giovedì 31 marzo 2016

intervista a giulio macaione

sono poche le cose che mi fanno provare un po' di quello strano sentimento di orgoglio e attaccamento alla mia isola, una di questa è la vicinanza, seppur solo geografica, con le persone che stimo. una di queste è un bravissimo artista che negli ultimi anni si è fatto conoscere al grande pubblico con ofelia (di cui abbiamo parlato qui), e di cui presto uscirà per bao publishing un nuovo, promettentissimo graphic novel, ambientato proprio a palermo: basilicò.
giulio macaione è, senza voler sviolinare troppo, uno dei miei fumettisti italiani preferiti: ofelia è un personaggio che mi è rimasto dentro al cuore, adoro i gatti che disegna, mi piacciono da morire le sue storie e darei la mano sinistra per saper disegnare come lui (anche se poi ci starei un casino di tempo a scrivere qui, ma ne varrebbe la pena).

come al solito, sono sempre un po' recalcitrante quando si tratta di proporre un'intervista a un fumettista, ho sempre paura di rubare tempo prezioso. ma giulio, oltre ad essere un autore fantastico, è un ragazzo adorabile, che ha accettato subito la mia proposta di rispondere a qualche domandina... e non ha usato maiuscole! eheh!
quindi eccolo qui! buona lettura!

ciao giulio! grazie mille per aver accettato quest'intervista e benvenuto su claccalegge!
la prima domanda è forse banale, ma ci racconteresti quando hai deciso che saresti diventato un fumettista e come è iniziata in effetti la tua carriera?
- ciao clacca e grazie a te! sin da bambino ho sempre amato disegnare e il più delle volte i miei disegni erano sequenze o piccole storielle. la decisione di diventare un fumettista è arrivata quando ho iniziato a leggere i primi manga e fumetti "da grandi", intorno agli 11 anni. ho capito da subito che se volevo seguire quella strada, bologna era la città dove dovevo andare. ed è stato proprio vincendo il concorso delle kappa edizioni di bologna che ho fatto il primo passo "vero" nel mondo del fumetto (con il corto "mortén") e contemporaneamente mi sono trasferito a bologna per frequentare l'accademia di belle arti.
da non-disegnatrice, il tuo stile mi ricorda un po' il cosidetto euro-manga. quale che sia il nome che vogliamo dargli, a me piace moltissimo il tuo tratto, riassume tutto quello che nella mia "carriera" di lettrice di fumetti ho amato di più, dagli shoujo manga a w.i.t.c.h., passando per le linee morbide dei fumetti francesi. quali sono gli artisti che ti hanno ispirato – e ti ispirano – nel corso della tua carriera?
- premetto che la definizione euro-manga la trovo molto scorretta: il manga è il fumetto giapponese, quindi possiamo parlare di una contaminazione di stili, ma vi prego non diamogli una definizione! :D aggiungerei che il manga moderno, quello nato con osamu tezuka per intenderci, era ispirato a disney, quindi insomma, il fumetto è un media che cambia, si contamina e riceve mille influenze diverse, per fortuna. ok, finisco di fare il maestrino e rispondo alla domanda :) ovviamente da bambino sono stato molto influenzato dagli anime, dalla disney e dalla warner bros, ma gli autori nello specifico che mi hanno influenzato di più da ragazzino, se devo fare dei nomi, sono riyoko ikeda, vanna vinci, bilal, andrea accardi e ai yazawa. ma tuttora mi rendo conto di assorbire tanto da quello che leggo e osservo, il fumetto americano ultimamente mi ha sicuramente dato nuove influenze. se dovessi farti dei nomi tra quello che leggo adesso, ti direi margaux motin, karl kerschl, frederik peeters, fiona staples, manuele fior...
solitamente come crei le tavole dei tuoi fumetti? preferisci affidarti a carta e matita o al digitale?
- sono molto affascinato dal disegno digitale e un giorno mi deciderò a comprare una cintiq, ma al momento sono ancora attaccato alla carta (anche da lettore). il processo può variare a seconda del momento e del lavoro, ma solitamente disegno su carta, inchiostro e acquisisco al computer per colorare in photoshop.
e per quello che invece riguarda la trama, come prende vita una delle tue storie? inventi prima le situazioni, o i personaggi, o fai in modo che da un'idea di base si sviluppi poi tutto man mano che la vicenda va avanti?
- anche qui, non ho uno schema ben preciso. a volte parto dall'idea di una scena, altre volte mi viene in mente il personaggio e da lui sviluppo la trama. butto giù appunti che a poco a poco diventano una sinossi e successivamente inizio a scrivere una sceneggiatura che resta però molto elastica, perché quando inizio a disegnare apporto quasi sempre delle modifiche. i personaggi hanno la loro espressività e il loro modo di "recitare", quindi capita spesso che facciano di testa loro :)
ti ho chiesto dei fumetti, ma ci sono anche dei film, libri, degli album musicali o qualsiasi altra cosa a cui ti ispiri (o ti sei ispirato) per le tue storie? o che semplicemente ti piacciono tanto e pensi possano averti segnato in qualche modo, come autore ma anche come persona?
- ovviamente ci sono film, canzoni, libri e telefilm che mi hanno influenzato e continuano a farlo. parlando di basilicò, per esempio, volevo fare una storia che potesse ricordare un po' quelle di almdóvar, anche perché la cultura siciliana e quella spagnola hanno tantissimo in comune. un libro che ho letto mentre lavoravo a basilicò è "la miscela segreta di casa olivares" della palermitana giuseppina torregrossa. non credo di aver tratto un'ispirazione precisa da questo libro, ma di sicuro leggere della mia città e dei posti dove anche i personaggi del mio racconto si muovono, mi ha portato ad immergermi ancora di più nell'atmosfera palermitana. parlando di musica, invece, mentre lavoravo a questa storia ho riascoltato tanto "eva contro eva", l'album folk di carmen consoli, che si concentra molto su storie della provincia siciliana e per testi e atmosfere mi ha ricordato alcuni sentimenti che volevo dare ai personaggi del mio libro.
parliamo un po' di basilicò, il tuo prossimo lavoro che uscirà tra poco più di un mese per bao publishing: si direbbe abbastanza diverso da ofelia, sia per quello che riguarda l'ambientazione che per i personaggi. ce lo racconti un po'? (ma senza svelarci troppo ché sopratutto io sono mesi che attendo con impazienza!)
- basilicò è diverso da qualsiasi altro fumetto abbia fatto e, senza nulla togliere agli altri, è quello che rispecchia di più quello che sono oggi e il mio rapporto di amore-odio con la mia terra. è la storia di una famiglia che si riunisce alla morte della madre e con una struttura narrativa che alterna flashback e rimandi temporali (ognuno dei figli viene presentato nel momento in cui scopre che la madre è morta) ripercorro la storia della famiglia.
tu sei un po' un giramondo, come mai, tra tutte le città in cui hai vissuto, hai deciso di ambientare questa storia proprio a palermo?
- palermo è la città nella quale sono cresciuto e nella quale sono nati i miei affetti e la mia personalità. palermo è una mamma e io sono un figlio adolescente, che si ribella ai limiti imposti dal genitore e ha bisogno di allontanarvisi e di affermare la propria individualità. ma la mamma è sempre la mamma e, per quanto io possa urlarle contro e criticarla, non potrò mai smettere di volerle bene. nonostante spesso mi deluda e mi faccia incazzare...
dicevo sopra che sei un giramondo: in effetti, per chi non lo sapesse, da parecchi mesi ormai vivi in america. com'è fare e leggere fumetti lì?
- l'industria americana del fumetto è ovviamente molto più grande di quella italiana. qui i fumetti seriali escono in albetti mensili da una trentina di pagine e ogni mercoledì vado in fumetteria a comprare le nuove uscite. il graphic novel ha meno spazio rispetto che da noi, o almeno è questo il mio sentore. sono stato anche a qualche comic-con e mi sono reso conto di come qui sia tutto più "commerciale": qui non chiederesti mai un disegno ad un autore, che so, di batman, senza dar per scontato che dovrai pagare per quel disegno. è una cosa che in italia si da' per scontata, compri il libro e ti aspetti un disegno con dedica (e io sono felice di farli), ma trovo molto rispettoso della professionalità questo modo americano, per quanto a volte sembri fin troppo un supermercato: sketch mezzobusto $50, figura intera $100, colori $200 e così via...
tra blog e facebook negli ultimi tempi ho avuto modo di notare qualche disegno di nuovi personaggi, sketch eccetera... stai lavorando già a qualcosa di nuovo?
- ho un sacco di idee. mi piacerebbe lavorare nell'industria americana e ogni tanto mi cimento in qualche illustrazione o fan-comic per mettermi alla prova e ampliare il portfolio. ho anche già iniziato a buttare giù la sceneggiatura per un futuro graphic novel, ma prima forse mi cimenterò in un progetto più breve. insomma, è uno di quei momenti nei quali vorrei fare un sacco di cose. sto anche disegnando il fumetto settimanale per i fascicoli della seria "dr. steve hunters - jurassic world" ma ovviamente non si tratta di un progetto mio.
sopratutto ho notato un po' di roba supereroistica che mi è piaciuta parecchio, nonostante io non sia una fan accanita di marvel e compagnia, le tue storie mi sono piaciute, proprio perché hanno un tocco completamente diverso dai soliti fumetti di supereroi. pensi mai di disegnare per qualche testata del genere, sopratutto adesso che ti ritrovi nella patria dei supereroi?
- come ti dicevo, mi piacerebbe un sacco! ma il mercato americano mi sembra ben più competitivo del nostro e non so quanto sia facile arrivarci. i supereroi sono cambiati, gli editori si sono resi conto che bisognava portare una ventata di novità e sempre più spesso le novità le stanno portando le donne, sia nella narrazione che negli stili grafici, sempre più contaminati da manga e scuola eruopea.
nonostante tu sia un autore completo, disegni, scrivi e colori le tue storie, mi citeresti almeno tre autori, italiani o stranieri, con i quali ti piacerebbe creare un fumetto a quattro mani?
- con giulia adragna, autrice di "miss hall", ho fatto il progetto per un fumetto originale ambientato qui a cincinanti e stiamo provando a proporlo. giulia è un'autrice completa (e bravissima) anche lei ma in questo caso ha curato le colorazioni, dando ai miei disegni maggior vitalità. per il resto, è una domanda difficile perché ci sono mille autori che ammiro... se dovessi scegliere tra quelli che conosco personalmente, forse sarebbero flavia biondi, mabel morri e eleonora antonioni.
negli ultimi anni in italia c'è stato il boom dei graphic novel, il fumetto è stato in qualche modo rivalutato, alcuni autori sono conosciuti anche da chi non legge fumetti. adesso in libreria la sezione fumetti non è più accanto a quella di libri per bambini e si potrebbe dire che finalmente la situazione per chi legge e per chi fa fumetti sia un po' più rosea di qualche anno fa.
tu, da disegnatore e da lettore, come vedi questo cambiamento?
- il cambiamento è sicuramente positivo. faccio parte della generazione che trovava i fumetti in edicola accanto ai giornalini porno, quindi vederli in libreria, spesso con delle belle edizioni, leggerne le recensioni su riviste e siti di cultura generale non può che farmi ben sperare. vorrei però che non ci sia più bisogno di usare termini come "graphic novel". per me "romanzo a fumetti" resta l'espressione migliore, perché non mi vergogno mica di dire che leggo fumetti.
ultimissima domanda: tra poco, dicevamo, esce il tuo nuovo graphic novel, basilicò. tornerai in italia per presentarlo, parteciperai a qualche fiera... insomma, cosa possiamo fare per incontrarti e per avere un autografo? (eheh...)
- tornerò in italia definitivamente a fine primavera, quindi presenterò sicuramente basilicò in giro. non ho ancora delle date, ma tenete d'occhio il mio blog giuliomacaione.blogspot.it per rimanere aggiornati.
grazie mille per il tempo che mi hai dedicato! ♥ ti rinnovo ancora una volta i miei complimenti per il tuo lavoro e un mega imboccallupo per tutto!
- grazie a te! ce ne fossero di più di blog come il tuo! :) crepi il lupo e a prestissimo.

