- ho sentito dire che qui i concetti di giustizia, diritto e legge sono a dir poco vaghi... strapperò questo paese alla barbarie, igor, e non solo, perdinci!! vedrai!
solo una cosa mi preoccupa...
- i banditi? gli scorpioni? i nodi scorsoi?
- no. i divani... i cow-boys ce li hanno i divani?

dopo faremo senza ho deciso che non avrei più perso di vista manu larcenet, autore di cui basta leggere qualche pagina per rendersi conto dell'immenso valore, per cui ringrazio tantissimo coconino press per questo tempo da cani ~ un'avventura rocambolesca di sigmund freud, primo di cinque volumi dedicati alle biografie immaginate di personaggi famosi (i prossimi saranno vincent van gogh, attila, robin hood e il milite ignoto) calati in contesti non proprio ortodossi dal punto di vista storico per illustrare - come recita la quarta di copertina - la realtà contraddittoria che ci circonda.

larcenet immagina un sigmund freud stanco delle vecchie viennesi isteriche, morenti come l'antico continente, alla volta dell'america, il mondo quasi-nuovo e non ancora psicanalizzato nel quale -divani permettendo - potrà dare una svolta alla sua carriera e strabiliare i colleghi parrucconi e incipriati con la scoperta di qualche nuova esotica nevrosi, scovata in una terra selvaggia in cui regole e leggi non esistono mentre abbondano i pericoli in ogni angolo - cosa che non smette di fargli notare igor, corpulento e non sempre elegantissimo braccio destro.


e mentre freud cerca qualcuno con un trauma abbastanza grande da potergli svoltare la carriera, si consuma il dramma di spot, cane randagio costretto al canile proprio in virtù della sua condizione di cane libero, senza padroni a cui dover rendere conto e ragione delle sue giornate.
è qui che spot impara che agli uomini bianchi non va giù che i cani randagi esistano perché non hanno un'anima (se la cosa vi suona familiare tranquilli, avete ragione, è che lo dicevano anche dei neri per giustificare la schiavitù, e credo che sottolineare la metafora sia abbastanza superfluo) e decide quindi di fuggire e di andare in cerca di uno sciamano che sappia dargliene una.


le strade dei due si incontrano presto e freud si rende conto che difficilmente potrà trovare qualcosa di meglio di un cane randagio in cerca della sua anima a cui strizzare il cervello: decide così di seguire spot nel suo viaggio in questa terra per lui incomprensibile e lontana anni luce dal modus vivendi europeo.
tra piatti di cucina fusion dagli effetti indesiderati... inaspettati e psicologicamente pregnanti, crudeli cowboys, sciamani un po' strambi e la totale assenza di regole in cui l'unica legge valida è quella di chi imbraccia un fucile, larcenet costruisce un western sui generis, capace di alternare con una rapidità disarmante momenti intensamente drammatici ad attimi di pungente ironia e comicità, portandoci in pochissime pagine a ridere, rabbrividire e perfino commuoverci, senza tralasciare l'amara riflessione su quello che il predominio culturale imposto dai colonizzatori ha significato per il continente americano e per il mondo tutto negli ultimi secoli.