venerdì 29 luglio 2016

sembrava una felicità

a meno che non siate nati negli anni duemila, credo che vi ricordiate bene com'era guardare le diapositive da piccoli, l'attesa tra una foto e l'altra, il ronzio del proiettore di sottofondo, il pulviscolo illuminato sospeso a mezz'aria.


sembrava una felicità mi ha catapultato in una sorta di stanza mentale, buia, riscaldata dal motorino del proiettore e riempita da quel ronzio ansiogeno: click - immagine - buio - click - immagine - buio.
mentre leggevo cercavo di dare un nome, di definire in qualche modo quella sensazione che mi metteva addosso il racconto. non era esattamente ansia, era qualcosa di diverso, una sorta di aspettativa puntualmente spiazzata. cosa sta provando questa donna che mi racconta a spezzoni la sua vita? cosa la scuote così forte nonostante provi a ogni costo di rimanere ferma?
me lo spiega direttamente lei con queste frasi: stato di perplessità che precede il crollo schizofrenico. è accompagnato dal cosiddetto "sguardo della verità".
ecco cosa c'è.
la prima parte del racconto sembra un enorme climax verso il crollo, un crescere di ansia mai veramente riconosciuta.
una donna vuole diventare una scrittrice, un mostro d'arte.
si innamora. si sposa. ha una figlia che ama follemente e dalla quale, in qualche misura, sembra soggiogata e spaventata. perde la sua ambizione senza rassegnarsi a farlo. la sua vita è come una collana in cui i piccoli, innocui disastri si susseguono come perle. l'amore è il filo che tiene tutto insieme, che da all'esistenza un equilibrio, se pur fragile.
è nel momento in cui questo filo si spezza che si spezza qualcosa pure nella voce che racconta la sua storia, al punto che smette di parlare di sé e inizia a raccontarsi in terza persona, ormai svuotata di desideri e significati: non è più io, è la moglie, una creatura che, come la parola che usa per definirsi, ha senso solo in relazione a un'altra. è un'altra, si è tirata letteralmente fuori dalla sua vita, sta come davanti a uno schermo a guardarsi. una lunga serie di diapositive in cui non vuole più riconoscersi.

quando ho preso questo libro, a una marina di libri, mi hanno detto è bellissimo, molto sperimentale, merita moltissimo. e quindi mi aspettavo parecchio, per questo l'ho lasciato un po' da parte, con il timore che potesse deludermi.
invece, nonostante le premesse fossero già ottime, mi ha sorpresa parecchio - ovviamente - in positivo. jenny offill è entrata a pieni voti nella categoria autori di cui voglio leggere tutto il leggibile.

mercoledì 27 luglio 2016

book blog tour "freezer" V tappa ~ la playlist musicale di freezer!

e ci siamo! secondo book blog tour organizzato da bao publishing, dedicato al cicciomegafichissimo freezer di veronica cattatello, quinta tappa: accendete le casse e alzate il volume! eccovi la playlist veci approved di freezer! ♪ ♫ ♪


prima di cominciare, due paroline su freezer, che mi è piaciuto da matti, vorrei spenderle anche io. protagonisti della vicenda, alquanto imbarazzante, sono i robinson, la famiglia perfetta per una sit-com, tanto comuni e banali quanto fuori dagli schemi: mamma casalinga fissata - a modo suo - con la pulizia e con un'acconciatura alla marge simpson che richiede svariate tonnellate di lacca, papà attore di pubblicità (della carta igienica) frustrato dal non aver ancora raggiunto il successo che merita, zio affetto da catisofobia (io non sapevo neanche potesse esistere, comunque a quanto pare la fobia di sedersi esiste ed è riconosciuta come tale) che non è troppo bravo nel relazionarsi con la gente, ma pare abbia conosciuto su internet l'anima gemella, mina, la vera protagonista della storia, un'adolescente che non ha nessuna voglia di crescere, presa in giro per il suo atteggiamento infantile e i suoi capelli stile lorenzo il magnifico, quella diversa in una scuola di adolescenti cool, e poi elvis, il pestifero fratellino minore (che odia il suo più famoso omonimo proprio per via del nome che quei fanboy dei genitori gli hanno appioppato), la nonna, piccola, dolce e sempre silenziosa, e infine kafka, un gatto che cerca di fare concorrenza ai coniglietti suicidi senza - per fortuna! - riuscire a compiere i suoi piani autolesionisti. c'è anche un vicino odioso e impiccione con un cagnolino adorabile (solo il cagnolino è adorabile, eh).
in un momento di ristrettezze economiche, quando a diego, il papà di mina, viene proposto un provino, tutta la famiglia decide di intraprendere il viaggio in camper. ed è proprio durante il viaggio che... no, niente spoiler!
adesso mina, oltre ai difficili rapporti con i suoi compagni di scuola, oltre alla paura di crescere deve misurarsi con qualcosa di veramente troppo grande per lei.
nonostante il momento thriller, veci riesce a mantenere il tono allegro e scanzonato fino alla fine, regalandoci persino una scena extra per la gioia dei fan di kafka (è meraviglioso quel gattino! io lo amo follemente!)
una nota la devo anche ai disegni, che mi piacciono da impazzire: sono cartooneschi e forse un po' naïf (nell'accezione migliore del termine), i personaggi sono caratterizzati in modo perfetto a livello grafico, lo stile di colorazione è perfetto e nonostante la forte stilizzazione le espressioni sono vive e realistiche. quelli che mi piacciono di più, dal punto visivo e no, sono la nonna e kafka. prima o poi voglio incontrare veci e chiederle di disegnarmeli insieme!
senza divagare oltre, freezer è un romanzo che consiglio caldamente a tutti perché a) è divertente e a tratti un po' grottesco, b) ti catapulta indietro all'adolescenza e - ammettetelo! - abbiamo bisogno tutti di tornare con i ricordi a quell'età per poterci finalmente pensare con un sorriso, c) l'avventura!, d) c'è un gattone nero e buffo con inclinazioni da aspirante suicida e una vecchietta adorabile con le guanciotte. e sopratutto perché veci è bravissima a tessere la trama di un racconto che stupisce a ogni pagina e che riesce a far ridere e commuovere insieme.
leggetelo assolutamente! e non scordatevi di ascoltare le canzoni che veronica ha scelto per il suo romanzo! qui sotto il giochillino che abbiamo inventato per dare a freezer una colonna sonora. buona lettura!

ciao veronica, benvenuta su claccalegge e grazie per aver accettato di partecipare a questo giochino!
freezer, come dicevo, ha l'atmosfera di quelle sit-com in cui si raccontano, con intelligenza e ironia, le avventure di una famiglia un po' strampalata eppure così comune e plausibile, da farci immediatamente identificare con il protagonista, l'altrettanto plausibile e comune adolescente in pieno odi et amo con tutto il resto del parentame e, beh, del mondo.
ora, che sit-com sarebbe senza una colonna sonora? bao mi ha proposto di creare una playlist per freezer, ho pensato però che fosse più sensato individuare dei punti "chiave" del tuo romanzo (alcuni sembrano un po' oscuri così, ma non voglio fare spoiler!) e scegliere per ognuno una canzone, non importa quale sia il criterio di associazione!
Mi piace molto questo compitino! Aggiungendo la colonna sonora a Freezer, è come se trasformassi il mio fumetto in un film, e la musica è una delle mie più grandi passioni, oltre al fumetto.
mina, la protagonista della storia:
Per descrivere Mina, la protagonista della storia, ho scelto una canzone di Lucio Battisti, "Emozioni", da un lato perché richiama il carattere emotivo e malinconico di Mina, il verso in cui il cantante canta: " ...e sdraiarsi felice sopra l'erba ad ascoltare, un sottile dispiacere" sembra scritto per lei, dall'altro lato, Battisti richiama subito alla mente Mina, la cantante da cui la protagonista ha preso il nome.