tutte le immagini sono state gentilmente concesse da giuliomacaione.tumblr.com

martedì 29 marzo 2016

l'evoluzione di calpurnia

è il 1899, siamo in texas e calpurnia tate è una bambina di undici anni, ha sei fratelli, una madre un po' troppo opprimente, un padre impegnatissimo con il suo lavoro e un nonno misterioso e un po' spaventoso. calpurnia non riesce a sopportare l'idea di tenere capelli e vestiti lunghi d'estate, quando l'afa è insopportabile, detesta suonare il piano e ancor di più il cucito, il ricamo, le lezioni di cucina e tutte quelle cose che sua mamma ritiene fondamentali per una signorina di buona famiglia.


callie è la tipica bambina intelligente, ribelle, monella ma adorabile, una di quelle che riempivano i classici della nostra infanzia, anche se il suo racconto è molto recente, ed è veramente un graditissimo e inaspettato ritorno a quell'età felice per chi ha amato quei racconti, per chi aveva un debole per joe march, anna dai capelli rossi, pippi calzelunghe e tutte le altre indimenticabili, vere eroine.
durante l'estate, calpurnia, aiutata dal taccuino regalatole dal fratello maggiore harry, in cui lei annota tutto quello che osserva, scopre che gli animali, gli insetti, la natura tutta è misteriosa e apparentemente inspiegabile, ma che con un po' di pazienza, attenzione e dedizione, si può venire a capo dei misteri che regolano la vita frenetica tra il fiume e il giardino: perché le cavallette verdi sono più piccole di quelle gialle? resasi conto dell'enorme quantità di segreti da svelare, calpurnia si fa coraggio e inizia ad avvicinarsi al nonno, confidandogli le sue osservazioni e le sue scoperte.
nonostante l'iniziale sorpresa che sia proprio l'unica nipote femmina a mostrarsi così interessata degli argomenti che lo appassionano da anni, il nonno è abbastanza di ampie vedute per prendere subito calpurnia come sua allieva: comincia a parlarle di darwin e dei suoi studi, le insegna tutto quello che può per farla appassionare alla scienza, si sconvolge di quanto poco impari a scuola, dove più che altro le viene lavato il cervello affinché diventi una brava moglie&mamma in futuro, e la porta con se nelle sue scampagnate alla ricerca di esemplari di studio e la fa lavorare con lui nello sgangherato laboratorio dove si dedica, tra le altre, al tentativo di distillare un liquore dalle noci pecan.

ma alle gite spensierate con il nonno, al sogno di diventare una naturalista, alle innocenti ribellioni di calpurnia si infila a forza, sempre più prepotente, la sua vita futura, quella che la vede senza alcuna possibilità di scampo stretta in un corsetto, sposata a un uomo a cui dovrà preparare da mangiare e a cui dovrà partorire un esercito di figli. il momento in cui calpurnia si rende conto che per quanto lei sogni di andare all'università, di diventare una scienziata, tutto questo è impossibile per lei, che non è diversa dalle altre, anzi è esattamente una ragazza come le altre, lì ci sentiamo crollare con lei.
calpurnia è una femminista senza saperlo, o meglio, è una bambina intelligente e ingenua, tanto da non accettare - e nemmeno riuscire a capire fino in fondo - perché non può decidere del suo destino da sola, perché il suo futuro deve dipendere dal suo essere una femmina.
l'accostamento ai suoi fratelli poi, anche quelli più piccoli di lei, rendono il suo sentirsi - ed essere - "diversa" dalle altre ragazze ancora più forte: sono i maschietti di casa tate quelli più coinvolti dalle vicende sentimentali, sono loro quelli più emotivi, quelli più fragili.
calpurnia non è una ragazza speciale, almeno non lo è nella misura in cui non è più intelligente o più capace delle sue coetanee né dei suoi fratelli. il suo essere fuori dal coro è tutto nella non accettazione passiva del le cose stanno così e basta: i suoi più grandi pregi sono la curiosità e l'apertura mentale, stimolati dal nonno con le sue lezioni sul mondo animale e vegetale, ma anche la sua capacità di non arrendersi e di non farsi buttare giù dalle delusioni.
proprio per tutto questo calpurnia risulta essere un personaggio tanto vero e vivo da farci affezionare a lei e alla sua storia.

l'evoluzione di calpurnia non ha un vero e proprio finale, anzi, proprio all'alba del nuovo secolo, come calpurnia, ci sentiamo carichi di fiducia e speranza per il futuro, pieni, come lei, di voglia di fare per vedere realizzati i nostri sogni.
la storia, al momento, continua in un secondo libro, il mondo curioso di calpurnia, che inizia esattamente dove finisce il primo.
non ho ancora avuto la possibilità di leggerlo, ma spero di potermi rifare al più presto!

giovedì 24 marzo 2016

anteprima: "sottrazione" di carlo sperduti e intervista all'autore

il 31 marzo esce sottrazione, una nuova raccolta di racconti di carlo sperduti, autore di un tebbirile intanchesimo e altri rattonchi (di cui avevo parlato qui) ma visto che claccalegge è uno dei blog più fiQi dell'internét, oggi se ne parla in anteprima, grazie sopratutto a gorilla sapiens edizioni che mi ha spedito una copia del libro!

