mercoledì 18 ottobre 2017

commenti randomici a letture randomiche (44)

ancora un minestrone di robe, lo so, ma le cose da consigliarvi sono troppe e questa è la soluzione più facile (sopratutto adesso che passo più tempo sopra gli autobus che a casa) per riuscire a parlarvi di tutto.
a questo giro vi racconto di un po' di belle autoproduzioni, recuperate un po' all'arf e un al tcbf, così se andate a lucca sapete cosa non dovete perdervi!

i diari della nuke lo volevo da millenni, e se non avete ancora ceduto all'edizione shockdom (io odio il loro logo arancione orrido che rovina tutte le copertine) vi suggerisco di accappararvi una copia della vecchia edizione autoprodotta allo stand di mammaiuto.
i diari della nuke è effettivamente né più né meno che una sorta di sconclusionato, incasinato, intimo diario di nuke (al secolo claudia razzoli) che mischia ricordi, riflessioni ed esperienze con ironia e sincerità, un po' come una chiacchierata con un'amica davanti a qualche bicchiere di vino ma con i disegni.
dal manuale pratico per scappare di casa al disagio reale (e non figo come sembra quando lo vedi nelle serie tv), ai discorsi cinici e disillusi sull'amore (che, si sa, è da cretini) fino ai suggerimenti su come lasciare qualcuno (e magari pentirsene poi) o a come vivere al meglio una vera solitudine, o ai lavori tristi e poco soddisfacenti che meglio che niente, i diari della nuke sono una panoramica della - non troppo - comune vita di una ex-adolescente-ribelle, che sa farsi una risata anche davanti ai momenti più di merda e insegna a farci prendere la vita con un po' più di leggerezza, che tanto a peggiorare le cose con la tristezza non ci si guadagna nulla.
fossi in voi non me lo perderei (ed è anche un ottimo modo per ingannare l'attesa del cartaceo di ross)

per rimanere ancora un po' in compagnia di mammaiuto, vi consiglio di recuperare anche suomi (che in finlandese vuol dire finlandia) de la came, un altro diario, anche se parecchio diverso da quello della nuke, che racconta il viaggio ad helsinki di un trio di amici, tra l'eccitazione per un mondo completamente alieno a quello di ogni giorno e la malinconia della separazione.
la vicenda infatti ruota attorno all'assunzione a helsinki di tark, fratello dell'autrice e artista da sempre, che finalmente ha realizzato il suo sogno di lavorare come designer in un'azienda che non lo sfrutti brutalmente e lo faccia sentire un po' realizzato.
assieme a lui, per aiutarlo ad ambientarsi in un paese così diverso e affascinante (e freddo, immagino), came e leiba si divertono a fare i turisti per smorzare un po' l'inevitabile tristezza della prossima separazione.
suomi si articola un po' come una cronaca degli eventi, un po' come un quaderno di appunti (su qualsiasi cosa affascini l'autrice, dal design degli oggetti alle architetture, una specie di instagram con i disegni e parecchio senso artistico in più) e un po' come un vero e proprio diario, pieno di riflessioni sull'eterno dilemma tutto italiano del rimango a casa, in questo paese bello e soleggiato a farmi sfruttare con lavori orrendi che non mi merito o vado lontano in un posto che è familiare quanto marte ma finalmente realizzo i miei sogni? o delle più semplici considerazioni sulla natura stessa delle aspirazioni (ma è davvero così strano non avere un sogno ben definito?)
i disegni, seppur sempre riconoscibili e coerenti, cambiano stile a seconda delle situazioni, a volte in bianco e nero, altre a colori, monocromie, pagine ricche di dettagli e altre che sembrano solo un intrecciarsi di illustrazioni e scrittura.
divertente e insieme amaro e disilluso, suomi è schizofrenico come qualsiasi diario testimoni un cambiamento tanto importante. che siate amanti dei viaggio, delle atmosfere del nord europa o semplicemente delle storie disegnate, non fatevelo scappare.

