venerdì 20 gennaio 2017

il celestiale bibendum

se dovessi dare un premio per il fumetto di cui riesco meno facilmente a dire tutto quello che ne vorrei dire, allora il celestiale bibendum sarebbe al primo posto.
sapevo che da nicolas de crécy non avrei dovuto aspettarmi niente di meno di qualcosa di geniale e assurdo al contempo, ma per quanto io provi a immaginare qualcosa di assurdo e geniale, non riesco neanche ad avvicinarmi a quanto viene narrato nelle pagine di questo libro.
proverò a raccontarvi un po' la storia di diego, e proverò a parlarvi di tutto quello che c'è ne il celestiale bibendum oltre la storia. o almeno quello che ho visto io.


diego a new york-sur-loire
diego è giovane, ingenuo, puro: il ritratto perfetto di tutto quello che di buono può esserci al mondo. e ovviamente, il suo arrivo a new york-sur-loire non passa inosservato: fin dal primo momento in cui mette piede - se di piedi si può parlare, dato che diego è una foca - nella città, tempio del consumismo sfrenato e del capitalismo feroce, diego diviene preda della classe dei pedagoghi, buffi, o meglio grotteschi, uomini che hanno deciso, insieme al presidente stesso, che faranno di lui il prossimo premio nobel per l'amore.
dei pedagoghi e di qualcuno che cerca di attentare alla sua vita.
chi meglio di lui può essere il simbolo dell'amore puro e totale? chi meglio di lui può aspirare al titolo che viene dato solo una volta ogni 100 anni?
ma diego deve essere istruito e preparato, deve diventare perfetto e i pedagoghi non gli danno quasi un attimo di respiro. l'unica sua distrazione è un cane che incontra per caso e che diventa subito suo amico e guida nella grande, spaventosa città.
l'obbiettivo dei pedagoghi di far vincere a diego il nobel sembra facilmente raggiungibile, diego è assolutamente il candidato ideale, se non ci si mettessero in mezzo non solo i cani, pronti a scatenare una rivoluzione e rivendicare il loro ruolo, più fondamentale per l'esistenza della città di quanto non sia immaginabile, ma anche il diavolo in persona, che ovviamente non intende accettare alcun tipo di vittoria del bene, vuole ostacolare l'ascesa di diego.

da qui in poi, è necessario, state attenti agli spoiler!


professori, diavoli e cani
la storia può sembrare semplice e lineare raccontata così, e se da un certo punto di vista potrebbe anche esserlo, perché in fondo la trama è grossomodo questa, dall'altro non lo è affatto. ed è questa la prima contraddizione, emblema di un racconto in cui tutto è contraddizione di sé stesso.

i personaggi di crécy sono totalmente assurdi, privi di un vero scopo, tutti in balia di eventi che forse neanche capiscono a fondo e che di certo non sono in grado di gestire: a cominciare proprio da diego, protagonista di una storia in cui non agisce, nemmeno parla, e solo un paio di volte riusciamo a leggere i suoi pensieri.
sballottato a destra e a sinistra, usato, o ambito, come mezzo per raggiungere i propri obiettivi non solo dalla classe di pedagoghi e dal presidente, ma anche, come vedremo più avanti, dal popolo canino e da quello infernale.

altra figura surreale è quella del professor lombax, o meglio della di lui testa, sopravvissuta a un terribile incidente, che prova a tenersi stretto il suo ruolo di narratore e la sua vita, o le sue vite, o quel che è, perdendo e ritrovando più volte entrambi.
anche lui, come i suoi esimi colleghi - a metà tra dotti insegnanti e clown grotteschi - emblema di una cultura vuota che, per quanto provi a innalzarsi e nobilitarsi in qualche modo, non può che svelare penosamente la propria vacuità, già da quando parla di diego, che, sostiene, nonostante sembri stargli a cuore, «deve essere famoso, prima di essere intelligente», già da quando, nonostante in quanto testa bloccata a guardare passare il vento per anni, vuole arrogarsi di narrare vicende che nemmeno conosce.