sulla quarta di copertina di sottrazione (divagazione necessaria: a me sta cosa che le quarte di copertina dei gorillibri - ovvero dei libri della gorilla sapiens edizione - inizino sempre con caro lettore di quarta di copertina mi piace da morire. anche se a me mi non si dice) si legge così:
Caro lettore di quarta di copertina, Come in un labirinto, come tra le pareti di una catacomba, come in una casa affollata di presenze e di vuoti, di cose e discorsi sospesi e di fenomeni inquietanti, in questo libro lo spazio si deforma e restringe, allestisce tranelli, sottrae scalini, nega vie di fuga. Questi 34 racconti, disposti in ordine decrescente di lunghezza, esprimono le infinite possibilità della narrativa breve e brevissima, a dimostrazione empirica del fatto che “scrivere per sottrazione è una moltiplicazione”.
e già mi piace.


un libro di racconti è per me un libro mordi e fuggi, uno di quelli che non sei costretto a rimanere con il naso tra le pagine fino a che non arrivi all'ultima pagina, ed è facile anche perché in realtà di ultime pagine ce ne sono parecchie, visto che i racconti sono parecchi.
come mi era già successo con il tebbirile intanchesimo etc. (che mi ha seriamente fatto dubitare di essere dislessica, cosa che sostengono in molti, non di esserlo, ma che lo sia io, nonostante legga ininterrottamente - quasi - dalla tenera età), ogni volta che inizio un racconto di sperduti mi sembra di essermi appena risvegliata in un posto del tutto nuovo e sconosciuto dopo una gran mazzata sulla testa. non sai bene a cosa andrai incontro, se le regole di quel mondo sono quelle che pensavi di conoscere, se i personaggi non siano dei pazzi sfrenati e potenzialmente pericolosi, se le parole hanno lo stesso significato di quello che fino ad adesso pensavi avessero (che poi penso: magari sono davvero dislessica e da quando avevo sei anni fino ad ora ho letto cose che non solo non ho capito, ma non esistono proprio e magari le parole cambiano ogni volta nella mia testa).

sottrazione mi ha regalato parecchi di questi viaggi strani: dalle case malate ai ristoranti cinesi in cui servono errori (oltre che orrori), dagli armadi a buco nero ai nei antropofagi, da stanze che diventano sempre più grandi a cucine che contengono lasagne paradossali, fino a quei posti in cui le cose smettono di cadere e rimangono ad annoiarsi a mezz'aria, in compagnia di personaggi sorprendenti, tra cui l'uomo che faceva le cose a contrario, isignazio che, vorrei vedere!, odia il suo nome, fumatori troppo timidi e gente che parla sì poco, ma dice sempre cose vere.

a collegare i racconti tra loro non è una tematica precisa o dei personaggi particolari, quanto la sensazione surreale che tutto ciò che non potrebbe avere senso ha davvero un senso, un rincorrersi di paradossi logici, spaziali, temporali e persino culinari, e sopratutto la capacità, che è la cosa che mi piace tantissimo di questo autore, di saper giocare con le parole, con le lettere, per non parlare di punti, virgole e apostrofi.
questo libro mi ha sorpresa, in fondo non è facile sapere cosa aspettarsi da un libro del genere, di sicuro è impossibile immaginare cosa succedere tra due righe, figuriamoci alla fine del racconto, ogni volta, per ogni racconto.

consigliatissimo a chi cerca una lettura un po' diversa da solito, a chi è della filosofia il come mi interessa di più del cosa*.

*in risposta alla detestabilissima domanda: di cosa parla questo libro?

mentre aspettate che sia il 31 marzo per andare in libreria a comprare la vostra copia di sottrazione, leggetevi questa intervist chiacchierata con carlo sperduti!


ciao carlo, grazie mille per aver accettato di dedicarmi un po’ del tuo tempo, e benvenuto su claccalegge!

ho una domanda che riguarda sottrazione, ovvero: perché scrivere una raccolta di racconti basata sulla lunghezza, o meglio sulla slunghezza (cit.) del testo?
Sottrazione è una selezione di materiale scritto negli ultimi due anni e mezzo circa. Come nel caso di Un tebbirile intanchesimo e altri rattonchi, sempre pubblicato da Gorilla Sapiens Edizioni, si tratta di una raccolta non pensata come tale, ma assemblata a posteriori. Dovendo anche stavolta trovare una via per organizzare i testi (per l’altro libro il criterio era tematico) mi sono spontaneamente focalizzato sulla lunghezza, o meglio sulla brevità. Sostanzialmente, mi sono reso conto che tendo a scrivere cose sempre più brevi (l’ultimo racconto di Sottrazione è di 163 battute spazi inclusi) e mi è venuta l’idea di un libro che desse l’impressione di una caduta a precipizio verso la pagina bianca, quindi verso l’annullamento della narrazione (o verso il suicidio della scrittura o in qualunque altro modo lo si voglia dire: insomma, farla finita con questo spocchioso vizio di raccontare). D’altro canto, però, è indicativa la frase con cui si apre il libro, Scrivere per sottrazione è una moltiplicazione, nata come gioco di parole abbastanza scemo e rivelatasi poi l’espressione di un dato di fatto: nel libro i racconti sono molti (34 più un’appendice) e a ognuno corrisponde un modo di raccontare (solo pochi si assomigliano nei toni e nella struttura). Dunque, se il libro punta al nulla, contiene però un campionario di modi di scrivere che sarebbe necessariamente più ristretto con un minor numero di racconti: la strada dell’annullamento e della moltiplicazione si possono percorrere contemporaneamente, a quanto pare. Anche di questo mi sono reso conto a posteriori. Inoltre, come ho scritto nella breve nota che apre il libro (in cui do informazioni sulla provenienza di alcune storie) non ci si deve stupire del criterio adottato nella raccolta: è arbitrario quanto ogni altro.

non sono ancora riuscita a recuperare tutti i tuoi libri (ma lo farò!) però mi pare di capire che preferisci il racconto al romanzo. perché questa scelta? quali sono secondo te i vantaggi di un racconto più breve rispetto a una storia più lunga?
Non porrei la questione sul piano dei vantaggi o degli svantaggi. Che i miei gusti di lettore e di autore siano orientati verso il racconto è palese. Anche quando scrivo cose lunghe (relativamente: la mia storia più lunga, Caterina fu gettata – Intermezzi Editore – supera di poco le 160.000 battute) tendo sempre a procedere per frammenti che abbiano un’identità forte, in alcuni casi una compiutezza, anche se non relazionati al contesto. Le cose inutili, per esempio, che è uscito l’anno scorso per CaratteriMobili, è una storia unica composta da brani le cui connessioni non sono sempre immediatamente percepibili, di modo che il lettore è chiamato a ricostruire la trama almeno in parte. Anche a questo proposito, benché si tratti di un romanzo breve, potrei ripetere il discorso fatto per Sottrazione, intendo la parte sul campionario di modi di scrivere: i vari capitoli de Le cose inutili, infatti, o le varie serie di capitoli, utilizzano procedimenti formali differenti. In conclusione, credo che si tratti di una sorta di forma mentis, quella del racconto – così come quella del romanzo per altri – e non, come dicevo, di una questione di vantaggi.

da cosa nascono i tuoi racconti? alcuni sembrerebbero delle tranquillissime scene quotidiane fino a che qualcosa non rivela qualcosa di completamente assurdo e surreale...
È vero, in alcuni casi i miei racconti funzionano così: un’incursione dell’illogico – o del diversamente logico – in situazioni apparentemente normali (il primo che mi viene in mente è La situazione non precipita, in Sottrazione). Ma è solo una delle possibilità, e a volte è il risultato di altre scelte. Come credo risulti chiaro da quanto detto finora, non mi piace star fermo su un’unica formula. Ciò non vuol dire che io non torni mai su una formula (se l’ho trovata efficace è probabile che la riutilizzi in racconti successivi) ma in generale preferisco che ogni racconto abbia la sua logica e il suo espediente letterario. Per questo una risposta diretta alla tua domanda non è facile, ma non voglio neanche far ricorso a scappatoie come “non c’è una regola fissa”. Quindi sarò specifico, portando alcuni esempi, relativi ad altrettanti racconti. L’idea di Istruzioni per Lucio, contenuto in Un tebbirile intanchesimo, consiste né più né meno che nell’elenco lievemente romanzato delle possibilità combinatorie di due serie di elementi: da una parte delle chiavi di varia forma, dall’altra le serrature corrispondenti; Unità di mistura, in Sottrazione, fa utilizzo di tempi verbali incoerenti per restituire attraverso la lingua lo smarrimento sentimentale del narratore; Un tebbirile intanchesimo, dall’omonima raccolta, fa dell’inversione dislessica di lettere e sillabe sia un espediente formale che un elemento della trama; Dizionario dei sinonimi e degli inonimi (in Sottrazione) simula a fini umoristici una dissertazione accademica sui difetti dell’italiano scritto e parlato. E così via... dunque niente scappatoie come “non c’è una regola fissa”, ma di fatto non c’è una regola fissa. Però c’è sempre una regola.