i genitori di mina e elvis, il fratellino pestifero:
Per i genitori di Mina, visto che li ho chiamati Robinson proprio in onore della canzone di Simon & Garfunkel, non posso che scegliere "Mrs Robinson"! Per quanto riguarda il fratellino, gli affido una canzone del suo odiato omonimo, "Hound dog" di Elvis Presley.

la nonna (oh, la nonna!):
Per la nonna ho scelto un gruppo musicale che mi ricorda i tempi in cui ero giovanissima e rock'n roll, e ancora non svenivo ai concerti, "Juicebox" cantata dai The Strokes. Ho scelto questa canzone per il verso: "Oh you’re cold. You're so cold." (Sei così fredda), capirete il motivo leggendo il libro.


il viaggio in camper:
Per il viaggio in camper quale canzone più azzeccata di "The passenger" di Iggy Pop? Ma per il momento della spinta al pulmino, mi sono immaginata come colonna sonora, una canzone apparentemente senza senso, il che la rende ancora più azzeccata, ovvero "Ça plane por moi" di Plastic Bertrand.


gli amori a distanza:
Per gli amori a distanza, la prima canzone che viene in mente è di Laura Pausini, ma devo rimanere fedele ai miei gusti musicali e quindi propongo "louie louie" nella versione dei The Kingsman, perché racconta la storia di un marinaio giamaicano che ritorna dalla sua amata.
il momento "thriller":
Ovviamente per il momento thriller ho scelto "Psycho killer" dei Talking heads, si commenta da sola.
bubu e la crescita di mina:
Per la transizione di Mina da bambina ad adolescente, ho scelto una canzone degli Urge Overkill, "Girl you'll be a woman soon" (Ragazza, Tu Diverrai Presto Una Donna).
kafka, il gatto suicida:
mi sono detta, quale band può rappresentare al meglio il male di vivere del gatto, Kafka? la risposta è stata, sicuramente i Joy Division, ho scelto come brano musicale, "Disorder".


grazie mille a veci! e per finire, ecco il riassuntone con tutti i post book blog tour di freezer:
I tappa ~ oh ma che ansia: introduzione al libro e ai personaggi e annuncio givaway
II tappa ~ il giro del mondo attraverso i libri: in viaggio on the road con freezer
III tappa ~ chibiistheway: videorecensione
IV tappa ~ she was in wonderland: intervista a veronica "veci" carratello
V tappa ~ a clacca piace leggere: la playlist musicale di freezer
VI tappa ~ la fenice book: l'artista all'opera - making of (lo trovate online tra un paio di giorni!)

regolamento per partecipare al giveaway:
- mettere mi piace alla pagina facebook di bao publishing;
- diventare lettori fissi/seguire i blog/vlog partecipanti;
- commentare tutte le tappe del book blog tour;
- compilare il form con i dati (per il giveaway);
- condividere il book blog tour sui social;
- tenere le dita incrociate!

lunedì 25 luglio 2016

cosa c'è nella mia wishlist (3)


fa un caldo tale che stare davanti al pc è impossibile.
camera mia, dove si trova il computer, dalle 14 alle 21 è un vero e proprio forno, c'è un caldo che fiacca, fa chiudere gli occhi e ammosciare le ginocchia, passo il tempo a mandare giù zucchero e acqua e ho la mente costantemente annebbiata. scrivere post sensati qui è sempre più difficile in questa situazione, senza contare che nel frattempo
a) dovrei passare la cristallina - che ancora non so neanche come si diluisce - sulla roba che ho fatto negli ultimi mesi, fare l'ultima infornata e finire tutto (per chi non lo sapesse, sì, ho iniziato a lavorare l'argilla),
b) fare le foto a tutti questi oggetti, che non sono pochi,
c) riprendere il negozio, sistemare tutti gli oggetti in vendita e cercare di pubblicizzarli, nel frattempo
d) devo finire editing e impaginazione di un testo di circa 140 pagine e solo all'idea mi sento male, e come se non bastasse
e) mi sono imbarcata in un progetto con mia cugina per realizzare dei quadretti con frasi tratte dalla bibbia (ebbene sì) che dovremmo vendere in una chiesa che frequenta lei. se tutto questo non fosse ancora abbastanza
f) sto aspettando anche che, dopo un lungo carteggio elettronico (si può chiamare così?), mi arrivi una risposta per un lavoro part time e, in tal caso, si aggiungerebbe anche questo a tutta la roba di cui sopra, e io sto cercando di capire come resistere a tutto.
per quanto ci sia un po' roba che ho letto in questi giorni (come trovo il tempo per leggere? fa troppo caldo per prendere sonno la notte e sto un sacco di tempo in bagno, per quanto poco romantico possa essere) e che aspetta una recensione, ma niente, non ce la faccio. scriverei solo idiozie su molte cose che invece meritano qualcosa di più.
quindi ho pensato di tornare a fare una lista dei miei motivi di rosicamento (per quello che riguarda libri e fumetti, in realtà c'è ne sono molti altri, primo fra tutti voglio un dannato telefono nuovo per poter giocare a pokemon-go senza dover aspettare che mi prestino un cellulare per giocare - cosa realmente accaduta) per prendere tempo e non lasciare morire il blog insieme a me. 
di buono c'è che sono riuscita a fare qualcosa di decente in questi giorni nonostante tutto, quindi dopodomani c'è il post su freezer del book blog tour di bao, non ve lo perdete eh!


dopo avevamo ragione noi sono entrata ancora più in fissa con i romanzi editi da eris, i miei oggetti del desiderio sono attualmente questi due, io non sono come voi e fate fuori il vostro capo: licenziatevi!, di cui vi consiglio questo estratto.


e sempre di eris c'è il celestiale bibendum. giusto per farvi venire voglia, fino all'undici agosto sul sito dell'editore tutto il catalogo sta in promozione al 25% di sconto.
e, se ve lo eravate persi, qualche tempo fa ho parlato anche de la repubblica del catch, sempre di de crécy.
io spero di riuscire a prendere almeno uno di questi tre titoli (così capite anche perché sto facendo tutti questi lavori in contemporanea)


ci sono poi questi due romanzi che ho beccato per caso in un giro in libreria, non ne so moltissimo, ma da quel poco che ho leggiucchiato mi ispirano da morire: l'incredibile viaggio di albert - l'ornitorinco che voleva conoscere il mondo ha un titolo che parla da sé, mentre la misteriosa scomparsa del piccione migratore ha un vecchietto asociale per protagonista e, ormai lo sapete, adoro i vecchietti asociali.


tutti i miei futuri sono con te è un libro di poesie avvistato in uno dei tanti giri alla feltrinelli, non conosco l'autore, non ho idea di come sia ma mi ispira veramente tanto. e poi ha una copertina davvero carina e la cosa non fa che accrescere la voglia di leggerlo.


ali di farfalla l'ho prenotato da una ragazza a inizio anno, adesso che è finalmente finito (o comunque manca poco all'uscita dell'ultimo volume, non so perché è da tanto che non passo in fumetteria) mi tocca aspettare veramente poco per potermelo finalmente sciroppare. e meno male, perché sono in astinenza da lettura compulsiva di serie shoujo puccio-adolescenziale.


