mercoledì 6 febbraio 2019

a land called tarot


punto primo: da quando ho letto ¡infierno! ho sviluppato un debole per i silent book (anche se non sempre sono riusciti come ¡infierno!, ma non è che tito faraci può sceneggiare tutto. ma la smetto di divagare che farlo proprio all'inizio pare brutto)
punto secondo: ho un debole - ma questo non so a cosa imputarlo - per gli animali strani da ambientazione fantasy. anzi, credo che gli animali strani e le architetture strane siano la sola cosa che mi piaccia davvero dei fantasy.

questi sono i due veri motivi che mi hanno fatto impazzire dalla voglia di leggere (beh... si fa per dire) a land called tarot fin dal momento in cui è stato annunciato. era da mesi che stavo in fissa con l'idea di poter (non)leggere questo libro e ok, è un silent book ed è pieno zeppo di creature strane. ed è già bellissimo così.

ma, diciamolo subito perché è davvero la cosa più importante di tutte, la vera bellezza di questo libro è l'immensa varietà di ambientazioni in cui l'azione si svolge, un mondo che pare essere un catalogo di tutti i luoghi perfetti in cui ambientare non una semplice storia ma un'intera saga.
il tutto disegnato con uno stile cartoonoso ma tremendamente attento ai dettagli, visivamente impressionante e affascinante.

in a land called tarot non c'è una vera e propria trama: seguiamo un eroe - il cavaliere di spade - impegnato in una serie di missioni in un mondo che mischia senza troppe remore ambientazioni post apocalittiche, natura incontaminata, deserti, giardini rigogliosi e città decadenti, tecnologia futuristica, architetture da favola trecentesca, esoterismo e magia.

in una sola tavola gael bertrand descrive quello che in un romanzo fantasy ci vorrebbero venti pagine per spiegare, e ogni tavola è quasi l'idea di partenza per un romanzo a se stante.


prendiamo ad esempio questa scena: vecchie navi arenate in mezzo al deserto - cosa diamine è successo al mare? - relitti di astronavi, un accampamento dal sapore orientale attorno cui banchettano creature antropomorfe e altre più propriamente umane, soldati forse. e poi un fortissimo contrasto cronologico tra l'aspetto rudimentale di una capanna e di un rozzo braciere da campo e un'astronave rottame: siamo forse in un mondo in cui il progresso ha distrutto l'equilibrio naturale al punto da portare a un'involuzione, o meglio, a nuove evoluzioni, sia in senso biologico che sociale e culturale?


e qui invece? il mare c'è, certo, e questo ci dice molto sulla grandezza di questo pianeta e sulla varietà dei suoi paesaggi, ma anche in questa scena è evidente che qualcuno si è divertito un sacco a giocare a innestare creature e costumi e tempi diversi per creare un mondo ibrido ma al contempo perfettamente coerente con se stesso.

a una prima non-lettura a land called tarot risulta quasi fastidioso semplicemente perché non c'è nulla di quello che ci si potrebbe aspettare, non è facile seguire e comprendere immediatamente tutte le vicende, procedere di pari passo insieme al protagonista attraverso lo spazio e il tempo.
insomma, ci si ritrova presto confusi e spaesati in un mondo in cui nessuna delle regole che conosciamo è davvero certa. probabilmente conoscere i tarocchi potrebbe aiutare a decifrare alcune simbologie, ma non è assolutamente il mio caso, è troppo complesso per me e non ci ho voluto nemmeno provare, perché credo che il trucco per apprezzare davvero il lavoro di bertrand in realtà sia un altro.
infatti abbandonate le aspettative e la voglia di afferrare subito il significato di ogni cosa, questo libro mostra finalmente il suo lato migliore: perdendoci in un paesaggio per molti versi incomprensibile, ritroviamo quella che probabilmente è la vera essenza del fantasy stesso, la scoperta del meraviglioso, del mostruoso - nel senso più stretto del termine - del misterioso e dell'inconoscibile.
il viaggio dell'eroe, le sue imprese, i suoi incontri diventano così la scusa per sfogliare un atlante di luoghi immaginari, visioni di realtà create per gioco in un collage che mischia tempi e luoghi e razze.

paradossalmente, quello che sembra un libro veloce diventa così una lettura lenta e attenta, anzi, necessita più riletture e probabilmente non arriva mai a svelare davvero del tutto ogni aspetto della narrazione. eppure è proprio questo suo essere così incerto che da al lettore la possibilità di inventare nella sua testa i suoni, i dialoghi, gli eventuali epiloghi, gli eventi che hanno portato a quel preciso momento. questo libro è terreno fertile per l'immaginazione di chiunque, un calderone di idee che possono generare altre decine di libri, racconti, film, videogiochi, fumetti eccetera.

se state cercando il classico fantasy in cui un eroe affronta il suo destino, supera le prove e giunge al risultato finale più maturo e coraggioso e saggio di prima, allora cercate altro.
ma se volete viaggiare in un universo immaginifico e fantastico senza assillarvi di domande ma semplicemente abbandonandovi allo stupore, bene, avete trovato il libro che fa per voi.

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