venerdì 27 gennaio 2012

medea (voci) - di christa wolf


medea è il primo romanzo che ho letto (un paio di anni fa) di christa wolf, e che rileggo (cosa non troppo frequente per me) molto volentieri in questi giorni.

posso dire che assoluta certezza che è uno dei libri più belli che mi siano passati tra le mani.
la figura di medea, o almeno la sua rappresentazione classica e più nota mi ha sempre affascinata, anzi a dispetto delle sue colpe, ha sempre suscitato in me una sorta di ammirazione. medea la terribile, medea la coraggiosa, medea la ribelle.
il libro, come suggerisce il sottotitolo voci, si divide in capitoli ognuno dedicato alla voce di uno dei personaggi. medea, giasone, agameda, acamante, glauce, leuco, si alternano e a volte tornano a raccontare la storia di una donna speciale e incompresa, testimone di tante atrocità, unica additata come colpevole, unica innocente, unica vittima.
la wolf in questo libro tenta di riscattare medea dal ruolo di traditrice, fratricida e infanticida, e con lei di riscattare la colchide e in senso largo i popoli barbari proprio da quell'accusa di barbarie, arretratezza, e negatività in generale rispetto alla splendente razionale grecia.

attenzione! anticipazioni sulla trama!


nella versione euripidea, medea, folle d'amore per giasone, tradisce il padre, uccide il fratello salito con lei sull'argo e rallenta gli inseguitori gettandone in mare il corpo fatto a pezzi. rinnegata da giasone, che la abbandona per sposare la figlia del re creonte, glauce, uccide la rivale e poi i figli, per vendicarsi del torto subito dall'uomo che l'ha oltraggiata.

ma è davvero questa la reale medea? medea la saggia, colei che cura, può trasformarsi in una folle assassina solo per gelosia? solo per un uomo come giasone?
poco plausibile pare così la storia, già fonti antecedenti a euripide raccontano i fatti in modo diverso, sopratutto parlano del fatto che medea tentò di salvare i suoi figli prima di essere esiliata. e poco plausibile pare anche alla wolf, che un poeta greco, pagato per scrivere quella tragedia, non lo facesse se non per decantare le lodi della sua civiltà e sminuire le altre per migliorare la propria nel confronto.
barbari, violenti e assassini, rozzi incivili dalle tradizioni inumane, ecco come sono gli uomini, e sopratutto le donne, fuori dalla grecia.
medea e le donne della colchide sono troppo orgogliose, si atteggiano in modo provocante, trattano gli uomini, e lo sa bene giasone, con sufficienza. giasone, cosa ti aspettavi da medea? che una donna come lei, saggia e potente, davvero perdesse la testa per un goffo burattino come te?
giasone che si sorprende dell'indipendenza di medea, della sua ostentata sensualità, della sua mancanza di quel pudore tanto conveniente a cui sono addestrate le donne greche. medea non china gli occhi a terra, medea cammina con passo sicuro, medea non muore per lui, gli si concede ma mai è pienamente sua.
medea fugge dalla colchide non per amore, ma per terrore. per odio contro il padre che è il vero traditore nei confronti delle tradizioni, nei confronti della sua famiglia e del suo paese.
fugge dopo aver conosciuto l'orrore della sorte toccata al povero fratello, il bello e giovane apsirto, vittima innocente dei sotterfugi del padre, vile e senza scrupoli, apsirto ucciso barbaramente a posto del re nel rituale antico in cui il re viene fatto a pezzi e la sua carte sparsa nella terra per renderla fertile. il re lo pone al suo posto, agnello martirizzato a simboleggiare ciò che non è, per salvare la vita al vecchio più che per garantire un futuro prospero al paese. fugge in un paese che spera più civile, un paese in cui si augura di non vedere versato il sangue degli uomini sgozzati e fatti a pezzi come tori sugli altari sacrificali.
agameda, la sua assistente, la sua allieva migliore, come gli altri, non mira che alla sua distruzione, troppo grande è l'invidia e il desiderio di vedere annientata chi le suscita tanto rispetto, per poterne prendere il posto. l'accuserà di aver spiato la regina merope, di averla seguita in un corridoio segreto del palazzo. neanche lei sa cosa ha messo in luce, quale tabù ha profanato.
quello che medea scopre seguendo i passi dell'orgogliosa regina di corinto è un segreto grande e terribile come quello che credeva di essersi lasciata alle spalle in colchide.
l'orrore è anche qui, nella civilissima grecia, un orrore velato sapientemente e nascosto dietro la convinzione della superiorità ellena. la città ha fondamento sopra un misfatto
davvero giasone, sei convinto che il suo civilissimo popolo non compia sacrifici umani per ingraziarsi gli dei?
quello che medea scopre nei sotterranei del palazzo è lo scheletro piccolo e fragile di un bambino. una bambina per la precisione, la figlia di creonte, ifinoe, uccisa per volere dello stesso re per aiutarlo a conservare il suo potere.

è bellissimo il personaggio che la wolf ci propone, così come è terribile, e plausibilmente più vera della versione euripidea, la storia di corinto da un lato e della colchide dall'altro. del tutto diverse da quelle a cui la tragedia greca ci ha abituato.
d'altra parte, quale sia il vero messaggio dell'opera euripidea è tanto chiaro che non è poi tanto difficile pensare che sia stata scritta ad hoc per permettere al popolo greco di giustificarsi le atrocità commesse di nascosto, di innalzarsi sopra le altre culture rinnegando le stesse usanze che condanna: noi siamo i migliori, siamo i giusti, siamo quelli che non si piegano alle superstizioni delle antiche religione, siamo i civili, siamo diversi da loro, inferiori nella loro ignoranza e credulità, nella loro società male organizzata.
christa wolf esaspera ed esplicita l'inganno e ne approfitta anche per criticare la cultura patriarcale, che ama definirsi più civile di quella precedente, ma che in realtà commette atrocità di livello ancora peggiore, perché dettate dalla sete di potere e non dall'antica saggezza perduta. 
medea qui è l'emblema del matriarcato destinato a soccombere, è l'ultima donna libera, l'ultima che non sarà sottomessa, è la barbara su cui ricadranno tutte le colpe, è il farmacos che cacciato dalla città si addosserà il male di due popoli, le loro atrocità passate, presenti e future, non avrà nessuna speranza neppure per i figli, morti per colpa di essere i suoi figli, è l'ultima scintilla di un fuoco antico, spento per sempre, annegato in un mare di brutalità velata di raziocinio.
senza contare che christa wolf è sicuramente una che sa tenere la penna in mano e sa usarla molto meglio di certi strittoruncoli da strapazzo. se state a condividere le citazioni di fabio volo su facebook è già poco probabile che abbiate letto fino a qui, ma vi avverto che non è roba per voi. o magari potete iniziare davvero a capire cosa fa qualcuno che scrive quando sa farlo.
nonostante non sia scritto per il teatro, le voci dei personaggi di medea possono benissimo essere recitate da degli attori, ma credo proprio che preferisco leggere e lasciare che parlino dentro la mia testa, che i loro pensieri, come torrenti in piena, scorrano mischiandosi ai miei, diventando miei.
la wolf riesce a rendere la storia molto appassionante fino a farla divenire quasi un'esperienza vivibile dal lettore, alla prima lettura graffia, alla seconda lascia un velo di amarezza.

2 commenti:

  1. Ciao,
    volevo dirti che nel mio blog c'è un premio per te ^_^

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  2. grazie mille, ho già pronto il post, lo pubblicherò nei prossimi giorni ^^

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