in ultimo due titoli di prossima uscita, che inserisco qui perché non mi piace troppo fare post sul blog solo per comunicare annunci che trovate sparsi per tutta la rete.
però li voglio tantissimo e quindi: lovely complex two, volumino autoconclusivo che la planet pubblicherà a settembre, una raccolta di storie sui personaggi secondari della serie principale e su personaggi nuovi (no, non l'ho letto, ho preso le informazioni da bakaupdates) e poi shirley di kaoru mori (devo ancora recuperare emma, uffa!), annunciato, come era prevedibile, da j-pop in questi giorni e che - se ho capito bene - verrà pubblicato in un unico volume.

avete letto qualcuno di questi titoli? li avete in wishlist? me li consigliate? no? blablabla.

venerdì 22 luglio 2016

commenti randomici a letture randomiche (18)

e questa volta tocca ai fumetti! pochi e usciti già da un pezzo. ormai in fumetteria ci vado veramente di rado e prendo poca roba, e la cosa mi deprime da morire! però adoro tutte e quattro le serie di cui vi parlo oggi, quindi, tutto sommato, posso dire di essere contenta... vorrei solo riuscire a mettermi in pari con un po' di altra roba (sopratutto star comics... non lo faccio apposta, ma quei manga non li trovo quasi mai e sto indietro con un sacco di titoli!)
vi avviso che ci sono spoiler, ma ormai credo proprio che questi numeri li avete letti tutti...

nel quarto volume di romantica clock sembra si stia rallentando un po' il ritmo: l'attenzione è tutta focalizzata sui gemelli e sull'assurdo desiderio di akane di dimostrarsi per una volta superiore ad aoi ma in modo onesto, senza sotterfugi di sorta. così ha deciso di entrare alla stessa scuola che ha scelto suo fratello...
volumino carino ma senza grandi rivelazioni, quello che sembrava il nemico giurato di aoi si smoscia subito, per rivelarsi il tipico arrogantello buono dentro.
tanta gioia per l'episodio dedicato a milky ♥

densissimo di eventi invece l'undicesimo volumetto de il fiore millenario, che si avvicina alla conclusione (l'ultimo volume sarà il 14 o il 15, quindi se ancora non avete recuperato questa serie b e l l i s s i m a datevi da fare che non avete più scuse).
tan riesce nella sua rivolta contro il re e si rivela essere, in fin dei conti, qualcosa di meglio dello stupido superbo che aveva cercato di far credere. come ogni rivolta (tranne quelle organizzate ad hoc per rafforzare un potere in modo incostituzionale, ma queste cose succedono nel mondo reale, non nei fumetti), c'è un prezzo da pagare, e questa volta toccherà a ko, fratello maggiore di tan creduto morto e tornato per combattere contro il re, perdere la cosa più preziosa. lacrime e tristezza senza decenza.
a-ki e hakusei finalmente si ritrovano, gioia per chi li shippa tanto quanto me (sono una delle mie coppie preferite, spero che la cosa finisca bene e alla fine possano stare insieme) ma nessuna scena memorabile per il cuore delle fangirl. ma a quanto pare non c'è tempo per le melensaggini, ormai lo scontro con do-hi è imminente e a-ki è più determinata che mai. e io soffro tantissimo ad aspettare e aspettare e aspettare tra un volume e l'altro...

quarto volume anche per marmalade boy little, nel quale la storia di rikka e aoi, dopo un'impennata
fatta di tentativi di baci, dolci fatti a mano e l'immancabile appuntamento di natale, finisce, con lui che la pianta, sicuro che il loro amore non sia vero.
inutile che io esprima pareri su questa cosa, mi sembra così stupida che non ce la faccio neanche a pensarci. saku adesso non ha rivali, il suo amore per rikka è puro e indistruttibile. la poverina è parecchio confusa a proposito dei sentimenti che prova per saku - un amore esclusivamente fraterno, almeno fino a ora - e la consapevolezza dell'amore di lui... alla yoshizumi piacciono le adolescenze travagliate! uh, miki e yuu si sono finalmente sposati! evviva evviva!!! e a fine volumetto c'è anche uno speciale ambientato quando rikka e saku erano piccini e la storia di yuu e miki era cominciata da poco: un extra simpatico e piacevole.
dal prossimo numero mi auguro che tra i due fratelli si chiarisca un po' la situazione perché tutto questo sta mettendo più ansia a me che a rikka!

e l'ultima lettura in ambito manga è stata il quindicesimo volume di natsume degli spiriti, fumetto che continuo ad adorare episodio dopo episodio. è raro trovare qualcosa di tanto poetico, di così capace di portarti in un altro mondo, fatto di boschi e di campagna, una storia che ti immalinconisce e ti fa sperare che la gentilezza, l'amicizia, la lealtà possano esistere ancora.
natsume degli spiriti è il mio attimo di pace, mi rinfranca leggerlo, mi fa stare veramente bene. è uno dei migliori antistress di sempre, dovreste provare!
nella prima storia torna natori, che pare cominci a sospettare che natsume nasconda un segreto, e che si tratti anche di qualcosa di importante.
nella seconda storia un piccolissimo e tenerissimo yokai dall'aspetto simile a un fungo in kimono, cercherà di ottenere a tutti i costi un posto nel corteo di uno spirito di molto superiore a lui, che aveva conosciuto tempo addietro e che, nonostante le palesi differenze, aveva stretto amicizia con lui.
è incredibile come si possa raccontare di impegno, determinazione, lealtà e amicizia senza mai scadere nel banale. yuki midorikawa è davvero una poetessa.
l'ultima storia mi è piaciuta da morire, è concentrata tutta sulla figura della signora toko prima dell'arrivo di natsume e nei primi periodi di convivenza con il ragazzo. la signora toko ha un animo gentile, generoso e discreto, accoglie con gioia quel ragazzino strano, con un passato tanto sfortunato, e accetta le sue stranezze come qualcosa di speciale, senza averne timore.
è la persona perfetta, premurosa e mai impicciona, per natsume. è una figura che mi piace moltissimo e sono stata felice di leggere una storia così bella dedicata a lei.
apprendo con gioia che in patria la serie è arrivata al ventesimo volumetto ed è in corso: per quello che mi riguarda, posso continuare a leggere le avventure di natsume per sempre, non riuscirei a stancarmene mai!

mercoledì 20 luglio 2016

avevamo ragione noi

*attenzione. questo post riflette una chiara ed esplicita visione politica e sociale circa i fatti di genova di quindici anni fa, durante il purtroppo noto g8. chiedo fin da adesso che chiunque voglia commentare questo articolo, se non vuole limitarsi al libro avevamo ragione noi di domenico mungo, lo faccia, anche se magari la pensa in modo diverso dal mio, rispettando le vittime di quei giorni, e in ogni caso, le regole che trovate nel disclaimer del blog.*

20 luglio 2001 ~ 20 luglio 2016. sono passati quindici anni dalla morte di carlo giuliani, uno di quei tanti, tantissimi ragazzi che erano andati a manifestare i loro ideali contro i prepotenti del mondo nella genova in assetto di guerra del g8. quindici anni da quando di quei tanti ragazzi, uno non è più tornato, quindici anni da quando, nella civilissima italia, ragazzini, giornalisti, manifestanti sono diventati carne da macello.