la città è onnipresente enorme e spaventosa, ammasso di palazzi e macchine che risucchiano spazio e vita per rigurgitarli come prodotti spacciati per bisogni fondamentali, una trappola in cui, se da un lato si producono ingrassanti dolciumi, vede proprio di fronte una fabbrica di automobili, necessarie a far spostare consumatori ormai ingrassati. male e cura dei suoi stessi abitanti che frulla continuamente in un perverso meccanismo di produzione - guadagno - consumo.
una città di merda - letteralmente - che crécy pone come metafora di una critica sociale/politica/economica di stampo, chiaramente, marxista.
i mostruosi e grotteschi abitanti di new york-sur-loire sono lo specchio della loro orribile esistenza, per la quale diego non sarebbe che l'ennesimo balocco con cui distrarsi per qualche tempo, l'ennesima effige vacua di un mondo in cui la felicità a poco prezzo è distribuita ai contribuenti e agli elettori dal presidente un uomo ancora più mostruoso vestito in rosso, come un abito da cardinale, personificazione assoluta del concetto stesso di capitalismo, il cui corpo è fatto da minuscoli omini la cui esistenza, coesione e obbedienza gli permette di restare in vita.

due sono i nemici da cui new york-sur-loire deve guardarsi le spalle: il diavolo e i cani. il primo è in realtà una figura quasi comica: chi pensa al diavolo immagina il male incarnato, qualcosa di enorme, imponente e spaventoso, mentre il satana di crécy è una creatura piccola, tracagnotta, con la faccia buffa che arriva quasi a far tenerezza se non addirittura pena.
circondato da diavoli stupidi come il male stesso, l'unico scopo di satana è far sì che l'amore, il bene, non trionfi mai, in alcun modo, non importa se si tratta solo di una trovata pubblicitaria come le altre: diego la foca deve essere fermato, corrotto, sporcato, reso inadeguato a ricevere l'ambito - anche se non da lui - premio.
satana è - e mai espressione fu più adeguata - nulla di più di un povero diavolo, costretto a sopportare la cieca idiozia dei demoni infernali nonché l'astuzia delle creature che vuole piegare; è l'espressione più penosamente riuscita della pochezza del male fine a sé stesso, caricatura di sé e, per contrapposizione, di un dio assente e silenzioso.
ed è ancora più penoso se messo in confronto con quello che è il mondo che lui spera di dominare: appare davvero poca cosa il suo obiettivo di seminare il male - ma quale male poi? cosa vorrebbe ottenere in concreto? - davanti alla perversione del sistema sociale, politico ed economico della città.

ultimi, ma non per importanza, i cani, fautori - o aspiranti tali - della rivoluzione per il riconoscimento dei loro meriti: oppressi e trattati da cani (mi chiedo se crécy l'abbia fatto apposta a fare in modo che si possano fare tutti questi stupidi giochi di parole) dagli uomini, i cani conoscono la vera storia di new york-sur-loire, il modo in cui divenne la grande città che è ora, il modo in cui cominciò l'evoluzione non solo della città ma dei suoi cittadini, una storia in cui i cani ebbero molti meriti, praticamente fondamentali, che però sono ormai stati dimenticati da tutti tranne che da loro, ma sopratutto una storia che svela come gli uomini non siano che discendenti di bestie, creature che hanno pagato il prezzo della loro evoluzione allontanandosi volutamente dalla natura e asservendosi al potere di chi produce un benessere fittizio all'interno delle stesse fabbriche che li sfruttano. unica prova della veridicità della loro storia sarebbe proprio quel peter minuit - vivo o morto che sia, e se morto, allora quel che resta della sua anima in quel che sia l'inferno che gli è toccato in sorte - che avrebbe fondato la città.
anche loro, e ci ricolleghiamo alla questione delle contraddizioni, condannando gli uomini per essere diventati qualcosa di diverso da quello che erano, al contempo aspirano a poterli raggiungere.