sempre a proposito di racconti, tu sei abbastanza “fuori moda” considerando quello che al momento sembrerebbe essere più apprezzato, ovvero trilogie, quadrilogie, saghe interminabili. cosa ne pensi di tutte queste storie (quasi) infinite?
Ti ringrazio per il fuori moda. In ogni caso, nonostante la mia predilezione per la brevità, non ho pregiudizi contro la lunghezza. Solamente, credo che a ogni storia corrisponda un’estensione ottimale, e a ogni estensione un certo tipo di storia (per intenderci: Continuità dei parchi di Cortázar non poteva che essere così breve; Alla ricerca del tempo perduto di Proust non poteva che essere così lungo). Quando le due coordinate non trovano un equilibrio si pone un problema: se sei Fëdor Dostoevskij e ogni tanto allunghi il brodo perché devi pagarti i debiti di gioco e stai pubblicando a puntate, ben venga, magari il romanzo si slabbra un po’ e invece di essere perfetto è solo inarrivabile; se non sei Fëdor Dostoevskij e scrivi una tetralogia che Proust potrebbe riassumere in un capoverso scritto mentre fa cattleya, con risultati infinitamente migliori, allora è questione di soldi, proprio come nel caso di Fëdor Dostoevskij, ma quei soldi non te li meriti (a meno che tu non li perda al gioco e allora avresti almeno un punto in comune con Fëdor Dostoevskij, per quanto io preferisca il metodo Landolfi).

se dovessi scegliere uno tra i tuoi racconti, quale sarebbe quello che preferisci, o quello a cui ti senti più legato?
Questa è davvero difficile. Dovendo sceglierne solo uno, attualmente direi Nulla di male, in Sottrazione, ma se me lo chiedessi fra un mese probabilmente sarebbe un altro. Nulla di male comincia così:

Dopo l’ultimo boccone, Tiziano ripone le posate nel piatto e le osserva per un minuto, i pensieri indistinti.Fa lo stesso ogni giorno, senza un motivo particolare.La cucina dei suoi pranzi solitari occupa un angolo del quinto piano del condominio. Al di là della parete a cui è addossato il tavolo una spenta facciata ocra, più bella a scriversi che a vedersi, poi il vuoto sopra un marciapiede sconnesso di una ex periferia.Qualcosa gratta, oggi, lì dentro il muro o lì fuori dal muro, chissà, interferendo con la contemplazione di una forchetta verdeggiante di pesto.Letizia arriverà a minuti.Se Letizia sta arrivando, quel suono deve essere innocuo. Se Letizia non stesse arrivando, quel suono sarebbe un incubo. Se Letizia se Letizia se Letizia, la forchetta la forchetta la forchetta.

mi consigli un libro assolutamente imperdibile?
Una pinta d’inchiostro irlandese di Flann O’Brien, del 1939: è uno dei romanzi più innovati, complessi e divertenti che abbia mai letto. Nelle prime righe si legge questo:
L’idea che un libro dovesse avere un solo inizio e una sola fine, non mi convinceva. Un buon libro poteva avere tre inizi completamente diversi, collegati tra di loro soltanto nella prescienza dell’autore, e finire, se necessaio, in trecento maniere diverse.
Segue un Esempio di tre inizi indipendenti.

la cosa che più mi piace del tuo modo di scrivere è che a te piace giocare con le parole. quali sono le figure retoriche che preferisci e quelle che invece non usi – volontariamente – mai?
Ho un rapporto di amore e odio con il linguaggio in generale e con la lingua in particolare. Lo stesso tipo di rapporto ce l’ho con la letteratura, i suoi tic nervosi e le sue convenzioni. Credo che la comunicazione non esista, a nessun livello, che sia una presunzione tutta umana a volte e una consolazione altre volte, come la religione o giù di lì, in ogni caso un’impostura, per non parlare del “senso” o “significato” di cui dovrebbe essere veicolo. Quindi niente preferenze: la retorica con le sue figure la prendo tutta, pacchetto completo, e qualche volta la utilizzo come se avesse uno scopo o fosse reale, altre volte per prenderla in giro come se pretendesse di avere uno scopo o di essere reale.

pubblicare con piccoli editori indipendenti è stata una scelta personale o si tratta solo di è andata così?
Che sia andata così è un fatto. Ma è andata così per una serie di motivi: gli editori con cui pubblico sono editori di cui mi fido, sul piano professionale ma anche su quello personale, a cui ho proposto i miei lavori e che li hanno scelti, e con cui non intendo smettere di collaborare almeno finché apprezzeranno quel che scrivo, cosa che reputo fondamentale. D’altro canto, sono consapevole che difficilmente un editore di altro tipo, un medio-grande, potrebbe essere interessato a quel che scrivo, se ho capito che aria tira. È pur vero che ad altri editori, altrettanto indipendenti rispetto ai miei, non sono piaciuto, dunque non si può generalizzare. Facendo un rapido calcolo, non piaccio ai nove decimi degli editori che ho contattato negli anni, quindi è evidente che Gorilla Sapiens Edizioni, CaratteriMobili e Intermezzi Editore abbiano preso un abbaglio. Però non escludo niente: nell’ipotesi di altre proposte, da parte di indipendenti o meno, le valuterò come ho fatto con le precedenti. Ma per ora non me le vado a cercare: sto bene dove sto.

pensi che sia valida, per le case editrici ma se vuoi anche per gli scrittori, l’equazione meno titoli = più qualità?
No, penso che un editore possa immettere sul mercato anche un solo pessimo libro all’anno, improponibile sin nei minimi dettagli. Lo stesso vale per uno scrittore in tutta la vita.

cosa ne pensi delle graaandi case editrici, quelle che inondano ogni settimana le librerie di nuovi titoli?
Che fanno il loro mestiere, chi meglio chi peggio, e che di questi nuovi titoli pochi m’interessano, ma succede lo stesso, in proporzione, con alcuni piccoli editori: meno titoli, quasi nessuno che m’interessi (soprattutto nel caso in cui il piccolo editore indipendente tenta di ricalcare le logiche del grande editore, con esiti per lo più grotteschi). Tutta questa ossessione per la differenza tra editore indipendente e colosso editoriale non riesce a coinvolgermi. O meglio: finché si parla di economia, distribuzione, monopoli, saturazione del mercato e via dicendo il discorso regge, ma quando si confondono questi aspetti con la qualità del prodotto finale (del singolo libro, non di tutti i libri di un determinato editore o della sua teorica linea editoriale) allora non vedo la connessione, e più di una volta mi è sembrato che si vada avanti per slogan da entrambe le parti, che la retorica del piccolo editore che resiste sia sfruttata a mo’ di strategia pubblicitaria al pari delle fascette che annunciano un miliardo di vendite in una settimana. A me interessa la letteratura – la narrativa in particolar modo – e ho i mezzi, come tutti al giorno d’oggi, per informarmi a proposito. Dunque, se m’imbatto in quello che reputo un buon libro io lo compro e lo leggo perché m’interessa. Se questo buon libro l’ha pubblicato Mondadori, rimane un buon libro. Se questo buon libro l’ha pubblicato Gorilla Sapiens, è lo stesso buon libro.

e delle autopubblicazioni?
Le sconsiglio a chiunque abbia l’intenzione di farsi conoscere come autore attraverso un prodotto di qualità. Le consiglio a chiunque abbia intenzione di divertirsi e regalare o vendere le proprie storie o poesie ad amici e parenti.

stai già lavorando a qualche nuovo progetto?
Sì, sto lavorando a un romanzo che spero di ultimare entro qualche mese e che, sebbene le vicende narrate non c’entrino un bel niente, ha qualche punto in comune, a livello tematico e strutturale, con Le cose inutili. Poi ci sono un altro paio di progetti in cantiere, ma le idee per ora sono così approssimative che non vale la pena parlarne.

dato che mi è piaciuta parecchio la storia (le microstorie?) dell’uomo che faceva le cose a contrario, la domanda che avrebbe dovuto aprire l’intervista (ugh) te la faccio alla fine: chi è carlo sperduti? e sopratutto quando e come ha deciso di fare lo scrittore?
Per fortuna Carlo Sperduti non ha mai deciso di fare lo scrittore. È un tizio che ha da poco passato i trenta, che ha vissuto la prima parte della sua vita tra Broccostella e Sora in Ciociaria, la seconda parte a Roma e che ha appena iniziato la terza a Perugia. Verso i diciasette anni, per puro caso, si è trovato a scrivere un racconto e la cosa gli è sembrata divertente, così ha smesso perché il suo personaggio di allora aveva il dovere morale della sofferenza; ha poi ricominciato nel 2008 e ha continuato fino a oggi. Continuerà finché si divertirà.