tocca una premessa a questo libro, se vi scoccia potete saltarla tranquillamente, mi rendo conto che è un papirone, però sono cose che tengo a scrivere, anche perché è la prima volta che lo faccio.
nel luglio del 2001 avevo quattordici anni, era l'estate tra il quarto e il quinto ginnasio, di g8 a scuola se ne parlava parecchio, ne parlavano sopratutto i ragazzi più grandi, quelli del triennio, quelli dei collettivi, quelli che qualcosa in più di noi, che eravamo ancora un po' troppo bambini per capire per bene cosa voleva dire gi-otto. andare a genova a manifestare era fuor di discussione, non provai nemmeno a chiedere il permesso, mi metteva a disagio la sola idea di stare così lontana da casa insieme a gente che non conoscevo e che - bisogna ammetterlo - mi faceva sentire fuori luogo, troppo piccola per queste cose.
passai i giorni incollata alla tv, sbirciando i giornali che comprava mia madre e qualche altra rivista di informazione che acquistai in edicola, ai tempi in cui internet non avevo ancora idea di cosa diamine fosse. mi piacevano quei cortei di gente colorata, divertita, che camminava, cantava, urlava slogan, tutti insieme, tutti diversi, tutti uniti contro l'idea che otto persone, chiuse in un palazzo, potessero decidere le sorti del mondo, senza chiedere niente. mi faceva rabbia che si dovesse cancellare l'aspetto umano di una città (ve la ricordate la questione delle mutande appese?) per trasformarla in uno scenario di guerra.
era per me il periodo delle prime manifestazioni, pensavo che, anche se cambiava il numero dei partecipanti al corteo, non potevano cambiare le regole, che per me erano semplici e immutabili: partecipo perché voglio dire che la tal cosa non mi sta bene, dico che la tal cosa non mi sta bene partecipando a un corteo che canta slogan perché è un modo onesto e pacifico di esprimere la mia idea. la polizia ci assicura che nessun idiota possa infilarsi nel corteo a fare qualcosa di pericoloso. le cariche le facciamo perché sono divertenti, un po' pericolose, ok, puoi cadere, ma ci si tiene per mano mentre si corre, le facciamo contro la strada vuota e sotto gli occhi di chi guarda perché, a dirla tutta, è divertente anche da vedere.
questo era quello che conoscevo e non potevo credere che a genova sarebbe stato tanto diverso.
ai primi pestaggi, ai primi ragazzi con le facce spaccate, con gli occhi gonfi, le bocche piene di sangue, alle prime scene in cui gente in divisa, con i volti coperti e irriconoscibili, con gli anfibi rinforzati, massacrava di calci e manganellate ragazzini a terra che si facevano scudo con le braccia, arrivò il primo shock. cosa diamine stava succedendo lì? ero sconvolta ma sopratutto arrabbiata: non sono quelle le regole. se io cammino, canto e grido slogan, tu non puoi farmi del male. se io ho le mani alzate, tu non puoi picchiarmi. se io tiro un sasso, tu non puoi spararmi.
ma quella gente in divisa, quei tizi che massacravano i ragazzini, non erano quelli che ci dovevano difendere? proteggere? non erano quelli che dovevano assicurare che i manifestanti non venissero attaccati da quelli che volevano rovinare tutto? e perché quelli che invece sfasciavano, distruggevano, incendiavano, quelli non venivano nemmeno fermati? perché li stavano a guardare?
se c'è un momento in cui perdi l'innocenza dell'infanzia, la fiducia in quello che ti dicono sia il modo in cui le cose funzionano, per me sono stati i giorni di genova, mentre seguivo dalla tv quello che succedeva dall'altra parte del paese. fu quando un ragazzo mingherlino in canottiera alzò sulla testa un estintore vuoto e un carabiniere gli sparò in faccia, e poi un altro gli passò sopra con una camionetta che, miracolosamente, ora, dopo parecchio minuti, sembrava di nuovo riuscire a guidare. fu sopratutto quando, i primi minuti dopo l'assassinio di carlo, giornalisti e forze dell'ordine cominciarono a cercare di spalare merda: prima cercando di convincere che carlo era stato ucciso da un sasso (tirato evidentemente fa superman, visto che ha impattato sulla faccia di carlo come farebbe un proiettile), poi che carlo stava minacciando la vita di un carabiniere (con un estintore vuoto. e il carabiniere era dentro una camionetta. e il lunotto, per quanto il vetro fosse sfondato, era troppo piccolo per far passare l'estintore, anche se fosse stato tirato con la massima precisione. e la camionetta non era davvero bloccata, visto che dopo pochi minuti è riuscita a spostarsi. e non era nemmeno isolata, visto che a pochi metri era pieno di poliziotti che guardavano senza fare nulla. tutti i dettagli su quanto successo, e la ricostruzione fotografica di quello che è stato, li trovate qui ed è inutile ricordarvi che sono immagini forti, perché credo che sono ancora impresse nelle menti di tutti), e subito dopo che fosse un tossico, che fosse un delinquente, che venisse da chissà quale famiglia (tutte falsità, ovviamente, ma lo ripetiamo perché non fa mai male). fango e merda su un ragazzo assassinato e sfregiato da esseri che ancora, a distanza di quindici anni, non sono riuscita a definire, perché per quanti siano i modi abbia imparato per offendere qualcuno, ancora non basta.
l'orrore di quel venerdì pomeriggio non fu abbastanza per gli assassini di questo paese, i pestaggi iniziati i giorni prima continuano e con maggiore violenza, ormai non si contavano più le foto e le riprese di ragazzi e ragazze sanguinanti in mezzo alle strade. durante la notte, con la più assoluta e totale mancanza di dignità, di onore, di decenza, di rispetto, di umanità, le forze dell'ordine compirono la mattanza all'interno della scuola diaz. non ci sono documentazioni di quanto avvenuto ma le foto del dopo e le testimonianze bastano a immaginare l'orrore irragionevole avvenuto tra quelle mura.
in quel momento, tutto quello che hai imparato a scuola su questo paese, lo accartocci e lo butti nel cesso. i diritti, la costituzione, la democrazia, la repubblica... non esisteva più niente in quei giorni, e non è esistita più per tante, troppe volte. c'erano dei pazzi assassini violenti e furiosi, c'erano quelli che, impunemente, cantavano motivetti fascisti e pestano ragazzini con le magliette colorate e il sogno di un mondo più giusto per tutti.
il ricordo di quei giorni a genova mi ha ossessionata per anni, continua a farlo. rimangono la rabbia e la voglia di giustizia che non c'è mai pienamente stata. carlo e gli altri ragazzi sono stati troppo spesso dimenticati, la loro storia pian piano è stata seppellita sotto altri fatti di ingiustizia e violenza, eppure quei giorni non possono essere cancellati dalla nostra storia.

tutto questo per arrivare a parlare del romanzo di domenico mungo, uscito da pochissimo per eris edizioni, avevamo ragione noi, che è esattamente quello che ci voleva per ricordare e per chiedere giustizia, ancora una volta, ancora dopo quindici anni, i fatti di quei giorni.


