venerdì 21 settembre 2018

jugband blues

dicono che la sua sorgente si sia consumata ma che sottopelle stia bruciando...
dicono che talvolta, mentre suona, si riescano ancora ad intravedere sprazzi del suo genio più puro. altre volte, invece, sembra sprofondare in un abisso scuro e limaccioso.

se gli anni '60 e '70 sono stati quelli del cambiamento, di una musica nuova, della scoperta dell'lsd e di una nuova concezione di mistica e di esplorazione di sé, allora a incarnare meglio di ogni altro questo cambiamento furono i pink floyd, e se questa associazione ha un motivo di essere si deve all'uomo che nel 1965 li fondò, quasi per caso, sostituendo uno dei componenti di un gruppo musicale di studenti di architettura a londra. da lì in poi, come si suol dire, è storia.

ma jugband blues è un'altra storia, quella di un artista straordinario e della sua lenta e inesorabile discesa verso un abisso fatto di droghe, di follia e di una solitudine ben nascosta dietro il caos di gente che gli orbita intorno.

affascinato fin da bambino dalla musica dei pink floyd, matteo regattin ripercorre la storia di syd barret scansando i luoghi comuni dell'artista geniale e maledetto, viaggiando tra la sua musica e i racconti di chi l'aveva incontrato, percorrendo le strade della sua vita, visitando i posti in cui era vissuto, scrivendo una biografia che ha poco di documentaristico, che non si limita a un elenco di date e nomi di città e testimonianze, ma che spazia in visioni oniriche e lisergiche, figure da favola e mondi impossibili che si sovrappongono alla realtà, proprio - forse - come fu per syd.

la scena d'apertura del racconto sembra un'epifania mistica da epica mitologica: un viaggio fino alle porte dell'alba, una musica che conduce dritto fino a un gigantesco dio pan, la divinità che soprassiede a ogni aspetto della realtà e dell'irrealtà, signore di tutte le cose, personificazione della conoscenza assoluta di tutto ciò che esiste: questo sarà da adesso in poi il ruolo della musica e della vita stessa, una continua tensione verso l'assoluto, l'esplorazione di una dimensione più grande di quella sperimentabile ed esprimibile.
da qui l'ascesa velocissima, il successo della sua musica e del suo personaggio stesso e poi l'altrettanto repentina fine, la follia che si impossessa della sua mente e che lo fa sempre più allontanare dagli altri, dal mondo, chiuso sempre di più in se stesso, in una realtà impenetrabile dall'esterno.


le tavole di simone perazzone sono scure come la penombra del dormiveglia, i disegni oscillano tra il realismo e l'onirico del mondo di syd, dalle vignette piccole, veloci, che affollano una singola pagina, alle splash page che sembrano allungarsi anche oltre i confini del sogno a cui neppure il bianco e nero sa rubare il senso di colori saturi e impossibili.

jugband blues salterà forse più facilmente all'occhio dei fan del gruppo inglese, ma per i meno esperti è un buon modo per scoprire quello che c'è dietro la musica di uno dei gruppi più famosi e amati dello scorso secolo.

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