ah, un’ultimissima cosa che però non è proprio una domanda ma una richiesta, anche un po’ idiota (quindi se vuoi ignorala), ci regali un racconto breve, brevissimo, sottrattissimo?
Da Re minori in microfiabe, appendice di Sottrazione:
C’era una volta il Re Gina.Somigliava in maniera impressionante a sua moglie. Fatto strano: i due non si facevano mai vedere insieme.


e e e grazie mille per tutto! spero di vederti presto a palermo a parlare di sottrazione e dei tuoi libri!

ed ecco il programma del sottrazione tour:

venerdì 18 marzo 2016

tobiko

credo che non ci sia cosa più bella, per un appassionata di fumetti, che scoprire nuovi autori e nuovi modi di raccontare che piacciono fin dal primo sguardo.
per me con tobiko è stato così: inizialmente mi ha fatto subito venire in mente due artiste che amo tantissimo, junko mizuno e lilidoll. leggendo il volume (grazie mille a bao publishing che me ne ha regalato una copia ) mi sono accorta che maurizia rubino non solo si inserisce a pieno titolo in quello stile che io adoro, capace di mischiare insieme caratteristiche pop-kawaii e altre più dark, ma che è riuscita a creare qualcosa di nuovo, che unisce illustrazione e fumetto in senso stretto, un modo di raccontare per immagini che funziona meravigliosamente bene.


in un futuro post-apocalittico, l'umanità e buona parte delle razze animali si sono istinte, perdendo la capacità di amare in una folle corsa verso il progresso in cui investirono tutte le loro forze. rimangono solo due specie, gli orsi e i corvi, i quali, nonostante siano riusciti a sopravvivere, rimangono in lotta tra loro, come se non avessero capito ancora che il desiderio di supremazia non porta nulla di buono per nessuno.
sul pianeta vive anche una ragazzina, un'umana sopravvissuta all'estinzione perché allevata dai corvi: è tobiko, una bimba che sogna di riuscire a costruire delle ali per imparare a volare. quando incontra pop, nonostante lui sia un orso, tra i due nasce un'amicizia sincera e dolce, che va oltre le differenze e non si cura della guerra perenne tra le due specie. ma il loro sentimento è destinato ad andare incontro a parecchi ostacoli...

non voglio fare spoiler sulla trama, ma vorrei rispondere all'odiatissima domanda "di cosa parla?". tobiko è innanzitutto una storia d'amicizia e d'amore, ma racconta, senza essere noiosamente didascalico, di quello a cui porta il progresso inarrestabile, la prepotente volontà di essere al di sopra di tutti gli altri invece che accanto.
il mondo di tobiko è un ambiente dai colori freddi, fatto di boschi cupi e quasi disabitati, in cui i piccoli animali cercano di sopravvivere alle battaglie tra orsi e corvi. è un mondo in cui una bambina incapace di volare, e quindi di far la guerra come i corvi da cui è stata allevata, cresce sola, convinta di non essere utile e indispensabile a nessuno fino a che non incontra un piccolo orso che anziché seguire le regole diventa suo amico.
un pianeta in cui l'amore è stato accantonato a scapito di una lotte folle e ormai sterile, ma nel quale due piccole creature ne conoscono ancora l'importanza.


graficamente splendido, tobiko, dicevo all'inizio del post, è un bel mix tra fumetto e illustrazione: di entrambi coglie gli aspetti più funzionali alla narrazione, forzando le classiche gabbie delle tavole a fumetti e aggiungendo balloon alle illustrazioni a tutta pagina, dando vita a una sequenza di immagini, seppur molto spesso libera dai classici schemi visivi, immediatamente leggibile e sopratutto di grande impatto. insomma, qualcosa alla quale io non ero per nulla abituata né preparata e che mi ha sorpresa molto positivamente.
dominano il nero e il rosa fluo, i toni freddi dell'azzurro, del verde e del viola, dando l'idea di un'atmosfera ai limiti del vivibile in cui però la natura non si arrende e ricopre di vegetazione l'intero pianeta.

un bellissimo esordio di un'artista della quale spero di poter leggere un nuovo libro quanto prima, magari proprio un seguito di questa storia...
consigliatissimo!

giovedì 17 marzo 2016

la spada incantata di sakura

continuo il mio recuperone dei manga della tanemura! ho jeanne in lettura ma qualche giorno fa mi sono sciroppata senza alcuna decenza tutto la spada incantata di sakura in poco più di ventiquattr'ore. e al momento posso dire che è esattamente il tipo di manga che speravo di leggere da quando avevo iniziato the gentlemen's alliance cross: un fantasy di tutto rispetto in cui si alternano azione e storie d'amore, senza contare che i disegni di questa serie sono al momento, secondo me, i più belli che la tanemura abbia mai realizzato.


si tratta della serie lunga più recente prima di ogni nostro venerdì, dodici volumi ambientati nell'epoca heian (dal 794 al 1185) che raccontano la storia della principessa sakura e del suo destino.

la protagonista della storia è la principessa sakura, la cui famiglia è misteriosamente scomparsa e che fin dalla nascita è stata promessa in sposa al principe oura. proprio alla vigilia delle nozze, tutte le certezze di sakura crolleranno come un castello di carte al primo soffio di vento: scoprirà di essere la nipote della principessa della luna kaguya e di aver ereditato anche il suo destino di eterna sofferenza: odiata dagli uomini per la sua natura di creatura lunare e dagli abitanti della luna per la sua vicinanza agli esseri umani, segnata dalla nascita dal suo ideogramma del destino "sterminio" che le aveva già imposto, fin dal primo momento, di diventare colei che può impugnare chizakura - la spada divina di kaguya - e di uccidere con quella gli oni, una volta abitanti della luna, adesso esuli sulla terra, dove per sopravvivere sono diventati mostri mangiauomini.
nonostante il suo difficile destino, sakura è una ragazza dall'infinita forza d'animo, allegra, solare e piena d'amore e d'affetto sincero per i suoi compagni, come di compassione per i suoi nemici: al momento è la protagonista che preferisco tra quelle dei manga della tanemura, non solo per i suoi tanti pregi, ma anche per la sua fragilità, per il suo bisogno d'amore, per il suo struggente desiderio di andare anche contro il destino pur di proteggere chi ama.
la sua storia si intreccia con quella di tanti personaggi secondari, ognuno con la propria vicenda e i propri legami che via via si faranno più intricati man mano si svolgerà la trama, con dei colpi di scena davvero imprevedibili.
nonostante la complessità degli intrecci, la lettura è scorrevole e piacevolissima, proprio grazie al modo in cui tutti i personaggi risultano ben caratterizzati e psicologicamente plausibili, nonostante si parli di creature lunari, trasformazioni, maledizioni, eccetera.
i temi sono un po' quelli che si trovavano anche in full moon - la dicotomia vita/morte, il destino, la ricerca dell'amore - ma qui tutto è trattato in modo più maturo: nonostante per ognuno il destino sia già scritto al momento della nascita, ciascuno deve lottare per scegliere ciò che è più importante della propria vita, il vero compimento della propria stessa esistenza.

in definitiva stramegaconsigliatissimo, anche se vi direi di non cominciare con questo se volete leggere altro della tanemura perché, come accennavo sopra, la spada incantata di sakura è un po' la summa sia delle tematiche care all'autrice, sia delle tecniche narrative e grafiche, insomma un titolo che completa un percorso iniziato con jeanne, di cui spero di parlarvi presto.

lunedì 14 marzo 2016

commenti randomici a letture randomiche (13)

giorni e giorni e giorni che mi sembra di non concludere nulla eppure non trovo il tempo per dedicarmi come vorrei al blog.
e neanche per finire di leggere tutto quello che vorrei (per dire: il misterioso recensore mi ha prestato equinozi, e sta lì in attesa. c'è in attesa ancora anche il mega-volumone di mickey mouse mystery magazine che ho recuperato a novembre e che sta veramente mettendo a dura prova la mia pazienza: è troppo grande e pesante per essere letto senza che mi venga il mal di schiena! sigh).
non so se lo sapevate, ma clacca oltre che leggere, ogni tanto si diletta a scarabocchiare cose. e siccome qualche tempo fa avevo iniziato a scarabocchiare sulla ceramica, ho poi deciso di prendere un forno serio, dei colori seri e mettermi a lavorare in modo serio.
quindi da circa una settimana a casa c'è un forno grosso quanto tre clacche e mezzo che attende che "sì, vengo tra qualche giorno a sistemare la presa" e "sì, ho scordato le piastre ma te le mando subito per posta" diventino realtà. e sopratutto aspetta che a me passi il panico da "ommioddio non ce la farò mai". se poi mi seguite anche su instagram, avrete notato che sto cercando di riprendere la mano con matita e pennelli... e avrete sicuramente notato anche che ultimamente mi sono passati tra le mani un sacco di titoli interessanti, quindi è giunto il momento di andare oltre le fotyne bimbominchiesche e spendere due paroline sulle ultime letture nella vostre (non)rubrica randomica preferita!