andando a ritroso, dalla premiata macelleria diaz all'inizio festoso e colorato del primo corteo, quando nulla di quello che poi accadde poteva anche solo essere immaginato, domenico mungo da voce ai ragazzi che erano presenti nelle strade di genova, fa raccontare a loro stessi i fatti di quei giorni: un ragazzo che riprende con la telecamera le aggressioni fino a quando non riceve le prime manganellate anche lui, un'infermiera ancora sconvolta dopo anni per le ferite orribili che ha dovuto risanare, un poliziotto ultrà, il ragazzo con il casco color granata vicino a carlo in piazza alimonda.
ognuno ha la sua voce, il suo modo di esprimersi, i suoi ricordi, ma l'orrore e lo sgomento sono gli stessi per tutti. ogni capitolo è il frammento di un puzzle che ricomposto ci riporta a quindici anni fa.
un romanzo corale, crudo, sincero, spietato, veloce: non c'è spazio per le cronache, che conosciamo fin troppo bene ormai, il tempo è quello frenetico della fuga tra i lacrimogeni, quello confuso dei ricordi, quello spezzato dalle botte in testa.
dopo quei giorni nulla, per nessuno, sarebbe più stato lo stesso. sopratutto per chi genova l'ha vissuta: è una generazione che raccoglie i cocci dei propri sogni e cerca di ripulirli dal suo stesso sangue.
fatti a pezzi, picchiati, insultati, abusati, distrutti ma non vinti. gli sconfitti rimarranno sempre quelli nascosti dietro i caschi, e ancor di più, quelli nascosti dietro una scrivania, a urlare ordini via radio.

ad accompagnare i testi, le illustrazioni di paolo castaldi, dalla già evocativa copertina, dove le mani dipinte di bianco dei manifestanti pacifisti si stagliano su un cielo fumoso e rosso sangue, alle immagini all'interno, più fredde, in un bianco e nero pulito e a tratti angosciante: dalla schiera di poliziotti tutti uguali, con il volto distorto da ghigni grotteschi, al giovane costretto al muro della caserma di bolzaneto, con la schiena piagata pronta al prossimo colpo, fino alla scena - forse più rappresentativa dell'atmosfera delle strade intorno alla zona rossa - nella quale minuscoli manifestanti cercando di parare i colpi di giganteschi uomini in divisa.

un libro importantissimo, oggi e in qualsiasi altro giorno, da leggere per ricordare, per dar voce a chi in questi quindici anni non è ancora riuscito a ottenere giustizia.
e per ribadire, ancora una volta, che nessuna manganellata può fermare la speranza di un mondo migliore.

lunedì 18 luglio 2016

commenti randomici a letture randomiche (17)

fa così caldo che il post randomico questa volta si limita a due soli libri, i fumetti rimarranno a decantare sulla scrivania ancora un pochino.

uno dei libri che più ero impaziente di leggere mi ha lasciato dentro come un macigno.
è ruggine, racconta la storia di una vecchietta e del suo gatto ferro. ruggine è il soprannome della vecchia signora, gina, così attaccata alla sua bestiola come la ruggine al ferro.
le premesse erano buone, e di certo non posso dire che sia un brutto libro, o che sia scritto male, anzi.
ma la storia è così triste, così penosa da farti stare male.
non serve molto per rendersi conto di cosa siamo diventati, basta guardare le notizie: mariti, fidanzati, ex fidanzati uccidono le mogli, fidanzate, ex fidanzate, o le costringono a vivere vite orribili, ragazzine stuprate e poi accusate di essersela cercata (questa cosa mi fa così incazzare che aprirei volentieri un ombrello nel culo di chiunque lo dice, giusto per fargli capire cosa vuol dire, per poi dirgli eh, ma te la sei cercata), ragazzini che per passare il tempo uccidono povere bestie e mettono i video su internet, razzismo in ogni dove, l'odio per chiunque sia diverso, i pregiudizi verso i gay, la glorificazione dei propri reati e l'esaltazione della meschinità.
ora, non so voi, ma quando leggo un libro cerco di scappare a tutto questo. voglio, anche solo per poche ore, anche solo tra le pagine, un mondo diverso. un posto in cui la gentilezza, l'onestà, il rispetto, la giustizia, il riscatto esistono. ruggine non è uno di questi libri. è reale, crudo, vero, eppure fin troppo pessimista, fin troppo disperato. è tremendo.
gina è una vittima, ha sofferto dolori così atroci da non poterli neppure nominare, è sola, e odiata in quanto vittima, in quanto anziana, in quando diversa, in quanto donna. è considerata una vecchia strega.
mi ha fatto male leggere questo libro, assistere impotente alla sua storia.
non è brutto questo libro, no, ma decisamente non fa per me. mi metterà tristezza anche solo vederne la copertina da adesso in poi, mi aspettavo qualcosa di meno pesante, forse a tratti un po' comico, un po' sulla scia de la fantastica storia dell'ottantunenne investito dal camioncino del latte. e invece niente, il mio intuito ha toppato alla stragrande.

un libro che invece mi è piaciuto parecchio, e che ho preso a scatola chiusa, è purgatorio di tomás eloy martínez, che ho letto un sacco di tempo fa, e del quale, per un motivo o per un altro, non ero ancora riuscita a scrivere nulla qui.
simón cardoso era morto da trent'anni quando emilia dupuy, sua moglie, lo incontrò all'ora di pranzo nella saletta di trudy tuesday.
quando un libro comincia così, tu cosa puoi fare? niente, devi continuare a leggerlo, fino alla fine.
e così si comincia a scoprire la storia di emilia e della sua famiglia: lei così pura, ingenua, innamorata di simón, protetta - suo malgrado - dal suo nome, lei piena di speranza per il futuro, lei così fuori dai luoghi comuni che la vogliono casalinga, moglie e madre, lei con il suo lavoro, lo stesso di simón. e dietro di lei il padre, il signor dupuy, alleato di un regime oppressivo, padre freddo e lontano che guarda la figlia dall'alto, giudicandola senza mai provare a capirla, senza mai mettersi nei suoi panni, lui che gli unici panni che sa indossare sono quelli dei vincitori, dei prepotenti.
la storia di emilia, dalla breve felicità del matrimonio alla lunga sofferenza per quel marito sparito, desaparecido, dopo un interrogatorio e mai più tornato, quel marito che tanti hanno visto morto e che però lei sa essere vivo, quel marito per cui, per trent'anni, ha mantenuto la speranza, la certezza, di ritrovare. e che infatti ritrova, per caso, in un ristorante.
da quel momento, avanti e indietro tra i ricordi del passato, tra i momenti felici con il marito e quelli amari trascorsi in seno alla famiglia, con un padre violento e opportunista, una madre infelice e malata e una sorella incapace di guardare oltre la punta del proprio naso, la storia di emilia prende pian piano forma. martínez non ci restituisce solo il ritratto di una donna, ma, attraverso di lei, quello di un'argentina piagata e distrutta da una dittatura feroce, dal tremendo fenomeno dei desaparecidos.
un romanzo potente, forte, lirico e bellissimo.

giovedì 14 luglio 2016

basilicò

e finalmente ci siamo! ho letto basilicò, uno dei fumetti più attesi dell'anno e... posso dire minchia!? senza girarci troppo attorno, giulio macaione ha tirato fuori un capolavoro!


l'unico momento in cui si può fare un resoconto veritiero della propria esistenza è quando questa finisce.
lo sa bene maria morreale, la protagonista del romanzo, lo sa così bene che aspetta la sua veglia funebre per raccontarci la sua storia, in un susseguirsi di flashback che si intrecciano alle voci dei suoi cinque figli: giovanni, il maggiore, uno stimato professore di liceo, un uomo calmo, pacato che soffre di non sentirsi mai abbastanza importante per chi gli sta attorno, agata, artista fallita, che si arrangia con un lavoro che non le piace e con degli amori consumati in poche ore, tra un'ubriacatura e l'altra, diego maria, gay, innamorato dell'amore e del conto in banca dei suoi numerosi fidanzati, rosalia, la più bella, la più realizzata, con un buon lavoro e un marito chirurgo e infine santo, il più piccolo, aspirante giornalista e giramondo.
e poi, ovviamente lei, maria, la signora matura di oggi e la donna giovane e passionale di vent'anni prima, l'amore per suo marito, il desiderio, poi appagato, di diventare madre e sopratutto la sua cucina, i suoi piatti irresistibili (giulio ci fornisce anche le ricette!), insaporiti e resi unici dal suo ingrediente segreto: il suo basilico, 'u basilicò in palermitano.
tutti, ognuno a suo modo, con un difficile rapporto con la madre, la tipica brava donna timorata di dio e di quello che dirà la gente, severa e mai troppo amichevole con ciascuno di loro, tutti a soffrire per la mancanza di un padre scappato via con la domestica quando erano solo dei bambini.
nelle ore precedenti alla morte di maria, ognuno di loro racconta la propria storia, le proprie frustrazioni, i fallimenti, i rimpianti, gli screzi con la madre. tutti divisi fino al momento in cui il dolore non li unisce.


