lunedì 18 marzo 2019

space invaders

nessuno ricorda chiaramente il momento esatto, ma tutti ricordiamo che all'improvviso cominciarono a vedersi bare, funerali e corone di fiori e non potevamo più fuggire, perché tutto sembrava essersi trasformato il qualcosa di simile a un brutto sogno.

gli anni '80 in cile, la dittatura e l'orrore che si insinuano nei sogni dei bambini e che si trascinano per anni nella loro memoria.
che fossero sogni o ricordi o ricordi poi sognati e dai sogni ricordati, questo non è facile riconoscerlo.
ecco in poche parole il romanzo di nona fernández, un lungo racconto in cui, attraverso il ricordo dei sogni e di alcune immagini rimasse impresse nella loro memoria, quelli che furono bambini ai tempi di pinochet narrano l'atmosfera del cile in quegli anni.

il regime militare, la violenza, le sparizioni sono tutte offuscate dal loro sguardo innocente e infantile: i funerali che invadono le strade, le riunioni scolastiche con gli alunni tutti in riga, col braccio sulla spalla del compagno avanti per mantenere la giusta distanza, le divise impeccabili, indossate alla perfezione, senza saltare un bottone, la polizia che entra in casa di notte interrompendo il sonno di una notte e privando tutte quelle che seguiranno del riposo, gli incubi che rubano il posto ai sogni, i vuoti che iniziano a prendere il posto delle persone, i banchi di scuola che non hanno più qualcuno a occuparli, e poi le minacce, gli arresti, le parole incomprensibili ma che lasciano una scia di terrore.
e poi c'è lei, estrella gonzalez, la nuova compagna di scuola che suo papà accompagnava amorevolmente a scuola, lei che un giorno sparisce, è costretta ad andare via, e che torna sempre, anche dopo tanti anni, nei sogni di ognuno.
la sua presenza è come un filo che li collega tutti anche se ormai vivono vite lontane. il suo ricordo si insinua ogni notte nel letto di ognuno di loro, cambia aspetto, diventa una voce o le parole di una lettera.

non il regime in sé, ma l'atmosfera strisciante di qualcosa troppo difficile da dire, qualcosa di troppo spaventoso per poter essere nominata, ecco cosa raccontano i sogni confusi dei bambini di space invaders: come nel gioco, non è facile capire chi siano davvero i nemici, perché ci stanno attaccando, perché bisogna difendersi, lottare, sparare, uccidere, distruggere le navicelle nemiche.
come nel gioco, dove puoi provare a superare il record ma l'invasione aliena non finirà mai, anche qui non c'è alcuna possibilità di vittoria, anche dopo la fine della dittatura, anche dopo la fine dell'infanzia, i ricordi torneranno a infilarsi nei loro smemorati materassi.
come nei sogni, l'orrore del racconto è nei particolari banali che restano a ossessionare la memoria giorno dopo giorno, dettagli insignificanti che tradiscono l'inquietudine di un paese ferito, come in un sogno, spesso non è chiaro il contesto dei ricordi: nascosti dagli adulti forse, forse semplicemente troppo crudeli per poter essere compresi.
il tempo non è chiaro, confonde tutto, mischia i morti, li trasforma in uno solo, li separa di nuovo, si muove all'indietro, procede al contrario, gira come il carosello di una fiera, come nella gabbia di un laboratorio, ci intrappola in funerali, marce e arresti, senza darci alcuna certezza di continuità o di fuga.se siamo stati lì o meno, non è chiaro. se partecipammo a tutto questo, nemmeno.
nona fernández costruisce un racconto complesso e articolato attraverso le voci dei suoi protagonisti, crea con le parole immagini e suggestioni, lascia intuire quello che i bambini percepiscono appena, che non comprendono ma che rimane immagazzinato nei loro ricordi, confuso da un generale senso di straniamento dall'orrore che non si lascia mai chiaramente vedere in volto, ci trascina in questo mondo sfocato come il dormiveglia, quando è ancora incerto il confine tra ciò che sappiamo essere davvero accaduto e quello che invece abbiamo solo immaginato, e ci accompagna fino al risveglio - nostro e dei suoi protagonisti - svelando la realtà nella sua interezza solo alla fine.
c'è un angoscia di fondo, qualcosa di inspiegabile eppure sbagliato, la sensazione di una presenza al margine del campo visivo che segue tutto il racconto e che, anziché dire cosa furono quegli anni, ci permette di viverne, anche solo in minima parte, le atmosfere.

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