innanzitutto gioia, gaudio, letizia e felicità per il ritorno di aki irie e del suo bellissimo il mondo di ran. mancava da quanto? quasi tre anni? e io mi ero completamente dimenticata di alcuni particolari, anzi a dirla tutta, di un buon 80% della trama. così nelle ultime settimane, oltre a recuperare gli ultimi due volumi usciti, ho riletto anche quelli precedenti.
i volumi 4 e 5 sono il collegamento perfetto tra i primi, che ci erano serviti a introdurre i personaggi e il loro contesto, farci conoscere il loro carattere e farli legare per bene tra loro, e gli ultimi due, che non vedo l'ora di leggere, ma sono certa che concluderanno in modo eccellente la storia della streghetta e delle sue scarpe magiche.
senza fare troppi spoiler, dico solo che si capisce finalmente qualcosa di più su tutta la storia degli insetti e sul lavoro di shizuka e delle ali nere: la vicenda prosegue a ritmo serrato, ci si prepara a uno scontro importante, io prevedo lacrime come non mai, anche se non so se di gioia o di tristezza, e nel frattempo si tira un sospiro di sollievo e ci si rilassa un po' con gli extra tra un capitolo e l'altro: non si tratta però di storie slegate da quella principale, quindi non saltatele!
lacrime di tristezza per la copertina del quinto volume che cambia completamente stile rispetto alle prime quattro che erano davvero bellissime... perché signora irie? perché???

un'altra cosa che desideravo leggere tantissimo era il volumetto cartonato che raccoglie i primi sei capitoli di darth vader, un'altra serie marvel dedicata al mondo di star wars (ho parlato del primo volume skywalker colpisce qui). ero abbastanza entusiasta dopo la lettura di skywalker colpisce, adoro l'universo di star wars e darth vader è uno dei miei personaggi preferiti in assoluto, quindi l'hype per questo volumino, che è anche uscito in ritardo rispetto a quanto previsto era alle stelle. però devo ammettere che, forse proprio per colpa delle mie aspettative troppo alte, mi ha delusa un po': la storia si svolge proprio dopo la distruzione della morte nera ad opera di luke e ha ovviamente per protagonista il nostro caro signore oscuro, caduto in disgrazia agli occhi dell'imperatore che adesso lo manda a fare il galoppino in giro per l'universo. umiliato e per nulla convinto di farsi trattare a pesci in faccia, darth vader riesce a rintracciare e a mettersi in contatto con aphra, una giovane archeologa criminale che riesce a mettere in piedi, grazie agli inquietantissimi triplo zero e bt-1, copie "cattive" di c-3po e r2-d2, un esercito di droidi a servizio del fu skywalker. nel frattempo l'imperatore sta cercando un sostituto a vader stesso, qualcuno più "al passo con i tempi", che non confidi tutto nella forza, ritenuta - in modo insopportabilmente blasfemo - ormai obsoleta: per un buon numero di pagine vedremo darth vader sfidare una serie di mercenari pieni di innesti e modificazioni biologiche varie in una tornata di duelli a dir poco soporiferi.
il volume si chiude con un flashback in cui il nostro è ancora anakin skywalker e ha appena saputo dell'imminente nascita di un erede, mentre, nel presente, boba fett gli ha appena comunicato - e questa scena è la stessa che si trova alla fine di skywalker colpisce - che il responsabile della distruzione della morte nera è un tale skywalker...
insomma, si poteva fare di meglio, ma mi piace molto aphra, mi piacciono anche i due nuovi droidi anche se mi fanno davvero paura e sopratutto non vedo l'ora di leggere i prossimi episodi, perché per quanto possa essere stato un volume deludente, il fangirlismo è duro a morire.

e a proposito di ritorni inaspettati e fangirlismo, è tornata sugli scaffali delle fumetterie anche kei tome, ovviamente non c'entra niente l'ormai senza speranze canta "yesterday" per me, ma si tratta di mahoromi, primo di una serie di quattro volumi, che mi ha convinta a togliere l'embargo a goen, benché il mio timore che riescano a bloccare persino una miniserie di quattro volumi rimanga intatto. ma è la tome e quindi tocca rischiare.
in questo primo volume ci sono tutti gli elementi cari alla nostra autrice: ragazzi che studiano arte, i ricordi legati agli oggetti antichi, una bella e misteriosa ragazza con i lunghi capelli neri e un protagonista che si ritrova a vivere strane avventure e a sconvolgere la sua banale tranquilla vita di ogni giorno.
il protagonista della storia è niwa, uno studente di architettura che inizia a vivere nella casa del nonno defunto, anche lui a sua volta architetto. a casa, niwa si sente come un ospite indesiderato, come se qualcosa gli dicesse di andar via, o più probabilmente è l'imbarazzo di vivere a casa di un nonno che non ha mai avuto modo di conoscere quando era in vita, ma che parrebbe essere molto famoso e benvoluto da tutti. tra i ricordi del nonno appare anche una fotografia di una ragazza sconosciuta, che però non è la nonna di niwa. nel frattempo, coinvolto dalla collega e amica akira, scopre di avere un potere incredibile: toccando alcuni oggetti di antiche case abbandonate, ormai prossime alla demolizione, può vedere i ricordi delle case, di chi ci aveva vissuto, e grazie a mayuri, una ragazza dai lunghi capelli neri che somiglia alla foto misteriosa, scoprirà che le case possono avere rimpianti e desideri...
insomma, la solita meraviglia in perfetto stile kei tome. non so come possa non piacere, io adoro i suoi lavori, anche se spesso c'è così tanta malinconia!

per tirarci su di morale, due paroline veloci veloci anche su romantica clock, che arrivato al terzo volumetto, mi fa confermare la prima impressione che ho avuto per questa serie, ovvero che mi piace tantissimo! il rapporto tra i due gemelli si fa sempre più stretto e akane è tanto ingenua da risultare pericolosamente ambigua nei riguardi del fratello aoi.
intanto sembra che per shin si debba aprire una parentesi che spero non sia troppo lunga, mentre fa la sua entrata in scena un nuovo personaggio, ayumu, che sembra arrivare proprio per rompere le uova nel paniere a tutti quanti...
e poi ci sono i gattini! no, scherzi a parte, il pregio principale di questo manga è che nonostante sia una lettura molto mooolto leggera, non ha ancora calato il tono, rimane sempre allegro e divertente senza scadere nel ridicolo e ha dei personaggi ben caratterizzati ai quali ci si affeziona per forza.
continuo a pensare che, al momento, sia tra i migliori shoujo in circolazione.

ah, sto continuando il mio recupero spasmodico dei fumetti di arina tanemura. ormai sono solo alla ricerca di tre volumini di jeanne e poi posso dire di aver completato tutte le serie lunghe. spero di poter prenotare ogni nostro venerdì (l'ho sfogliato in fumetteria e mi è parso carino, ma sto cercando di non cominciare nuove serie perché ho un sacco di roba da recuperare!), quindi se conoscete qualcuno che lo venderebbe a serie conclusa fatemelo sapere! ho letto mistress fortune, che è stato carino, e adesso sono invischiata fino al collo in la spada incantata di sakura, che mi sta prendendo da matti e mi ha fatto tornare con la mente a quando avevo, boh, sedici anni?, e avevo scoperto il mio primo shoujo fantasy, fushigi yuugi, del quale mi sono innamorata perdutamente e che mi piace tantissimo anche adesso.
comunque, senza divagare troppo, la spada incantata di sakura mi sta piacendo da morire, molto più di alliance cross, sono davvero contenta di averlo recuperato e ve ne parlerò al più presto!