quello che inizia come un affresco familiare prende alla fine, con un ritmo perfetto, mai forzato, delle tinte più cupe, lascia pian piano affiorare i segreti nascosti per tutta una vita, fino al momento in cui sarà quasi impossibile credere a quello che viene svelato, nello sfondo di una palermo che svela le sue contraddizioni, la bellezza dei suoi scorci e la miseria e il bigottismo dei suoi abitanti, una città che, come i protagonisti del libro, mostra il suo volto migliore nella maestosità degli edifici e dei monumenti e nasconde nei bisbigli quello che non si può confessare: la regola, così radicata in noi palermitani, che non bisogna dare agli altri modo di parlare male.
giulio macaione dedica questo libro alla sua città, la palermo odiata e amata, e ne offre, attraverso i suoi personaggi, uno dei migliori ritratti che mi sia capitato di trovare tra le pagine di un libro, forse più chiaro e comprensibile per chi ne conosce l'essenza vera, quella che la rende così simile a una madre per nulla dolce, ingiusta a volte, dalla quale però non ci si riesce mai del tutto ad allontanare.

martedì 12 luglio 2016

panzerotta e crocchetto

avete presente quella sensazione incontrollabile che sale su dalla pancia e vi stringe il cuoricino quando, ignari di tutto, camminate vicino a qualche negozio, guardate distrattamente una vetrina e trovate il vestito o le scarpe o il tostapane della vostra vita, vi fermate, aspettate qualche secondo ancora sorpresi dell'incontro e non potete fare a meno di esclamare ommieiddei, lo voglio! devo averlo subito!? beh, è quello che mi succede il novanta percento delle volte in cui bao publishing carica su facebook una qualche anteprima delle sue pubblicazioni, figuriamoci se panzerotta e crocchetto, con i suoi disegnini adorabili poteva fare eccezioni.


questo adorabile libretto raccoglie le non-avventure quotidiane di un'altrettanto adorabile e poco convenzionale coppia di fidanzati: lei è una morbida panzerotta, piccola e tonda, e lui è una crocchetta di patate. si vogliono bene, si amano, decidono di andare a vivere insieme e pian piano la famiglia si allarga, con l'arrivo di un gattino - a cui crocchetto è allergico e per colpa del quale deve intabarrarsi come un palombaro - e un carlino.
le loro giornate scorrono tranquille e allegre, tra lavoro, amici e tempo libero, condite ogni tanto da qualche disavventura che non fa altro che avvicinarli sempre di più.
non c'è nulla che più di questo libro riesca a raccontare la cosa più vera dell'amore: non importa cosa succeda, qualsiasi attimo, vissuto con la persona che ti rende felice, diventa prezioso e importante.

non c'è una vera e propria trama, ma le avventure dei due innamorati continuano in altri volumi (li potete vedere tutti qui, sperando che bao li traduca tutti in italiano).
panzerotta e crocchetto è un libro che si legge in un soffio, è dolce, tenero, buffo e riporta continuamente alla mente situazioni in cui tutti, più o meno, ci siamo ritrovati a vivere, e forse è proprio perché è tanto facile riconoscersi nei due protagonisti che in spagna, la patria dell'autrice, ana oncina, ha avuto così tanto successo da arrivare alla decima edizione!
senza contare che i disegni sono davvero ma davvero taaanto carini!
praticamente è la lettura perfetta da condividere con la vostra dolce metà e magari un gatto e un cane acciambellati accanto.


venerdì 8 luglio 2016

delilah dirk e il tenente turco

suo padre è un diplomatico inglese, sua madre è una famosa e apprezzata artigiana greca. è cresciuta girando il mondo, allenandosi fin da ragazzina con i migliori tiratori di francia, in india ha imparato a sopravvivere nella giungla e in indonesia è diventata un'acrobata. ha passato sette anni in un monastero giapponese in cui ha perfezionato le sue tecniche di combattimento, ha viaggiato fino al selvaggio west, nel nuovo mondo. è maestra di quarantasette tecniche di combattimento con la spada, fa parte di almeno tre corti reali e può viaggiare volando.
non è chiaro se ci siano serrature e prigioni che possano resisterle, senza dimenticare che ha un elegantissimo senso dell'umorismo.
non è wonderwoman, ma delilah dirk, la protagonista dell'omonimo graphic novel di tony cliff, edito in italia da renoir.
e io me ne sono innamorata dalla prima vignetta in cui l'ho vista!


è il 1807 e siamo a costantinopoli.
delilah è stata imprigionata nel palazzo del sultano e al buon selim, un soldato tanto poco bellicoso quanto amante del buon té, tocca riferire le sue intenzioni: ruberà le pergamene più preziose del sovrano. cosa che, indubbiamente, a sua maestà non fa per nulla piacere.
ma quando delilah evade e crea il caos tra i soldati, il sultano decide di far uccidere anche selim, colpevole di aver riportato le parole della donna.
delilah lo salva e lo porta con sé, su una incredibile barca volante: da questo rocambolesco inizio prenderanno il via le nuove avventure dello strano duo.

tanta avventura, un'amicizia leale, umorismo intelligente ed elegante, ambientazioni esotiche e una protagonista indimenticabile: ecco riassunto in poche parole cos'è delilah dirk e il tenente turco.
delilah è un personaggio di cui non ci si può non innamorare, mi ha subito fatto venire in mente la rey di star wars: è coraggiosa, forte, leale. è un'avventuriera e una combattente, e mai, neanche mezza volta, questo si pone nell'ottica nonostante sia una donna. è quel tipo di personaggio di cui abbiamo tanto bisogno: una donna, coraggiosa, forte, determinata, abile, che non ha bisogno di farsi salvare da nessuno, che non ha bisogno di trovare un pretesto per il suo essere un'eroina. e selim è il perfetto compagno di viaggio, la metà mancante di delilah, la sua antitesi, l'opposto che attrae.
il viaggio di delilah e selim è coinvolgente e divertente, e loro sono due personaggi a cui ti affezioni subito. i disegni sono bellissimi, dinamici ed espressivi, e i dialoghi spesso mi hanno fatta ridere di gusto, con il loro umorismo raffinato così poco adatto alle circostanze!

girellando su internet, ho scoperto che le avventure di delilah dirk iniziano come web comic (qui), e sono poi state raccolte in cartaceo.
oltre ad aver avuto un enorme successo tra il pubblico, tony cliff da ricevuto per questo lavoro la nomination a due eisner awards..
e a quanto pare disney ha acquistato i diritti per rendere questo graphic novel (che in realtà è il primo di una serie, non so se ancora in corso) per farne un film (sul serio, guardate qui).
quindi se ancora non vi fidate dei miei consigli, date retta a... tutti gli altri!

