"mia madre era la stessa che, quando uscì titanic al cinema, fece sussultare metà della sala quando, alla battuta della madre di rose "siamo donne. le nostre vite non sono mai scelte facili", si voltò verso di me e ad alta voce, con fare serissimo e perentorio, disse: «ricordati che i tempi sono cambiati». eppure, nemmeno la sua mi sembrava una vita facile. le è capitato più volte di essere l'unica a portare lo stipendio in casa, mantenendo economicamente un compagno - a tratti sfortunato, a tratti semplicemente pigro. lavorava tutto il giorno, mi veniva a prendere a scuola, rassettava la casa. e gli uomini, ai miei occhi, diventavano sempre più personalità accessorie: inutili economicamente, invisibili in casa, come il compagno di mia madre, come mio padre. socialmente irrilevanti, come i fuchi per le api. se ognuno aveva un compito - e il mio, fino a quel momento, era andare a scuola, dare una mano con la spesa e tenere il più possibile in ordine la mia camera - i maschi potevano essere esonerati da queste richieste, liberi da obblighi e aspettative. il che da un lato appariva rassicurante. ma c'è davvero un vantaggio a non prendersi alcuna responsabilità, o, al contrario, ad accumulare doveri e poteri, senza chiedere né delegare mai?"
perdonate la lunga citazione, ma credo che queste righe contengano buona parte di quello che bestiario parentale racconta, che è un po' buona parte della narrazione consapevole dei ruoli di genere che ci ripetiamo da anni senza mai, almeno fino ad adesso, riuscire veramente a cambiare le cose. se è vero che è la società a costruire l'idea di "maschio" e "femmina", è anche vero che a insegnarci nei fatti come essere l'uno o l'altra è la famiglia in cui nasciamo e cresciamo. non soltanto con le parole, anzi, soprattutto con gli esempi.
francesca manfredi mette insieme memoir, racconto e riflessione in questo piccolo "bestiario familiare", riportando alla mente i ricordi della sua infanzia e adolescenza, soffermandosi sul ruolo delle donne e degli uomini nella sua famiglia e di come questo abbia influenzato non soltanto le sue aspettative verso il futuro ma anche i rapporti relazionali, romantici e non, con il maschile.
l'idea di donna che impariamo in famiglia è spesso quello della moglie-madre oberata di lavoro, che tiene tutto insieme, che si concede poco tempo per sé, per lo svago e il riposo, l'immagine speculare dell'idea di uomo che si forma nella nostra mente, quello che a casa riposa, viene servito, si cura di pochissime, indispensabili cose ma che, in qualche modo, è la persona più importante e autorevole della famiglia, anche quando viene - più o meno segretamente - ritenuto "socialmente irrilevante" come un fuco nell'alveare.
i ruoli si cristallizzano, generazione dopo generazione, trasformandosi in destini già segnati. l'autrice racconta la propria crescita come una sorta di guerra nei confronti dell'idea di doversi rassegnare a essere come le donne della sua famiglia e di dover evitare di incontrare uomini come quelli della sua famiglia e di quella che definisce una lunga strada verso la costruzione di un'identità e, successivamente, di relazioni che fossero sane, che rispondessero a sentimenti reciproci, volontà, preferenze anziché è a esigenze dimostrative.
una crescita che porta a rivedere i propri pregiudizi sui ruoli di genere e sul valore di quei ruoli, capovolgendo l'idea di libertà maschile dai vincoli familiari non più come l'ennesimo sinonimo di privilegio ma come disfatta.
post pubblicato in origine su instagram.
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