la narrazione
prima di andare avanti, mi tocca fare una sorta di digressione, o meglio - perché in realtà non ci spostiamo poi di tanto - di inciso: buona parte de il celestiale bibendum, oltre alla storia di diego, o di quello che accade a diego, è dedicata alla questione della narrazione.
inizialmente la lotta per il ruolo di narratore è tra il professor lombax, come dicevo su, e il diavolo stesso. narrare la storia non è semplicemente raccontarla, per i personaggi di crécy, ma divenire parte della storia, della realtà stessa e in qualche modo controllarla e plasmarla (motivo per cui è così importante per i due ottenere il ruolo di narratore).
ma quando il diavolo riesce a entrare effettivamente nella storia, quando si ritrova faccia a faccia con i cani, convinto di aver ottenuto il suo scopo, di avere finalmente la possibilità di riempire il mondo di montagne di merda, si ritrova anche davanti all'evidente quanto sconcertante realtà che la realtà stessa è decisamente peggio di quanto lui stesso avrebbe potuto immaginare. una realtà in cui il suo potere, qui dove non sono disposti a credere a lui come al signore assoluto del male, così come le sue ambizioni, è praticamente nullo. ai cani non importa del diavolo e lui non ha alcun potere su di essi. non c'è spazio per il puro concetto a new york-sur-loire, non c'è spazio per l'assoluto, nemmeno se questo è satana.

in ogni caso, la storia, ma anche quello che c'è oltre e che proverò in qualche modo ad analizzare non sono che una parte di quello che è il celestiale bibendum, perché non c'è alcuna possibilità di riassumere la trama o di fare considerazioni sui messaggi di crécy senza leggere e sopratutto guardare la sua opera, perché ogni segno, ogni espressione sui volti dei personaggi, ogni paesaggio, ogni cambio di stile grafico, di tecnica, di luci, di colore, racconta tanto quanto fanno le parole.

il celestiale bibendum
le prime simbologie sono abbastanza chiare e immediate da trovare e da comprendere: crécy fa una feroce quanto divertente e splendidamente orchestrata satira contro tutti i poteri forti della nostra società: la città-trappola metafora del consumismo e del capitalismo, un satana piccolo e buffo, emblema della stupidità del male, l'allontanamento tra uomini e cani come esempio stesso del rifiuto da parte dell'umanità del proprio legame con la natura a beneficio di un mondo di fabbriche e bisogni fittizi, i professori come simbolo di una cultura sempre più vuota e fine a sé stessa, il presidente come simbolo di una politica più tesa all'interesse personale che a quello del popolo, che invece sfrutta fino al midollo e tiene buono con dolcetti e spettacoli da due soldi.

ma allora cos'è il bibendum del titolo?
non sono riuscita a fare il collegamento fino a che non ho cercato la parola su google. da lì, rifacendomi a una sorta di leggenda - secondo la quale durante un viaggio di mesi, su un misterioso mercantile delle gomme bianche, aiutate dal calore della nave e dagli agenti atmosferici, si fusero insieme dando vita a un messia moderno di una nuova era, ridotto a un volume di vuoto imprigionato nel grasso - raccontata nel corso della storia dal professor lombax, sono riuscita a capire e a ricollegare tutti gli elementi di questo assurdo puzzle.


nunc est bibendum si leggeva in un poster pubblicitario del 1898 dell'allora neonata marca francese di pneumatici francese michelin. la frase, che vuol dire "che ora si beva/ora bisogna bere" è tratta da un verso di orazio, ma ora non ci importa questo, tanto il fatto che bibendum divenne in francia il nome di quell'omino di gomma bianca (non qui dove è più comunemente noto come omino michelin. il che giustificherebbe anche che io non abbia fatto subito il collegamento).
bibendum è quell'omino rotondo, messia di una nuova era, ovvero effige del consumismo di cui new york-sur-loire è la capitale, e il celestiale bibendum - il bibendum venuto dal cielo - altri non è che diego: bianco, rotondo, grasso come l'omino di pneumatici, buono e puro come una creatura divina, celestiale.
qui si chiude in qualche modo il cerchio e si ricollegano tutte le ricerche dei vari personaggi: diego come creatura di pura bontà a cui si contrappone il diavolo; diego come immagine stessa della cultura consumistica, fortemente voluto dal presidente; diego come sosia di peter minuit, il fondatore della città, diego uguale a quel primo uomo il cui aspetto è ancora quello di una bestia, la prova vivente delle ragioni dei cani.

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