mercoledì 6 luglio 2016

quella luce negli occhi

prima di iniziare a parlare del libro, tocca fare una premessa, una roba che se volete potete anche saltare eh, ma io comunque cerco di non andare troppo per le lunghe.
il fatto è che la premessa è necessaria, altrimenti non si capirà bene quello che dirò del libro, o meglio, magari vi aspettate quello che io non posso dirvi di questo libro. ma se non vi spiego la premessa, non posso spiegarvi cosa non posso dire. troppo complicato così, vado con ordine.

dunque, come ormai saprà chi segue questo blog da un po' di tempo - e quei tre gatti che mi conoscono di persona e ogni tanto passano qui per sbaglio - io ho un pessimo rapporto con il genere horror. non sono mai riuscita a vedere un film horror, quelle poche volte che ho visto qualche scena un po' splatter o angosciante o eccessivamente violenta (o anche solo violenta) in un film, ci sono poi stata malissimo per mesi, giuro. al periodo delle medie feci incubi assurdi per non ho idea quanto tempo, ma comunque tanto, per colpa di qualche dylan dog che lessi all'epoca. non ho mai letto un libro horror perché sapendo come reagisco a questo tipo di cose, ho preferito dar precedenza ad altro (con la mia wishlist è impossibile un pensiero tipo vorrei leggere qualcosa ma non so cosa. lo so benissimo, cazzo!). però, come penso sia normale per tutta l'umana specie, quello che mi spaventa mi attrae. e quindi, anche se non riesco comunque a vedere film o leggere fumetti o libri horror, ammetto che determinate tematiche o figure hanno una certa fascinazione su di me, sopratutto quando sono trattate da un punto di vista che vada oltre il semplice ora ti faccio cagare in mano. per esempio, ho apprezzato parecchio intervista col vampiro (libro, il film non me lo vedo manco morta) per il modo in cui si parla dei vampiri: ok, sono dei mostri che dissanguano la gente per sfamarsi, ma sono anche creature maledette che hanno davanti l'eternità per soffrire della scomparsa di tutti quelli che amano e per il rimorso di dover uccidere ogni volta per poter sopravvivere. è l'aspetto psicologico, se vogliamo, quello che mi piace di questo tipo di storie. come ci si sente a essere il mostro? ecco, questa cosa sarà interessante per quello che riguarda il libro, ma ora ci arriviamo.

una delle figure tipiche del genere horror che mi ha sempre affascinata, oltre ai vampiri, sono i non morti. ok, mi fanno uno schifo pazzesco e non riesco nemmeno a tollerare un non morto disegnato, non potrei mai vedere un film simile né potrei sopportare un racconto troppo dettagliato sulle parti più disgustose della faccenda (decomposizione e nutrizione in particolar modo).
quindi - e ci siamo finalmente! - sono secoli che cercavo qualcosa che parlasse dei non morti andando oltre i vermi e gli svisceramenti, qualcosa che non fosse solo splatter e panico.
e poi un bel giorno, mi ritrovo a girellare sul sito di clichy (è come quando girelli in libreria, io lo faccio saltellando da un sito all'altro, da un editore all'altro, da un blog all'altro) e becco quella luce negli occhi: un libro che parla di non morti senza focalizzarsi solo su splatter e panico. da voglio tantissimo questo libro a ok, lo prendo, c'è voluto veramente pochissimo rispetto ai miei soliti tempi di stagionatura in wishlist.
se siete giunti fino a qui bravi. il libro mi è piaciuto un botto ed era esattamente il libro che volevo leggere da anni. ovviamente, non aspettatevi riferimenti a film sui non morti, a telefilm sui non morti, ad altri romanzi sui non morti, perché questo è il mio primissimo approccio in merito. ecco perché tutto questo infinito pippone, per pararmi il culo ed evitarmi commenti a sproposito di the walking dead e affini.


siamo più o meno ai giorni nostri, in lousiana, nella città di baton rouge. è l'ultima settimana del mese che mike e matt si sono dati come tempo massimo per cercare il padre di quest'ultimo, il signor mazoch.
da meno di un anno è esplosa una misteriosa quanto pericolosa epidemia che ha riempito la città di non morti, le acque adesso iniziano a calmarsi, ma i casi di contagio continuano a crescere di giorno in giorno, e molto probabilmente al signor mazoch deve essere capitato un qualche brutto incontro con un infetto che lo ha reso un non morto, o nella peggiore delle ipotesi, il pasto di un non morto.
matt non si rassegna e vuole a tutti i modi trovare il padre, e mike non ha intenzione di lasciare l'amico da solo esposto al pericolo del contagio.

l'azione si svolge in soli sei giorni, da lunedì a sabato, e a dirla tutta è forse eccessivo definirla azione. in effetti matt e mike si affidano alla comune teoria che qualcosa, una forma di memoria incosciente, spinge i non morti a tornare nei luoghi che avevano amato da vivi, o quelli a cui semplicemente erano abituati. per questo, ogni giorno, cercano il signor mazoch, un ex-idraulico dalle abitudini non troppo salutari, nei posti che frequentava giornalmente: la sua casa, i fast food dove consumava montagne di cibo spazzatura, eccetera. hanno tempo solo fino a che non arrivi la stagione degli uragani, poi sarà impossibile continuare le ricerche, e anche solo sperare di trovare il signor mazoch.
in questo periodo, la situazione in cui vivono è abbastanza controllata e tranquilla: delle squadre speciali di polizia hanno già rinchiuso gli infetti in speciali centri di quarantena, gli episodi di contagio ci sono, ma non sono troppo comuni: dopo il terrore, la gente ha ricominciato a vivere con relativa serenità.

nel frattempo mike deve relazionarsi con le sue paure, i suoi pensieri, i suoi dubbi e la sua ragazza, rachel. la ricerca del signor mazoch, e in generale la vicenda della città impestata, sono solo un modo per bennet sims, attraverso la voce di mike, per riflettere sui temi che ci affascinano e ci tormentano dal momento in cui abbiamo smesso di essere scimmie: la vita, la morte, la coscienza, l'identità, la memoria, gli affetti familiari, l'amore, i rapporti complicatissimi tra tutte queste cose.
se la fatica di doversi adattare alla tensione degli ultimi mesi, al terrore del contagio, al pericolo di questi cannibali inarrestabili non fosse già abbastanza, ai sopravvissuti tocca di dover trovare un nuovo modo per vivere la loro solita vita, di non cedere alla paura, di continuare a essere quello che erano, senza però per questo abbassare la guardia.
rachel è la figura che meglio sintetizza tutto questo: è una ragazza che se pure ha conosciuto momenti dolorosi, difficili e tristi, ama troppo la vita per lasciarsi terrorizzare e chiudersi fra quattro mura in preda al panico. ogni volta che rievoca con mike qualche momento felice che i due hanno vissuto insieme, non fa che ricordare a sé stessa e al suo uomo che la paura non deve cambiarli, che hanno il dovere di rimanere quelli che erano: due giovani innamorati con sogni e speranze per il loro futuro insieme, con la gioia del presente e il piacere di condividere il passato.
se rachel risplende di una dorata luce di ottimismo, dall'altro lato mike con i suoi dubbi, la sua curiosità quasi perversa e ossessiva per i non morti che pure lo terrorizzano tanto, cerca di immedesimarsi in loro, di capire cosa sentono, cosa vedono, cosa ricordano, cosa sono in grado di decidere e cosa invece è dettato da una sorta di istinto mnemonico e animalesco. e matt con il suo atteggiamento cupo e chiuso, sono l'altra faccia della medaglia, quella inevitabilmente scossa a causa della continua minaccia che incombe su chiunque, in qualsiasi momento.