mercoledì 9 marzo 2016

intervista a sergio algozzino

conosco sergio da quando avevo, boh?, quindici o sedici anni. lui è una di quelle persone incredibili che riescono a fare così tante cose, e tutte così bene, che un po' mi è rimasto il dubbio che in realtà abbia altri tre gemelli segreti.
palermitano come me, sergio algozzino è famoso come autore unico per titoli come ballata per fabrizio de andré, pioggia d'estate, dieci giorni da beatle, il più recente memorie a 8 bit, ma ha collaborato anche ad altri progetti (monster allergy per citare quello che amo di più, di cui ha colorato diversi episodi, oltre a svariate pubblicazioni con diverse e importanti case editrici italiani con panini, red whale, marvel e bonelli).
insegna alla scuola di fumetto di palermo e dal 2006 gestisce il forum kinart, dove trovare informazioni, consigli, tutorial, lezioni e tutto quello che può servire a chiunque voglia diventare fumettista (o a chi lo è già).
se tutto questo vi sembra già tanto, evidentemente non conoscete il sergio cantante e musicista, che nel corso degli anni si è esibito in tributi a gruppi come queen e beatles, ha cantato e inciso pezzi originali e nel 2012 sul suo canale youtube ha portato avanti il progetto una canzone al giorno. più di recente, nel corso dello scorso anno, ha trasformato il suo memorie a 8 bit in uno spettacolo recitato e cantato in cui ha raccontato la nostalgia di quelli degli anni '80 per quelle che sono state delle vere e proprie icone pop della nostra infanzia, tra videogiochi e sigle dei cartoni animati e anche il canale ha cambiato aspetto e temi, a favore di memorie a 8bit

ad essere sinceri, mi sono sempre un po' intimidita a scrivere dei libri di sergio, ma il suo nuovo progetto, in uscita a maggio per tunué, mi ha incuriosita così tanto che sono finalmente riuscita a superare parte delle mie paranoie, e mi sono decisa a chiedergli finalmente di dedicarmi qualche minuto per parlare del suo lavoro e del prossimo storie di un'attesa, del  quale trovate un paio di immagini in anteprima.
buona lettura!


ciao sergio! grazie mille per aver accettato quest'intervista e benvenuto su claccalegge!
tu fai fumetti da, praticamente, sempre, il tuo stile è cambiato parecchio nel corso del tempo ma rimate molto particolare, praticamente inconfondibile. c'è qualche disegnatore che ti ha ispirato in qualche modo, che più di altri potresti citare come tuo modello?
Sono un grande appassionato di quello che faccio, magari pensereste sia normale, ma c’è chi riesce a fare fumetti senza avere la voglia di voler conoscere tutto sulla loro storia ed evoluzione. Non è che io sia migliore per questo, più semplicemente è un diverso approccio al mezzo. Diciamo che più che fare fumetti perché ho qualche talento particolare ci sono andato al contrario: faccio fumetti perché amo visceralmente i fumetti stessi.
di solito come lavori alle tavole dei tuoi fumetti? usi solo matita, pennino, acquerelli, insomma tecniche definibili "tradizionali" o ti affidi anche a photoshop?
Dipende quello che faccio. Per i miei libri, tendenzialmente faccio tutto a mano, ma in quest’ultimo ho sentito l’esigenza (anche narrativa) di fare una post-produzione per qualche effetto particolare, ma solo in determinate sequenze. Non ho problemi a usare l’una o l’altra tecnica, l’importante è che sia funzionale alla storia. In versione tradizionale, vado di matite, pennarelli e acquarelli, ma non so come potrei fare il prossimo libro!
come nasce un romanzo a fumetti? costruisci prima mentalmente trama e personaggi o li lasci che tutto si sviluppi da se in corso d'opera?
Ho tante idee, e ogni tanto qualcuna mi assale più del dovuto. Così, inizio a svilupparla, e a scrivere la sceneggiatura, che nel mio caso è un vero e proprio storyboard, come se stessi disegnando, ma senza disegni, scrivendo direttamente il testo nelle vignette. Poi, in corso d’opera, disegnando, c’è una certa soglia di imprevedibilità, ma con un margine abbastanza stretto. Mi piacerebbe fosse di più, ma allo stato attuale sono ancora abbastanza scientifico. La parte della scrittura, infatti, è quella che mi soddisfa di più, lì vado a cascata, senza freni. 
e a proposito, parliamo del tuo ultimo lavoro, storie di un'attesa, in uscita tra qualche mese. sembra abbastanza diverso dalle tue opere precedenti, che rimandavano al mondo della musica o a esperienze più autobiografiche.
ci racconti un po' di cosa tratterà?
È un libro su uno stato emozionale molto particolare. Il concetto è molto da Sabato del Villaggio, riadattato a Palermo, che ne è lo scenario incontrastato. Saranno tre storie concatenate, in tre epoche differenti, costruite a ritmo alternato, e ognuna di esse porta alla stessa conclusione, ovvero che siamo tutti più impazienti, più frenetici, e non importa se abbiamo vissuto un’epoca in cui, senza internet e smartphone, si “aspettava” ancora molto, perchè ormai siamo tutti così. Poi ho messo dentro tanti altri elementi che volevo sviluppare prima o poi, con una approfondita ricerca sulla Palermo degli anni 40, e su certe comunità, con certe abitudini. È stato un viaggio bellissimo, con grandi sorprese e straordinarie coincidenze, e ci ho messo tutto me stesso. 
come mai hai scelto proprio la tematica dell'attesa? da dove nascono le storie di cui racconti in questo nuovo progetto?
Altro elemento portante del libro è il gioco degli scacchi. L’idea di tutto nasce prendendo spunto dalle vecchie partite a scacchi per corrispondenza, dove fra tempi di gioco e postali potevano passare mesi prima di muovere un pezzo della scacchiera. Impensabile, ai giorni nostri. Poi, volevo fare qualcosa su Palermo, e mi son trovato improvvisamente fra le mani tre storie che avevano un unico minimo comun denominatore.
lo spettacolo nato da memorie a 8 bit ha avuto un sacco di successo, a me è piaciuto tantissimo, è stato qualcosa di divertente e coinvolgente, diverso da quello che di solito ti capita di trovare in un live in un locale o un teatro. per quanto quest'opera sia diversa dalla precedente, pensi che potresti portarla in giro come è successo con memorie, unendo ancora una volta musica e fumetti?
Ogni libro per me ha una sua vita, indipendente e imprevedibile. Coi libri “musicali (De Andrè e Beatles) ho fatto presentazioni musicate, con Memorie lo spettacolo e i video su Youtube... con questo non vedo nulla di tutto questo, forse sarà la prima volta che parlerò e basta. O forse no.
ti faccio una domanda forse un po' scema, ma mi sono sempre immaginata la classica scena in cui una zia chiede al nipotino "cosa vuoi fare da grande?" e si aspetta la solita risposta tra le classiche l'astronauta, il calciatore, il poliziotto eccetera, magari rimarrebbe un po' stranita da "il fumettista".
hai mai avuto la sensazione che qualcuno reputasse quello del "disegnatore/scrittore di fumetti" un lavoro un po' troppo fuori dal comune?
Sempre, ma sono stato abbastanza fortunato, perché i miei genitori non mi hanno mai preso per pazzo, e mi hanno davvero lasciato credere in questo folle sogno che vivo ancora oggi.
negli ultimi anni il fumetto in italia è stato un po' rivalutato e in qualche modo "nobilitato", sopratutto grazie alla presenza dei graphic novel (e di recente anche i fumetti seriali) in libreria, che li hanno sdoganati anche tra chi qualche tempo prima non avrebbe considerato la lettura di fumetti poco più che un passatempo. è diverso fare fumetto oggi rispetto a dieci, quindici anni fa?
e credi che possa essere cambiato anche un po' il lettore di fumetti in questi ultimi anni, e l'immagine che gli altri, quelli che puntualmente ti prendevano in giro perché quella è roba da bambini, ne hanno?
Fumetti o Graphic Novel, sempre di fumetti si parla. Quando Pratt disegnava Corto Maltese si definiva un “fumettaro”, e chi sono io per atteggiarmi a migliore di lui? Io amo i fumetti, faccio fumetti, uso il termine “libro” solo perché quella è la forma editoriale che prendono, nel mio caso, ma di certo non mi definisco uno “scrittore”, né tanto meno un autore di Graphic Novel, come se fossero qualcosa a parte. Il mercato cambia, cambia sempre. Sinceramente, allo stato attuale, vedo molto più movimento nel versante seriale che nel mio.
la sicilia e particolarmente palermo non sono esattamente rinomati per l'attenzione che si da al fumetto, mi viene immediatamente naturale contrapporre la nostra città a posti come bologna, dove tra case editrici, fiere, laboratori di autoproduzioni eccetera, l'atteggiamento è molto diverso. è pur vero che negli ultimi anni la situazione è cambiata, con la nascita della scuola del fumetto, con le fiere come l'etna comics e quella più recente che si è svolta per la prima volta a palermo lo scorso anno, la nascita di nuove case editrici, di nuovi negozi specializzati, e la "scoperta" di nuovi autori.
come hai vissuto questo cambiamento – se c'è stato davvero e non era solo una mia mancanza di consapevolezza – e come pensi possa cambiare tra qualche anno questo scenario?
Quindici anni fa era davvero un mondo a parte. Ormai, Palermo, e la Sicilia, è ricca di autori di altissimo livello, e non abbiamo nulla da invidiare a nessun altra città in quanto a fermento creativo. Ci frega solo la posizione geografica, ma su quello poco possiamo fare!
tu sei un autore completo, ma se dovessi lavorare in coppia con un altro autore, chi ti piacerebbe che fosse? (anzi ti chiedo due nomi, uno sceneggiatore di cui vorresti illustrare la storia e un disegnatore a cui affidare un tuo racconto)
Anzitutto, mi piacerebbe più scrivere che disegnare. E lo sto facendo. C’è già al lavoro qualcuno per un prossimo libro di cui curerò soltanto la parte scritta. Amo così tanto autori, sia come sceneggiatori che come disegnatori, che sinceramente non saprei dirti. Torno a quello che ho detto prima: per me è la storia che comanda, quindi anzitutto si parte da quella!
forse è un po' troppo presto per una domanda simile, visto che il tuo ultimo lavoro non è ancora stato pubblicato, ma quali sono i programmi (e sogni) per il prossimo futuro?
Vorrei fare sempre di più. Mi sento sempre in difetto. E spero di concretizzare alcune cose a cui tengo molto entro breve... Con la presentazione incredibile che mi hai fatto sembrerà una presa in giro, sarà che il mio modello in questo senso è sempre Osamu Tezuka, che nella vita ha fatto così tanta roba che devo augurarmi di riuscire a farne almeno un decimo!
e e e grazie mille per la tua pazienza e per il tempo che mi hai dedicato! millemila inboccallupo e un abbraccio! ♥ non vedo l'ora di leggere il tuo nuovo libro!