un'altro titolo che se passate a lucca dovete recuperare per forza è un lungo cammino, scritto da samuel daveti e disegnato da lorenzo palloni e francesco rossi.
l'unica attinenza con i due sopra è che anche questo è del collettivo mammaiuto, ma qui abbiamo a che fare con una storia tra il distopico e il fantascientifico, un racconto crudo, forte e bello, e se non vi fidate di me, fidatevi di brandon box, la casa di produzione che ha acquistato i diritti per farne un film.

siamo a parigi, nel 2082. madre, padre e alec, il loro bambino, si mettono in viaggio in aereo per raggiungere - in italia - la nonna. potrebbe essere il più banale degli incipit se non ci fosse fin da subito il sentore che c'è qualcosa di strano tra le montagne che sorvolano.
qualcosa di strano e pericoloso, ma abbastanza lontano da non costituire per alec altro che uno spauracchio nei confronti del quale mostrarsi coraggioso e sbruffone, in quel tipico modo che hanno i bambini di deridere i pericoli di cui non conoscono ancora l'entità.
contemporaneamente, in una casa in male arnese da qualche parte, un uomo prepara il suo fucile e il cavallo, pronto ad andare a caccia di un gruppo di cinghiali appena avvistato.
quasi ad assecondare il desiderio di alec di sfidare quell'oscura minaccia, senza alcuna spiegazione razionale il pilota decide un atterraggio di emergenza proprio tra le montagne.
l'attacco è immediato, feroce e a prima vista immotivato. tutti i passeggeri e l'equipaggio dell'aereo vengono uccisi senza pietà. unico sopravvissuto, grazie all'intervento di ivan, il cacciatore che avevamo intravisto qualche pagina prima, è alec, che si ritroverà, sconvolto, orfano e impaurito, nella casetta di ivan, costretto a scontrarsi con una realtà che in virtù della sua troppo giovane età, aveva fino ad adesso ignorato.

questo è solo l'incipit di una vicenda che dietro la facciata di un futuro da incubo (nemmeno troppo lontano da noi), ci racconta - senza cadere nelle solite e stra abusate retoriche - di un mondo diviso, di frontiere e di ingiustizie sociali, della necessità della sofferenza di molti per il quieto vivere di pochi.
una storia che usa la metafora dell'invenzione narrativa per far riflettere su tematiche molto più attuali di quanto non ci piaccia pensare, e che al contempo racconta un incontro inaspettato, un percorso di crescita difficile e per nulla scontato, di un bambino e di un uomo che dalle ceneri di due solitudini sanno far nascere un affetto sincero e più forte di qualsiasi legame di sangue.

nel buio tra gli alberi ero convinta di averlo già presentato qui sul blog, invece mi sa che avevo giusto scritto un commentino su instagram quando lo lessi, però recuperiamo perché anche questo merita tantissimo e dovete recuperarlo se non l'avete già preso.
è il secondo autoprodotto di giulio macaione dopo la fine dell'estate, abbastanza diverso dagli altri suoi lavori, è una storia brevissima che si ispira molto alle atmosfere di stranger things e che, come la storia di eleven e compagnia, prende il via dalla sparizione di aurora, una bambina di sei anni, in circostanze misteriose.
anche qui, come nel già citato telefilm, le ricerche della polizia non hanno dato i frutti sperati, così un gruppo di ragazzini, tra cui il fratello di aurora, si inoltrano in un bosco tetro e misterioso, in cerca di qualche indizio che possa aiutarli a ritrovare la ragazzina...
l'azione è veloce e si svolge nell'arco di poche ore, ma anche in un così piccolo lasso di tempo, giulio macaione riesce a creare un'atmosfera carica di suspence e di tensione, lasciandoci intravedere ombre che si aggirano, appunto, nel buio tra gli alberi, dando voce alle dicerie che circolano in merito al bosco e alla sparizione di aurora e regalandoci un finale a sorpresa da far rizzare i capelli in testa.

dopo le atmosfere quasi magiche di ofelia, le complesse vicende familiari di basilicò e la malinconia de la fine dell'estate, giulio si cimenta in un thriller dal sapore horror e, come sempre, non delude.

per evitarvi il mega papiro, continuo a parlarvi di autoprodotti la prossima settimana, con un sacco di altri titoli imperdibili!

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