se i non morti sono - in questo romanzo e credo in qualsiasi altro racconto di cui sono protagonisti - un tentativo a dare una risposta alla fatidica domanda cosa c'è dopo, o quanto meno la forma materiale della nostra incapacità di accettare la morte, l'atmosfera dell'intero racconto mi ha più volte riportato alle sensazioni vissute davanti ai tg qualche mese fa, durante le lunghissime, angoscianti dirette relative agli attentati in francia, in belgio, in turchia, proprio pochi giorni fa mentre scrivevo questo post (e tutti gli altri): la frustrante irrisolvibile ansia che ci coglie ogni volta che qualcosa di incontrollabile sconvolge le nostre vite e ci fa sentire continuamente in pericolo, senza poter sapere da dove arriverà il nemico, né che forma avrà. e al contempo, la voglia - come se fossimo rachel - di continuare a vivere, ad assaporare il presente nelle sue piccole, grandi meraviglie, a sognare il futuro senza darla vinta al terrore.

quella luce negli occhi è un romanzo tanto semplice, di facile lettura, appassionante, quanto denso, forte, emotivamente coinvolgente.
mike racconta gli eventi, andando avanti e indietro tra presente e passato, ricorda i momenti felici e quelli tristi, fa digressioni, espone i suoi dubbi, le sue teorie, le sue speranze, e lo fa in modo da farci entrare immediatamente nella vicenda, da lasciarci spaesati quanto lui, pieni di dubbi e di paura quanto lui, ma anche di aiutarci a riflettere sul significato stesso dell'esistenza, e di come questa, inesorabilmente, comprenda la sua stessa fine.
insomma, che siate o meno amanti del genere horror, che vi piacciano o meno i non morti, fatevi un favore e leggete questo libro.

lunedì 4 luglio 2016

figli della polvere

spietato e appassionante.
ecco i due aggettivi perfetti per descrivere figli della polvere di colin winnette, romanzo edito da clichy che mi ha catturata dal primo momento in cui ho visto la copertina e letto qualche riga della trama. a proposito della trama, vorrei precisare che fino ad ora non ho letto in rete nessuna recensione che racconta molto della vicenda, e ho deciso di fare lo stesso, visto che in effetti sarebbe impossibile farlo senza svelare colpi di scena che mi hanno lasciata veramente a bocca aperta, e non voglio rovinare la sorpresa a nessuno.
oltretutto, non sono mai stata un'appassionata del genere western: non conosco i film "classici", non ho mai letto romanzi western e tex mi è sempre stato antipatico. a dirla tutta, l'idea di cow boy mi sta antipatica, quindi non saprei fare dei confronti con altre opere che hanno ambientazioni simili. ma non è questo il punto. ok, è un western, ma è principalmente un romanzo incredibile, profondo, tremendo. quindi se anche voi non siete troppo affascinati da sceriffi, banditi e tagliagole vari, fregatevene allegramente e leggete questo libro.


due fratelli, brooke e sugar, assassini di professione, vagabondi per necessità, una notte, accampati nel bosco durante il viaggio tra un villaggio e l'altro, si risvegliano insieme a un bambino. un ragazzino completamente nudo, addormentato tra loro due, che non ricorda niente di sé, né il suo nome, né da dove viene, né come è arrivato a trovare i due fratelli.
brooke e sugar decidono di prenderlo con loro, gli danno il nome di bird, gli insegnano che la vita è crudele e che la crudeltà, in fondo, è necessaria.
dunque, proverai un certo orgoglio, un senso di realizzazione. ma ti sentirai anche a disagio, come se ci fosse qualcosa di sbagliato in tutto questo. be', non c'è. è naturale come respirare. quel senso di colpa è tutta paura. paura che un giorno ci sarai tu dalla parte sbagliata della fionda, e desiderio improvviso che nessuno debba mai fare una cosa del genere. puoi sbarazzartene se ti limiti ad accettare quello che ti accadrà in un futuro remoto, e ti adoperi per prevenirlo nel futuro prossimo. non ha importanza chi decidi di risparmiare, perché tanto morirai comunque, ed è probabile che sarà per via di un sasso che ti cade in testa o di una brutta tosse, così come di qualcuno che ti voleva morto. perciò, prima lo accetti, prima passi oltre.
la storia va avanti tra uccisioni e incontri dagli effetti imprevedibili, fino al momento in cui i tre si ritrovano separati. tra le difficoltà del presente, la mancata - impossibile - speranza nel futuro e i ricordi del passato, ci vengono consegnati i ritratti di uomini nati in una terra e in un tempo in cui parole come pietà, giustizia, comprensione, solidarietà non hanno alcun significato, uomini abituati a sopravvivere con qualsiasi mezzo, abituati a uccidere per farlo, abituati a una violenza che poco ha a che vedere con le già dure leggi di sopravvivenza naturale.
il mondo di brooke, sugar e bird è un mondo sporco che non conosce rispetto per nulla se non per la paura, e che affronta le paure con le pistole e i coltelli. un mondo di uomini che hanno come unica legge quella del sopruso e della forza, in cui persino le vittime sono abomini e l'unica forma di compassione è la morte.

il linguaggio di colin winnette è perfetto: asciutto, semplice, senza sentimentalismi né sensazionalismi di sorta. l'autore prende semplicemente atto delle azioni e dei pensieri dei suoi personaggi, senza indugiare in descrizioni né, sopratutto, giudizi di alcun tipo. il risultato è un romanzo fortissimo e straziante, una storia appassionante, e personaggi indimenticabili.

sabato 2 luglio 2016

l'interpretazione dei sogni di freud astaire

l'interpretazione dei sogni di freud astaire è un libro che trae in inganno a partire dal titolo, dal primo momento in cui lo vedi. sta lì, tutto carino con la sua copertina rosa, come un demonio travestito da carlino: tu ti impucciosisci, avvicini una mano per fargli una carezzina e quello ti strappa via tutto il braccio. e anche un pezzetto di stomaco, te lo sfila via non si capisce bene come.
a dirla tutta, ne l'interpretazione dei sogni di freud astaire non ci sono sogni da interpretare. e non ci sono neanche freud e fred astaire.
ci sono però dei racconti surreali che hanno come principale scopo quello di lasciarti stordito, confuso, anche turbato e - perché non dire tutta la verità? - anche infastidito.
però, quando un libro ti avvisa prima, non è che puoi rimproverarglielo. e poi diciamo che un libro che scorre via, così, senza lasciarti nemmeno un pruritino addosso... che noia.


angelo zabaglio, che è anche andrea coffami, si diverte come un matto a creare situazioni esilaranti al limite dell'illegale, se ne strafrega del politically correct, spiattella chili di vernice nera sul suo senso dell'umorismo e non si censura nemmeno per un istante.
superati stordimento, confusione e turbamento, tu che leggi questo libro cominci a divertirti insieme a chi lo scrive, e vadano pure a fanculo tutti i perbenismi possibili e immaginabili.

che poi, vero è che freud astaire non c'è, e se ci fosse non starebbe interpretando nessun sogno (e non ballerebbe neanche), ma andrea coffami, che è anche angelo zabaglio, c'è eccome, e i suoi racconti possiamo vederli come sogni un po' allucinati che interpretano le nostre zone d'ombra, quelle reali, quelle che possiamo accettare solo se scritte su un giornale per parlarne poi scandalizzati e con la mano davanti alla bocca, quello che celiamo così a fondo da non farlo emergere nemmeno in un sogno.