lunedì 7 marzo 2016

anomalisa

anomalisa è un film che mi ha sconcertata moltissimo.
ci tengo a precisare che quella che segue non sarà una recensione, non lo sono mai e questa lo è meno delle altre volte, ma solo una serie di riflessioni che questo film ha generato nel mio cervellino, tanto che ho dovuto abbozzare tutto in piena notte, avevo decisamente bisogno di parlarne.
mi aspettavo qualcosa che mi illuminasse sul senso della vita, che mi aprisse la mente a verità nuove, che mi mostrasse qualcosa di più sulla natura umana. o forse mi aspettavo solo un film che riuscisse a nobilitare l'essere umano.


*attenzione, spoiler!*
invece di nobilitante non c'è nulla. michael stone non è un eroe, è un normalissimo uomo solo, stanco e annoiato da un successo di poco conto, un autore di manuali letti da una fascia di persone presumibilmente parecchio povere da un punto di vista letterario e intellettuale.
un uomo che ha alle spalle una banalissima moglie con la quale non ha dialogo, un figlio a cui non importa nulla di lui se non che gli porti un regalo come souvenir dal suo viaggio di lavoro e una ex-fidanzata mollata senza motivo alcuno.
michael non è giovane, non è bello, ha il vizio del fumo e dell'alcol. si trova in una città diversa e non ha nessun interesse a provare a viverla, fosse anche per un giorno.
michael stone è un uomo come tanti, una persona che mi viene da definire grigia, che si può detestare con la facilità con cui vien voglia di schiacciare uno scarafaggio.
il suo modo di rapportarsi alle persone non ha nulla di straordinario, neppure di interessante. un uomo gli tiene la mano in aereo perché ha paura di volare e non c'è la moglie a fargli compagnia come al solito, l'addetto alla reception in albergo è gentile con lui solo per dovere, il fattorino solo per la mancia. l'ex-fidanzata accetta di rivederlo per cercare di capire perché è stata mollata, quando lui invece vorrebbe solo un po' di compagnia a letto durante la notte, nessuna voglia di instaurare un rapporto o di recuperare quello che c'era, emily e lisa si lasciano abbordare solo perché sono sue fan, lisa si fa portare a letto da lui perché perché no?.
ci sono intere scene create ad hoc per sottolineare la banalità e anche lo squallore della vita di michael, come il tizio nel palazzo di fronte che si masturba davanti al pc, o l'interminabile pisciata appena rimane solo in stanza, il discorso vuoto che cerca di ripetere senza credere davvero a quello che dice.
anomalisa insomma è un riuscitissimo film su come sia facile rendere la propria vita brutta, squallida e banale: michael stone è l'esempio perfetto di uomo mediocre, squallido e banale.
cos'è allora lisa, l'anomalia di cui parla il film?
michael la riconosce come l'unica, oltre a lui, dotata di un'individualità. in qualche modo se ne innamora, o forse si convince di farlo. passa con lei una delle notti di sesso più mediocri della storia del cinema (e mi auguro anche di quella delle stanze da letto reali) per poi, l'indomani mattina, cominciare a farsi annoiare da lei, a lasciarsi infastidire e a cominciare a perdere di vista la sua specialità che l'aveva conquistato poche ore prima: lisa perde il suo carattere di anomalia, diventa una fra i tanti, una di tutte quelle persone di cui a michael non importa assolutamente nulla, una di quelle persone che non ha, ai suoi occhi, neppure un volto o una voce riconoscibili.


ora, io questa faccenda dei visi e delle voci tutte uguali, non la interpreto come sintomi di una patologia neuropsichica (il riferimento alla sindrome di fregoli l'ho scoperto grazie a bolla), ma come una simbolizzazione del modo in cui michael stone vede li altri: un'informe, indistinguibile fiumana di gente anonima, poco interessante e quasi fastidiosa; nessuno lo stupisce, nessuno lo attrae, nessuno lo fa stare bene o semplicemente lo fa sentire meno solo. tutti sono la gente, e la gente è lì pronta ad adularlo e amarlo e sopratutto ad annoiarlo, o meglio ad amare e ad adulare il michael-autore-di-manuali. forse a causa del suo successo di scrittore, forse per semplice incapacità di empatia, lui in qualche modo si sente migliore degli altri e superiore a loro (il sogno è molto illuminante su questo argomento).


a un certo punto, nell'albergo in cui alloggia, incontra lisa. lei è l'unica, oltre a lui, ad avere un'identità: il solo modo in cui posso interpretare tutto questo è che in realtà non si tratta di niente di meno che di una cotta bella e buona: non ci innamoriamo forse di chi reputiamo diverso, speciale, unico in mezzo all'immane carnaio di esseri umani di cui poco ci importa e che non ci danno assolutamente nulla se non il fastidio della loro presenza? la persona che amiamo di solito non la amiamo perché è oggettivamente più bella, più intelligente, più sicura di sé, la amiamo in quanto l'unica e la sola a rendere la nostra vita migliore. lisa è così: non è bella né affascinante o intelligente, è speciale e questo basta. ma dopo poche ore perde la sua unicità e anche lei acquista l'aspetto e la voce di tutti gli altri, ma non per colpa sua, lei non fa nulla di male, è michael a proiettare su lei la sua visione del mondo e - nella sua mente - a renderla colpevole di essere come tutti.


in un arco di poche ore, la storia di michael e lisa riassume il dramma dell'amore che finisce, della passione che si spegne, della caduta, irrevocabile, di quel velo che ci porta a vedere l'altro come l'unica e fondamentale presenza che possa farci accantonare il disagio della solitudine.
banale per quanto possa sembrare, credo che tutto possa riassumersi con l'abusatissima la felicità è dentro di te: non sono gli altri che possono renderci la vita migliore, è il nostro atteggiamento nei confronti del mondo che determina come vediamo il mondo.
il discorso di michael è forse la parte in cui si svela al meglio il dramma interiore di quest'uomo detestabile: scovare in ognuno ciò che lo rende unico, rendersi conto che ogni persona ha una storia, ha sofferto, ha vissuto. sembrerebbe banale anche questo, e lo è, al punto che a dirlo è un uomo che non riesce a vedere in chi lo circonda solo lo stesso, anonimo, volto.
michael non è attorniato esclusivamente da persone inutili e tutte uguali. michael non è paranoico né ha altre strane malattie neurologiche o psicologiche: è solo tanto grigio dentro da vedere anche anche gli altri ingrigiti, inutili, uguali, sostituibili, insignificanti, anonimi, è incapace di costruire legami, per non parlare delle relazioni affettive.

un piccolo dettaglio che reputo importante: le luci del film sono sempre fioche o artificiali, i colori poco saturi, gli ambienti claustrofobici. è tutto, letteralmente, grigio, tranne nel momento finale in cui guardiamo la realtà con gli occhi di lisa: luci e colori cambiano e finalmente possiamo prendere un sospiro di sollievo.

tecnicamente ineccepibile: realizzato - come sapete già da mesi, perché praticamente prima che uscisse il film sapevamo di più su come era stato fatto che di cosa trattasse - in stop motion con una cura incredibile dei particolari, la sensazione che da vedere questi pupazzetti (argh! l'ho detto!) recitare come attori reali è straniante: da un lato, l'effetto è molto realistico, dall'altro tutto ciò enfatizza l'atmosfera da incubo a occhi aperti che vive michael e noi con lui, cosa a cui, come ho detto sopra, contribuiscono fotografia e regia.

in definitiva un film sicuramente da vedere, bello e profondo, ma - almeno per me è stato così - diverso da quello che i trailer ci avevano lasciato intuire.